giovedì 4 ottobre 2012

un'altra giornata piena all'ilva incidenti,processi,decreti e altro

L'INCIDENTE NEL REPARTO SOTTO SEQUESTRO - Un operaio dell'Ilva, Giuseppe
Raho di 34 anni, ha subito ustioni di primo grado in seguito allo scoppio
delle scorie incandescenti di un contenitore denominato 'paiola',
all'interno del reparto Grf (Gestione rottami ferrosi), uno di quelli
sottoposti a sequestro dalla magistratura. Lo scoppio è avvenuto in un
reparto dove la pulizia dalle scorie di convertitori e siviere avviene
utilizzando martelli pneumatici particolari con i quali gli operatori
frantumano le scorie che, durante il processo di lavorazione, si
solidificano all'interno dei grandi contenitori usati nel ciclo siderurgico.
E' successo che un blocco di ghisa solidificato solo in parte è caduto
durante le operazioni in una pozza d'acqua rimasta sul selciato che per
prassi viene bagnato in continuazione. L'uomo, investito dalle scorie mentre
era a bordo di una escavatrice (i frammenti hanno rotto i vetri del mezzo),
è stato soccorso e medicato nell'infermeria dello stabilimento. Le sue
condizioni non sarebbero gravi, ha una prognosi di otto giorni per ustioni
al torace e al polso. Nel reparto Grf, secondo fonti sindacali, era in corso
un'operazione di svuotamento del grosso contenitore (la paiola) delle scorie
prodotte dall'Acciaieria 2 nei processi di formazione delle bramme. Le
scorie sono scoppiate a contatto con il terreno umido, schizzando in varie
direzioni.

Lo Slai cobas per il sindacato di classe Ilva denuncia come  le condizioni
di sicurezza dei reparti - compresi quelli sequestrati - restano gravi e che
l'attuale contesa che mette a rischio di chiusura la fabbrica oscura lo
scontro necessario in fabbrica sui singoli problemi che toccano la sicurezza
e la condizione dei lavoratori.
Gli aziendalisti sono schierati con Riva e quindi minimizzano i problemi di
sicurezza esistenti in fabbrica, mettondovi la sordina.
Il Comitato liberi e pesanti fa molta denuncia dell'inquinamento e di Riva
ma diserta lo scontro reale in fabbrica contro padron Riva, scontro che
domanda un sindacato di classe, di cui solo la linea dello slai cobas è
strumento e garanzia, dato che esso conduce da sempre questo scontro sia
pure con poca forza all'interno e fronteggiando l'azione congiunta di padron
Riva, sindacati e opportunisti volta a isolarlo e a ridimensionarne il peso
e la presenza.

IN AULA PER OMICIDIO COLPOSO - A Taranto, nelle aule del tribunale, il via
al processo che ha acceso la luce sulla scomparsa di lavoratori che
avrebbero contratto malattie letali per il contatto con l'amianto. Alla
sbarra 29 imputati chiamati a rispondere della malattia professionale che ha
stroncato le vite di 15 lavoratori. Nell'elenco degli imputati ci sono
Emilio Riva che benché non sia più presidente operativo del gruppo ne resta
tuttavia il massimo rappresentante, suo figlio Fabio, il direttore dello
stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso, e poi i diversi dirigenti che
hanno gestito il passaggio del siderurgico dalla gestione pubblica (Finsider
e Partecipazioni Statali) a quella privata, avvenuta nel 1995 con la vendita
dell'Ilva a Riva da parte dell'Iri. Tra i rinviati a giudizio c'è anche
Giorgio Zappa, già direttore generale di Finmeccanica, in forza all'Ilva
pubblica dal 1988 al 1993 quale vice prima e direttore generale poi. Per
tutti gli imputati è stato ipotizzato il disastro colposo e l'omissione
dolosa di cautele sul luogo di lavoro.
LE ACCUSE - I dirigenti dello stabilmento, si legge negli atti d'accusa,
"omettevano nell'esercizio ovvero nella direzione dell'impresa, nell'ambito
delle rispettive attribuzioni e competenze, di adottare cautele che secondo
l'esperienza e la tecnica sarebbero state necessarie a tutelare l'integrità
fisica dei prestatori di lavoro, in particolare impianti di aspirazione
nonché sistemi di abbattimenti delle polveri-fibre contenenti amianto idonei
a salvaguardare l'ambiente di lavoro dall'aggressione del suddetto materiale
cancerogeno, nonché omettevano di far eseguire in luoghi separati le
lavorazioni afferenti al rischio di inalazione delle polveri-fibre di
amianto, unitamente ad altre adeguate misure di prevenzione ambientali e
personali atte a ridurre la concentrazione e la diffusione delle
polveri-fibre di amianto generatesi durante le lavorazioni a tutela dei
lavoratori dipendenti dello stabilimento Ilva ripetutamente esposti ad
amianto durante lo svolgimento di attività lavorative".

Questo importante procedimento che finalmente giunge a processo, iniziato da
un giudice oggi morto, il giud. Pesiri, ha visto lo Slai cobas
per il sindacato di classe e l'Ispettorato del lavoro collaborare
attivamente all'inchiesta nell'individuazione dei responsabili. E' un
processo giusto perchè mette sotto accusa tutto l'establishment del
siderurgico, quando era a partecipazione statale, come quando dal '95 esso è
divenuto proprietà di Riva, tutti i morti di amianto e le malattie
professionali ad esso connesse sono originate nel periodo precedente a Riva
, anche se la presenza di amianto in Ilva è continuata anche nel periodo di
Riva.

OK DEL SENATO, BONIFICHE PER LEGGE - Il Senato, con 247 sì e 20 no, ha
approvato in via definitiva il decreto sull' Ilva. Il provvedimento che reca
disposizioni urgenti per il risanamento ambientale e la riqualificazione del
territorio di Taranto, è convertito definitivamente in legge. Solo la Lega
ha votato contro. In ballo ci sono 396 milioni di euro, 120 dei quali messi
a disposizione dalla Regione Puglia. Il maxi stanziamento è previsto per una
serie di interventi di bonifica nella disastrata area tarantina, ma anche
per spingere il rilancio industriale con particolare attenzione allo
sviluppo del porto mercantile.

Questo provvedimento è un vero bluff di governo, Regione, enti locali e
sindacati confederali, dato che la cifra è assolutamente truccata e
insufficiente. Truccata perchè include 196 milioni di euro stanziati per il
porto, che quindi non c'entrano nulla con l'Ilva e l'emergenza ambientale e
le bonifiche.

GLI OPERAI SCENDONO DAI CAMINI - Gli operai dell'Ilva che da otto giorni
protestavano sul Camino E312 e sull'Altoforno 5, a sessanta metri di
altezza, hanno sospeso l'agitazione dopo un incontro con il prefetto di
Taranto, Claudio Sammartino, avvenuto ai piedi del Camino. "E' stato un
incontro molto proficuo - ha detto uno di loro Michelangelo Campo - e il
prefetto ha detto che si farà portavoce delle nostre istanze con gli altri
organi istituzionali". All'incontro ha partecipato anche il presidente
dell'Ilva, Bruno Ferrante.

Finalmente, questa protesta è stata sempre sotto l'egida degli aziendalisti
e si è svolta con il sostegno dell'entourage aziendale.
Queste proteste non sono quelle giuste in questa fase.
Servono scioperi unitari e blocchi della fabbrica e della città per
difendere realmente lavoro e salute.

LA NUOVA DENUNCIA - Ma non è tutto. E' stata depositata oggi alla
cancelleria penale del tribunale di Taranto la prima denuncia con la
richiesta di contestazione del reato di omicidio volontario con dolo
eventuale nei confronti dei legali rappresentanti dell'Ilva già coinvolti
nell'inchiesta per disastro ambientale. A presentarla è stato l'avvocato
Giuseppe Lecce del foro di Taranto, per conto della figlia di un ex
dipendente comunale che ha lavorato con mansioni da giardiniere per 30 anni
in un vivaio in contrada 'Taranto Croce' (nei pressi dell'ex ospedale
Testa), ed è morto nel 2006 a causa di un melanoma. Si tratta dello stesso
legale che guida la class action dei cittadini, per la quale ipotizza una
similitudine con il processo Thyssen.

Si tratta in realtà di un'azione pubblicitaria e di sciacallaggio da parte
dell'avvocato.
Lo Slai cobas sta sollecitando la Rete per la sicurezza ad assumere un
impegno giudiziario e di mobilitazione per la costituzione di parte civile e
le cause di risarcimento necessarie agli operai e ai cittadini di Tamburi e
nei prossimi giorni proporrà la sua iniziativa autorganizzata e di massa
sull'argomento, prendendo ad esempio le cause Thyssen ed Eternit a cui
abbiamo attivamente partecipato.

(03 ottobre 2012)

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