domenica 23 dicembre 2012

CLAUDIO E FRANCESCO NON POSSONO ESSERE UCCISI UNA SECONDA VOLTA.

La morte di Claudio e Francesco non può essere archiviata. In questi giorni Claudio e Francesco vengono uccisi una seconda volta.
Dapprima ci ha pensato Ferrante a sporcare la loro memoria ricordandoli in comizi e messe da lui tenuti e presenziati; nelle messa questo squallido maggiordomo del padrone ha unito il ricordo dei due operai al “pensiero sofferente” per padron Riva e famiglia “privati della loro libertà”.
E’ inutile dire che in questi giorni anche istituzioni, stampa, ecc. nessuno escluso, si sono ben guardati dal ricordarsi dei due operai morti.
Ma quel che è peggio è ciò che sta avvenendo di fatto in fabbrica.
Dopo la morte di Claudio e Francesco e la grande e coraggiosa lotta degli operai del Mof e degli altri operai che l’hanno sostenuta per annullare l’accordo del 2010 sul mono operatore nel reparto, e nonostante le promesse dell’azienda e di Vendola che di questa lotta si sarebbe tenuto conto per modificare la situazione al Mof, non è invece successo nulla. Si vuole far restare tutto come prima e i sindacati, Fiom in testa, insistono che o al Mof si lavora così o niente, e che l’accordo del 2010 è e resta valido.
Questa è la sostanza della cosa, tutto il resto sono fronzoli. Per loro Claudio è morto invano, gli operai hanno sbagliato a lottare e non vanno legittimati né come diritto di sciopero né come organizzazione sindacale.

Ma così non può e non deve essere! Costi quel che costi, questa storia non può finire così!
Lo Slai cobas con precisione e serietà già nei giorni della lotta ha detto chiaramente quello che l’azienda deve fare e gli operai devono fare. Non è un problema di sigla sindacale o di semplice solidarietà, ma di serietà e determinazione. O in questa fabbrica le cose si cambiano oppure non ci sarà limite al peggio.
Per questo invitiamo a riprendere lo stato di agitazione e al massimo subito dopo le feste, a riprendere seriamente il blocco del reparto, se l’accordo è ancora in piedi e se non viene radicalmente cambiata la situazione.
Non c’è solo il problema dell’accordo al Mof che deve saltare – la cosa vale anche per i gruisti, per gli altri reparti – c’è anche la legge da rispettare in quelle rarissime volte che essa tutela le condizioni del lavoro in sicurezza. La sentenza del 5 novembre in Cassazione lo ha ribadito, e questa deve essere fatta rispettare rigidamente all’Ilva per mille ragioni che tutti sappiamo, e proprio in questa situazione in cui sicurezza e messa a norma sono condizioni indispensabili non solo per la tutela degli operai ma anche per la esistenza stessa della fabbrica.

Slai cobas per il sindacato di classe ILVA
Taranto via Rintone 22 – slaicobasta@gmail.com – T/F 0994792086 – 3475301704 (attivo anche in questo periodo di feste).
TA. 23.12.12

All.1
Spett.le Direzione ILVA S.p.A
Al presidente Dr. Ferrante Bruno
Al Direttore di stabilimento, Dr. Buffo

All’Ing. Antonio Colucci (C.A.MOF)
Al Resp. Della Sicurezza aziendale

epc Al presidente Regione Puglia, Vendola
All'Ass. Nicola Fratoianni
al Sig. PREFETTO di Taranto




OGGETTO: situazioneMOF.

Risulta alla scrivente Organizzazione Sindacale che nonostante le assicurazioni del Dr. Ferrante, pubblicate anche dagli organi di informazione, per cui l’azienda avrebbe disposto la presenza di due operatori in quasi tutte le attività con mezzi come quello sul quale lavorava Claudio Marsella, tale indicazione viene disattesa costringendo come prima i lavoratori ad operare da soli.

Si chiede, pertanto, ai dirigenti Ilva in indirizzo di intervenire, fornendo adeguate nuove disposizioni ai responsabili del Mof e controllando che vengano eseguite.

Nello stesso tempo si fa presente che:
  1. ai sensi dell’art. 18 D.Lgs 81/08 e D.Lgs 106/09, codesta Ditta è obbligata a far operare i lavoratori del Mof in condizioni di massima sicurezza;
  2. sempre ai sensi del TU 81 i lavoratori hanno il diritto dovere di astenersi dal lavoro in situazione di pericolo in attesa che tale situazione venga rimossa;
  3. ogni pressione da parte di capi costituisce di per sé un elemento di insicurezza psicologica dei lavoratori che costituisce rischio alla salute e alla vita degli stessi;
  4. i lavoratori del Mof hanno presentato una precisa piattaforma che riguarda l’insieme delle condizioni di lavoro e che su questa si chiede un incontro;
  5. in attesa di effettivo intervento che rimuova tutte le situazioni di pericolo, lo Slai cobas appoggia ogni iniziativa degli operai

Slai cobas per il sindacato di classe Taranto

Coordin. provinciale
Calderazzi Margherita
347-5301704
slaicobasta@libero.it




per com. 74121 Taranto via Rintone, 22 – slaicobasta@gmail.com – T/F 0994792086 - 347530170
 
lettera proposta ai LAVORATORI DEL MOF

Alla Direzione ILVA S.p.A
Al presidente Dr. Ferrante Bruno
Al Direttore di stabilimento, Dr. Buffo

All’Ing. Antonio Colucci (C.A.MOF)
Al Resp. Della Sicurezza aziendale

epc
al Sig. PREFETTO di Taranto


In riferimento alle misure prevenzionistiche nei luoghi di lavoro, di cui al capo III, art. 15, D.Lgs 81/08 e s.m.i. D. Lgs 106/09;
ai sensi dell’art. 18 stesso decreto, che indica gli adempimenti gli obblighi del datore di lavoro;
in riferimento ai requisiti di sicurezza enucleati nell’allegato V del decreto sopra indicato – compresi i requisiti tecnici di sicurezza di cui ai punti 2.6, 2.7, 2.8, 2.9 dello stesso all. V - a cui devono rispondere i locomotori, tra i quali la dotazione di dispositivi di comando e di emergenza che consentano di arrestarne il funzionamento tempestivamente, in presenza di rischi esistenti nonché in caso di necessità;
ai sensi dell’art. 63 del decreto, per quanto attiene i luoghi di lavoro, che dispone l’obbligo di rispetto delle condizioni di sicurezza indicate nell’allegato IV (illuminazione, camminamenti, spazi di movimentazione di veicoli in generale e di persone);

COMUNICHIAMO CHE IN ASSENZA DI MISURE DI SICUREZZA CHE POSSANO COMPORTARE UN PERICOLO IMMEDIATO,
IN PARTICOLARE IN MANCANZA DEL SECONDO OPERATORE,
AI SENSI DI QUANTO STABILITO DAL D.LGS 81/08,
CI ASTERREMO DA EFFETTUARE OPERAZIONI A RISCHIO IN ATTESA DELL’ATTUAZIONE DI TALI MISURE. 

Importante sentenza della Cassazione che dobbiamo rispettare e imporre di rispettare in tutti i reparti ilva da subito !


"Ci si può rifiutare di lavorare se manca la tutela della salute"


Il 5 novembre è uscita un'importante sentenza della Cassazione, in un certo senso innovativa, anche perchè non parla solo di "sicurezza" ma anche di tutela della salute.
E' una sentenza che può essere utilizzata anche in presenza di altre sostanze pericolose per la salute, pensiamo ai lavoratori dell'Ilva.

"Il datore che non adotta le misure necessarie di tutela della salute sul lavoro è da considerare inadempiente rispetto al lavoratore. Questa condotta giustifica dunque, in base al l'articolo 1460 del Codice civile, il rifiuto di lavorare in ambienti non sicuri e fa permanere, a carico del primo, l'obbligo di retribuire chi si sia astenuto in ragione di quell'inadempimento. È l'interpretazione che si desume dalla sentenza della Cassazione n. 18921 del 5 novembre 2012 (sezione Lavoro).
Il caso riguarda una parte del personale di una grande officina, nei cui locali erano state svolte lavorazioni che avevano determinato un inquinamento da amianto. Nonostante la bonifica realizzata dal datore, i dipendenti, preoccupati anche dai contenuti di un verbale di sopralluogo svolto da specialisti della società, chiedono la sospensione del lavoro e ulteriori interventi. Il datore li nega e i lavoratori si astengono dal continuare a lavorare, pur rendendosi disponibili a farlo in altri locali aziendali. Intervenuto il giudice penale, il pericolo alla salute è scongiurato e le maestranze decidono di ritornare in azienda. Il datore, a quel punto, rifiuta, però, di pagare la retribuzione per il mese e mezzo di astensione.

Inevitabile il ricorso da parte dei dipendenti al giudice del lavoro: essi sostengono che la loro condotta fosse da considerare legittima reazione all'inadempimento di obblighi di sicurezza gravanti sul datore e chiedono il pagamento della retribuzione. I due giudizi di merito si concludono positivamente per i ricorrenti. La decisione di secondo grado, in particolare, si basa su perizie che evidenziano difetti nell'organizzazione delle operazioni di bonifica con conseguente dispersione di residui di amianto nei locali di lavoro.

Proprio questo aspetto, secondo i giudici, rappresenta il nucleo dell'inadempimento del datore sugli obblighi previsti dall'articolo 2087 del Codice civile e giustifica, sul piano giuridico, il rifiuto di lavorare dei prestatori. La società ricorre in Cassazione. La Corte sottolinea, principalmente, due profili. In primo luogo, i giudici d'appello hanno bene interpretato l'articolo 2087 del Codice civile, secondo cui ogni datore deve adottare le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica dei prestatori di lavoro: essi, infatti, hanno censurato il datore per la violazione delle regole di comportamento che la stessa società aveva fissato ed emanato per eliminare/ridurre i rischi. La decisione di merito, inoltre, rivela una corretta applicazione del l'articolo 1460 del Codice civile, in base al quale, nei contratti con prestazioni corrispettive come è quello di lavoro, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la propria obbligazione, se l'altro non adempie.
In questo senso, i giudici hanno valutato la condotta dei lavoratori come reazione al l'inadempimento datoriale.

La Corte dunque ha rigettato il ricorso e condannato la ricorrente".

5.11.2012
 


 

Nessun commento:

Posta un commento