domenica 27 gennaio 2013

Ispettori del lavoro, messi in condizione di non "disturbare il manovratore".



UN IMPORTANTE ARTICOLO APPARSO A DICEMBRE SU LE MONDE DIPLOMATIQUE SULLA (NON) FUNZIONE DEGLI ISPETTORI DEL LAVORO IN FRANCIA - UNA SITUAZIONE PERFETTAMENTE IDENTICA A QUELLA CHE SI VERIFICA IN ITALIA.

TRA OSTILITÀ PADRONALE E RIFORME GOVERNATIVE
Ispettori del lavoro, una specie a rischio di estinzione
di FANNY DOUMAYROU *

Era uno degli impegni presi dal Partito socialista nel corso della campagna elettorale di François Hollande, nella primavera del 2012: se fosse tornata al potere, la sinistra avrebbe «bloccato immediatamente la riduzione di posti di lavoro» all’ispettorato del lavoro e ridato all’istituzione «i mezzi e il senso di una missione di servizio pubblico». La promessa faceva seguito a una manifestazione degli ispettori del lavoro, il 7 febbraio 2012, dopo il suicidio di un loro collega di Arras, Romain Lecoustre, trovato impiccato in casa tre settimane prima. Già nel maggio 2011, Luc Béal-Rainaldy, segretario nazionale del Syndicat national unitaire - Travail, emploi, formation, économie (Snu-Tefe) della Fédération syndicale unitaire (Fsu), si era ucciso gettandosi nella tromba delle scale del ministero del lavoro…
Nel 2004, due ispettori erano stati uccisi da un agricoltore durante un controllo a Saussignac, in Dordogne. Questo assassinio, il primo del genere, aveva resa attuale una storica minaccia esterna: quella di un padronato ostile all’intrusione del controllo pubblico nella sfera privata dell’azienda. I suicidi segnano il sopraggiungere di un nuovo pericolo, interno questa volta, dovuto alle riforme che da diversi anni tartassano la professione… Il senso di abbandono che colpisce questi funzionari si spiega in primo luogo con il paradossale mandato su cui si basa la loro missione: mantenere nei limiti del codice del lavoro imprenditori che i governi, per altro verso, incoraggiano a fare come meglio credono; offrire un freno contro lo sfruttamento, ma senza mai ricevere dallo stato, garante anche della libertà d’impresa, i mezzi per assicurare una reale protezione ai lavoratori. Dopo due prime regolamentazioni, nel 1841 e poi nel 1874, è la legge del 2 novembre 1892 che inquadra il lavoro delle donne e dei bambini nell’industria e crea un corpo di ispettori del lavoro incaricato di fare applicare le prime leggi sociali. In seguito, il perimetro dei loro compiti si estende via via che aumenta il numero dei lavoratori dipendenti e si sviluppa la legislazione del lavoro, codificata nel 1910 nel primo codice del lavoro. Il sistema prevede che un ispettore e due controllori, riuniti in una «sezione», verifichino il rispetto della legge attraverso visite regolari nelle imprese del loro settore geografico, e intervengano su richiesta dei lavoratori... Ma il numero degli effettivi è sempre stato irrisorio a fronte della vastità del compito… E i loro poteri sono limitati: benché abbiano diritto d’ingresso nelle imprese e accesso a tutti i documenti, gli agenti non possono imporre il rispetto della legge. In caso di pericolo per i lavoratori, possono fermare un cantiere o chiedere una procedura per direttissima. Altrimenti, non hanno altra possibilità che iniziare un lungo e fastidioso iter di pressioni sul datore di lavoro, fatto di lettere di richiamo e ripetute visite di controllo, con la minaccia più o meno esplicita di stendere un verbale. La procedura, che dovrebbe essere il principale strumento di dissuasione e di sanzione, ha perso di credibilità a causa del trattamento riservatole dalla giustizia. Quasi un terzo dei verbali si perde nei meandri della macchina giudiziaria, il 20% viene archiviato dalle procure e solo un terzo si conclude con un procedimento. Procedimento che nove volte su dieci finisce con una condanna, ma, nell’80% dei casi, si tratta di multe il cui importo è scarsamente dissuasivo…
Scoraggiati, gli agenti hanno finito col riservare i verbali, molto complessi da redigere, a poche situazioni: il loro numero è crollato… Alla fine degli anni ’70, con la crisi e il riflusso del movimento operaio, le condizioni per esercitare funzioni di controllo cominciano a peggiorare. L’irrigidirsi delle relazioni sociali nelle imprese, l’intensificarsi dei ritmi di lavoro e l’aumento del precariato provocano una crescita esponenziale delle richieste da parte dei delegati del personale, ma anche di singoli lavoratori. Al tempo stesso, l’intervento degli ispettori diventa più difficile. I legami sindacali nelle imprese si indeboliscono. A partire dal 1982, in nome di una flessibilità che dovrebbe favorire le assunzioni, i governi moltiplicano le possibilità di deroga alla legge. Il codice del lavoro, diventato una giungla giuridica, continua ad essere denunciato come una «zavorra» nei discorsi padronali. La legittimità dei funzionari responsabili della sua applicazione si affievolisce. Mentre il carico di lavoro aumenta… Non è più così dal 2006, quando Gérard Larcher, ministro delegato al lavoro nel governo di Dominique de Villepin, presenta il piano di modernizzazione e sviluppo dell’ispettorato del lavoro… il ministro dichiara che è sua intenzione «rafforzare», «valorizzare» e «promuovere» l’istituzione. Si tratta piuttosto di riprenderne il controllo… Quanto al guadagno reale di appena 300 posti, esso è rapidamente nullificato dalla costituzione, nel 2007, della revisione generale delle politiche pubbliche che impone un solo nuovo funzionario per ogni due che vanno in pensione. Mentre i posti di agente di controllo vengono risparmiati, si contrae il numero delle segreterie. Aumenta il carico di lavoro per quelle che restano, costringendo ispettori e controllori a svolgere parte dei compiti amministrativi. Questa finta «valorizzazione» mira a una trasformazione dell’ispettorato del lavoro per metterlo al servizio dei governi, e non dei lavoratori che denunciano gli abusi dei datori di lavoro. Fino ad allora, gli agenti di controllo godevano di una certa autonomia nel lavoro, grazie all’indipendenza garantita dalla convenzione 81 dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), ma anche all’indifferenza dei superiori. Oggi, nel quadro della «politica del lavoro» governativa, il ministero «piloterà» e «programmerà» la loro azione, la cui priorità non sarà la repressione delle infrazioni padronali. Il piano sottopone anche l’ispettorato del lavoro ai canoni di «performance» previsti dalla legge… I bilanci sono stanziati in funzione di criteri di «efficienza» definiti sulla base di indicatori in cifre, di obiettivi e risultati… l’ispettorato del lavoro si trasforma in una galera tecnocratica… È su questi risultati che si basa il superiore gerarchico per attribuire, al momento dei colloqui annuali di valutazione, quote di premi e promozioni. Sulla carta, il successo è formidabile… Il bilancio reale è meno brillante. Fino ad allora, gli ispettori e i controllori del lavoro cercavano di rispondere ai lavoratori che riempivano i loro uffici. Il quotidiano degli agenti si traduce nella gestione colpevolizzante di un oceano infinito di nuove richieste, in corso o in ritardo, tra cui bisogna, ogni giorno, scegliere in funzione di urgenze e priorità difficili da decidere. Ma gli obiettivi ministeriali li sviano da questo servizio al pubblico e creano loro un nuovo conflitto di priorità…. Soprattutto, gli agenti considerano la «politica del lavoro» come un mezzo per asservire la loro missione a obiettivi di visibilità che poco hanno a che vedere con la situazione dei lavoratori… La “politica del lavoro” è un modo per coprirsi le spalle moltiplicando le circolari».
L’obiettivo dei 200 interventi all’anno ha fatto precipitare l’istituzione nell’assurdo. «Ogni controllo conta per uno, che si passino dieci minuti in un ristorante a verificare le affissioni obbligatorie o diversi giorni a spulciare computi delle ore per verificare la durata del lavoro»… Incita a tirar via e a falsificare le informazioni inserite nel Cap Sitère. «Si vive nella menzogna generalizzata, meno i servizi funzionano e più si producono cifre.»…
tra colleghi, il clima si deteriora a causa della competizione del non detto sui premi ottenuti. Di fronte alla mobilitazione a seguito del suicidio dei due ispettori, all’inizio del 2012, per quest’anno il ministero ha sospeso le valutazioni per criteri quantitativi… Ma non ha abrogato la riforma. Se, a maggio, il cambio di governo aveva fatto sperare agli agenti una sua rimessa in discussione, almeno parziale, la doccia fredda è venuta già a luglio: in un discorso alle organizzazioni sindacali (11), il ministro del lavoro Michel Sapin ha annunciato il proseguimento della riduzione dei posti di lavoro, il mantenimento della «politica del lavoro», delle «priorità e obiettivi» e dei loro strumenti…

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