venerdì 22 febbraio 2013

Ilva, accordo a Roma per cassa integrazione a seicento lavoratori. Rinvio per altri operai - pretendiamo che il 3 marzo non cominci nessuna nuova cassaintegrazione e siamo pronti ad impugnare quella in deroga avallata dal Ministero del lavoro e firmata da FIM-UILM

accordo di fim-uilm
no della fiom
appello dello slai cobas alla lotta






    TARANTO – Al ministero del Lavoro è stato siglato l’accordo per la cassa integrazione in deroga per 600 lavoratori dello stabilimento Ilva di Taranto. L’intesa riguarda i dipendenti che erano già in cigs dalla fine dello scorso anno e per i quali la cassa integrazione scadrà il 2 marzo prossimo. L'accordo è stato firmato da Fim e Uilm ma non dalla Fiom. E' stata rinviata la discussione sulla nuova procedura cigs per 6500 dipendenti annunciata dall’Ilva l’altro ieri.

    Per la cassa integrazione in deroga della quale s'è parlato oggi, l’azienda inizialmente aveva chiesto di avviare la procedura per 1.393 dipendenti, ma alla fine sono stati meno della metà quelli effettivamente inutilizzati dopo il sequestro dei prodotti finiti e semilavorati e i primi lavori di risanamento sugli impianti.

    Non si è discusso invece della cassa integrazione straordinaria chiesta l’altro ieri dall’azienda per un massimo di 6.507 lavoratori, 6.417 dei quali dipendenti di Taranto, che partirà il 3 marzo prossimo e avrà la durata di 24 mesi. «Già oggi – aggiunge Talò – abbiamo fatto firmare un impegno ai dirigenti dell’Ilva per limitare il numero dei cassintegrati e trovare le risorse per integrare il salario. A breve sarà fissato un altro incontro per analizzare nel dettaglio questa nuova procedura».

    La concessione di un periodo di cassa integrazione guadagni in deroga per alcune centinaia di lavoratori dell’Ilva di Taranto “si rende necessaria al fine di consentire la prosecuzione delle azioni di bonifica necessarie a tutelare il diritto alla salute dei cittadini di Taranto e preservare l’occupazione dei lavoratori dello stabilimento”. Lo dichiara in una nota il vice ministro del Lavoro Michel Martone riferendosi alla riunione da lui presieduta oggi a Roma con i sindacati dei metalmeccanici e l’Ilva, conclusasi con un accordo firmato da Fim e Uilm ma non dalla Fiom.

    Il ministero del Lavoro, si spiega nella nota del dicastero, “ha manifestato la propria disponibilità a concedere la cig in deroga in attesa dell’avvio del programma di ristrutturazione aziendale al fine di consentire la prosecuzione dell’azione di bonifica, necessaria a dare attuazione alle prescrizioni dell’Aia, che ha già richiesto la chiusura dell’altoforno 1 e delle batterie 3-4-5-6”.

    Da parte sua l’azienda “ha ribadito che, all’esito di questo periodo di cig in deroga, non darà luogo a licenziamenti (mobilità) ma procederà agli investimenti necessari a sostenere il piano di ristrutturazione delineato nella richiesta di cig straordinaria presentata al ministero del Lavoro il 19 febbraio”, che potrebbe coinvolgere da un minimo di 4.400 lavoratori ad un massimo di 6.507 dipendenti, quasi tutti di Taranto. 


     “Un atto di forte responsabilità nei confronti di quei lavoratori che, ancora oggi, non possono tornare sul proprio posto di lavoro”. Il segretario generale della Fim-Cisl di Taranto, Mimmo Panarelli, commenta così l'accordo sulla cassa integrazione in deroga per un massimo di 1100 lavoratori dell’Ilva siglato questo pomeriggio a Roma al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Accordo firmato dai soli sindacati di Fim-Cisl e Uilm-Uil, mentre la Fiom-Cgil si è dissociata.
    A margine dell’incontro di oggi la Fim-Cisl “ha sollecitato il nuovo tavolo per avviare la discussione sulla nuova Cassa integrazione legata all’ambientalizzazione. Non a caso - conclude Panarelli – abbiamo sottoscritto anche un verbale, col quale chiediamo ufficialmente all’Ilva di attutire ai minimi termini la condizione di negatività di quei lavoratori che saranno coinvolti”.


    il NO della Fiom

    «Al ministero del lavoro ci siamo trovati di fronte a una evidente forzatura volta a ottenere il consenso sindacale su un determinato modo di affrontare le conseguenze di un piano non ancora conosciuto nè discusso». Lo afferma in una nota il segretario provinciale della Fiom Cgil di Taranto, Donato Stefanelli, spiegando la decisione del sindacato di dissociarsi da Fim e Uilm e di non firmare il verbale di cassa integrazione in deroga nei confronti di un massimo di 1100 dipendenti dello stabilimento di Taranto (in realtà sono stati coinvolti circa 600 lavoratori) dall’1 gennaio al 2 marzo prossimo.

    «Coerentemente alla propria impostazione – aggiunge – la Fiom ha respinto questa inaccettabile e incomprensibile forzatura». In relazione alla nuova procedura di cassa integrazione per 6500 lavoratori per la durata di 24 mesi a partire dal 3 marzo prossimo, di cui si dovrà discutere nei prossimi giorni, Stefanelli ricorda che «la Fiom ha già espresso una valutazione negativa su questa ipotesi sostenendo che prima di affrontare una discussione sull'eventuale impiego della Cigs occorre che l’azienda presenti ai sindacati un piano industriale le cui finalità, in relazione all’attuazione dell’Aia, debbono essere comprensibili e condivisibili»
      


    Volantinaggio slai Cobas davanti a stabilimento


    TARANTO – Lo Slai Cobas per il sindacato di classe oggi ha distribuito davanti alle portinerie dello stabilimento Ilva di Taranto volantini attraverso i quali protesta contro la decisione dell’azienda di collocare in cassa integrazione straordinaria 6500 dipendenti.

    Occorre «mobilitare fabbrica e città – è detto in una nota - per fermare la mano di padron Riva, stato e governo dei padroni» che vogliono «scaricare la crisi dello stabilimento sulla pelle degli operai». Secondo lo Slai Cobas la cassa integrazione, «nonostante le affermazioni aziendali, si tradurrà in un massiccio taglio di occupazione all’Ilva. Si partirebbe dalla Cig per 4300 e si dice che nel secondo semestre del 2014 un dipendente su due resterà a casa».

    La proposta del sindacato di base è quella di «utilizzare i lavoratori in altri reparti e in altri impianti mentre si procede al risanamento» e di impiegare «una parte dei lavoratori nelle bonifiche stesse, concentrando in piccoli periodi, contrattati e mirati».

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