giovedì 28 febbraio 2013

oscena sentenza d'appello per la thissenkrupp di torino - rivolta dei familiari - la rete li invita alla manifestazione di taranto del 22 marzo

la rete nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro e
territorio
fa appello a una immediata reazione di solidarietà ai familiari che occupano
l'aula giudiziaria e come ha già fatto in occasione  del processo di primo
grado
costruisce un ponte Thissenkrupp _ILVA Taranto per una mobilitazione
nazionale organizzata
taranto direzione  ilva iniziativa nazionale 22 marzo ore 13.30 direzione
ilva- portinerie - quartiere tamburi
nell'assemblea che si terrà alla fine sarà decisa una nuova manifestazione
nazionale a torino in sintonia collaborazione con tutti gli operai e
familiari impegnati in questo processo

rete nazionale
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347-1102638


Thyssen, non fu omicidio volontario pene ridotte, i parenti occupano l'aula
La Corte d'Appello ha modificato il giudizio di primo grado, riducendo le
pene: da 16  10 anni per l'ad  Espenhahn, ora accusato di omicidio colposo.
Il rogo alla Thyssen non fu un omicidio volontario, ma omicidio colposo con
colpa cosciente. E’ stata modificata questa mattina la storica condanna per
dolo eventuale all’amministratore delegato Harald Espenhahn, al quale in
primo grado furono inflitti 16 anni e mezzo di carcere, ridotti adesso a 10
anni. Urla e disperazione al verdetto, alla fine i familiari delle vittime
hanno occupato l'aula.

La corte d’Assise d’appello presieduta dal giudice Gian Giacomo Sandrelli
ha modifcato anche le altre pen:  7 anni agli altri dirigenti del consiglio
d’amministrazione Gerald Priegnitz e Marco Pucci. Per il direttore dello
stabilimento Raffaele Salerno, otto anni.  Uno sconto di pena, peraltro già
chiesto dall’accusa, è stato concesso al responsabile della sicurezza Cosimo
Cafueri (che in aula qualche settimana fa si era commosso leggendo delle
dichiarazioni spontanee):8  anni. Per Daniele Moroni la pena era già stata
più bassa in primo grado (10 anni e 10 mesi): ridotta a 9 anni.

La sentenza è stata accolta con urla di disperazione dai familiari delle
vittime. In aula anche i parenti delle vittime dell'Eternit, l'altra grande
tragedia dell'amianto che ha causato migliaia di vittime.  Dai familiari
delle vittime si sono levate grida "maledetti". Dal pubblico fanno eco:
"Questa è la giustizia italiana, che schifo". I parenti delle vittime del
rogo alla Thyssenkrupp hanno deciso di occupare la maxi aula del Palazzo di
Giustizia incui è stata da poco letta la sentenza d'appello. L'iniziativa è
una protesta contro le riduzioni di pena decise dalla Corte.  "Non lo
accetto - dice una ragazza - mio fratello e altri sei ragazzi sono morti e
queste pene sono troppo basse". Nell'aula, che è ancora molto affollata,
sono entrati dei carabinieri. Una donna ha lanciato insulti contro gli
avvocati difensori. Parzialmente soddisfatto l'avvocato Ezio Audisio, legale
dell'amministratore delegato della Thyssen Harald Espenhahn,"Sono
soddisfatto per la parte in cui è stata accolta la tesi dell'insussistenza
del dolo" dice prima di lasciare l'aula.Una sentenza pilota, quella inflitta
per l’incendio che scoppiò la notte del 6 dicembre 2007 lungo la linea 5 in
cui morirono sette operai: Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino,
Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò, Giuseppe Demasi. L’accusa
portata avanti dal procuratore Raffaele Guariniello, e dai sostituti Laura
Longo e Francesca Traverso aveva sostenuto che lo stabilimento di corso
Regina era stato abbandonato dalla dirigenza in vista della chiusura e del
trasferimento degli impianti a Terni. L’ad Espenhahn si sarebbe dunque
rappresentato il rischio, e lo avrebbe accettato, che potesse capitare un
infortunio, anche grave e mortale, preferendo non investire nella sicurezza
per ragioni di risparmio economico. In particolare non erano stati messi gli
impianti di rilevazione e spegnimento antincendio che la stessa
assicurazione aveva indicato come interventi necessari dopo che un analogo
incendio (per fortuna senza conseguenze) si era verificato in Germania nello
stabilimento di Krefeld.

La sentenza del primo grado era arrivata il 15 aprile del 2011: la corte d’assise
presieduta da Maria Iannibelli, aveva condannato Harald Espenhahn,
amministratore delegato della Thyssen, a 16 e sei mesi; Gerald Priegnitz,
Marco Pucci, Raffaele Salerno e Cosimo Cafuerri a 13 anni e 6 mesi e Daniele
Moroni a 10 anni e 10 mesi.

La difesa della Thyssen (il pool di legali è guidato da Ezio Audisio, e la
Thyssen come persona giuridica è assistita dagli avvocati Franco Coppi e
Cesare Zaccone) aveva puntato a sostenere che la responsabilità dell’incendio
fu in parte degli operai, che esisteva un sistema di deleghe da parte di
espenhahn verso i suoi collaboratori, che non vi era alcun obbligo di
installazione di impianti di rilevazione fumo in quel tratto della linea, e
che in ogni caso Espenhahn non avrebbe potuto immaginare la situazione di
degrado e sporcizia dello stabilimento visto che in occasione delle sue
visite questo veniva tirato a lucido.

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