sabato 4 maggio 2013

Sul concerto a Taranto del 1° Maggio

Una marea di gente con numerose presenze da altre città ha partecipato il 1° Maggio al grande concerto di Taranto organizzato dal Comitato Liberi e pensanti e dall'impegno efficace e straordinario di Michele Riondino. Un concerto che alla fine è risultato anche più incisivo della sua stessa proposta, come reale controconcerto a fronte del sempre più tradizionale, in senso negativo, concerto romano sotto l'egida dei sindacati confederali.
Un concerto di denuncia forte e chiara dell'inquinamento, le morti, il disastro ambientale e sanitario che l'Ilva nelle mani dello Stato prima e di padron Riva dopo ha prodotto. Ma un concerto anche di fiducia e speranza che la forza delle masse, della partecipazione in prima persona possa modificare lo stato di cose esistente.
Di grande significato il fatto che gli artisti che vi hanno partecipato si sono schierati in modo chiaro, si sono riconosciuti nella battaglia in corso a Taranto, ne sono stati coinvolti, per cui ne sono usciti contenti e orgogliosi, non solo per il successo di pubblico che hanno ottenuto ma anche perchè si sono sentiti importanti in questa battaglia.
Anche dall'esito del concerto viene netta una spinta a continuare la lotta.
Il Comitato Liberi e pensanti ha trovato nel concerto un'ulteriore conferma del grado di riconoscimento conquistato in città. Si è trattato di un concerto principalmente autogestito, autorganizzato, in cui gli artisti si sono esibiti a titolo gratuito – anche questo è un segno importante che ha parlato anche ad altri artisti presenti al concerto romano o che in questa occasione non sono venuti e che dichiarano di essersi riconosciuti nel concerto di Taranto e che vogliono venire in altre occasioni.
Un concerto-evento nel senso vero della parola che ha permesso a tanti ragazzi, cittadini di partecipare ad una iniziativa senza precedenti a Taranto. Un concerto che è stato vissuto anche da organismi di lotta sui problemi dell'ambiente come luogo di confronto e discussione, che raramente si svolge in un contesto ampio e partecipato. Un concerto sostenuto dai mass media di Taranto prima e durante ed esaltato dopo, in cui anche i giornalisti della stampa e Tv locale sono stati coinvolti, e questo ha favorito lo spazio che la stampa gli ha dato.

Ma una cosa è la partecipazione e il successo del concerto e il modo anche entusiasta con cui decine di migliaia hanno partecipato, altra cosa sono i discorsi, le linee, le proposte che parte degli organizzatori sostengono, e ancora un'altra cosa è il modo con cui parte del mondo politico, istituzionale ed economico cerca ora di capitalizzare a suo favore questo concerto.
A questa iniziativa e da questa iniziativa gli operai dell'Ilva ne sono stati fuori. Certo molti operai soprattutto giovani hanno partecipato al concerto e sicuramente un ruolo dirigente nel Comitato Liberi e pensanti e al concerto lo ha avuto un gruppo di operai Ilva che di questo Comitato sono parte organizzatrice sin dal famoso 2 agosto, ma la gran massa degli operai di fabbrica non trova in questo concerto nessuna rappresentanza e nessuna arma a sostegno della sua lotta contro padron Riva, il governo e lo Stato.
Prevale negli organizzatori e anche negli artisti che sono intervenuti una visione degli operai superficiale e sbagliate, di vittime da compatire e aiutare, o di succubi del ricatto lavorativo.
Questa impostazione contribuisce ad isolare quegli operai che in fabbrica stanno realmente lottando per la sicurezza, contro le morti sul lavoro, per i diritti negati di organizzarsi sindacalmente, per opporsi al ricatto dei capi, per non accettare cassintegrazione, contratti di solidarietà al servizio del padrone e dello Stato.
Prevale l'idea e la visione che questa battaglia si possa vincere senza gli operai, o addirittura contro gli operai. La “fabbrica assassina”, che evidentemente da sempre gli operai classisti e le forze comuniste e del sindacalismo di classe hanno combattuto e fatto conoscere in tutt'Italia ben prima dell'esplosione del 2 agosto, non viene intesa nella definizione di “padroni assassini”, di “nocività del capitale”, ma di sistema industriale da cancellare e abbattere in nome di un pseudo risanamento, pseudo sviluppo alternativo che già Bagnoli ha dimostrato essere una pura mistificazione fermo restando il sistema capitalista, il potere economico e politico nella mani dei padroni; così come Bagnoli ha ampiamente dimostrato, anche recentemente, che con gli operai fuori dalla fabbrica, con la fabbrica chiusa non c'è nessuna bonifica ambientale come nessuna tutela reale della salute e dalla catena di morti e malattie.
Certo, alcuni tra gli organizzatori e chi è intervento dal palco hanno parlato di non volere la chiusura della fabbrica, ma non basta dichiararlo senza lotta e organizzazione in fabbrica e sul territorio, capace di trasformare la grande forza della partecipazione in forza materiale di scontro e di rivolta sociale contro padroni, Stato e governo.
Non basta dire, come in un comunicato del 12 aprile del Comitato LP: “...contrariamente a ciò che alcuni credono, è opportuno chiarire che sostenere il Gip Patrizia Todisco non significa volere la chiusura dell'Ilva”, quando poi l'accento si pone solo su progetti produttivi alternativi e su un reddito derivante da altre attività economiche (tra cui ora, dopo concerto, si scrive: “come potrebbe essere ad esempio la musica...”).
Si possono fare le grandi manifestazioni e nuovi grandi concerti, ma senza assumere la linea dell'organizzazione di classe e di massa in fabbrica e sul territorio, a partire dai quartieri Tamburi, Paolo VI, ecc., senza la legittimità dell'utilizzo della forza materiale, operai e masse popolari avranno grandi consensi e nessun risultato.
Non è vero che il problema sia unicamente di sensibilizzare e aggregare senza dire chiaro su che cosa si sensibilizza e quale tipo di aggregazione è necessaria per avere una forza di effettivo cambiamento, nell'interesse non di una generica “città” ma di quegli operai e masse sfruttate che ne costituiscono l'effettiva maggioranza.

Aggregazione e partecipazione non possono diventare la faccia di un nuovo conformismo, che chiaramente ora gode il consenso di tutti e piace a tutti, in cui sfruttati e sfruttatori sono messi sullo stesso piano, ricchi e benestanti e operai e poveri come facenti parte di una stessa barca. E' questa la base del consenso generale del dopo concerto da parte di pezzi della politica e delle Istituzioni e di mass media al servizio dei padroni, della politica e delle Istituzioni e di quel settore di media borghesia ambientalista che vuole essere l'effettiva beneficiaria dell'intero movimento sul piano del peso sociale e delle future fortune politiche ed economiche (chiamate alternative) della città.
Un problema su cui tornare perchè anche all'ombra della contesa in corso c'è già chi si sta arricchendo e occupando spazi politici e culturali.
Questo è espresso molto chiaramente da alcuni giornalisti che mettono in grande evidenza gli aspetti di questa iniziativa che noi combattiamo e che vanno apertamente combattuti.
Il direttore di 'TarantoOggi' scrive: “niente pugni chiusi, niente mani tese, soltanto decine e decine di braccia alzate”, così come si dà grande rilievo al concetto di “città che si unisce” senza bandiere e senza classi; così, sono esponenti del centro destra che si dichiarano apertamente “d'accordo con Riondino”; così c'è chi amplifica e sacralizza “l'ordine e il senso civico” in cui il concerto si è svolto e la strada che si vuole perseguire, strada a cui viene data sponda tra gli stessi organizzatori del concerto che ora perseguono la linea da “liberi ben pensanti”, iniziata con “niente blocchi della città” e che oggi prosegue con “noi la terremo ordinata e pulita”, “Abbiamo riscoperto un parco archeologico di cui intendiamo prenderci cura attivamente, rendendolo fruibile gratuitamente a tutta la cittadinanza” (tra parentesi: la “gratuità” è scontata in un luogo pubblico; poi, non dovremmo pretendere che sia il Comune che incassa soldi dei cittadini a prendersene cura?). Questo “civismo” diventa, che lo si voglia o no, complice della pacificazione sociale e della inciviltà del capitale e del suo Stato che invece bisogna spazzare via.
Uno slogan del movimento delle donne dice “le brave ragazze vanno in paradiso, le cattive ragazze vanno ovunque”.

E' fondamentale nelle fila dei lavoratori e delle masse popolari affermare e organizzare la rottura e l'antagonismo sociale di classe, per cambiare realmente la storia di Taranto e fare effettivamente di Taranto un punto di riferimento nazionale per cambiare la storia del nostro paese.
Sarebbe davvero aggiungere alla tragedia in corso la beffa di una situazione per cui agli operai non resti che dire: “la musica è finita, gli artisti se ne vanno, ecc. ecc.” o “tutto cambia perchè nulla cambi”.

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