domenica 16 giugno 2013

Ai padroni della Federacciai non gli bastano tutte e due le mani date dal governo, vogliono anche le braccia e oltre...

I padroni della Federacciai, si lamentano del decreto bis "salva-Ilva". Già quando è stato varato, per salvaguardare l'Ilva non certo per difendere lavoro e salute degli operai, hanno gridato ad uno Stato che "pretendeva" di decidere e mettere le mani sulla fabbrica privata - un altro pò, a sentire i loro lamenti, sembrava che fossimo già nel socialismo. 
La realtà, come si sta vedendo in questi giorni è totalmente diversa: gli operai, i posti di lavoro sono a rischio, di messa a norma non se ne parla, anzi ora sembra che tutti gli impianti, tutta la struttura della fabbrica va in malora; mentre nello stesso tempo tutte queste mani sui profitti di Riva non sono stati messi, recuperando pochissime briciole.
Ma i padroni pretendono sempre di più, e quindi chiedono una modifica del decreto-bis che tuteli ancor più di ora la loro proprietà privata e gli interessi capitalistici.

Quindi la Federacciai ha presentato al parlamento giovedì scorso una sorta di "vademecum per «agevolare la riformulazione della proposta normativa» del Governo, nella convinzione che «la libertà d'impresa insieme alla certezza del diritto siano requisiti imprescindibili per un corretto funzionamento del comparto industriale». 
E questa "libertà di impresa" e "certezza del diritto", purtroppo l'abbiamo vista non solo dichiarata ma applicata in tutti questi anni e nei decreti fatti dai governi pro Riva.


Sono sei le osservazioni, legate al decreto legge 4 giugno 2012 n.61.
Innanzitutto contestano l'azione sanzionatoria. Cioè, dicono, avete deciso le sanzioni prima che l'azienda sia stata dichiarata non conforme alle regole. "Questo comporta - dice la Federacciai - la concreta possibilità che le azioni di commissariamento e di avvio di piani con investimenti diversi ed ulteriori da quelli previsti dall'Aia a carico dell'azienda possano avvenire anche nel caso in cui l'azienda risulti in realtà conforme alle regole». 
Ciò che la Federacciai dimentica di dire è che l'azienda di Riva è già da anni fuori da ogni regola, e che se sanzioni ci sono (ma molto lievi) queste sono arrivate molto in ritardo. 

Altro aspetto discutibile, secondo gli industriali dell'acciaio, è relativo alla nozione di pericolo contenuta nel decreto, giudicata «indefinita e arbitraria. Il rischio – si legge nel documento - è l'avvio delle procedure previste dal decreto sulla base di valutazioni soggettive, arbitrarie, di cui non è previsto il controllo nè contraddittorio o verifica». Discutibile anche la definizione di stabilimento di interesse strategico nazionale, «legata solamente al numero di dipendenti, ma slegata da aspetti strategici». 
I signori padroni chiamano "valutazioni soggettive, arbitrarie" lì dove si tratta di materialissime condizioni di lavoro, materialissimi malati e morti tra gli operai e la popolazione"; inoltre dicono il falso a proposito della definizione dello stabilimento dell'Ilva do "interesse strategico nazionale", visto che non è considerato tale dal governo per il numero dei dipendenti, ma proprio per la tutela degli interessi strategici del padronato, sia italiano ma anche internazionale, per le ricadute che una chiusura dell'Ilva avrebbe sul piano della concorrenza dei padroni italiani ed europeri sui mercati. Stia tranquilla Federacciai, il governo sia Monti sia ora Letta non si preoccupa della fine che farebbero i tanti operai, ma si preoccupa dei problemi che avreste voi.   

Federacciai sottolinea infine i rischi rappresentati dal fatto che «la definizione di pubblica utilità e la conseguente immunità del commissario per eventuali diseconomie dei risultato implica la possibile restituzione alla proprietà al termine commissariale di una azienda prima economicamente sana ed ora in dissesto finanziario. Di questo – spiegano gli industriali – nessuno è chiamato a rispondere».
Veramente è esattamente il contrario.Il decreto bis, invece di togliere la proprietà a chi ha provocato tante distruzioni di ambiente, a chi anche ora truffa a cielo aperto, nascondendo nelle varie isole (Curacao, Jersey) le sue cassaforti - che vanno al di là dei 9,3 miliardi oggetto di sequestro (e ancora niente affatto recuperati), prevede che gliela deve riconsegnare, dopo averla ristrutturata e resa al riparo da 'nuove Todisco'. Come in altre occasioni, lo Stato si prende in carico la fabbrica, la risana - chiaramente con forti cure dimagranti per gli operai - e poi la riconsegna ai padroni perchè, con i soldi pubblici, cioè con i nostri, continui a fare profitti privati.

"Poi, Federacciai formula due osservazioni di carattere particolare. «La determinazione e la conduzione di tutta l'attività ambientale è posta in capo al solo ministro dell'ambiente – si legge nel documento –, che nomina il subcommissario, il comitato di tre esperti e che approva il piano delle misure di tutela ambientale, predisposto dagli stessi esperti, con apposito decreto. Non è prevista alcuna forma di controllo e verifica dell'operato di questi esperti, neppure da parte del Mise».
La realtà è che ciò che sicuramente non è previsto è il controllo da parte degli operai e della popolazione di Taranto - l'unico controllo che ci vorebbe. Per il resto, invece, di che cosa si preoccupa la federacciai? Bondi è uomo dei padroni, addirittura messo prima dalla famiglia Riva. Quindi gli interessi dei padroni sono eccome sotto controllo!

"Infine, Federacciai sottolinea il rischio di un commissariamento della stessa Aia: «Il comma 7 dell'art.1 prevede automaticamente la modifica dell'Aia da parte del piano preparato dai tre esperti – si legge nel documento –: di fatto questo commissaria l'autorizzazione ambientale stessa, che viene così superata anche nel suo processo di modifica, oggi invece previsto da specifiche direttive comunitarie regolarmente recepite nell'ordinamento nazionale".
Modifica dell'AIA? Si può essere possibile, ma visto l'andazzo sempre peggiore di questi giorni, sono gli operai e la popolazione che deve temere. Perchè qui le uniche modifiche rischiano di essere solo in negativo. 

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