giovedì 19 settembre 2013

Esposto cambio tuta 2° parte- Pubblichiamo oggi l'ultima parte dell'esposto penale. IL 28 SETTEMBRE ORE 9,30 VIA RINTONE 22 RIUNIONE OPERAI ILVA SU CAMBIO TUTA

LEGGI E SENTENZE:

La “computabilità nell’orario di lavoro della presenza e delle attività, a monte e a valle della effettiva prestazione lavorativa”; nonché l’obbligo dell’uso della tuta per i lavoratori “svolgenti mansioni per la cui esecuzione è prescritto dalla legge l’uso di DPI” (dall’accordo del 15.12.11) è disciplinato da precise norme.
Il D.Lgs 181/2008 disciplina l’uso della tuta come indumento di protezione del corpo in particolari lavorazioni – tutte presenti nello stabilimento siderurgico, dove appunto l’uso della tuta è obbligatorio.
Per quanto riguarda cosa debba intendersi per orario di lavoro e cosa rientra nell’orario di lavoro, il Dlgs n.66/2003 e n.214/2004 stabiliscono che per orario di lavoro si intende “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni”.
L' art. 3 del R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692 dispone che è considerato lavoro effettivo ogni lavoro che richieda un'applicazione assidua e continuativa. Il successivo R.D. 10 settembre 1923, n. 1955, regolamento per l'applicazione del D.L. 15 marzo 1923, n. 692 dispone all'art. 5, che non si considerano lavoro effettivo i riposi intermedi che siano presi all'interno o all'esterno dell'azienda ed il tempo impiegato per recarsi sul posto di lavoro. Da ciò consegue che rientra nella nozione di lavoro effettivo tutto il tempo comunque impiegato a disposizione del datore di lavoro e nel suo interesse, quale, ad esempio, anche il tempo per indossare e togliere la divisa.
Tale interpretazione è anche conforme alla direttiva comunitaria 93/104.

Vari giuristi hanno spiegato che “L’orario di lavoro rappresenta il confine tra il momento in cui il dipendente è soggetto al potere organizzativo e direttivo del datore di lavoro e il momento in cui è sottratto a tale potere. In generale rientra nella nozione di orario di lavoro il tempo in cui il lavoratore esegue la propria prestazione lavorativa strettamente intesa, ovvero ogni attività che sia comunque funzionale all’esecuzione della prestazione lavorativa principale.
Alla luce della nuova definizione di orario di lavoro… il tempo necessario per indossare gli indumenti da lavoro (c.d. tempo tuta)...(essendo il lavoratore) soggetto all’ordine impartito dal datore di lavoro, il tempo fisiologico necessario per tale attività deve computarsi nell’orario di lavoro”.
Ancora: “ogni attività che sia comunque funzionale alla esecuzione della prestazione lavorativa principale deve essere ricompresa nella nozione di lavoro e, dunque, nell'ambito dell'orario lavorativo… (per fare) l'esempio del tornitore, è evidente che il suo lavoro non consisterà solamente nell'operare alla macchina ma, per esempio, anche nel prelevare dal magazzino i pezzi che andranno lavorati. Nessuno dubita che il tempo necessario a tale prelevamento rientri nell'orario di lavoro del tornitore; analogamente deve essere per la vestizione / svestizione, in quanto attività ausiliaria alla prestazione lavorativa principale, imposta dal datore di lavoro per il migliore funzionamento dell'azienda”.

E’ evidente come questo esempio calzi a pennello per la situazione dei dipendenti Ilva.
Ed è altrettanto evidente la contraddizione dello stesso accordo del 15.12.2011 che da un lato si richiama all’uso di DPI prescritto dalla legge – quindi obbligatori, da un lato fa riferimento alle attività a monte e a valle della effettiva prestazione lavorativa – quindi attività funzionali all’esecuzione della prestazione lavorativa principale, e dall’altro nega che il ‘cambio tuta’ e le attività a “monte e a valle” siano funzionali all’attività lavorativa principale e pertanto parte dell’orario di lavoro e come tale debba essere retribuito.

Questo diritto retributivo certo dei lavoratori è stato ampiamente confermato e sancito da varie sentenze (in allegato si riportano alcune) che hanno stabilito che “siano da ricomprendere nelle ore di lavoro effettivo, come tali da retribuire, anche le attività preparatorie o successive allo svolgimento dell’attività lavorativa, purchè eterodirette dal datore di lavoro, fra le quali deve ricomprendersi anche il tempo necessario ad indossare la divisa aziendale, qualora il datore di lavoro ne disciplini il tempo ed il luogo di esecuzione”.

Ma è soprattutto la Cassazione, che da vari anni ha riconosciuto quanto sopra; ricordiamo in particolare le sentenze n. 3763/1998, n. 15734/2003, n. 19273/2006, n. 15492/2009, n. 19358/2010.
Vogliamo riportare alcune parti di quest’ultima sentenza (dipendenti Unilever), perché descrive una situazione abbastanza simile a quella presente nello stabilimento Ilva di Taranto .
Scrive la sentenza: "se tale operazione è diretta dal datore di lavoro, che ne disciplina il tempo e il luogo di esecuzione, rientra nel lavoro effettivo e di conseguenza il tempo ad essa necessario deve essere retribuito". Nel caso della Unilever, le modalità di 'vestizione' erano stabilite dalla stessa azienda e prevedevano quattro timbrature di cartellino, il passaggio in più tornelli e il percorso di un lungo corridoio… per entrare nel perimetro aziendale dovevano transitare per un tornello apribile mediante tesserino magnetico di riconoscimento, indi percorrere cento metri ed accedere allo spogliatoio, ivi indossare gli indumenti di lavoro forniti dall’azienda, effettuare una seconda timbratura del tesserino prima dell’inizio del lavoro; al termine, dovevano effettuare una terza timbratura, accedere allo spogliatoio per lasciare gli abiti di servizio, passare una quarta volta il tesserino al tornello ed uscire…
La Cassazione ha riconosciuto come retribuibile “…la metà del tempo mediamente impiegato per passare dal primo al secondo tornello e dal terzo al quarto. La relativa liquidazione è stata operata in via equitativa e con prudente apprezzamento, stante la difficoltà di accertare con precisione il “quantum” della domanda - poichè non è possibile individuare per ciascun attore i tempi effettivamente impiegati per indossare e dismettere gli abiti da lavoro, soccorre una valutazione equitativa ex art. 432 c.p.c…”.

Anche nello stabilimento Ilva Spa di Taranto è l’azienda che disciplina il tempo e il luogo di vestizione della tuta (nello spogliatoio vicino al reparto di lavoro); anche all’Ilva gli operai per entrare nel perimetro aziendale dovevano transitare per un tornello apribile mediante tesserino magnetico di riconoscimento, quindi la maggior parte di loro devono attendere un bus interno aziendale (mentre pochi operai possono raggiungere a piedi il posto di lavoro) – tale attesa può anche essere non breve sia perché il mezzo è insufficiente per portare tutti gli operai in attesa che quindi devono aspettare un secondo bus, sia perché, non poche volte, i mezzi (vecchi) si rompono, ecc. – e poi devono effettuare una seconda timbratura del tesserino prima dell’inizio del lavoro, dopo essere passati dallo spogliatoio ed essersi messi la tuta (per l’uscita, i passaggi e il tempo impiegato, sono uguali, all’inverso).

Nelle sentenze della Cassazione viene ulteriormente ribadito che “… il tempo necessario al lavoratore per raggiungere, una volta cambiato, il reparto dove, timbrato l'orologio marcatempo, inizia a svolgere di fatto la prestazione lavorativa, deve essere retribuito poichè parte del lavoro effettivo, allorquando il dipendente sia tenuto a un tempo di percorrenza funzionale soltanto alle esigenze organizzative dell'azienda e sia assoggettato al potere direttivo, organizzativo e disciplinare della medesima, mentre il tempo impiegato dal lavoratore dipendente dal varco di accesso dello stabilimento di grandi dimensioni allo spogliatoio assegnato è lavoro effettivo e come tale retribuito solo se una volta varcato il cancello d'ingresso dell'area aziendale il dipendente è assoggettato al potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro senza la libertà di autodeterminazione…”.
Tale è la condizione dei lavoratori nello stabilimento Ilva di Taranto, i quali una volta entrati dalla portineria di ingresso sono assoggettati al “potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro”.

In una sentenza del Tribunale di Lodi n. 259 R.G. 2001, riportando una sentenza della Cassazione, veniva riportato il seguente schema esplicativo:
Se l'imprenditore ha prescritto l'uso del camice, il tempo per indossarlo rientra nell'orario di lavoro poiché l'obbligo di indossare una divisa imposta dall'imprenditore rappresenta manifestazione di soggezione al potere imprenditoriale (Cass.14/4/98 n. 3763, pres. Mileo, est. D'Angelo, in D&L 1998, 701). Il che vuol dire:
In Entrata:
1. Arrivare in negozio all’orario in cui inizia il turno
2. Timbrare in borghese
3. Entrare nello spogliatoio
4. Indossare la divisa
5. Dirigersi in reparto
6. Essere operativi circa 10 minuti dopo la timbratura all’orario di inizio turno
In Uscita:
1. Dirigersi verso lo spogliatoio circa 10 minuti prima dell’orario della fine del vostro turno
2. Entrare nello spogliatoio
3. Spogliarsi della divisa
4. Timbrare in borghese all’ora di fine turno

CONCLUSIONI:

Per tutto quanto sopra esposto, premesso che lo scrivente, e lavoratori dell’Ilva Spa sono a disposizione per fornire chiarimenti e ogni elemento utile,
SI CHIEDE:
  • di considerare tale accordo illegittimo, in quanto in violazione delle norme di legge e contrattuali;
  • di verificare il carattere truffaldino dell'accordo relativamente all'omissione dei contributi all'INPS, conseguente al mancato riconoscimento del tempo 'cambio tuta' come tempo di lavoro;
  • di considerare illegittima e ricattatoria/estorsiva la sottoscrizione del Verbale di Transazione;
  • di accertare se la firma di tale accordo illegittimo da parte delle OO.SS. nella persona dei loro segretari sia da considerarsi collusiva alle violazioni di leggi e contrattuali aziendali – cosa confermata, peraltro, dalle irregolarità da parte delle stesse OO.SS avvenute nel corso del referendum;

Si chiede, infine, di conoscere l’esito del presente esposto.

Per SLAI COBAS per il sindacato di classe
(coord. prov.le Calderazzi Margherita)

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