martedì 28 gennaio 2014

Gli spazi sociali occupati - Mestiza - Barraccamenti Officine Tarantine - non si toccano... vanno difesi con la lotta!



 Mestiza Occupato S.P.A. Spazio Polivalente Autogestito al quartiere Taranto 2, ex scuola Martellotta
22 / 12 / 2013
In una città offuscata da una crisi economica, ambientale, sociale sempre più drammatica, un gruppo di donne e uomini, precarie e precari, invisibili, si riappropriano di uno spazio abbandonato, la ex scuola Martellotta nel quartiere Taranto2. Davanti ad un'amministrazione comunale miope e sorda rispetto ai diritti e alle esigenze dei cittadini tutti, liberiamo spazi per riempire quel vuoto sociale, politico e culturale in cui Taranto è sprofondata da anni.
Pretendiamo per tutte quelle donne e quegli uomini che continuano a pagare sulla propria pelle le misure di austerity imposte dall'alto, il diritto alla felicità e a un'esistenza degna, il libero accesso alla cultura e alla socialità, slegate da qualsiasi forma di mercificazione. Contrapponendo alla politica generata nelle stanze dei bottoni, quella autenticamente dal basso, slegata dai lacci del partitismo e del falso movimentismo.
Consapevoli che la politica non possa essere un mezzo di potere e imposizione nelle mani di pochi, e convinti che debba essere, invece, uno strumento per tutti quelli che vogliono essere attori di un reale processo di cambiamento e costruzione di un altro mondo possibile, consideriamo questa giornata un momento di democrazia partecipata. Per immaginare la città di Taranto come un laboratorio metropolitano aperto a tutte quelle soggettività e comunità, territoriali e nazionali, che hanno scelto di lottare a favore di un modello di sviluppo alternativo ed ecocompatibile, attraverso pratiche rinnovate di conflitto e di consenso. 
Dalla città schiava dell'acciaio, e dalla sua emblematica devastazione ambientale e sociale, ci ricongiungiamo con tutti quei conflitti a difesa della salute, dell’ambiente e dei beni comuni che si danno oggi in Italia, che attraversano il Paese da Nord a Sud, dalla Val Susa a Venezia, dalla Campania alla Sicilia. Perché siamo contro tutto ciò che possa minare la libertà di esistenza, per ognuno di noi. Sia esso un treno ad alta velocità che buca una montagna, un gasdotto, o una fabbrica di morte, siamo al fianco di chi vuole continuare con forza a minare le fondamenta di un sistema che è guasto. Anche per questo, scegliamo di rappresentarci con un nome “Mestiza” che evoca “mestìs”, cioè il meticciato, un mondo a colori ma senza confini. Perché il mondo che vogliamo e per il quale intendiamo batterci, è un mondo che rispetta i diritti di tutte e tutti. Perché crediamo che, come i nostri fratelli e sorelle che arrivano dai Sud del mondo, abbiamo vissuto in questa città, anche se su una scala meno drammatica, lo sfascio delle politiche neoliberiste e colonialiste che il modello di sviluppo capitalista occidentale ha imposto al mondo.
Siamo la "Generazione P." (precaria) e pretendiamo diritti, reddito, welfare, salute e ambiente. Vogliamo essere protagonisti di quella crisi in cui abitiamo, attraversandola e respingendola. Occupare per noi significa riprenderci ciò che è nostro. Cominciare a liberarci da quello schema capitalista ed individualista che ci è stato imposto come imprescindibile modello di organizzazione sociale ed economica, mentre ogni giorno si palesa la violenza delle diseguaglianze che ha prodotto. Alle macerie generate da questo sistema, rispondiamo liberando un nuovo spazio pubblico, di parola e di azione. Coltivando una nuova partecipazione politica, oltre la delega; allo stesso tempo credendo che la costruzione di una nuova democrazia, svincolata dalle speculazioni, sia ancora possibile. Già a partire dalla difesa e della affermazione dei beni comuni, intesi, qui, come autogoverno, crediamo sia possibile rovesciare il primo dei ricatti, quello della precarietà, trasformandolo in un processo di riappropriazione collettiva. Che possa, attraverso la riconquista di uno spazio sociale liberato e messo a disposizione di tutti, costruire un percorso che parli di diritto all’abitare, di libero accesso ai saperi, di diritto alla salute, all’ambiente, e di reddito di esistenza. Perchè i beni comuni sottraggono il potere alle mani di quei pochi, nelle quali è stato mal riposto come le vicissitudini di questa ex scuola dimostrano, per diffonderlo nella disponibilità di tutti.
Perché solo il reddito di esistenza può permettere di uscire dal meccanismo dello sfruttamento e dal ricatto occupazionale. .
Reddito contro la povertà, per sfuggire ai ricatti. Per riaffermare l’unica grande opera che ci interessa: casa, reddito e dignità per tutt*!
Collettivo Mestiza S.P.A.


Sabato 2 novembre Taranto si è svegliata con una buona notizia: un gruppo di ragazzi, armati solo di buoni propositi e amore per il territorio hanno occupato la struttura degli ex Baraccamenti Cattolica in via Di Palma, di proprietà della Marina Militare e in disuso da 25 anni, dichiarando la nascita delle "Officine Tarantine". Se il dibattito pubblico nella città dei due mari sembra concentrato principalmente sul nodo Ilva, non vuol dire che anche a Taranto non ci sia una questione legata alla mancanza di spazi, tanto più che la presenza della Marina Militare ha privato la città di alcuni dei suoi squarci più belli e affascinanti.
Ed ecco allora l'occupazione, che ha subito richiamato writers, artisti di strada, ragazzi di tutte le età, attivisti pronti a "sporcarsi le mani" per restiturire alla cittadinanza una struttura ampia ma in stato di degrado. Domenica 10, la simbolica apertura alla cittadinanza tarantina, con un "open day" molto partecipato, a testimonianza che i tarantini sono tutt'altro che insensibili al tema della mancanza di spazi di socialità in città.
"Le Officine Tarantine nascono dalla voglia di mettere da parte la rassegnazione e trasformarla in voglia di cambiare il nostro territorio - ci spiega Alessio, uno degli animatori dell'occupazione - il nostro obiettivo è quello di occupare posti abbandonati per restituirli alla città: abbiamo cominciato dai Baraccamenti Cattolica perchè questo per anni è stato un centro di cultura (il circolo della marina era un crocevia di culture diverse, dotato di un negozio di souvenir, di un teatro, di una biblioteca, di un circolo fotografico, di centro diurno per ragazzi e di un centro diuro per gli anziani)".

Nella speranza che quest'energia contagiosa non venga dispersa in una città come Taranto in cui il dramma ambientale, la mancanza atavica di spazi di socialità ed il tema delle servitù militari si intrecciano drammaticamente.


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