domenica 29 marzo 2015

LO SFRUTTAMENTO DEGLI OPERAI DI OGGI NON FA CHE CONFERMARE L'ANALISI DI MARX DI 150 ANNI FA, MA ANCHE CHE GLI OPERAI DEVONO ESSERE I "BECCHINI" DEL CAPITALE

Noi viviamo sotto il dominio della produzione capitalistica, in cui la maggioranza della popolazione può vivere solo se lavora, in cambio di un salario.
Per il capitalista i costi di un lavoratore sono dati da ciò che serve alla sua sussistenza per tornare il giorno dopo al lavoro.
Per il capitalista la forza-lavoro è una merce, come tutte le altre, che l'operaio vende al padrone per vivere. Ma una merce particolare perchè produce plusvalore.
Il capitalista realizza il plusvalore dal pluslavoro, cioè dalla quantità di lavoro non retribuito fatto dall'operaio, della cui forza lavoro, una volta comprata per un giorno, una settimana, ecc. il padrone può disporre per tutto il tempo per cui l'ha comprata, quindi oltre il tempo necessario a produrre l'equivalente del suo salario, vale a dire la reintegrazione della sua forza-lavoro.
Il plusvalore può essere assoluto o relativo. E' assoluto, quando il capitalista espande, a parità di altre condizioni, il lavoro assoggettato al capitale, questo si realizza soprattutto con il prolungamento della giornata lavorativa, che consente di ampliare le ore di pluslavoro quando siano date e costanti le ore di lavoro necessarie alla riproduzione della forza-lavoro (lavoro necessario), vale a dire l'operaio lavora più ore a parità di salario. 
E' relativo, quando vengono attuati i metodi che consentono di ridurre il tempo di lavoro necessario, attraverso soprattutto l'aumento della produttività del lavoro, quindi l'operaio nello stesso tempo di lavoro aumenta la produzione grazie a l'uso di macchinari più veloci, ecc. 
Ma spesso questi metodi non sono affatto alternativi e i padroni li utilizzano entrambi e nello stesso tempo (vedi alla Fiat)
Quindi è lo sfruttamento dell'operaio è la condizione primaria per far crescere i profitti del padrone.
(DA UNA COMPAGNA LAVORATRICE DI TARANTO)

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