giovedì 23 aprile 2015

"GIOVEDI' ROSSI" - LA TRASFORMAZIONE DEL DENARO IN CAPITALE

1. LA FORMULA GENERALE DEL CAPITALE.
La circolazione delle merci è il punto di partenza del capitale. La produzione delle merci e la circolazione sviluppata delle merci, cioè il commercio, costituiscono i presupposti storici del suo nascere. Il commercio mondiale e il mercato mondiale aprono nel secolo XVI la storia moderna della vita del capitale.”

Così comincia Marx questo quarto capitolo e ci dice che la prima forma in cui appare il capitale è il denaro. Infatti “Ogni nuovo capitale calca la scena, cioè il mercato - mercato delle merci, mercato del lavoro, mercato del denaro - in prima istanza come denaro, ancora e sempre: denaro che si dovrà trasformare in capitale attraverso processi determinati.”

Il “denaro come denaro”, abbiamo visto, serviva a far circolare le merci (mezzo di circolazione: M-D-M: trasformazione di merce in denaro e ritrasformazione di denaro in merce, vendere per comprare.), “Ma accanto a questa forma, ne troviamo una seconda, specificamente differente, la forma D-M-D: trasformazione di denaro in merce e ritrasformazione di merce in denaro, comprare per vendere. Il denaro che nel suo movimento descrive quest'ultimo ciclo, si trasforma in capitale, diventa capitale, ed è già capitale per sua destinazione.”

Nella forma M-D-M è la merce al centro dello scambio, il suo valore d’uso, e il suo movimento si conclude con il consumo, mentre “Nella forma inversa, D-M-D, invece, il compratore spende denaro per incassare denaro come venditore. Alla compera della merce egli getta denaro nella circolazione, per tornare a sottrarlo a mezzo della vendita della stessa merce. Non lascia andare il denaro che con la perfida intenzione di tornarne in possesso. Il denaro viene quindi soltanto anticipato.”

“Il risultato nel quale si risolve tutto il processo è: scambio di denaro contro denaro, D-D. Se, per es., compero per 1.000 sterline (cifre arbitrarie) duemila quintali di cotone e rivendo i duemila quintali di cotone per 1.500 sterline, in fin dei conti ho scambiato 1.000 sterline contro 1.500 sterline, denaro contro denaro.” Qui non conta la qualità ma la quantità!
Quello che è importante qui, dice Marx, è “Il riafflusso del denaro al suo punto di partenza”.”
Siccome, come abbiamo visto, non ha senso scambiare cose uguali con cose uguali, il possessore di denaro fa questa operazione “rischiosa”, cioè “getta” denaro nella circolazione, perché vuole trarre più denaro dalla circolazione, più di “quanto ve ne sia stato gettato al momento iniziale.” Il cotone comprato a 1.000, per esempio, viene venduto una seconda volta a 1000 + 500, ossia a 1.500. “La forma completa di questo processo – dice Marx - è quindi D-M-D', dove D' = D + ΔD, cioè è uguale alla somma di denaro originariamente anticipata, più un incremento. Chiamo plusvalore (surplus value) questo incremento, ossia questa eccedenza sul valore originario. Quindi nella circolazione il valore originariamente anticipato non solo si conserva, ma in essa altera anche la propria grandezza di valore, aggiunge un plusvalore, ossia si valorizza. E questo movimento lo trasforma in capitale.”

Questa somme, il denaro iniziale più l’incremento, non devono essere spese definitivamente altrimenti “Cesserebbero di essere capitale. Sottratti alla circolazione, si pietrificano in un tesoro e non s'accrescono neppure d'un centesimo … Il risultato è un solo valore di 1.500 che si trova nella stessa e corrispondente forma, cioè pronto a cominciare il processo di valorizzazione, come i 1.000 originari. Alla fine del movimento, risulta, ancora, denaro, e come nuovo inizio del movimento. Quindi la fine di ognuno dei singoli cicli nei quali si compie la compera per la vendita, costituisce di per se stessa l'inizio di un nuovo ciclo. La circolazione semplice delle merci - la vendita per la compera - serve di mezzo per un fine ultimo che sta fuori della sfera della circolazione, cioè per l'appropriazione di valori d'uso, per la soddisfazione di bisogni. Invece, la circolazione del denaro come capitale è fine a se stessa, poiché la valorizzazione del valore esiste soltanto entro tale movimento sempre rinnovato.”

“Il possessore di denaro diventa capitalista nella sua qualità di veicolo consapevole di tale movimento. La sua persona, o piuttosto la sua tasca, è il punto di partenza e di ritorno del denaro. Il contenuto oggettivo di quella circolazione - la valorizzazione del valore - è il suo fine soggettivo, ed egli funziona come capitalista, ossia capitale personificato, dotato di volontà e di consapevolezza, solamente in quanto l'unico motivo propulsore delle sue operazioni è una crescente appropriazione della ricchezza astratta. Quindi il valore d'uso non dev’essere mai considerato fine immediato del capitalista. E neppure il singolo guadagno: ma soltanto il moto incessante del guadagnare … Quindi il denaro costituisce il punto di partenza e il punto conclusivo d'ogni processo di valorizzazione. Era 1.000, ora è 1.500, e così via.”

2. CONTRADDIZIONI DELLA FORMULA GENERALE
In questo pezzo Marx chiarisce il fatto che dallo scambio di equivalenti non può nascere nessun di più, non ci si può arricchire, e fa un po’ di esempi che avvengono all’interno del processo di circolazione. Per quanto riguarda il valore d'uso, per esempio, dallo scambio si può dire che “entrambe le parti guadagnano”. Perché coloro che scambiano usano la merce per i propri bisogni, il proprio consumo.
Se si guarda al valore di scambio invece non ci sarebbe nemmeno questo “guadagno” in cose utili; se si scambia merce che vale 100, per es. grano, con altra merce che vale 100, per es. vino “Questo scambio non è un aumento del valore di scambio né per l'uno né per l'altro”; lo scambio di equivalenti, quindi, se il fenomeno avviene allo stato puro, non è un mezzo di arricchirsi di valore.
“Quindi, dietro ai tentativi di rappresentare la circolazione delle merci come fonte di plusvalore, sta in agguato per lo più un quid pro quo, una confusione fra valore d'uso e valore di scambio.” “Tuttavia, nella realtà, le cose non si svolgono allo stato puro.”
Supponiamo quindi, dice Marx, uno scambio di non equivalenti tra venditore, possessore di merce, e compratore, possessore di denaro.

“Poniamo ora che, per un qualche inspiegabile privilegio, sia dato al venditore di vendere la merce al di sopra del suo valore, a 1.100 se essa vale 1.000, cioè con un rialzo nominale di prezzo del 10 %. Dunque il venditore incassa un plusvalore di 100. Ma dopo esser stato venditore, diventa compratore. Ora l'incontra un terzo possessore di merci in qualità di venditore, che gode a sua volta il privilegio di vender la merce rincarata del 10 %. Il nostro personaggio ha guadagnato 100 come venditore, per perdere 100 come compratore. Il risultato di tutto ciò si riduce in realtà al fatto che tutti i possessori di merci si rendono l'uno all'altro le loro merci al 10 % al di sopra del loro valore, il che è esattamente la stessa cosa che se vendessero le merci ai loro valori.”
“Supponiamo viceversa che sia privilegio del compratore comperare le merci al di sotto del loro valore. Qui non c'è neppure bisogno di ricordare che il compratore torna a diventare venditore. Era venditore, prima di diventare compratore. Ha perduto già il 10% come venditore prima di guadagnare il 10 % come compratore. Tutto rimane come prima.”

“La formazione di plusvalore, quindi la trasformazione di denaro in capitale, non può dunque essere spiegata né per il fatto che i venditori vendano le merci al di sopra del loro valore, né per il fatto che i compratori le comperino al di sotto del loro valore.”
“Quindi i sostenitori coerenti della illusione che il plusvalore scaturisca da un supplemento nominale di prezzo, ossia dal privilegio del venditore di vendere la merce troppo cara, suppongono una classe che compri soltanto senza vendere, che quindi anche consumi senza produrre. L'esistenza di tale classe è ancora inspiegabile dal punto di vista al quale finora siamo arrivati, quello della circolazione semplice.”

Ma si può fare ancora un altro esempio, quello del “furbo”.
“Può darsi che il possessore di merci A sia tanto furbo da abbindolare i suo colleghi B o C e che, nonostante la loro buona volontà, questi non riescano a render pan per focaccia. A vende vino per il valore di 40 a B ed ottiene in cambio grano per il valore di 50; A ha trasformato i suoi 40 in 50, ha fatto più denaro da meno denaro, e ha trasformato la sua merce in capitale. Guardiamo le cose più da vicino.”
“Prima dello scambio avevamo per 40 di vino in mano di A e per 50 di grano in mano di B: valore complessivo di 90. Dopo lo scambio, abbiamo lo stesso valore complessivo di novanta. Il valore circolante non s'è ingrandito neppure di un atomo: quella che è cambiata è la distribuzione del valore circolante fra A e B. Si presenta da una parte come plusvalore quel che dall'altra è minusvalore, si presenta come un più da una parte quel che è un meno dall'altra. Sarebbe accaduto lo stesso cambiamento se A avesse rubato senz'altro a B dieci, senza mascherare la cosa nella forma dello scambio. È evidente che la somma dei valori circolanti non può essere aumentata da nessun cambiamento nella loro distribuzione…”
Dunque, ci si può rigirare come si vuole; il risultato è sempre lo stesso. Se si scambiano equivalenti, non nasce nessun plusvalore; se si scambiano non-equivalenti, neppure in tal caso nasce plusvalore.

La circolazione, ossia lo scambio delle merci, non crea nessun valore.

“… quindi, aggiunge Marx, nella sua formazione non può non accadere alle spalle della circolazione qualcosa che è invisibile nella circolazione stessa.”
“Ma il plusvalore può scaturire da qualcosa d'altro che dalla circolazione?”

Come sappiamo la merce ha valore perché contiene lavoro umano, per es. 10. “Ma, dice Marx, questo valore non si può rappresentare contemporaneamente nel valore della merce e in un eccedente sul valore proprio di questa, non si rappresenta cioè in un prezzo di 10 che sia simultaneamente un prezzo di 11, non si rappresenta in un valore che sia più grande di se stesso. Il possessore di merci può col suo lavoro creare valori ma non valori che si valorizzino. Egli può alzare il valore d'una merce, aggiungendo al valore esistente nuovo valore mediante nuovo lavoro, per esempio facendo, con il cuoio, degli stivali. La medesima materia ha ora più valore, perché contiene una maggiore quantità di lavoro. Quindi lo stivale ha più valore del cuoio, ma il valore del cuoio è rimasto quel che era. Non si è valorizzato, non si è aggiunto un plusvalore durante la fabbricazione degli stivali. Dunque è impossibile che il produttore di merci, al di fuori della sfera della circolazione e senza entrare in contatto con altri possessori di merci, valorizzi valori e trasformi quindi denaro o merce in capitale.”

“Dunque è impossibile che dalla circolazione scaturisca capitale; ed è altrettanto impossibile che esso non scaturisca dalla circolazione. Deve necessariamente scaturire in essa, ed insieme non in essa.” Dunque, si ha un duplice risultato.
“La trasformazione del denaro in capitale deve essere spiegata sulla base di leggi immanenti allo scambio di merci, cosicché come punto di partenza valga lo scambio di equivalenti.  
Il nostro possessore di denaro, che ancora esiste soltanto come bruco di capitalista, deve comperare le merci al loro valore, le deve vendere al loro valore, eppure alla fine del processo deve trarne più valore di quanto ve ne abbia immesso. Il suo evolversi in farfalla deve avvenire entro la sfera della circolazione e non deve avvenire entro la sfera della circolazione. Queste sono le condizioni del problema"

Che affronteremo nel secondo e ultimo articolo su questo capitolo.

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