sabato 23 maggio 2015

"GIOVEDI' ROSSI" - entriamo in fabbrica! ... E qui si lavora...

(CI SCUSIAMO PER IL FATTO CHE QUESTA SETTIMANA LA FORMAZIONE OPERAIA ESCE IN RITARDO. MA QUESTI DI DUE GIORNI LI ABBIAMO BEN UTILIZZATI, E QUESTO SI RIFLETTERA' NEL PROSSIMO FUTURO IN UN MIGLIORAMENTO DELLA STESSA FORMAZIONE OPERAIA).

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Con questo capitolo “entriamo in fabbrica”… e qui si lavora. Marx fa innanzi tutto la differenza fra processo lavorativo come “… condizione naturale eterna della vita umana; quindi … indipendente da ogni forma di tale vita, e anzi… comune egualmente a tutte le forme di società della vita umana”, e processo di valorizzazione.

Il processo lavorativo Marx ce lo spiega in un modo cui non siamo abituati a pensarlo: “In primo luogo il lavoro è un processo che si svolge fra l'uomo e la natura, nel quale l'uomo per mezzo della propria azione media, regola e controlla il ricambio organico fra se stesso e la natura: contrappone se stesso, quale una fra le potenze della natura, alla materialità della natura. Egli mette in moto le forze naturali appartenenti alla sua corporeità, braccia e gambe, mani e testa, per appropriarsi i materiali della natura in forma usabile per la propria vita.” Cambiando la natura, dice Marx “egli cambia allo stesso tempo la natura sua propria” e aggiunge “Qui non abbiamo da trattare delle prime forme di lavoro, di tipo animalesco e istintive. Lo stadio nel quale il lavoro umano non s'era ancora spogliato della sua prima forma di tipo istintivo si ritira nello sfondo lontano delle età primeve, per chi vive nello stadio nel quale il lavoratore si presenta sul mercato come venditore della propria forza-lavoro. Noi supponiamo il lavoro in una forma nella quale esso appartenga esclusivamente all'uomo. Il ragno compie operazioni che assomigliano a quelle del tessitore, l'ape fa vergognare molti architetti con la costruzione delle sue cellette di cera. Ma ciò che fin da principio distingue il peggiore architetto dall'ape migliore è il fatto che egli ha costruito la celletta nella sua testa prima di costruirla in cera. Alla fine del processo lavorativo emerge un risultato che era già presente al suo inizio nella idea del lavoratore, che quindi era già presente idealmente. Non che egli effettui soltanto un cambiamento di forma dell'elemento naturale; egli realizza nell'elemento naturale, allo stesso tempo, il proprio scopo, da lui ben conosciuto, che determina come legge il modo del suo operare, e al quale deve subordinare la sua volontà. E questa subordinazione non è un atto isolato. Oltre lo sforzo degli organi che lavorano, è necessaria, per tutta la durata del lavoro, la volontà conforme allo scopo, che si estrinseca come attenzione: e tanto più è necessaria quanto meno il lavoro, per il proprio contenuto e per il modo dell'esecuzione, attrae a sé l'operaio; quindi quanto meno questi gode come gioco delle proprie forze fisiche e intellettuali.”

Nel processo lavorativo abbiamo, quindi, 1) l’attività conforme allo scopo, ossia il lavoro stesso; 2) l'oggetto del lavoro; e 3) i mezzi di lavoro. L'oggetto generale del lavoro umano è innanzitutto
la terra con i suoi “prodotti” spontanei. “Se invece l'oggetto del lavoro è già filtrato, per così dire, attraverso lavoro precedente, lo chiamiamo materia prima. Per esempio il minerale già estratto, quando viene sottoposto a lavaggio.”

L’importanza del mezzo di lavoro come “cosa o un complesso di cose che il lavoratore inserisce fra sé e l'oggetto del lavoro, e che gli servono da conduttore della propria attività su quell'oggetto” è data dal fatto che ”L'uso e la creazione dei mezzi di lavoro … contraddistinguono il processo lavorativo specificamente umano; per questo il [Benjamin] Franklin definisce l'uomo «a toolmaking animal», un animale che fabbrica strumenti. Le reliquie dei mezzi di lavoro hanno, per il giudizio su formazioni sociali scomparse, la stessa importanza che ha la struttura delle reliquie ossee per conoscere l'organizzazione di generi animali estinti. Non è quel che vien fatto, ma come vien fatto, con quali mezzi di lavoro, ciò che distingue le epoche economiche... Fra i mezzi di lavoro i mezzi meccanici di lavoro, il cui complesso possiamo chiamare il sistema osseo e muscolare della produzione, ci offrono note caratteristiche d'una epoca sociale di produzione che sono più decisive di quanto non siano quei mezzi di lavoro che servono soltanto da ricettacoli dell'oggetto di lavoro, e il cui complesso può essere designato in modo del tutto generale come sistema vascolare della produzione, come tubi, botti, ceste, orci, ecc. Questi hanno una funzione importante soltanto quando comincia la fabbricazione chimica.”
Fra i mezzi del processo lavorativo bisogna considerare anche “tutte le condizioni oggettive che in genere sono richieste affinché esso abbia luogo. Queste condizioni non rientrano direttamente nel processo lavorativo, il quale però senza di esse può non verificarsi affatto, o si verifica solo incompletamente.” Ci riferiamo alla stessa terra ma anche a “edifici di lavoro, canali, strade, ecc.”
“Il processo [lavorativo] – dice Marx - si estingue nel prodotto. Il suo prodotto è un valore d'uso, materiale naturale appropriato a bisogni umani mediante cambiamento di forma. Il lavoro s'è combinato col suo oggetto. Il lavoro si è oggettivato, e l'oggetto è lavorato. Quel che dal lato del lavoratore s'era presentato nella forma del moto, ora si presenta dal lato del prodotto come proprietà ferma, nella forma dell'essere. L'operaio ha filato e il prodotto è un filato.” E “Se si considera l'intero processo dal punto di vista del suo risultato, cioè del prodotto, mezzo di lavoro e oggetto di lavoro si presentano entrambi come mezzi di produzione, e il lavoro stesso si presenta come lavoro produttivo.”
“Con l'eccezione dell'industria estrattiva che trova in natura il suo oggetto di lavoro, come l'attività mineraria, la caccia, la pesca (l'agricoltura solo in quanto dissoda la terra vergine, in prima istanza), tutte le branche dell'industria trattano un oggetto che è materia prima, cioè oggetto di lavoro già filtrato attraverso il lavoro, che è già anch'esso prodotto del lavoro.”
“La materia prima può costituire la sostanza principale d'un prodotto, oppure può entrare nella sua formazione soltanto come materiale ausiliario… in questo stato si chiama semifabbricato [oggi semilavorato] e si chiamerebbe meglio fabbricato graduale, come per esempio il cotone, il filo, il refe”.
Ogni prodotto è dunque lavoro passato, morto, e l'unico mezzo per conservare e realizzare come valori d'uso questi prodotti come le macchine, i mezzi di lavoro, per esempio, “è gettarli nel processo lavorativo” cioè metterli in “contatto con il lavoro vivente.” Altrimenti il lavoro speso nella loro produzione è inutile: “Il ferro arrugginisce, il legno marcisce…”

2. PROCESSO DI VALORIZZAZIONE
Anticipiamo subito il risultato dell’analisi di questo punto: “Il processo di valorizzazione … non è altro che un processo di creazione di valore prolungato al di là di un certo punto”. Vediamo come ci si arriva. Per passare al processo di valorizzazione, dice Marx “Torniamo al nostro capitalista” che ha “acquistato sul mercato tutti i fattori necessari al processo lavorativo, i fattori oggettivi ossia i mezzi di produzione, il fattore personale ossia la forza-lavoro.” E “Ora, il processo lavorativo nel suo svolgersi come processo di consumo della forza-lavoro da parte del capitalista ci mostra due fenomeni peculiari.”
Primo: “L'operaio lavora sotto il controllo del capitalista, al quale appartiene il tempo dell'operaio. Il capitalista sta attento a che il lavoro si svolga per bene e che i mezzi di produzione vengano impiegati appropriatamente; dunque fa attenzione a che non si sperperi materia prima, e che lo strumento di lavoro non venga danneggiato, cioè che venga logorato soltanto quanto è reso necessario dal suo uso nel lavoro.”
In secondo luogo: “il prodotto è proprietà del capitalista, non del produttore diretto, dell'operaio. Il capitalista paga, per esempio, il valore giornaliero della forza-lavoro. Dunque per quel giorno l'uso di essa gli appartiene come quello di ogni altra merce, per esempio di un cavallo noleggiato per un giorno.”
“Consideriamo ora il processo di produzione anche come processo di formazione di valore.” Prendiamo per esempio, il refe.
“Per la preparazione del refe è stata necessaria in primo luogo la sua materia prima, per esempio 10 quintali di cotone .... comprato sul mercato al suo valore” per esempio a 140 € (le cifre sono arbitrarie).  “Ammettiamo inoltre che la massa di fusi che si sono logorati nella lavorazione del cotone, la quale rappresenta per noi tutti gli altri mezzi di lavoro” abbia un valore di 40 €. Se una quantità di denaro di 180 € “è il prodotto di ventiquattro ore lavorative ossia di due giornate lavorative, ne segue in primo luogo che nel refe sono oggettivate due giornate lavorative.” “Tutto il lavoro contenuto nel refe è lavoro trascorso.” Ora bisogna aggiungere al cotone la parte del valore rappresentata dal lavoro dell’operaio. E “La materia prima si presenta qui come assorbente di una determinata quantità di lavoro.”
“Se in un'ora vien filata ossia trasformata in 1 quintale e 2/3 di refe 1 quintale e 2/3 di cotone, 10 quintali di refe indicano 6 ore lavorative assorbite. Determinate quantità di prodotto, fissate in base alla esperienza, non rappresentano ormai altro che determinate quantità di lavoro, masse determinate di tempo di lavoro cristallizzato. Ormai sono semplicemente materializzazione di un'ora, di due ore, d'un giorno di lavoro sociale.”
“Per la vendita della forza-lavoro si era presupposto che il suo valore giornaliero fosse eguale a 20 € e che in questi fossero incorporate 6 ore lavorative, e che dunque per produrre la somma media dei mezzi di sussistenza giornalieri del lavoratore fosse richiesta tale quantità di lavoro. Ora, se il nostro filatore durante un'ora lavorativa trasforma 1 quintale e 2/3 di cotone in 1 quintale e 2/3 di refe, in 6 ore trasformerà 10 quintali di cotone in 10 quintali di refe. Quindi durante il processo di filatura il cotone assorbe 6 ore lavorative. Lo stesso tempo di lavoro è rappresentato da una quantità d'oro” [di denaro] di 20 €. “Dunque mediante la filatura stessa viene aggiunto al cotone” un valore di 20 €.
“Guardiamo ora il valore complessivo del prodotto, cioè dei 10 quintali di refe. In questi 10 quintali sono oggettivate 2 giornate lavorative e mezza; 2, contenute nel cotone e nel fuso, mezza, di lavoro assorbito durante il processo della filatura. Il medesimo tempo di lavoro è rappresentato in una massa d'oro [di denaro] di 200 €. Dunque il prezzo adeguato al valore dei 10 quintali di refe ammonta a 200 €, il prezzo di 1 quintale di refe a 20 €.”
“Il nostro capitalista si adombra: il valore del prodotto è eguale al valore del capitale anticipato. Il valore anticipato non si è valorizzato, non ha generato nessun plusvalore, e così il denaro non si è trasformato in capitale. Il prezzo dei 10 quintali di refe è di 200 € e 200 € erano stati spesi al mercato per gli elementi costitutivi del prodotto, cioè, il che è la stessa cosa, per i fattori del processo lavorativo: 140 € per il cotone, 40 € per la massa dei fusi logorati e 20 € per la forza-lavoro. … Ora questi valori sono tutti concentrati su di una cosa sola, ma altrettanto accadeva per la somma di denaro di 200 €, prima che questa si frantumasse attraverso tre acquisti di merce.”
“In sé e per sé questo risultato non è strano. Il valore di 1 quintale di refe è 20 € e quindi per 10 quintali di refe il nostro capitalista avrebbe dovuto pagare sul mercato 200 €.”

“Forse il capitalista, che sa il fatto suo quanto a economia politica volgare, dirà di aver anticipato il suo denaro con l'intenzione di farne più denaro. Ma di buone intenzioni è lastricata la via dell'inferno, e tanto varrebbe che avesse l'intenzione di far denaro senza produrre. Minaccia che non ci cascherà più. In futuro comprerà la merce bell'e fatta sul mercato, invece di fabbricarla egli stesso. Ma se tutti i suoi fratelli capitalisti faranno altrettanto, dove trovare la merce sul mercato? E non può mangiare denaro. Si mette a catechizzare: si rifletta alla sua astinenza. Avrebbe potuto scialacquare i suoi 200 €. Invece, li ha consumati produttivamente e ne ha fatto del refe. Ma in compenso, ha ben del refe invece di rimorsi. E non deve a nessun costo ricadere nella parte del tesaurizzatore che ci ha mostrato qual è il risultato dell'ascetismo. E poi, dove non c'è niente, l'imperatore non ha più diritti. Qualunque possa essere il merito della rinuncia del capitalista, non c'è nulla per pagarla a parte, poiché il valore del prodotto che risulta dal processo lavorativo è eguale soltanto alla somma dei valori delle merci immessevi. Se ne resti dunque quieto pensando che della virtù la virtù è premio. 
Invece, il capitalista diventa indiscreto. Il refe è inutile per lui. L'ha prodotto per venderlo … Il capitalista s'inalbera: allora l'operaio avrebbe creato dal nulla, con le sole sue braccia, i frutti del lavoro, avrebbe prodotto merci dal nulla? Non è stato lui, il capitalista, a dargli il materiale col quale e nel quale soltanto quegli può incarnare il suo lavoro? E poiché la maggior parte della società consiste di questi nullatenenti, non ha reso alla società, coi suoi mezzi di produzione, il suo cotone e i suoi fusi, un servizio incommensurabile, e così all'operaio, che ha per giunta provveduto di mezzi di sussistenza? E non deve mettere in conto questo servizio?”
A questo punto, dice Marx, anche l’operaio potrebbe dire la sua: “E l'operaio non gli ha reso il servizio di trasformare cotone e fuso in refe?” Ma, in realtà “qui non si tratta di servizi. Un servizio non è altro che l'effetto utile d'un valore d'uso, sia della merce, sia del lavoro. Ma quello che conta qui è il valore di scambio. Il capitalista ha pagato all'operaio il valore di 20 €. L'operaio gli ha restituito un equivalente esatto nel valore di 20 € aggiunto al cotone: gli ha restituito valore per valore. Il nostro amico, che poco fa era ancora tanto fiero del suo capitale, assume d'un tratto il contegno modesto del proprio operaio. Non ha lavorato anche lui? Non ha compiuto il lavoro di sorveglianza, di sovraintendenza nei confronti del filatore? E questo suo lavoro non crea valore anch'esso? Il suo sorvegliante e il suo direttore si stringono nelle spalle. Ma intanto il capitalista ha ripreso, ridendo allegramente, la sua antica fisionomia. Ci ha voluto canzonare, con tutta quella litania. Non gliene importa niente. Lascia questi sciocchi pretesti e questi vuoti sofismi ai professori di economia politica, che proprio per questo sono pagati. Egli è un uomo pratico, che fuori degli affari non riflette sempre a quel che dice, ma negli affari sa sempre quel che fa.”

Vediamo un po' più da vicino. Il valore giornaliero della forza-lavoro ammontava a 20 € perché in esso è oggettivata una mezza giornata lavorativa, cioè perché i mezzi di sussistenza necessari giornalmente alla produzione della forza-lavoro costano una mezza giornata lavorativa.” Ma, come abbiamo visto, “il lavoro trapassato, latente nella forza-lavoro, e il lavoro vivente che può fornire la forza-lavoro, cioè i costi giornalieri di mantenimento della forza-lavoro e il dispendio giornaliero di questa sono due grandezze del tutto distinte.” La forza-lavoro “determina il suo valore di scambio” ed è stata “pagata” per quanto valeva sul mercato delle merci; il lavoro vivo invece “costituisce il suo valore d'uso. Che sia necessaria una mezza giornata lavorativa per tenerlo in vita per ventiquattro ore, non impedisce affatto all'operaio di lavorare per una giornata intera. Dunque il valore della forza-lavoro e la sua valorizzazione nel processo lavorativo sono due grandezze differenti. A questa differenza di valore mirava il capitalista quando comperava la forza-lavoro. L'utile qualità di produrre refe e stivali, propria della forza-lavoro, era per il capitalista soltanto la conditio sine qua non, poiché, per creare valore, il lavoro dev'essere speso in forma utile: ma decisivo era invece il valore d'uso specifico di questa merce, che è quello di esser fonte di valore, e di più valore di quanto ne abbia essa stessa. Questo è il servizio specifico che il capitalista se ne aspetta. E in questo egli procede secondo le eterne leggi dello scambio delle merci.”

E infatti “II nostro capitalista ha previsto questo caso, che lo mette in allegria. Quindi il lavoratore trova nell'officina non solo i mezzi di produzione necessari per un processo lavorativo di 6 ore, ma quelli per 12 ore. Se 10 quintali di cotone hanno assorbito 6 ore lavorative e si sono trasformati in 10 quintali di refe, 20 quintali di cotone assorbiranno 12 ore di lavoro e si trasformeranno in 20 quintali di refe. Consideriamo il prodotto del processo lavorativo prolungato. Adesso nei 20 quintali di refe sono oggettivate 5 giornate lavorative: 4, nella massa di cotone e di fusi consumata; 1 giornata, assorbita dal cotone durante il processo di filatura. Ma l'espressione in oro [in denaro] di 5 giornate lavorative è: 400 €. Questo è dunque il prezzo dei 20 quintali di refe. Il quintale di refe costa, come prima, 20 €. Ma il totale del valore delle merci immesse nel processo ammontava a 380 €. [Cioè il doppio di cotone e fusi = 360 più 20 per la forza lavoro] Il valore del refe ora ammonta a 400 €. Il valore del prodotto è cresciuto … oltre il valore anticipato per la sua produzione. Così 380 € si sono trasformati in 400 €. Hanno deposto un plusvalore di 20 €. Il colpo è riuscito, finalmente. Il denaro è trasformato in capitale.”
 “Il processo di consumo della forza-lavoro che insieme è processo di produzione della merce, ha reso un prodotto di 20 quintali di refe del valore di 400 €. Il capitalista torna ora sul mercato e vende merce, dopo aver comprato merce. Vende il quintale di cotone a 20 €, non un quattrino più o meno del suo valore. Eppure trae dalla circolazione 20 € di più di quelli che vi ha immesso inizialmente.”
Come abbiamo visto precedentemente “Tutto questo svolgimento di trasformazione in capitale del denaro del nostro capitalista, avviene e non avviene nella sfera della circolazione. Avviene attraverso la mediazione della circolazione, perché ha la sua condizione nella compera della forza-lavoro sul mercato delle merci; non avviene nella circolazione, perché questa non fa altro che dare inizio al processo di valorizzazione, il quale avviene nella sfera della produzione.”

Come abbiamo anticipato all’inizio, se “confrontiamo il processo di creazione di valore e il processo di valorizzazione” vediamo che “quest'ultimo non è altro che un processo di creazione di valore prolungato al di là di un certo punto. Se il processo di creazione di valore dura soltanto fino al punto nel quale il valore della forza-lavoro pagato dal capitale è sostituito da un nuovo equivalente, è processo semplice di creazione di valore; se il processo di creazione di valore dura al di là di quel punto, esso diventa processo di valorizzazione.”

“Il processo di produzione, in quanto unità di processo lavorativo e di processo di creazione di valore, è processo di produzione di merci; in quanto unità di processo lavorativo e di processo di valorizzazione, è processo di produzione capitalistico, forma capitalistica della produzione delle merci.”

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