venerdì 23 ottobre 2015

Ilva, entro dicembre si parte con la newco. Garantiti gli stipendi

Subito il recupero di circa 150 milioni di euro. La dotazione finanziaria che l’Ilva ha per gestire il periodo ponte fino alla fine dell’anno. Poi, dal 2016, con la legge di stabilità arriveranno gli ottocento milioni per la prosecuzione del risanamento ambientale. E, nel frattempo, partirà la “new.co.”, la nuova società che sarà creata per gestire il siderurgico più grande d’Europa. Il piano del Governo per l’Ilva di Taranto è questo: anticipato ai sindacati, nel corso di un incontro che si è tenuto l’altro ieri sera a Roma al ministero dello Sviluppo Economico.

Erano presenti il ministro Federica Guidi, i commissari dell’Ilva in amministrazione straordinaria, i sindacalisti nazionali di Fim-Fiom e Uilm.
Le risposte sul futuro dell’azienda, che viaggia al rallentatore ormai da molti mesi, sono arrivate direttamente dal ministro. Quelle immediate consentono di rassicurare i dipendenti del gruppo: gli stipendi sono al sicuro per i prossimi tre mesi. Ci sono risorse sufficienti. Faranno parte dalla cassa corrente: sono poco di più di cento milioni di euro, residuo di quel prestito di 400 milioni avviato con le banche e poi sospeso. Sarà riattivato nel giro di qualche giorno. Ci sono poi altri strumenti, come risparmi in vari settori, sconto fatture, che consentiranno il recupero di altri fondi.

Il secondo passo è la legge di stabilità che ha consentito, come scritto nei giorni scorsi, di inserire ottocento milioni nel plafond da destinare all’Ilva. I fondi sono esattamente quelli che, assieme ai 400 milioni già prestati dalle banche a maggio di quest’anno, diventerebbero pari al miliardo e 200 milioni di euro che l’Italia vuole recuperare dalla Svizzera e appartenenti ai Riva. Il ministro ha comunicato ai sindacati di aver concluso l’iter autorizzativo per ottenere i soldi bloccati in Svizzera. Nelle scorse settimane c’è stata l’opposizione, avanzata da due eredi della famiglia, al rientro in Italia del miliardo sotto sequestro. Una guerra di carte che non fa andare avanti il percorso avviato dal Governo.

Il terzo fronte sarà quello della “new.co”. Fino a qualche tempo fa la creazione di una nuova società per la gestione dell’Ilva era stato considerato dal Governo Renzi un passo obbligato. Poi la newco aveva perso appeal in favore di una società di turnaround, per la ristrutturazione non solo di Ilva ma di tutti i grossi gruppi industriali italiani in crisi. L’altro ieri ai sindacati il ministro Guidi ha invece comunicato di voler puntare nuovamente sulla new.co. La nuova società sarà costituita da capitali pubblici e privati. La Cassa Depositi e Prestiti avrà il ruolo di protagonista, ma la sua partecipazione potrà essere fino al massimo al 60%. L’altro 40% minimo sarà costituito da banche, industriali, investitori privati. I tempi per la realizzazione della nuova società sono brevi: dovrà essere costituita entro fino la fine dell’anno e amministrerà l’Ilva per 24-36 mesi. Due o tre anni in cui il siderurgico dovrà risalire la china: completare il risanamento ambientale, chiudere la partita dei lavori dell’autorizzazione Aia, riprendere la produzione con un portafogli clienti che ritorni a puntare sull’acciaio italiano e sulla qualità di quello tarantino.

«Il Governo ci ha confermato lo schema del suo programma di lavoro. Uno schema che il ministro Guidi ci aveva già informalmente anticipato - ha detto Rocco Palombella, segretario nazionale della Uilm, che ha partecipato al vertice al Mise dell’altro ieri sera - con un programma a breve termine che consente la gestione ordinaria e il pagamento delle retribuzioni. Ci sono poi le prospettive della nuova società e dello sblocco dei fondi sequestrati e ancora in Svizzera. È chiaro - ha aggiunto il numero uno del sindacato dei metalmeccanici Uil - che l’Ilva deve dedicare tutte le risorse in campo e l’impegno all’adeguamento dello stabilimento alle prescrizioni ambientali. Solo quando sarà garantita la sicurezza e la qualità dei prodotti siderurgici Ilva si potrà riposizionare sul mercato, riguadagnando quella fiducia che in parte nei suoi confronti si è persa».

Attualmente infatti il gruppo è in forte perdita, a un passo dal default. Cinquanta milioni al mese e una produzione che nel 2015 si chiuderà sotto quota 5 milioni di tonnellate. Lo stabilimento tarantino è antieconomico. Il pareggio dei conti non potrà arrivare mai comunque prima del 2017. Il Governo continua a disinnescare la bomba con iniezioni cospicue di denaro. Il piano industriale però si allontana e dovrà essere ricalibrato anche sull’andamento di mercato, attualmente critico anche per gli altri produttori europei surclassati dalla Cina.

Per l’Ilva al problema generale, alla sovrapproduzione europea, all’acciaio che ha raggiunto i prezzi più bassi del decennio, si aggiungono i problemi interni: la bufera giudiziaria che dal 2012 ha spazzato via la vecchia proprietà, gli effetti dell’inquinamento e la sempre più difficile convivenza con il territorio.

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