domenica 24 gennaio 2016

Appalto Ilva 5000 posti in meno, chi paga per le colpe del governo e dei padroni sono sempre gli operai

La Ringhiera
Non è solo l’Ilva ad essere in difficoltà. Arrancano anche indotto e appalto. I numeri sono drammatici: 1021 dipendenti in cassa integrazione ordinaria e straordinaria; 136 procedure di licenziamento già concluse e 3.510 i dipendenti diretti con contratto di solidarietà. Le aziende dell’appalto, inoltre, già penalizzate fortemente dai crediti pregressi e mai ottenuti, si trovano in una situazione di stand by dovuta al fermo pressoché totale della produzione e anche i processi di ambientalizzazione sono al palo, in vista probabilmente degli scenari che si delineeranno da qui a breve con l’ingresso dei privati.
E’ questa l’istantanea di un sistema, il “sistema Taranto” che “rischia un tracollo senza ritorno”.
I sindacati, dal canto loro, hanno nei giorni scorsi inscenato una protesta in consiglio comunale coinvolgendo anche i sindaci degli altri comuni per fronteggiare una situazione che inevitabilmente coinvolge tutta la provincia; contestualmente, hanno programmato una serie di incontri con le rappresentanze sindacali dell’indotto per stabilire i provvedimenti da intraprendere. Successivamente al 10 febbraio, data in cui si concluderà il primo step di cessione ai privati dell’Ilva, sono in calendario incontri serrati con i consigli di fabbrica per adottare tutte le azioni che si riterranno opportune”.
Da qui la decisione di continuare a vedersi per delineare strategie comuni e coinvolgere le istituzioni del territorio ed altre organizzazioni datoriali (commercianti, artigiani) al fine di sensibilizzare il governo sulla drammatica situazione in atto. Confindustria e sindacati hanno programmato incontri “per fare il punto sui passaggi da concretizzare dopo il 10 febbraio prossimo, non escludendo – per i rispettivi ambiti di competenza- azioni, anche clamorose, di protesta e mobilitazione

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