sabato 25 giugno 2016

IL LIBRO "ILVA LA TEMPESTA PERFETTA" A TORINO, con gli avvocati del processo

Il libro “Ilva la tempesta perfetta” è stato presentato alla libreria Comunardi di Torino il 16 giugno di questo mese ad un pubblico molto attento di avvocati, tecnici, professori, operai ed ex operai, attivisti sindacali e di movimento, giovani attivi nei movimenti sul territorio.
La presentazione aveva obiettivi che andavano oltre il libro, quelli di interessare la realtà torinese alla vicenda ben viva in queste settimane e al maxi processo che a Taranto è ricominciato il mese scorso e vede tre avvocati torinesi ben conosciuti (Avv. Bonetto, Vitale, Pellegrin) protagonisti come legali di un centinaio di operai, lavoratori e cittadini autorganizzati e di associazioni attive sulla vicenda quali lo Slai cobas sc di Taranto e Medicina democratica.
Infine, la presentazione è avvenuta in un momento in cui a Torino si sono appena consumate le vicende giudiziarie di analoga importanza che hanno riguardato la ThyssenKrupp e l'Eternit.

Nell'intervento introduttivo è stato raccontato come la vicenda Ilva sia esplosa ma anche implosa. Diverse forze, soprattutto nei due anni caldi 2012/2013 hanno agito (e agiscono) con vari interessi, ognuna portando una propria posizione, contribuendo alla “tempesta perfetta”.
Nei due anni in cui è esplosa una rivolta che metteva in discussione non solo gli effetti ma anche le cause.
Dal 2012 tutti i governi che si sono succeduti hanno fatto decreti. L'ultimo il 10° è una sorta di compendio dei precedenti – l'inchiesta aveva parlato di 60 gg per la messa a norma, il 10° decreto proroga al 2019, introducendo l'immunità per i nuovi padroni, una sorta di “scudo giudiziario”.
Si tratta - è stato detto - di una guerra di bassa intensità, in cui sono in gioco gli interessi della grandi multinazionali dell'acciaio.
Ma c'è da dire che mentre perfino al G7 in Giappone si è parlato dell'Ilva, in Italia, a livello nazionale, nelle aree di movimento, del sindacalismo di base, non se ne parla o se ne parla solo come “vicenda di dolore”.
Il dramma epocale è anche questo. Non è solo quello di una fabbrica capitalista, cartina di tornasole dell'attacco alla salute e al lavoro, ma anche il dramma che non vi è consapevolezza della partita in gioco, della valenza nazionale della questione Ilva.
Il libro racconta di questa mancata trasformazione di una grande vicenda in opportunità.

Il libro mostra come non è vero la vulgata secondo cui gli operai non hanno lottato per la salute. Anche a Taranto negli anni 70/80 vi è stato un grande movimento di lotta operaia che ha affrontato i temi della salute, sicurezza, ambiente e fatto anche piattaforme dettagliate. In questa fabbrica gli operai hanno sempre lottato, resistito, ma hanno perso. Perchè non c'era il sindacato di classe, il partito comunista.
Come non è vera l'altra vulgata secondo cui gli operai nell'attuale vicenda stanno tutti con l'azienda. Si tratta di luoghi comuni per caratterizzare l'apparenza dello scontro non la verità dei fatti.
Parte degli ambientalisti hanno fatto una guerra agli operai, ma prima che scoppiasse la vicenda dell'inchiesta avevano lasciato soli gli operai, sia quando morivano, sia quando lottavano. Oggi poi si sostiene una filosofia idealistica del mondo della fabbrica, della società, che trasforma vicende reali in categorie astratte
La stessa inchiesta rende invisibili gli operai, si parla di impianti come se operassero senza persone.
Queste correnti hanno prodotto un secondo “disastro”, quello soggettivo.
L'Ilva non è una fabbrica di Taranto ma il paradigma di una realtà che mostra che: nocivo è il capitale non la fabbrica. E il libro radiografa un sistema che si chiama sistema del capitale.

Sono seguiti gli interventi degli avvocati.
L'Avv. Bonetto ha detto che il libro “Ilva la tempesta perfetta” dovrebbe essere letto e diffuso “quasi obbligatoriamente”.
Nessuno sa nulla di questa vicenda, alcuni pensano che l'Ilva sia chiusa. Vi sono situazioni di cui si parla ogni giorno mentre dell'Ilva non si parla mai, o appena si parla, si fa un decreto (Renzi come un Richelieu).
L'importanza di questo libro è che costringe ad affrontare i problemi reali.
Quindi è tornato sul processo: Già negli anni passati il Procuratore Sebastio di Taranto faceva inchieste, faceva lettere al Ministero, ma in tutti questi anni non ha mai ricevuto una risposta; per questo processo “ambiente svenduto” la Procura ha dovuto scavalcare polizia e carabinieri.
Il processo Ilva è l'unico processo che è tornato indietro.
Il processo è una cristallizzazione di una certa verità. In questo processo c'è ogni cosa.
L'Eternit aveva cessato di produrre nel 1987 e qualsiasi cosa facesse non avrebbe cambiato nulla. Con l'Ilva c'è una fabbrica in piedi.
Non credo – ha detto infine – che si possa guardare a Taranto come ad una contrapposizione tra chi vuole il lavoro e chi lotta per la salute. Taranto è una città operaia e la maggiorparte delle persone fa una vita da operaio e grosso modo la pensa come gli operai.

L'Avv. Pellegrin – di cui abbiamo già pubblicato uno scritto critico sull'istanza di trasferimento da Taranto del processo fatta dagli avvocati di Riva – sempre riferendosi alla vicenda del “trasferimento”, ha detto che paradossalmente quando gli avvocati degli imputati al processo parlano non utilizzano luoghi comuni ma i fatti descritti nel libro “Ilva la tempesta perfetta”: partendo dal fatto che “la fabbrica permea l'intera città di Taranto”. L'istanza chiede il trasferimento del processo in nome della “difesa delle giustizia”, dicendo che, altrimenti: “qui crolla l'intero sistema...”
Nello stesso tempo Pellegrin ha detto come sia necessaria la partecipazione operaia e popolare, delle parti civili al processo: chi al processo non vuole “disturbare il manovratore” o dice: “evitiamo di mettere tutto in discussione”, ha già così egli stesso “portato via il processo”
Infine, ha concluso affermando che una discussione che voglia essere reale sulla questione Ilva/Taranto, che non si eserciti in maniera idealistica sulle “soluzioni alternative”, deve partire da un fatto semplice: il capitalismo, per buono o cattivo che sia, resta sempre capitalismo.

Dopo queste corpose introduzioni e tenendo conto dei limiti di tempo, si sono susseguiti degli interventi volti a indicare proposte, forme di coinvolgimento dei lavoratori e della pubblica opinione e, infine, alla ricerca di contributi tecnico-scientifici e artistici che possano dar forza alla battaglia sociale e legale verso una soluzione della vicenda Ilva e Taranto che permetta effettivamente di difendere lavoro e salute e di ottenere anche in Tribunale giustizia e risarcimenti per il disastro ambientale che gli operai e i cittadini di Taranto hanno pagato e pagano duramente sull'altare del profitto capitalista.
Particolarmente interessante è stato l'impegno assunto da alcuni degli intervenuti per proporre il dibattito sul libro e sulla vicenda Ilva-Taranto nel movimento No Tav e nelle altre realtà torinesi.

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