martedì 21 giugno 2016

Ilva - Quale strada veramente scegliere da parte degli operai e popolazione

Gli incontri sindacali a Taranto nella scorsa settimana e a Roma oggi stanno facendo chiarezza su ciò che i padroni e il governo vogliono fare per l'Ilva.
Innanzitutto, una gestione flessibile dei prossimi mesi che comporterà ulteriore “solidarietà”, che sarà gestita come sempre secondo i numeri dell'azienda, con “figli e figliastri2 tra i lavoratori, tra chi non ne farà per niente e potrà conservare il salario per intero e chi invece se lo vedrà falcidiato.
Il piano di fermi è fatto all'interno del mantenimento dei picchi produttivi attuali e, di conseguenza, vuol dire, per chi sta in fabbrica, più lavoro, più sfruttamento, con meno operai.
I sindacati hanno già dato l'Ok a questo piano, l'Usb compresa anche se non lo fa sapere come è avvenuto peraltro sempre per i contratti di solidarietà. A che servono questi contratti di solidarietà, nella congiuntura l'abbiamo già detto, in prospettiva a testare il numero degli esuberi.
E qui veniamo al Tavolo romano. Dove si discute di cordate e si tratta col governo da che parte stare: ArcelorMittal (Marcegaglia), o Erdemir-Turchi (Arvedi), con una barca di soldi dello Stato attraverso la Cassa depositi e prestiti.
“Se non è zuppa è pan bagnato”. Il problema non è scegliersi il padrone e legarsi alle sue promesse. Anche Riva quando si prese l'Ilva promise che l'avrebbe risanata e messa a norma, come è andata a finire poi lo vediamo tutti.
“Se non è zuppa è pan bagnato” significa volumi produttivi che prevedono il taglio almeno di un 30% degli operai, considerando anche l'appalto.
E' inutile dire, poi, che ci resterà avrà livelli di sfruttamento indiani o turchi, nel senso vero della parola. E Marcegaglia e Arvedi chiuderanno i loro stabilimenti per buttarsi sull'affare dell'Ilva.
Chiaramente sono progetti che si realizzeranno a medio periodo e, intanto, nello stabilimento in mano ai commissari andrà sempre peggio.

Noi chiediamo un'assemblea generale e non le finte assemblee di reparto. Vogliamo che tutti gli operai sentano una sola cosa dai sindacalisti e possano far sentire la loro voce e imporre i loro interessi di difendere lavoro, salute e sicurezza, salari, diritti.
Ma tutti non vogliono fare l'assemblea generale, l'Usb compresa. Gli piace amministrare gli orticelli piuttosto che misurarsi con tutti i lavoratori.
Fim e Uilm gestiscono l'esistente, minacciano scioperi e mobilitazioni se...se...se, il cui ultimo sciopero abbiamo visto a che è servito...
La Fiom abbaia alla luna, si butta sulle piccole cose e ha fiducia nel governo e nello Stato.
L'USB annuncia un piano di assemblee, la proposta di uno sciopero, una marcia dall'Ilva all'Eni, una raccolta di firme, per mandare prima gli operai in pensione.
Propone cioè ora quello che avrebbe dovuto fare prima, da circa 2 anni e che lo Slai cobas aveva proposto con il “Decreto operaio”.
Ma, intanto, che cosa ha fatto. Nessuna reale opposizione ai decreti, la ripresa del lavoro e la revoca dello sciopero quando vi è stato il sequestro dell'Afo2, per la morte di Alessandro Morricella; l'incontro con Renzi, con foto ricordo, quando è venuto con una toccata e fuga a Taranto; per non parlare il “culo e camicia” con Emiliano, altro trombone. Lo sciopero lo ha fatto l'Usb ma insieme alla Confindustria.

Il 10° decreto affossa ambientalizzazione e bonifiche e concede immunità ai nuovi padroni (gli attuali commissari ce l'hanno già).
Esso, però, offre l'occasione per unire operai e popolazione e pretendere lavoro, salute e sicurezza.
E' questa la strada che dobbiamo scegliere. Questa strada si può percorrere solo con il blocco generale della fabbrica e della città.
Le marcette, gli scioperi per incontrare il prefetto e il giro degli ospedali, non permettono di ottenere nulla; è una linea che serve, nonostante le buone intenzione, ad accompagnare i morti e il morto (Ilva).

ASSEMBLEA GENERALE SUBITO!
APRIRE LA FABBRICA ALLA CITTA'!
BLOCCARE UNITI, OPERAI E CITTADINI, FABBRICA E CITTA'!

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