mercoledì 8 giugno 2016

Le donne migranti, anello debole o anello forte?

I migranti fuggono da un carcere all'aperto, per finire in gabbie dove vengono marchiati, contati, selezionati. Spesso poi rispediti nel proprio paese, o peggio, in posti che sono dei veri e propri lager. 
Tra questi migranti sempre più tante sono le donne. Queste donne spesso sono le principali vittime sacrificali dei percorsi in terra o in mare. Per quelle invece che raggiungono le coste, l'attende una società ipocrita e capitalistica, che 
apparentemente dà un immagine umanitaria, ma immediatamente attiva dei canali in cui c'è uno sfruttamento generale dei migranti, ma in particolare della donna negli ambiti su cui si è già abbondamentemente vi è un supersfruttamento delle donne: agricoltura, ambiti sociali molto umili e sopratutto prostituzione.
Dove invece si è attuata una seria politica di accoglienza, si è dimostrato quanto l'apporto di queste donne sia utile, stimolante ad uno scambio interculturale di grande utilità per la società osptitante e per le stesse emigrate. Ma è ovvio che una o qualche situazione positiva non è la soluzione dei problemi delle emigrate o delle donne in generale. 
Resto fortemente dell'idea che, come dice Marx "la violenza rivoluzionaria è la levatrice della storia", ed essa non è 
prerogativa degli uomini, ma è prerogativa delle donne. 
Su questo mi è rimasta in mente sin dalla mia giovane età l'immagine della rivoluzione francese dove innanzi a tutti c'era una donna con il forcone in mano.
Concetta

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