giovedì 13 ottobre 2016

FORMAZIONE OPERAIA - L'imperialismo corrompe lo strato superiore del movimento operaio - Cap. VIII - 2° parte



Per entrare con forza e chiarezza sull'influenza dell'imperialismo nel movimento operaio, Lenin saccheggia, per così dire, l'importante scritto di Hobson, perchè, come dirà, ne condivide la descrizione.
Nel rimandare alla lettura diretta di queste pagine, riprese da Lenin, ci concentriamo su alcuni aspetti messi in rilievo.
L'imperialismo, gli Stati dominanti – e qui Hobson fa riferimento alla Gran Bretagna, alla Francia e altre nazioni imperialistiche che si erano messe su questa via – sfruttano provincie, colonie, paesi sudditi allo scopo di arricchire le classi dominanti e corrompere le proprie classi inferiori in modo da tenerle a freno .
L'imperialismo, all'epoca di Hobson e Lenin, “conquista con le armi gli Stati, usando eserciti formati dagli indigeni”. E questo dato, per esempio, oggi vive chiaramente e apertamente nell'odierno sistema mondiale, dove non sono tanto gli eserciti arruolati nell'esercito della potenza dominante che conducono le invasioni, le guerre di aggressioni, quanto gli eserciti degli Stati dominati, formalmente indipendenti ma in realtà asserviti, che costruiscono giganteschi eserciti per servire l'imperialismo, principalmente Usa, ma pronti a servire gli interessi di altri imperialismi e a combattere la guerre dell'imperialismo contro i propri stessi popoli.
Ma non è tanto il lato militare, che pure è illuminante, che Hobson mette in rilievo, quanto le ragioni per cui queste guerre vengono condotte e combattute, e soprattutto per conto di chi.
Scrive Hobson: “La più grande parte dell'Europa occidentale... (assume) l'aspetto e il carattere ora posseduti soltanto da alcuni luoghi... visitati dai turisti e abitati da gente ricca... un piccolo gruppo di ricchi e aristocratici, traenti le loro rendite e i loro dividenti (dal dominio coloniale vivono) accanto (con) un gruppo alquanto più numeroso di impiegati e di commercianti e un gruppo ancora maggiore di domestici, lavoratori dei trasporti e operai occupati nel processo finale dela lavorazione dei prodotti più avariabili...”.
Questo Hobson chiama “parassitismo occidentale”. Questo permette, sempre secondo lui, “l'esistenza di un gruppo di nazioni industriali più progredite, le cui classi elevate riceverebbero, dall'Asia e dall'Africa (e per gli Stati Uniti dall'America Latina – ndr) enormi tributi e, mediante questi, si procurerebbero grandi masse di impiegati e di servitori addomesticati che non sarebbero occupati nella produzione in grande di derrate agricole o di articoli industriali, ma nel servizio personale o in lavori industriali di secondo ordine sotto il controllo della nuova aristocrazia finanziaria”.
Non solo Lenin qui gli deve dar ragione, ma anche oggi, a cento anni di distanza, in un mondo profondamente mutato dove però la sostanza è la stessa.

Hobson chiaramente da borghese progressista, liberale considera indegna questa prospettiva e vorrebbe contrastarla. Lenin è perfino più cauto di Hobson e mette in rilievo che “se le potenze dell'imperialismo non incontrassero resistenza, esse giungerebbero direttamente a quel risultato”.
Ma è proprio della resistenza che si occupa Lenin per denunciare che in questa direzione “anche in seno al movimento operaio gli opportunisti, oggi provvisoriamente vittoriosi nella maggior parte dei paesi, (e purtroppo questo “oggi” vale anche per l'odierna situazione mondiale, nel movimento operaio e nei movimenti di liberazione dall'imperialismo – ndr) “lavorano”, sistematicamente, indefessamente nella medesima direzione”.
Per essere più chiari, Lenin dice: “L'imperialismo, che significa la spartizione di tutto il mondo e lo sfruttamento... che significa alti profitti monopolistici a beneficio di un piccolo gruppo di paesi più ricchi, crea la possibilità economica di corrompere gli strati superiori del proletariato, e, in tal guisa, di alimentare, foggiare e rafforzare l'opportunismo”.
Qui Lenin è come se si trasforma non tanto in un analista del sistema mondiale, ma in un “cronista” di denuncia di ieri come di oggi. Denuncia come i capi dei partiti socialdemocratici diventano difensori dell'imperialismo, chiamano all'unità, allora, dell'Europa per combattere i “negri dell'Africa” e il “grande movimento islamico”, per mantenere “un esercito e una flotta poderosi...”
Così non si fa sfuggire il timore delle classi dominanti, per cui anche il dover trasferire lavoro nei paesi oppressi dall'imperialismo, mentre i ricchi vivono di rendita, può avere l'effetto di avviare “l'emancipazione economica e quindi anche politica delle pelli rosse e nere”.
Così come descrive la trasformazione in Inghilterra delle zone da agricole in aristocratici campi di gioco, di come aumentino le corse di cavalli e caccia alla volpe e diminuisca la popolazione produttiva.
Perfino gli studiosi borghesi – dice Lenin – dell'imperialismo britannico, quando parlano “della classe operaia inglese (sono costretti) a tener sistematicamente distinti l'uno dall'altro lo “strato superiore” dei lavoratori e lo “strato inferiore propriamente proletario”. Lo strato superiore fornisce la massa dei membri dei sindacati (e anche, diciamo noi, dei partiti di sinistra - ndr), delle cooperative, delle associazioni sportive e delle numerose sette religiose” (ma anche, diremmo noi, del gigantesco apparato della chiesa del Vaticano - ndr).
E proseguendo: “Al suo tenore di vita, è anche adattato il diritto elettorale, che... “è ancora abbastanza limitato da escludere lo strato inferiore propriamente proletario”!! – allora i proletari erano esclusi dal voto, mentre oggi sono i sistemi elettorali e della formazione del consenso che li escludono, pur avendone formalmente il diritto.
Lenin dice che quando si parla di classe operaia nei paesi imperialisti, si parla soltanto di questo strato superiori di essa “che costituisce la minoranza del proletariato”; e in molti paesi imperialisti, in America per esempio, ormai questa classe operaia viene chiamata “ceto medio”. Per esempio – aggiunge Lenin: “La questione della disoccupazione è questione che riguarda... gli strati proletari inferiori”... di cui i politicanti borghesi e gli opportunisti “socialisti” si interessano poco”.
Ma anche la gigantesca ondata migratoria è ben contenuta nell'analisi e denuncia di Lenin: “Una delle particolarità dell'imperialismo, collegata all'accennata cerchia di fenomeni, è la diminuzione dell'emigrazione dai paesi imperialisti e l'aumento dell'immigrazione in essi di individui provenienti dai paesi più arretrati, con salari inferiori...”.
Questi vengono a costituire l'esercito dei proletari più sfruttati tra i lavoratori industriali, i lavoratori della terra, i lavoratori delle miniere. E in tutti i paesi imperialisti (allora come adesso) essi “coprano i posti peggio pagati, mentre i lavoratori americani danno la maggior percentuale di candidati ai posti di sorveglianza e ai posti meglio pagati. L'imperialismo tende a costituire anche tra i lavoratori categorie privilegiate e a staccarle dalla grande massa dei proletari... a scindere la classe lavoratrice, a rafforzare in essa l'opportunismo, e quindi a determinare per qualche tempo il ristagno del movimento operaio”.
Lenin si rifà a Marx ed Engels e scrive: “(Essi) seguirono per decenni, sistematicamente, la connessione dell'opportunismo in seno al movimento operaio con le peculiarità imperialiste del capitalismo inglese”.
Riprende, quindi, la lettera di Engels a Marx del 7 ottobre 1858:
...l'effettivo, progressivo imborghesimento del proletariato inglese, di modo che questa nazione, che è la più borghese di tutte, sembra voglia portare le cose al punto di avere un'aristocrazia borghese e un proletariato accanto alla borghesia”.
Ancora in un'altra lettera Engels parla delle “peggiori Trade-unions inglesi che si lasciano guidare da uomini che sono venduti alla borghesia o per lo meno pagati da essa”.
In un'altra lettera a Kautsly nel 1882, Engels scriveva: “Ella mi domanda che cosa pensino gli operai della politica coloniale. Ebbene: precisamente lo stesso che della politica generale. In realtà non esiste qui alcun partito operaio, ma solo radicali conservatori e radicali-liberali (sembra la sinistra, anche estrema, di oggi – ndr), e gli operai (chiaramente dominati da partiti e sindacati dell'opportunismo- ndr) si godono tranquillamente insieme con essi il monopolio commerciale e coloniale dell'Inghilterra sul mondo”.
Infine, riprendendo Engels nella prefazione alla seconda edizione della “Situazione della classe operaia in Inghilterra”, Lenin traccia un quadro finale, insuperato dello stato delle cose nell'imperialismo, cause ed effetti.
Cause: 1) sfruttamento del mondo intero per opera di un determinato paese (o gruppi di paese – ndr); 2) sua posizione di monopolio sul mercato mondiale; 3) suo monopolio coloniale.
Effetti: 1) imborghesimento di una parte del proletariato inglese (in tutti i paesi imperialisti, diremmo noi); 2) una parte del proletariato si fa guidare da capi che sono comprati o almeno pagati dalla borghesia”. L'imperialismo dell'inizio del XX secolo ha ultimato la spartizione del mondo – dice Lenin – tra un piccolo pugno di Stati, ciascuno dei quali sfrutta attualmente (nel senso di spremere soprapprofitti) una parte del mondo... Ciascuno di essi ha sul mercato mondiale una posizione di monopolio grazie ai trust, ai cartelli, al capitale finanziario e ai rapporti tra creditore e debitore; ciascuno possiede, fino ad un certo punto, un monopolio coloniale...(diremmo, un dominio su alcuni paesi oppressi, su alcune aree del mondo - ndr).
In questo quadro, Lenin conclude: “La situazione odierna è contraddistinta dall'esistenza di condizioni economiche e politiche tali da accentuare necessariamente l'inconciliabilità dell'opportunismo con gli interessi generali e essenziali del movimento operaio... L'imperialismo... si è sviluppato in sistema dominante; i monopoli capitalistici hanno preso il primo posto nell'economia e nella politica...”. La lotta per la spartizione del mondo caratterizza il XX secolo e anche l'odierno secolo.
In nessun paese - aggiunge Lenin - l'opportunismo può più restare completamente vittorioso nel movimento operaio per una lunga serie di decenni... Ma... in una serie di paesi l'opportunismo è diventato maturo, stramaturo e fradicio, perchè esso, sotto l'aspetto di socialsciovinismo, si è fuso interamente con la politica borghese”.

Ieri come oggi quest'analisi è la più profonda, scientifica, radicale, arma della critica del sistema mondiale e dell'odierno stato del movimento operaio e proletario. E la lotta in questo mondo si identifica con la piena appropriazione di questa arma della critica perchè forgi le armi del partito operaio autentico, il partito della rivoluzione. 

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