domenica 30 ottobre 2016

Lavori socialmente utili per i migranti - sarebbe utile, ma... il governo non dice se verrebbero retribuiti, se sarebbero rispettati i diritti contrattuali, ecc.

(Da Sole 24 ore) 
Lavori socialmente utili per i migranti: lo mette nero su bianco il governo nel documento programmatico di bilancio 2017. Il testo pubblicato dal Mef (ministero dell’Economia e Finanze) delinea, tra l’altro, le previsioni di spesa per l’impegno dell’Italia sui migranti. Ricorda che è «in corso di elaborazione un Piano per l’accoglienza diffusa» in particolare «che si pone come obiettivo tendenziale la distribuzione equa su 8 mila comuni dei migranti». Poi, la novità: «Il Piano tiene anche conto della necessità di adottare una specifica normativa per consentire i lavori socialmente utili, la formazione ai migranti e la loro integrazione nel tessuto sociale».
L’impiego diffuso nei centri abitati in lavori socialmente utili degli immigrati accolti come rifugiati è dunque un obiettivo dell’esecutivo guidato da Matteo Renzi. Lui stesso di recente ha osservato: «Bisogna evitare che chi viene qui in attesa di essere giudicato rifugiato stia a passare il tempo senza fare niente. Perché questo crea anche insofferenza». In questa linea, del resto, da diverse settimane tra i ministeri guidati da Angelino Alfano (Interno), Giuliano Poletti (Lavoro) e la Presidenza del Consiglio c’è allo studio dei tecnici l’impiego di 3mila rifugiati nel servizio civile nazionale, progetto finanziato dal Fami (fondo asilo, migrazione e integrazione): soldi provenienti dall’Unione europea con destinazione specifica ed esclusiva.
Il documento del ministero dell’Economia, guidato da Pier Carlo Padoan, fa emergere come tra il 2016 e il 2017 ci sia un aumento della spesa pari a mezzo miliardo. «L’impatto complessivo sul bilancio italiano della spesa per migranti, in termini di indebitamento netto e al netto dei contributi dell’Unione europea, è attualmente quantificato in 2,6 miliardi per il 2015, previsto pari a 3,3 miliardi per il 2016 e 3,8 per il 2017, in uno scenario costante ossia in assenza di un ulteriore acuirsi della crisi». Nel cosiddetto «scenario in crescita» ipotizzato dal Mef le stime dei costi lievitano: 4,227 miliardi per il 2016 e 4,261 per l’anno prossimo. Ma anche nella prima ipotesi l’incremento di spesa è inevitabile: «Il sistema dell’accoglienza si trova a dover far fronte a una crescita esponenziale delle presenze» che esercita «una considerevole pressione sul territorio, mettendo alla prova la capacità di ricezione».
I numeri aggiornati a ieri del ministero dell’Interno sono peraltro eloquenti. Sono 158.515 i migranti sbarcati dall’inizio dell’anno (+13% rispetto al 2015); e 171.938 gli stranieri ospitati nei centri di accoglienza, a cui vanno sommati 19.429 «minori non accompagnati». Sul dramma dei minori il Mef è esplicito: si tratta di «un’enorme sfida in termini di adeguatezza degli alloggi, della supervisione e dell’introduzione scolastica». Le richieste d’asilo, poi, quest’anno «confermano il trend dello scorso anno e sono pari a 72 mila domande nei primi 8 mesi del 2016» come si legge nel documento di bilancio.

In questo quadro i fondi stanziati dal governo per il 2016 - circa 600 milioni - per pagare i servizi erogati nei centri di accoglienza arriveranno a giorni. Una quota, circa 300, sarà disponibile già dalla prossima settimana e il dicastero dell’Interno potrà dare corsi ai pagamenti per i gestori fermi al 31 marzo scorso. I prefetti delle 107 province d’Italia stanno invece studiando le mosse per l’ultima indicazione del ministro Alfano sulla distribuzione migranti. Scatta, infatti, una clausola di salvaguardia per i centri comunali già aderenti allo Sprar, il servizio di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Il ministro ha emanato una direttiva: dare assistenza ai rifugiati tocca adesso ai Comuni che finora non l’hanno fatta. Ma non è un meccanismo automatico. E nuove barricate non si possono escludere.

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