martedì 21 marzo 2017

Che succede quando una fabbrica chiude, per gli operai come classe? Un esempio dalla Arcelor Mittal in Francia

Questo reportage è uno spaccato di cosa significa e a cosa può portare la distruzione di un settore importante della classe operaia. La chiusura o ridimensionamento delle fabbriche, in questo caso – come per l'Ilva di Taranto – una fabbrica siderurgica di Florance, e guarda caso della Arcelor Mittal, che portava certamente ad un grande inquinamento perchè nel modo di produzione capitalista è solo il profitto e i tagli dei “costi superflui” che viene perseguito, non significa solo perdita di posti di lavoro, ma perdita di una comunità di classe, dei suoi valori di classe (la solidarietà, l'unità, considerarsi tutti di una stessa classe al di là della nazionalità), della sua coscienza di classe. Gli operai di questa fabbrica ridotti ad individui, pur se sul piano del lavoro sono stati nel tempo via via ricollocati in un'altra attività lavorativa, sono diventati preda dei valori peggiori della borghesia, fino a passare, anche operai che si dicevano comunisti, a dichiarare di poter votare oggi per Le Pen (frutto chiaramente non solo della chiusura della fabbrica ma anche dell'unione tra attacco dei padroni e abbandono della difesa di classe da parte del sindacato e dei partiti di sinistra).

Tutto questo può non importare chi dice che le fabbriche devono chiudere a prescindere da quello che succede, ma a nessuno che si dica anche solo democratico, antifascista, può non interessare che buona parte degli operai passino ad appoggiare i fascisti – Non sarebbe questo attacco ideologico, politico, una forma di imbarbarimento, prodotto dal sistema capitalista, altrettanto pericoloso dell'inquinamento, dell'attacco alla salute, perchè distrugge proprio quelle forze proletarie e quella coscienza di classe che può e deve lottare per strappare risultati sul terreno del lavoro e della salute e soprattutto per un mondo in cui non vi sia più sfruttamento, attacco al lavoro, ai salari, morti per il profitto?

DAL REPORTAGE

Gli operai di Marine – Nella Lorena tradita da Parigi ora le fabbriche votano Le Pen.
Di Anais Ginori del 4 marzo 2017

Lionel Burriello è cresciuto senza sapere cos'è un cielo terso. Le ciminiere non si fermavano mai. Giorno e notte, tutto l'anno, la polvere avvolgeva alberi, persone, case. Pioggia nera. Poi all'improvviso il mostro di ferro ha smesso di sputare nuvole di fuliggine. Ricorda come se fosse ieri l'ultima colata di ghisa uscita dalla fabbrica. "Il nostro era un lavoro duro ma con tanta solidarietà. Negli altiforni c'erano figli di italiani, portoghesi, rumeni, e ultimamente tanti arabi. Mangiavamo un piatto di pasta, un couscous, ognuno portava una pietanza del suo Paese".
La famiglia di Burriello, 39 anni, è immigrata da Napoli nel primo dopoguerra. "Come tanti altri - ricorda - mio nonno fuggiva dalla dittatura di Mussolini". Oltre metà degli abitanti della Lorena ha un parente di origine italiana. "Questa è sempre stata una terra d'integrazione" continua Burriello, scuotendo la testa. Era uno dei più grandi bacini minerari d'Europa. Il polo siderurgico, un tempo cuore della classe operaia, è diventato uno dei nuovi bastioni del Front National. La Rust Belt di Marine Le Pen. I figli e nipoti degli immigrati sono pronti a votare per l'estrema destra. "Non è razzismo" sostiene Burriello, sindacalista alla ArcelorMittal di Florange... "Se apri il frigo e non c'è niente, vuoi trovare un capro espiatorio".

...le ciminiere degli altiforni oggi sono tutti spenti, senza che nessun governo sia riuscito ad arginare il declino della regione...
Ricevendo all'Eliseo il magnate indiano delle acciaierie Lakshmi Mittal, il capo dello Stato non aveva evitato la serrata ma scongiurato i licenziamenti. Una parte degli oltre seicento operai è stata ricollocata nel gruppo, altri sono andati in pensione anticipata o assunti in un centro di ricerca finanziato dallo Stato. L'indotto però ha sofferto: molte piccole imprese e fornitori sono falliti. Nella valle è rimasta l'attività siderurgica a freddo...
Florange ha sancito il divorzio tra la gauche (la sinistra) e la classe operaia, diventando il simbolo della deindustrializzazione nel Paese. In poco più di un ventennio, la Francia ha perso oltre 1,5 milioni di posti di lavoro nell'industria, settore che pesa ormai solo il 12,5% del Pil, dieci punti in meno che negli anni Settanta.
...Il sindaco comunista lamenta la scomparsa dell'orgoglio di classe. "Una volta nei cortei sfilavano 15mila persone. L'ultima protesta per la chiusura di Florange avrà radunato meno di duecento persone"... Tanti suoi elettori di Séremange voteranno al primo turno Mélenchon, appoggiato dal partito comunista, per poi dare la preferenza a Le Pen al ballottaggio.

...Ogni giorno un quarto degli abitanti della Valle percorre una trentina di chilometri per lavorare fuori dalla Francia. Senza questo sbocco, il tasso di disoccupazione sarebbe molto più alto dell'attuale 10%. È uno dei tanti paradossi di una regione pronta a votare in massa per un partito che promette di chiudere le frontiere...”

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