Le posizioni di Fabio e Nicola Riva, figli dello scomparso Emilio Riva (fratello di Adriano), sono state stralciate: la loro proposta di patteggiamento verrà discussa il 6 luglio prossimo

Entroil 24 maggio prossimo Adriano Riva firmerà la transazione per il rientro in Italia di 1,3 miliardi di euro destinati all’Ilva di Taranto, come previsto dagli accordi preliminari firmati nel dicembre scorso con i commissari dell’acciaieria. È quanto è emerso dall’udienza preliminare di oggi al tribunale di Milano per discutere della proposta di patteggiamento avanzata dalla difesa dell’imprenditore Adriano Riva, indagato per bancarotta, truffa ai danni dello Stato e trasferimento fraudolento di valori. Lo riporta l’agenzia IlSole24Ore.radiocor.
Adriano Riva punta a patteggiare una pena di due anni e sei mesi con rinuncia alla prescrizione. La decisione sul patteggiamento verrà presa dal Gup Chiara Valori nella prossima udienza, fissata in calendario proprio per il 24 maggio.Le posizioni di Fabio e Nicola Riva, figli dello scomparso
Emilio Riva (fratello di Adriano), indagati per bancarotta fraudolenta nella stessa inchiesta sono state stralciate e la loro proposta di patteggiamento verrà discussa il 6 luglio prossimo.
Un primo tentativo di patteggiamento dei tre imprenditori, a cui faceva capo l’Ilva di Taranto, era stato respinto in fase di indagini dal Gip di Milano Maria Vicidomini che aveva considerato la loro istanza«incongrua». Nel frattempo, la procura ha chiuso l’inchiesta nei loro confronti, lasciando aperto il filone a carico di altri indagati, e ha fatto richiesta di rinvio a giudizio. Oggi è iniziata l’udienza preliminare e la posizione di Adriano Riva, che punta appunto a patteggiare, verrà esaminata per prima. Nel dicembre scorso, riporta sempre l’agenzia, tra la famiglia Riva, le società del gruppo Riva e il gruppo Ilva in amministrazione straordinaria era stato raggiunto un accordo preliminare per mettere a disposizione dell’Ilva «somme e titoli per un controvalore di circa 1,1 miliardi di euro», che erano bloccati in Svizzera dopo un sequestro disposto dalla procura di Milano, ai quali la famiglia aveva aggiunto un ulteriore importo di 230 milioni di euro, destinati a sostenere la gestione corrente di Ilva. A fronte degli impegni presi dalla famiglia Riva e dalle società controllate dalla famiglia, l’accordo prevede che il gruppo Ilva «rinunci a qualunque pretesa nei confronti degli esponenti della famiglia Riva e delle società loro riconducibili, ponendo fine al vasto contenzioso in essere nell’ambito di una transazione di carattere generale che comprende reciproche rinunce». Passo propedeutico al rientro in Italia, tuttavia, era la pronuncia della Reale Corte del Jersey (isola del Canale), che doveva sbloccare di fatto i fondi. La decisione favorevole al via libera è arrivata il 12 maggio scorso. Ora manca solo la firma definitiva dell’accordo preliminare di dicembre, che
dovrebbe  consentire appunto ad Adriano Riva di patteggiare.
Per comprendere perchè era necessaria la pronuncia della Corte del Jersey sullo sblocco dei fondi detenuti in Svizzera bisogna fare un passo indietro. Nel 2013, nell’ambito delle indagini condotte dalla  Guardia di Finanza e dalla procura di Milano su alcuni trasferimenti all’estero di fondi che per gli inquirenti erano frutto di operazioni fatte a danno di societa’ del gruppo Riva, furono sequestrati 1,173  miliardi di euro riconducibili ai fratelli Emilio (deceduto nel 2014) e Adriano Riva. I fondi depositati in Svizzera risultarono controllati da alcuni trustee domiciliati nell’isola di Jersey. La giustizia italiana  con il sequestro puntava al rientro in Italia di quei soldi con il deposito presso il Fondo unico della giustizia. Il passaggio fu bloccato dal tribunale di Bellinzona (Svizzera) che accolse le richieste di alcuni eredi di Emilio Riva, che nel frattempo era deceduto. Da allora iniziarono delle trattative per il ritorno definitivo dei capitali in Italia, sfociate poi nell’accordo annunciato nei mesi scorsi dai commissari dell’Ilva di Taranto. Alla luce del fatto che i fondi formalmente risultano nella disponibilità di Ubs Trustee di Saint Helier, capitale dell’isola di Jersey, che amministra i quattro trust  proprietari dei beni, per il via libera definitivo al rientro serviva quindi la pronuncia della Reale Corte del Jersey. Ora che quei fondi sono svincolati e possono rientrare in Italia per essere utilizzati dai commissari dell’Ilva a questo punto viene meno la necessità di celebrare l’udienza in calendario per il 31 maggio prossimo al tribunale di Losanna (Svizzera). La giustizia elvetica, come detto, era stata chiamata in causa dalle figlie di Emilio Riva che rivendicavano i fondi messi sotto sequestro e riconducibili al padre. Il tribunale di Bellinzona aveva dato loro ragione e aveva mantenuto in Svizzera i soldi, non consentendo il passaggio in Italia. Nel frattempo, con l’accordo aggiunto dalla famiglia Riva e i commissari dell’Ilva, la loro posizione è cambiata e quindi il tribunale di Losanna non farà altro che prendere atto di quanto accaduto e dichiarare la carenza di interesse della banca