venerdì 22 dicembre 2017

La "tozza e dura" Fiom di Genova porta avanti un'aziendalismo neocorporativo, mettendo Genova contro Taranto - e sta con Calenda e Mittal

GENOVA - "...andremo là per fare il punto su cosa succederà nelle prossime settimane", spiega il segretario genovese della Fiom, Bruno Manganaro. Tutti col fiato sospeso aspettando il passo indietro del governatore che però appare improbabile, anche perché ormai è iniziata la campagna elettorale. "Emiliano è schizofrenico, mette a rischio tutti - accusa Manganaro - lui può decidere per il suo territorio, ma non per Genova e Novi. Se vuole chiudere gli impianti lo dica chiaro, senza andare per tribunali".
Calenda dovrà chiarire se e come la trattativa con Mittal potrà andare avanti, con una pratica pendente al Tar. Durante l'incontro del 20 dicembre erano arrivati segnali rassicuranti per Genova: "L'accordo di programma ormai è un punto assodato, ci avevano confermato la convocazione di un tavolo specifico al rientro dalle feste - riferisce il sindacalista - ora però è tutto subordinato a ciò che succederà nelle prossime settimane". Confermato anche un secondo tavolo il 10 gennaio per avviare il confronto sulle unità produttive.
Il futuro è molto incerto. "Come l'hanno presa i lavoratori? Uno schiaffo", dice il segretario Fiom. Se i giudici accoglieranno la richiesta di sospensiva, a Taranto cesserà la produzione. Ma da Cornigliano, che riceve rotoli d'acciaio solo dalla Puglia, il messaggio è netto: "Se qualcuno pensa di fermare questo stabilimento noi scenderemo ancora in piazza - scandisce Manganaro - perché un'alternativa c'è: far arrivare il materiale da altre fabbriche. Altrimenti è un suicidio per tutti"...

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