Legambiente Taranto presenta il ricorso “ad adiuvandum” di quelli già presentati dal Comune di Taranto e dalla Regione Puglia contro il DPCM del 29 settembre 2017

Il circolo ionico di Legambiente difende il contenuto della bozza di accordo di programma redatto dall’Ente civico e dalla Regione Puglia, successivamente respinto dal Governo “per motivi di merito e di diritto”
Legambiente Taranto sostiene i ricorsi presentati dal Comune di Taranto e dalla Regione Puglia avverso il DPCM del 29 settembre 2017 che ha emanato la nuova Aia (autorizzazione integrata ambientale) per l’Ilva di Taranto. Presentate in mattinata, nella sede del circolo ionico di Legambiente in via Temenide, le ragioni alla base del ricorso “ad adiuvandum” di quelli già presentati dalle istituzioni locali. I vertici ionici di Legambiente sottolineano la bontà di quanto richiesto nella bozza di accordo di programma avanzata dall’Ente civico e dalla Regione Puglia e reputano ingiustificate le ragioni del rifiuto, da parte del Governo, di prendere in esame tali argomentazioni. “In merito alle
dichiarazioni del ministro Claudio De Vincenti sulla presunta illegalità nell’azione di modifica della nuova Aia, vorremmo precisare che così come è stata resa possibile una forzatura su quanto previsto dall’Aia con l’anticipazione degli interventi di copertura dei parchi minerari, allo stesso modo si sarebbe potuto modificare l’Aia in merito alle richieste avanzate dalle istituzioni locali”. Lo ha dichiarato in conferenza stampa il presidente di Legambiente Taranto, Lunetta Franco, la quale ha
affermato di aver apprezzato la decisione del Governo di voler anticipare la copertura dei parchi minerari primari, non considerando però quest’intervento sufficiente per porre rimedio alle criticità che il circolo Legambiente di Taranto aveva evidenziato anzitempo in sede di presentazione delle osservazioni propedeutiche alla stesura della nuova Aia per l’Ilva di Taranto.Alla conferenza stampa odierna erano inoltre presenti Leo Corvace, storico esponente del direttivo di Legambiente Taranto, il responsabile scientifico nazionale di Legambiente, Giorgio Zampetti, e gli avvocati Eligio Curci (socio e legale di Legambiente Taranto nel processo “Ambiente svenduto”) e Massimo Moretti, socio e legale che si sta occupando della pratica del ricorso  “ad adiuvandum” presentato dal circolo ionico di Legambiente.
Zampetti ha posto l’attenzione sulla richiesta al Governo, avanzata da Legambiente, in merito alla necessità di dotare lo stabilimento siderurgico ionico di una VIS (valutazione d’impatto sanitario) preventiva oltre alla VIA (valutazione d’impatto ambientale) già in vigore per l’Ilva di Taranto. Zampetti ha comunque precisato che “la normativa nazionale in materia di valutazione d’impatto ambientale non cita l’obbligatorietà del dotare gli stabilimenti siderurgici di una VIS”. Nell’evidenziare tale lacuna del sistema giuridico italiano e considerando la particolare situazione di disastro ambientale perpetratasi nel corso dei decenni nell’area industriale di Taranto, Zampetti chiede al Governo “che le normative in materia di valutazione dell’impatto sanitario siano applicate per lo stabilimento siderurgico tarantino”.
Moretti ha voluto precisare che tale tipologia di ricorso è a sostegno di quelli già presentati da Comune e Regione; un appoggio tecnico nel merito che, qualora dovesse essere ritirati i citati ricorsi, verrebbe, di conseguenza, meno. Moretti ha poi ricordato che è stata fissata al 6 marzo l’udienza preliminare del ricorso presentato dagli enti locali contro la nuova Aia con la discussione in merito alla competenza territoriale del Tar Lecce, visto che è stata presentata un’obiezione relativamente alla  legittimità o meno che il ricorso si svolga nella citata sede distrettuale. Moretti ha poi commentato le dichiarazioni del ministro Calenda sulle presunte ripercussioni che il ricorso avrebbe nell’iter di cessione della fabbrica. “È una dichiarazione infondata sostenere che con questo ricorso si chiude l’Ilva”, ha precisato Moretti. Ciò premesso, ha poi aggiunto che resta sempre in piedi, qualora vi fossero le condizioni, la possibilità che sia richiesta nuovamente la sospensiva per l’Aia. Anche in questo caso Moretti ha però specificato che non inficerebbe sulla chiusura dello stabilimento siderurgico, visto che il Tribunale amministrativo troverebbe la soluzione per scongiurare tale rischio. “Siamo per la ricerca di una soluzione politica alla vertenza Ilva e riteniamo che non sia l’Aula di Giustizia  il luogo deputato per risolvere questi problemi ma, non essendoci le basi per discutere di questi temi nei luoghi idonei – ha poi chiarito Moretti – abbiamo proceduto con questo ricorso”.
Fra le richieste avanzate da Legambiente Taranto, Moretti ha poi ricordato quanto previsto nella bozza di accordo di programma presentato dai ricorrenti, Comune di Taranto e Regione, in materia di risarcimento agli abitanti del quartiere Tamburi in primis ed agli abitanti di Taranto tout-court, per il danno ambientale, sanitario ed economico (in termini di deprezzamento del valore degli immobili) subito negli ultimi decenni. “Non ci sarà alcun genere di risarcimento per i cittadini di Taranto e per le istituzioni locali. L’accordo di programma prevedeva invece questa soluzione”, ha concluso Moretti.
È poi intervenuto l’avvocato Curci, il quale ha ricordato come lo Stato, nel 1995, ha gestito l’iter di cessione a privati (famiglia Riva) dello stabilimento siderurgico ionico, non riconoscendo la dovuta importanza alle questioni ambientali. “Si è persa un’occasione nel 1995 per risanare quella fabbrica. In quell’occasione venne a mancare, da parte della politica, la giusta attenzione sulle tematiche ambientali”. Curci si auspica quindi che non si ripeta l’errore del passato. Ha concluso la conferenza stampa l’intervento di Leo Corvoce, che ha voluto ricordare l’impegno decennale di Legambiente Taranto sui temi ambientali e, nello specifico, nelle battaglie ambientaliste afferenti al centro siderurgico ionico, sin dai tempi dell’Italsider, ricordando come Legambiente sia stata presente come parte civile in tutti i processi per inquinamento a carico dell’Ilva e dei suoi vertici aziendali. Su tutti, ha ricordato il famoso processo scaturito con il sequestro di alcune delle batterie della Cokeria ad opera di un’ordinanza urgente e contingibile dell’allora sindaco Di Bello. In quel processo sia Comune di Taranto che la Provincia risultavano essere parti civile, salvo poi ritirarsi allorquando il processo giunse in secondo grado. “Rimanemmo soli in quel processo – ha concluso Corvace – a difesa dell’ambiente e dei cittadini.