giovedì 8 novembre 2018

GIOVEDI' ROSSI - parte 8° de "Le lotte di classe in Francia": il legame tra politica estera e politica interna

In questa parte, finale del secondo capitolo de "Le lotte di classe in Francia": "il 13 giugno 1849", Marx spiega, attraverso gli eventi storici, come la natura effettiva dei governi della borghesia e dei partiti presenti nel parlamento si chiarisce attraverso la politica estera e, di conseguenza, si chiarisce il legame che esiste tra politica interna e politica estera.


Gli avvenimenti delle giornate francesi descritte la Marx ne sono un chiaro esempio, e devono permettere ai proletari e al loro partito autonomo e di classe di conoscere le ragioni della politica estera per meglio comprendere la natura della politica interna.

Nella Francia di quei giorni, il governo nelle mani dei repubblicani borghesi manda le truppe a soffocare la repubblica romana, a mettere in salvo e a sostenere il papa e a costruire con le forze reazionarie in Europa e in Italia- Austria e Napoli una “santa alleanza” al servizio dell'ordine costituito contro i moti del cambiamento.  
I repubblicani piccolo borghesi nel parlamento mettono sotto accusa il governo e attraverso esso la presidenza, Bonaparte, che dominava dopo le elezioni la situazione. Ma si tratta di una messa in stato d'accusa, come sempre avviene nei parlamenti borghesi, puramente formale che non coglie la sostanza della contraddizione e che comunque non impedisce l'azione naturale dei governi borghesi.

D'altra parte i governi dei repubblicani borghesi conducono tale politica estera apparentemente in
contraddizione con ciò che la repubblica francese dice di essere, per ragioni politiche e sociali che ulteriormente ne mostrano la natura, si sostiene il papa all'estero per tirare dalla propria parte i contadini all'interno; e, dato che i contadini erano stati grandi elettori del secondo Bonaparte, per tirare a sé, nel senso di unirsi, allearsi, subordinarsi a Bonaparte stesso.

L'Assemblea costituente, e i repubblicani piccolo borghesi in essa, agitandosi come finta opposizione contribuisce al consumarsi stesso della stessa Assemblea costituente, cioè del parlamento. Naturalmente, non prima di aver compiuto il suo ultimo atto di resa che è la negazione dell'amnistia agli insorti di giugno. 
Insomma, questi miserabili vampiri della piccola borghesia, che vivevano col sangue degli insorti di giugno, vale a dire, che erano lì per la lotta del popolo, consumavano la loro decomposizione colpendo il popolo. 

E' una lezione, operai e proletari, questa che Marx ci illustra, che fa capire bene anche oggi qual'è il ruolo delle forze parlamentari e in particolare di quelle forze della piccola borghesia che in nome del “popolo” prendono i voti, vanno al parlamento, in alcune circostanze vanno al governo e lì si mostrano come “ingannapopolo” e nemici del popolo - ribadendo, ancora una volta, che qui quando si parla di popolo, si parla essenzialmente di proletari e masse oppresse. 

Quando si consumano nel parlamento i processi, prima illustrati, il conflitto sociale e i suoi riflessi nel conflitto politico assumono un carattere più nitido e chiaro. 
Le forze reazionarie autentiche sono pronte a conseguire anche per via elettorale la presa finale del potere statale e il loro unico reale antagonista è il proletariato socialista. 
Questa polarizzazione e scontro finale non appare nell'universo della politica borghese così semplice e nitido come è nella realtà, dato che la borghesia e la sua parte reazionaria in ascesa vincente traveste la sua immagine, per realizzare la propria unità di intenti rispetto alle divisioni parziali che pur in essa esistono, secondo il vestito che gli eventi rendono necessario. 
E' chiaro che nella Francia di allora il potere passa alle forze reazionarie, e queste forze reazionarie sono monarchiche, ma presentandosi come puramente monarchiche si sarebbero divise e scontrate secondo gli interessi della due frazioni della monarchia nella Francia di allora: Orleanisti e legittimisti, e avrebbero perso i loro alleati oggettivi e soggettivi che la situazione politica aveva determinato. 
Per questo hanno bisogno, invece, proprio della repubblica borghese, che Marx chiama felicemente “il regno anonimo della repubblica”, perchè, allora come oggi, la repubblica borghese è la forma perfezionata del dominio della classe borghese nel suo insieme. 
Anche oggi, infatti, la repubblica parlamentare è l'involucro che riesce meglio a rappresentare l'interesse unitario del dominio della borghesia, perfino quando questo dominio si trasforma sempre più in dittatura aperta. 

Ma questo dominio mascherato, questa dittatura aperta travestita da repubblica parlamentare produce il risultato, diretto o indiretto, di spingere fuori dal dominio una parte rilevante delle forze della piccola borghesia e crea, quindi, le condizioni dell'alleanza tra il proletariato e questa parte della piccola borghesia, o per dirla più precisamente: tra il partito rosso e il partito democratico. 

Il partito reazionario, comunque esso definito, costretto ormai dalla sua forza relativa e dalla sue necessità a dichiarare apertamente il suo programma - che, come Marx spiega “il dominio della classe borghese, cioè il mantenimento delle condizioni vitali del suo dominio, è proprietà, famiglia, religione, ordine” - sostiene che l'affermarsi del suo programma è il dominio della civiltà e la condizione necessaria alla produzione materiale, ai rapporti sociali di scambio che ne derivano. 
Al servizio di questo programma e della sua giustificazione storica, il partito reazionario della borghesia unita, dice Marx “disponeva di enormi mezzi pecuniari. Aveva organizzato le sue succursali in tutta la Francia, Aveva ai suoi stipendi tutti gli ideologi della vecchia società. Si giovava dell'influenza del potere del governo esistente. Possedeva un esercito di vassalli gratuiti nell'intera massa dei piccolo borghesi e dei contadini” - mettendosi così in grado di combattere e sconfiggere i suo nemico, sia quello naturale, il proletariato, sia quello prodottosi tra proletariato e settori delle masse oppresse, compresa l'altra parte della piccola borghesia. 

Cosa avviene intanto nel partito di opposizione rappresentato ora dall'alleanza tra partito rosso e partito democratico? Avviene che questo partito si rafforza e diventa l'unica alternativa all'affermarsi del partito dell'ordine, il partito unito della borghesia. 
Questi scatena progressivamente la sua offensiva attaccando tutti i simulacri e i fortilizi della democrazia e inneggiando alla repressione degli insorti, ma così facendo non fa che spingere verso l'opposizione rivoluzionaria tutte quelle forze, in particolare i democratici piccolo borghesi, che erano state con la borghesia nella palude del precedente parlamento, Assemblea costituente, e che ora si presentavano come opposizione reale nel nuovo parlamento che la battaglia elettorale stava realizzando. 

Ma pur essendo spinta verso il partito rosso, non essendo quest'ultimo in gradi di lottare per la propria dittatura rivoluzionaria, il partito della piccola borghesia democratica, pur radicalizzatosi, non può che condurre questa lotta contro il partito reazionario se non in forme puramente apparenti e non in grado di fermarne l'ascesa. 
Dice Marx “Il proletariato spinse la Montagna sulla strada, non però ad un combattimento ma solo ad una processione”. 
Questo movimento, quindi, fu vinto, ma principalmente perchè era – dice Marx “una caricatura altrettanto ridicola quanto indecente” di quello che era stato o di quello che avrebbe dovuto essere un reale movimento rivoluzionario. 
Per questo, dice Marx, se era inevitabile il radicalizzarsi della piccola borghesia e dell'alleanza piccola borghesia/proletariato, pur sempre, al di là delle parole, nella forma dell'egemonia reale della piccola borghesia e secondo i riti della lotta elettorale e parlamentare, la sua sconfitta era altrettanto inevitabile. Ma non era la sconfitta della rivoluzione. Dice Marx “Non furono vinti gli operai, ma sconfitti i piccolo borghesi che si ponevano tra quelli e la rivoluzione. Non fu la sanguinosa tragedia tra lavoro salariato e capitale, ma l'ignobile farsa delle manette tra il debitore e il creditore”.

E' questa lucida descrizione che deve servirci in quanto proletari e comunisti come arma e lezione, per farci intendere, allora come oggi, che il partito rosso del proletariato è l'unica e vera arma per una vera rivoluzione che rovesci, non per via parlamentare, il partito nero della borghesia.

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