martedì 13 novembre 2018

ILVA - CHE E' SUCCESSO SUL FRONTE DEGLI OPERAI IN CIG LA SCORSA SETTIMANA - I FATTI E LE LORO CONSEGUENZE

Torniamo ai fatti accaduti la scorsa settimana tra lunedì 5 e mercoledì 7 novembre

I FATTI
Lunedì 5 novembre, dietro appello di Sibilla dell'Flmu/cub, si riuniscono davanti alla portineria D dell'Ilva un centinaio di operai messi in cassintegrazione. Sono un'avanguardia di fatto dei 2586 lavoratori che sono stati messi fuori dalla fabbrica dalla Mittal, in una maniera vergognosa, disumana, indegna. Certo lo si sapeva che con l'accordo firmato il 6 settembre ben 2600 operai non sarebbero passati alla Mittal e sarebbero rimasti in Ilva AS, la stragrande maggioranza in cigs e solo un 300 poi chiamati a lavorare nelle bonifiche interne, ma il modo con cui questo è avvenuto ha fatto molto male agli operai. Di fatto è stata una cacciata dalla loro fabbrica, dopo 20/25 anni di lavoro: “libera il tuo cassetto e vattene”, disattivato il badge, di fatto diffidati gli operai pure ad avvicinarsi alle portinerie, presidiate da macchine e uomini della polizia. Il giorno 30 ottobre potevano stare in fabbrica tutta la giornata lavorativa, ma nessuno lo ha fatto: hanno preso le loro cose e se ne sono andati: rabbia, lacrime, si sono sentiti improvvisamente diversi dai loro colleghi di lavoro dopo tanti anni, senza neanche sapere perchè lui era mandato via... Difficilmente gli operai cacciati se lo scorderanno questo giorno. 

Questo occorre tenerlo presente per capire la gravità dei fatti e posizioni di Flmu/Liberi e pensanti che sono seguiti nei giorni successivi.

Il lunedì 5 novembre gli operai che si ritrovano alla portineria D evidentemente vorrebbero fare qualcosa contro questa messa fuori dalla Mittal in cigs per 5 anni.
Ma qui, dopo l'intervento iniziale di Sibilla che però accentua soprattutto la denuncia dell'impunità penale anche dei nuovi padroni, e quindi dell'aspetto salute e sicurezza, ecc., pur dicendo che dobbiamo trovare insieme la strada della lotta da percorrere per contrastare le decisioni AM, per imporre lavoro e salute, interviene Aldo Ranieri – uno dei due capi dei Liberi e pensanti, passato nei mesi precedenti le elezioni politiche al M5S di cui diventa attivista, per poi andarsene quando Di Maio si rimangia tutto quello che il M5S aveva promesso sull'Ilva; Ranieri è uno degli operai che ha accettato l'incentivo per andarsene dall'Ilva. 
Ranieri interviene e dice agli operai di lasciar perdere ormai Mittal/Ilva AS, che è sbagliato e inutile fare una lotta verso questi, che devono tenersi la cassintegrazione, non devono pensare a rientrare al lavoro, ma... devono andare dalla Regione e chiedere che si faccia a Taranto come a Genova, che gli operai in Cigs vengano impiegati in lavori socialmente utili (pulizie ai tamburi, alle scuole, al cimitero...) e avere un'integrazione alla cig.
L'accoglienza da parte degli operai è tiepida. Finalmente un altro operaio interviene per dire invece di continuare la lotta ai cancelli della fabbrica, chiamando i duemila cassintegrati a presidiare le portinerie, a premere, anche verso i sindacati firmatari, perchè accordo e criteri siano rivisti e permettano a tanti operai di rientrare. 
L'assemblea si chiude con un nuovo appuntamento per il 7 sempre davanti alla port. D, per discutere, in un'assemblea più larga, le due proposte in campo, il da farsi.

Ma il giorno 7 novembre, la scena cambia. Chi va alle 10 alla portineria (anche dei giornalisti) non trova l'assemblea, e dopo viene a sapere che l'assemblea è stata spostata alla sera in città, in piazza della Vittoria. Il perchè si capirà solo la sera.

In piazza della Vittoria Sibilla Flmu e Liberi e pensanti fanno trovare un'altra situazione, in cui gli operai (molto meno di quelli del 5 nov) sono “soffocati” da rappresentanti delle realtà cittadine che sempre hanno voluto e vogliono la chiusura dell'Ilva. E i discorsi cambiano subito. 
In un'atmosfera di oscena autopropaganda (ogni 5muniti il Sibilla diceva: io come segretario provinciale dell'Flmu... Non voglio fare propaganda politica, ma io sono segretario..., ma l'Flmu...), di stravolgimento a uso e consumo della linea di Ranieri del 5 (per cui, non era Ranieri che aveva proposto la stessa cosa che già i sindacati firmatari stavano facendo – incontro con la Regione per lavori socialmente utili – ma erano questi sindacati che avevano copiato da Ranieri...); in un clima assurdamente artefatto e falso, del tipo 'guardarsi alle spalle': “alcune cose non le posso dire qui, dobbiamo stare attenti quando parliamo... c'è chi usa le nostre parole...”;
in piazza della Vittoria, parlare di lavoro, di voler rientrare nel proprio posto di lavoro diventa un crimine. Si arriva a dire: “Rientrare in fabbrica significherebbe continuare ad ammazzare altre persone”. 
E ritornano alla grande i discorsi sulla chiusura della fabbrica, la piattaforma “Piano Taranto” presentata il 1° Maggio per una riconversione dell'economia cittadina, ecc.. 
Lo stesso diventa un crimine parlare di iniziative di lotta, di assemblee/presidi alla fabbrica. Si dice che l'Flmu non andrà alle portinerie a rivendicare il posto di lavoro (è ben strano, fa notare un operaio Slai cobas sc, che un sindacato non rivendichi i posti di lavoro per chi è stato buttato fuori e che, invece, col discorso dei lavori socialmente utili contrappone gli operai Ilva ai disoccupati). Alla lotta viene contrapposto un Tavolo di lavoro – chiaramente nella sede dell'Flmu – che deve fare una “grande piattaforma dei diritti” (che poi sarebbe il “piano Taranto”, e quindi cosa gli operai dovrebbero ancora scrivere?), perchè poi con questa piattaforma “ci possiamo prendere tutti i diritti”.
Si dice esplicitamente che occorre “calmare le acque”, facendo una propaganda allarmista/ricattatoria sulle possibili azioni repressive della Digos. 

Così una potenzialità di autorganizzazione e di mobilitazione di un centinaio di operai cassintegrati viene in due giorni criminalmente sfasciata.
Mittal. Governo, sindacati firmatari, gli stessi commissari Ilva AS possono stare tranquilli. 

Chiaramente tra gli operai in cigs la situazione e il clima è ben diverso.
Ma qui è penetrato purtroppo un mantra, di cui occorre liberarsi. 
Come prima vi era ormai il mantra: non si tocca con le iniziative di lotta la città, non si fanno blocchi perchè la città è già martoriata - uno stupido luogo comune (niente affatto dimostrato), fatto penetrare tra gli operai dai Liberi e pensanti, associazioni ambientalisti, e non ultimo Usb, che ha contribuito non poco a frenare gli operai; ora c'è il mantra (ma sempre indotto da Liberi e pensanti e ora Flmu) che lottare per il lavoro, per il rientro in fabbrica significa volersi contrapporre ai “colleghi che stanno lavorando”, creare una guerra con gli altri lavoratori, affermare che se io rientro altri dovrebbero uscire, ecc. 
Una cosa assurda e ridicola, se non fosse criminale! Allora in nessuna fabbrica dove vi sono licenziamenti per “esubero” gli operai potrebbero lottare per rientrare? Si usa in maniera ricattatoria una falsa contrapposizione per impedire una lotta seria, che deve vedere momenti unitari perchè, come abbiamo subito detto e si va dimostrando in questi giorni, il piano Mittal per gli operai assunti significa: “meno operai, più sfruttamento, meno sicurezza”. 
Di fatto si fanno passare per discorsi operai, quelli che sono chiaramente discorsi dei padroni! E questo è peggio della stessa linea dei sindacati confederali. 
Prima a Taranto erano gli operai Ilva che facevano morire i bambini dei Tamburi, ora sono gli operai in cigs che vogliono far licenziare i loro compagni di lavoro. 
La Mittal ringrazia: ha dimezzato lavoratori in tanti reparti che ora non possono funzionare, se non – come vuole Mittal – con accorpamento di mansioni, anche straordinari; sta smantellando, terziarizzando servizi e parte della manutenzione, ma gli operai in cigs non dovrebbero rivendicare il lavoro. Il governo Di Maio/Salvini ringrazia: nessuna reale pressione dal basso per provvedimenti di prepensionamento che sarebbero normali in una fabbrica siderurgica in cui la salute è così compromessa.

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