venerdì 30 novembre 2012

il decreto va oltre le stesse attese di Riva - per 6 anni può fare tutto lui! Immediato no operaio e popolare!

Ok del Cdm al decreto salva-Ilva,
no del gip a dissequestro area a caldo

Monti: Il provvedimento del governo dà forza all'Aia del 26 ottobre: ha durata 6 anni anziché 2. Monti: dalla chiusura di Taranto danni per 8 miliardi.

Sì del Consiglio dei Mministri al decreto salva-Ilva, che conferisce "all'Aia lo status di legge e obbliga l'azienda al rispetto inderogabile delle procedure e dei tempi del risanamento". Ma no al dissequestro dell'impianto, nonostante l'allarme occupazione lanciato dall'azienda nei giorni scorsi. Il gip Patrizia Todisco ha respinto con un'ordinanza l'istanza di dissequestro degli impianti dell'area a caldo del siderurgico presentata la scorsa settimana alla Procura di Taranto dal presidente Bruno Ferrante e l'avvocato del gruppo Marco De Luca, mentre a Roma il Cdm ha varato il con cui il governo "mira a garantire la continuità produttiva e la salvaguardia dell'occupazione presso lo stabilimento di Taranto, nel pieno rispetto delle fondamentali esigenze di tutela della salute e dell'ambiente, imponendo lo scrupoloso rispetto di tutte le prescrizioni adottate dalle autorità amministrative competenti". Lo riferisce la nota di Palazzo Chigi. Il premier Mario Monti: "Qualcuno l'ha chiamato 'decreto salva-Ilva' ma io parlerei di decreto 'salva ambiente, salute e lavoro'.

NO DEL GIP AL DISSEQUESTRO DEGLI IMPIANTI - No dunque alla piena disponibilità dei reparti, nonostante le parole dell'ex prefetto che aveva motivato l'istanza dicendo che "se il sequestro preventivo dovesse permanere, pur a fronte del mutato quadro autorizzatorio, l'ovvia
insostenibilità economico-finanziaria condurrebbe inevitabilmente alla definitiva cessazione dell'attività produttiva e alla chiusura del polo produttivo". I legali del siderurgico hanno intanto proposto ricorso al Riesame chiedendo il dissequestro dell'acciaio prodotto nei 4 mesi in cui l'azienda non ha avuto facoltà d'uso degli impianti. L'udienza dinanzi alla prima sezione penale è fissata per il 6 dicembre. La Procura, invece, chiamata ad esprimersi, ha dato parere negativa alla richiesta di revoca degli arresti per Girolamo Archinà, l'ex responsabile delle pubbliche relazioni dell'Ilva arrestato lunedì.

OK AL DECRETO SALVA-ILVA - Nel frattempo a Roma, dalla riunione fiume del Consiglio dei ministri, iniziata dopo le 10.30, con più di un'ora e mezzo di ritardo rispetto all'orario indicato nella convocazione, è arrivato il via libera al decreto legge sull'Ilva per consentire la ripresa della produzione nello stabilimento di Taranto e "conciliare la tutela dell'occupazione e dell'ambiente e il rispetto della magistratura", come ha auspicato il premier Mario Monti ieri al tavolo con le parti sociali, l'azienda e gli enti locali. La giornata decisiva per il futuro del colosso è iniziata con la tragica notizia del ritrovamento del corpo di Francesco Zaccaria, l'operaio di 29 anni disperso durante la tromba d'aria che due giorni fa si è abbattuta sull'impianto. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha chiesto al Prefetto di Taranto di rappresentare la sua commossa partecipazione al dolore della famiglia e la solidale vicinanza ai lavoratori dell'Ilva". Sulla sua morte del giovane la procura ha aperto un'inchiesta.

I PUNTI DEL PROVVEDIMENTO - Il Cdm stabilisce che la società "abbia la gestione e la responsabilità della conduzione degli impianti e che sia autorizzata a proseguire la produzione e la vendita per tutto il periodo di validità dell'Aia. L'Ilva è tenuta a rispettare pienamente le prescrizioni dell'autorizzazione ambientale". I provvedimenti "di sequestro e confisca dell'autorità giudiziaria non impediscono all'azienda di procedere agli adempimenti ambientali e alla produzione e vendita secondo i termini dell'autorizzazione".

Le bozze del decreto sono state continuamente limate e ritoccate nel corso del Consiglio. Il decreto varato oggi dal Consiglio dei ministri "stabilisce che la società Ilva abbia la gestione e la responsabilità della conduzione degli impianti e che sia autorizzata a proseguire la produzione e la vendita per tutto il periodo di validità dell'AIA", sei anni dunque e non due come ipotizzato ieri.

Importante era evitare lo scontro frontale con la magistratura. La durata della vigenza del provvedimento è stata modellata sul periodo di efficacia dell'Autorizzazione integrata ambientale rilasciata per i prossimi sei anni. Confermata, invece, l'introduzione di una 'figura di garanzia', una 'figura terza' che possa dare fiducia a tutte le parti coinvolte: non un commissario ma piuttosto un 'garante' che vigili sull'applicazione rigorosa ed efficace delle prescirzioni Aia.

La strada del decreto è stata intrapresa per evitare - ha detto Monti - "un impatto negativo sull'economia stimato in otto miliardi di euro annui". Il provvedimento potrebbe salvare così i 12mila dipendenti di Taranto e i lavoratori dell'indotto pugliese. Ma anche Genova, che "può continuare a vivere ancora per una settimana - ha avvertito il presidente Bruno Ferrante - o Novi Ligure, autonomo ancora per due settimane, o Racconigi, che ha lavoro ancora per tre.

L'obiettivo è quello di permettere alla fabbrica di rialzarsi, anche se il ministro dell'Ambiente Corrado Clini, intervenendo ieri sera a Servizio Pubblico, ha fatto anche intendere che il governo sarebbe stato pronto a prendere in mano la situazione nel caso in cui la famiglia Riva non voglia o non possa far fronte alle prescrizioni.  "Sappiamo - aveva spiegato - che per essere risanato quel sito deve continuare ad essere gestito industrialmente. I Riva hanno detto che sono ponti a farlo. Il piano degli interventi prevede parchi minerari, altoforni, batterie delle cokerie. Se non fai questo, è la nostra posizione, non puoi continuare a gestire gli impianti. Se non sono in grado dobbiamo farci carico noi con un intervento che consenta di garantire la continuità produttiva ed il risanamento". 


"E' stato detto che questo è in conflitto con la magistratura - aveva voluto sottolineare il ministro, che ha ribadito la propria estraneità al rilascio della vecchia Aia - ma questo è falso, perché stiamo applicando puntualmente la legge". La legge, aveva assicurato Clini, viene applicata "assumendo come contenuti del processo che abbiamo avviato gli stessi obiettivi, e gran parte delle stesse misure, indicate dal gip a luglio".

N


E ora, Sindaco?

31 agosto 2012: 

Ezio Stefano, sindaco di Taranto: 
“NO AGLI INDAGATI NELLA MIA GIUNTA..."

E ORA, Stefano?

Fuori dalla giunta il sindaco di Taranto!

Ancora una truffa per lavoro e ambiente a Taranto

Siamo di fronte a un nuovo scandalo e truffa a Taranto, ai danni del lavoro legato all'ambiente, ai danni dei disoccupati e della popolazione che da anni lottano per questo!

607 mila euro della Regione strappati nel maggio del 2011 con la lunga lotta dei Disoccupati Organizzati e destinati all'occupazione nella raccolta differenziata sono finiti in progetti che non daranno mai lavoro!
Questo è un crimine! Di fronte a una situazione nella nostra città di emergenza grave proprio sul fronte lavoro/raccolta differenziata!

I FATTI: 
  
- Nel maggio 2011 un Tavolo a Taranto richiesto dai Disoccupati Organizzati con la presenza di Comune, Provincia e l'ass. Gentile, decise, su iniziativa dell'assessore regionale, di stanziare fondi per il lavoro nella raccolta differenziata dei disoccupati che avevano fatto i corsi di formazione, attingendoli dal fondo sociale per il lavoro di categorie svantaggiate.

- A fine 2011 con l'Avviso Pubblico regionale n. 6/2011 vengono stanziati per Taranto 607mila euro, soldi che in un incontro alla Regione a Bari con i Disoccupati Organizzati, Slai cobas, Comune, Ass. Servizi sociali, la Gentile ribadì esplicitamente che dovevano essere impiegati e concentrati solo e soltanto per finanziare progetti legati al lavoro nella raccolta differenziata; contrastando anche una diversa impostazione dell'ass. dei servizi sociali di Taranto che voleva sprecare quei fondi in vari progetti inutili.

- Le nostre successive iniziative di lotta, costrinsero poi il sindaco di Taranto con una lettera del 3.4.12, a schierarsi per favorire i progetti per raccolta differenziata e l'inclusione nei requisiti per le assunzioni della formazione nel settore.

- Viene quindi presentato un progetto da una cooperativa per l'occupazione nella raccolta differenziata per 445mila euro del fondo sociale. Un progetto che avrebbe consentito il lavoro almeno per 40 disoccupati, e un estensione del servizio a vantaggio della popolazione.

Invece cosa ci troviamo ora?  

Esce la graduatoria dei progetti finanziati per Taranto e scopriamo che:
300mila euro vanno a Homines Novi, per “formazione sviluppo”, 100mila euro vanno alle ACLI (?!) per “servizi di orientamento al lavoro”; mentre viene respinto l'unico progetto di ”inserimento lavorativo e salvaguardia ambientale” per “esaurimento risorse nell'ambito”!!
Le restanti 207mila poi non si sa che fine abbiano fatto!!

Vale a dire, l'unico progetto che poteva creare lavoro in un servizio necessario non è finanziato, le chiacchiere vengono finanziate, per dare soldi a enti formativi che mangiano proprio speculando sulla fame di ipotesi future di lavoro che non avvengono mai!!

Chi ha deciso questo, in contrasto con tutto l'iter iniziale di questi fondi? 
I Disoccupati Organizzati hanno lottato per il lavoro e invece i soldi, conquistati con la lotta,vengono rubati al lavoro, per favorire l'andazzo di sempre in questa città!

CHIEDIAMO UNA IMMEDIATA REVISIONE DELLA GRADUATORIA!
CHIAMIAMO L'ASS. GENTILE AD ESSERE COERENTE CON I SUOI IMPEGNI DEL 2011!

QUESTA E' UNA TRUFFA CHE CHI NE E' RESPONSABILE NE DEVE RISPONDERE ANCHE PENALMENTE!!

Disoccupati Organizzati Slai cobas

Operai Ilva: speriamo che il decreto non ci uccida



TARANTO – «Sono stanco di andare al lavoro e sapere che provoco la mia morte. E quella della mia famiglia. E quella dei cittadini. Qui ci vuole un decreto non per salvare l'Ilva ma per salvare Taranto». Mimmo è uno degli operai dell’Ilva: i lavoratori di un colosso che oggi rischia di piegarsi sotto la scure di dati inconfutabili che purtroppo parlano di morte e di malattia. Le tute blu dell’Ilva vogliono uscire da questa fase da incubo e oggi vogliono sperare: lo vogliono soprattutto oggi che è il giorno dopo l’arrivo del tornado, di quella massa di vento violento che si è abbattuta sullo stabilimento martoriato, provocando feriti, danni pesantissimi e, quasi certamente, la morte di un collega, un giovane di soli 29 anni che risulta ancora disperso dopo che la cabina della gru nella quale si trovava è stata strappata dal vento ed è finita in mare.

«Siamo sconvolti», dice un’altro operaio, Angelo Pichierri, fuori dallo stabilimento. «Stiamo male per lui – racconta – per questo ragazzo, per la sua famiglia; stiamo male per la tromba d’aria, per questo vortice di pesanti problemi che ci avvolge. E siamo preoccupati per il nostro futuro. Il decreto ci aiuterà? Lo spero, lo spero veramente».

«L'aria che tira in fabbrica - racconta un altro lavoratore, Roberto Gigante – è quella di ogni giorno: è un’aria pesante, resa ancora più triste da quello che è accaduto ieri. Il decreto che sarà esaminato domani dal consiglio dei ministri è importante, molto importante, ma oggi tutti noi qui dentro pensiamo a quel nostro collega disperso».

Le notizie che man mano arrivano da Roma sull'incontro tra Governo, parti sociali e istituzioni, vengono commentate tra gli operai con stanchezza: pesa sulle loro spalle non solo la lunga giornata di ierio. Il decreto? Ben venga ma sia ben chiaro – ci tiene a sottolineare un altro operaio, Biagio Prisciano – «che non vogliamo un decreto che dia produttività all’Ilva ma provochi morte e malattia. Deve essere rispettato tutto: la salute, l’ambiente, il lavoro, la produttività». «Oggi - aggiunge Prisciano – c'è all’Ilva di Taranto un’aria di speranza e di fiducia e vogliamo che quest’aria metta finalmente d’accordo tutti: sindacati, lavoratori, cittadini. Le divisioni non servono a nessuno. Chi ha sbagliato deve pagare ma noi lavoratori non abbiamo sbagliato e non possiamo pagare per colpe che non abbiamo».

Antonio sospeso sulla gru

 
 
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di ALESSANDRA CAVALLARO E’ rimasto paralizzato per due minuti. Interminabili. «Dio aiutami» è stato l’unico disegno in bianco e nero che ha prodotto la sua mente. Era su una gru semovente Antonio Laudati, operaio dell’appalto, quando la furia del vento, mercoledì mattina, si è abbattuta sull’Ilva. Lavorava da poche ore nella zona delle batterie insieme a sei colleghi. Tutti miracolosamente salvi. A tre metri da lui è crollata la torre di cemento. Un tonfo assordante. Intorno lamiere, vetri, distruzione. Antonio doveva tirare su una valvola, un lavoro di routine, un intervento ordinario, ma la pioggia e la violenza di una folata anomala, devastante, hanno generato il panico. D’improvviso tutto è diventato nero, il cielo, l’aria, i pensieri. Lui è rimasto bloccato sulla gru e ha incominciato a pregare, paralizzato, immobile nel terrore di quell’incognita chiamata tornado. «Io non potevo far altro che rimanere fermo, vedevo i miei colleghi scappare, si sono riparati sotto una tettoia. E’ stata la loro fortuna - afferma Antonio Laudati - perché se si fossero rifugiati dentro al furgone parcheggiato lì vicino sarebbe stata la fine». Lo stesso furgone che in pochi secondi è stato schiacciato dalla torre crollata.

E’ lucido, tremendamente lucido Antonio, nel raccontare come la morte gli sia passato davanti agli occhi. «Io mi sono salvato - dice - perché manovravo la gru dietro ad un serbatoio che mi ha riparato, ecco perché il mezzo non si è ribaltato» . In quei velocissimi istanti in cui la furia del tornado ha tagliato l’Ilva, ha preso forma un ricordo, quello di un suo collega schiacciato proprio da una gru. Lo ha cancellato in un nano secondo, doveva cancellarlo, ed ha imboccato l’unica strada percorribile: invocare quel Dio a cui Antonio è devoto, oggi più di ieri. Passata la furia del tornado Antonio è riuscito a scendere a terra e nel correre si è ferito ad un ginocchio. Tra colleghi si sono chiamati, si sono cercati, l’appello più difficile che abbiano mai fatto. Al buio, a causa un blackout momentaneo. Erano tutti li, ancora attoniti e spaventati. Sopravvissuti.

Vengono raggiunti prima da un responsabile del reparto e poi dalla notizia che è meglio lasciare lo stabilimento. Antonio prima si reca nell’infermeria, stracolma di dipendenti con tagli evidenti sul corpo. «Guardavo le persone con forti dolori al petto e pensavo che il paura a volte gioca brutti scherzi». L’aria rarefatta e satura di disperazione ha indotto Antonio a chiedere un certificato per essere trasferito e medicato altrove. La sua contusione verrà curata all’ospedale di Grottaglie. Poi a casa. Dalla sua famiglia. Ma il silenzio delle stanze fa male, quando un soffio pesante a 200 chilometri orari sfiora la vita, strappandole la pace. Si cambia e si riveste Antonio, e alle 18 raggiunge l’oratorio a Paolo VI dove fa il volontario. Sente il bisogno di confondersi tra quei volti che conosce. Appartenere ancora alla storia. Raccontare quell’avventura che per tanti è stata solo pioggia e vento. Per Antonio è il segno che è tutto già scritto». Quasi una strada tracciata quella tormenta mai vista prima in città. Chiude l’operaio dell’appalto: «Lo stabilimento è devastato. Avranno bisogno degli operai per rimettere tutto in ordine».
In fondo spesso è così, le sciagure portano il deserto, uno spazio vuoto sul quale ricostruire.


Ilva. L'analisi del decreto


Con un'azione autoritaria il governo Monti avoca a sé la gestione della zona dell'Ilva. Ma la scia a Riva la libertà di produrre, fare profitti, avvelenare gli operai e le famiglie.


Stamattina il governo approva il decreto sull'Ilva preparato dall'ineffabile ministro contro l'ambiente, Corrado Clini, ex direttore generale dello stesso ministero che – nell'ordinanza d'arresto dei vertici aziendali e alcuni complici corrotti – viene descritto come “cosa privata” di Riva.

Nel frattempo è stato recuperato in mare il corpo senza vita dell'operaio gruista investito dalla tromba d'aria dell'altroieri mattina. Un altro morto sul lavoro in conto all'Ilva. I lavoratori, tra l'altro, spiegano che quella mattina – quando sono crollate praticamente tutte le gru installate sui moli 3 e 4 - solo grazie al provvedimento di sequestro non erano al lavoro circa 200 operai, altrimenti ci sarebbe stata una strage. Nessuno, infatti, aveva lanciato alcun allarme su quello che stava per succedere, anche se la tromba d'aria era visibile da diversi minuti prima dell'impatto sullo stabilimento tarantino.

In ogni caso, la tromba d'aria ha provocato un disastro ambientale supplementare, che ha aggravato la situazione locale, perché ha trascinato in alto e poi fatto ricadere sullo stabilimento stesso e i quartieri circostanti grandi quantità di quei materiali velenosi depositati all'aperto e che erano stati considerati tra le principali cause di inquinamento e mortalità per tumore.

Il decreto che deve essere approvato oggi è, tanto per cambiare, un golpe istituzionale. E questa è ormai la cifra “istituzionale” del governo in carica.

Perché diciamo questo?
Basta leggere il testo.
In nessun punto viene minimamente accennato a una possibile correlazione tra attività iindustriale (alle condizioni produttive attuali) e aumento esponenziale dei tumori all'interno della fabbrica e nella città. Il generico riferimento alla "salute" sembra così più un auspicio o una "prece", che non una preoccupazione dello Stato.
Il punto istituzionalmente decisivo è l'ultimo, l'art. 4: “I provvedimenti di sequestro adottati dall'autorità giudiziaria che risultino in contrasto con quanto stabilito dal presente decreto legge perdono efficiacia”. La preoccupazione fondamentale è infatti azzerare la possibilità stessa che la magistratura possa esercitare il controllo di legalità (che riguarda una serie di circostanze ben più vasta di quelle contenute nel decreto) sull'Ilva.

La “continuità del funzionamento produttivo dello stabilimento siderurgico Ilva s.p.a. costituisce una priorità strategica di interesse nazionale”, anche in presenza di “criticità” per l'ambiente e la salute. Anzi, soltanto la “continuità produttiva” permetterebbe – contro ogni evidenza – la bonifica del sito.

La base legale (art. 1), che dovrebbe – mai condizionale fu più obbligato – vincolare l'azienda a risanare il sito, è l'Autorizzazione integrata ambientale dello scorso 26 ottobre (emanata dallo stesso ministero), che viene considerata “parte integrante del presente decreto”. E quindi “è in ogni caso autorizzata la prosecuzione dell'attività produttiva”. Non mancano le finte minacce per l'azienda, là dove si accenna alla possibile “revoca dell'Autorizzazione” ove fosse “riscontrata l'inosservanza anche ad una sola delle prescrizioni” lì impartite.

Per essere chiari, la “strategicità” dell'impianto per l'”interesse nazionale” non implica affatto una gestione o un controllo statale di quanto viene fatto a Taranto. I “titolari dell'Autorizzazione” (la famiglia Riva tramite il presidente, l'ex prefetto Bruno Ferrante) sono infatti “ammessi alla detenzione dei beni dell'impresa”, senza alcun impedimento. Tranne quelli, come già detto, dovuti dall'osservanza delle disposizioni dell'Aia.

Ma chi dovrebbe controllare che i Riva non continuino a far porcate ammazzando operai e popolazione?

Non più i “custodi” nominati dalla procura di Taranto, ma un “garante” che potrà avvalersi “dell'apporto dell'Ispra” (prestigioso istituto nazionale di monitoraggio ambientale, che da alcuni anni però viene messo sistematicamente in condizioni di non poter funzionare “grazie” al taglio dei finanziamenti, al blocco del turnover e alla incerta continuità prestazionale dei precari che popolano in gran numero i suoi laboratori).
Di quali mezzi disporrà per conto proprio questo “garante”? Nessuno. La sua attività, infatti, non potrà – secondo l'art. 3 del decreto – comportare “nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Insomma: non faccia nulla. Ci pernserà poi lo stesso ministro a “riferire annualmente alle Camere circa l'ottemperanza delle prescrizioni dell'Aia”.

Il governo (potere esecutivo) si fa insomma garante dei profitti privati della famiglia Riva, esautorando le facoltà di controllo della magistratura (potere giudiziario) grazie a un decreto legge che supera – probabilmente con un voto di fiducia – i poteri del Parlamento (potere legislativo).

Se non è un golpe questo...

dante barontini

ritrovato francesco zaccaria - vogliamo sapere se si poteva salvare !

Era al lavoro, su una gru, a 20 metri d'altezza. Lavorava per l'Ilva di Taranto, Francesco Zaccaria, di soli 29 anni, quando è stato travolto dal tornado che ha provocato devastazioni e feriti tra Taranto e Statte.
Il suo corpo è stato spazzato via. Disperso nelle acque agitate del mare di Taranto. E' stato ritrovato questa mattina, all'interno della cabina guida della gru, sepolta da una coltre di fango, a 30 metri di profondità.




Dopo la morte del suo collega operaio, Claudio Marsella, anche lui 29 anni,  Francesco è' l'ennesima vita spezzata all'Ilva, per cui la dirigenza dovrà ancora nuovamente dare delle risposte e spiegazioni. Risposte e spiegazioni per questa ingiusta morte le dovrà dare alla famiglia di Francesco e alla sua città. Per ora resta solo un profondo dolore per questa perdita, ed un vuoto incredibile da colmare.


comunicato dello slai cobas ilva per il sindacato di classe

Un'altra vita di un giovane operaio di 29 anni ieri si è  persa. In poche settimane sono 2 morti in questa fabbrica.
E' colpa questa volta della tromba d'aria? O non doveva stare li o non era in sicurezza?
Siamo impegnati a capirlo con esattezza, perchè non si specula sugli operai morti, ma le responsabilità se ci sono devono essere accertate.
mercoledì all'Ilva però si è rischiata la strage e il disastro, le immagini di quegli operai in fuga sono drammatiche, ma anche in una certa misura inaccettabili.
La città ha vissuto ore di incubo per lo stesso rischio, anche questo purtroppo segna una pagina nera.
a questo bisogna aggiungere la situazione di distruzione e feriti a statte
Dobbiamo con la lotta operaia e popolare unita venire a capo della situazione.
Il governo invece cerca solo di salvare Riva e i suoi interessi con un decreto che respingiamo.
Vogliamo lavoro sicuro e non lavoro forzato.
Vogliamo che Riva e i suoi agenti paghino e che la magistratura vada a fondo su questo.
Vogliamo che il piano per mettere a norma la fabbrica sia deciso e confrontato con gli operai e non imposto con decreti, diktat.
Questo non è avvenuto, per questo il decreto va respinto e la lotta deve continuare
Noi vogliamo l'unità e l'autorganizzazione di classe in fabbrica contro padron riva,governo, sindacati confederali complici.
Noi lavoriamo per l'unità di lotta degli operai e per raccogliere la spinta generale autorganizzata per l'alternativa sindacale di classe, perchè il destino della fabbrica sia nelle mani degli operai e non di padroni,governo, stato, magistratura,
siamo perchè  il potere deve essere operaio, perchè nocivo è il capitale e non la fabbrica.

solidarietà e sostegno alla famiglia di francesco


sosteniamo la proposta di assemblea nazionale a taranto del 7 dicembre della
rete nazionale per la sicurezza sul lavoro.

slai cobas per il sindacato di classe taranto
slaicobasta@gmail.com
347-5301704
blog
tarantocontro.blogspot.com

mercoledì 28 novembre 2012

Stefano vattene..

Stefano sta nella lista Archinà, ma lo troveremo presto in altre liste
perchè al di là di quello che dice, conta quello che fa:
chiacchiere e distintivo
lettere e clientele
dalla parte dei potere forti
alimentatore della guerra tra poveri

Aveva detto che non faceva la giunta perchè aspettava l'inchiesta della Procura su ambiente venduto,
sembrava perchè non voleva trovarsi dei nomi in giunta che risultavano poi nelle lista Archinà
ma ora nella lista c'è lui
per coerenza se ne deve andare

Cominciamo a dirglielo venerdì al consiglio comunale.

che giornata oggi..

Questa mattina ci si preparava per Roma - gli operai ci sperano, noi no, ma ci andavamo perchè bisogna stare a rappresentare gli interessi operai ovunque, bisogna essere occhi, orecchie e mente degli operai.
Invece una tromba d'aria ci ha tolto un altro operaio in questa fabbrica dannata.
Dio e padrone uniti nella lotta...
e poi.. sono sempre operai quelli che muoiono
un capo o Buffo il direttore certo non si poteva trovare su quella gru
in fabbrica tutti in fuga
in città, ai Tamburi spaventi
a Statte invece è andata male e poteva andare peggio

Ora bisogna farsi forza e riprendere la battaglia, la rivolta .. come ieri più di ieri.
In questa fabbrica gli operai devono vincere il padrone e i suoi servi Fim, Fiom, Uilm devono perdere.
Questa fabbrica deve rimanere aperta per metterla a norma.
La città deve unirsi innanzitutto intorno agli operai e non viceversa come cercano di farci fare.
Questa è la condizione per vincere.
 

la bozza del testo del decreto-legge sull'Ilva che Monti presenterà domani


"La premessa della bozza del decreto legge è il riferimento al rilascio all’Ilva, avvenuto il 26 ottobre scorso, dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia). «Considerato che la continuità del funzionamento produttivo dello stabilimento siderurgico Ilva costituisce una priorità strategica di interesse nazionale, in considerazione dei prevalenti profili di ordine pubblico, di salvaguardia dei livelli occupazionali, di protezione dell’ambiente e della salute; ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di emanare disposizioni per assicurare la piena attuazione delle disposizioni della sopracitata Autorizzazione. Considerato (infine) che la continuità del funzionamento produttivo dello stabilimento siderurgico Ilva costituisce una priorità strategica di interesse nazionale, in considerazione dei prevalenti profili di ordine pubblico, di salvaguardia dei livelli occupazionali, di protezione dell’ambiente e della salute».

Tenuto conto di tutto questo, il governo emana un decreto-legge.

Nel primo articolo, il dispositivo recita: «Per ventiquattro mesi, a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto, il provvedimento di Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciato in data 26 ottobre 2012 alla società Ilva, da considerarsi parte integrante del presente decreto, esplica in ogni caso effetto. Per conseguenza, nei limiti consentiti dal provvedimento di cui al presente comma, a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto è in ogni caso autorizzata la prosecuzione dell’attività nel stabilimento della società Ilva di Taranto, per tutta la durata stabilita al periodo precedente, salvo che sia riscontrata l’inosservanza anche ad una sola della prescrizioni impartite nel provvedimento stesso».

Il secondo articolo: «Durante il periodo di tempo di cui all’art. 1, la responsabilità della conduzione degli impianti dello stabilimento Ilva di Taranto resta, anche ai fini dell’osservanza di ogni obbligo, di legge o disposto in via amministrativa, inerente il controllo delle emissioni, imputabile esclusivamente all’impresa titolare dell’autorizzazione all’esercizio degli stessi, sotto il controllo dell’autorità amministrativa competente, che, alla scadenza, previa verifica dell’integrale osservanza degli obblighi di cui sopra, procede entro 15 gg. alla conferma o alla revoca del provvedimento di autorizzazione integrata ambientale di cui al presente articolo, con ogni conseguenza prevista dalla normativa vigente».

Questo significa che i custodi giudiziari tornano a casa, che l’Ilva ottiene l’uso degli impianti perché il sequestro giudiziario nei fatti è abolito".
 
(da La Stampa)

 

SALVAGUARDARE AMBIENTE E LAVORO A TARANTO

SALVAGUARDARE AMBIENTE E LAVORO A TARANTO

E' POSSIBILE E NECESSARIO!

E' notizia di ieri, a seguito dell'arresto di alti vertici aziendali dell'Ilva di Taranto (tra cui padron Riva e suo figlio Fabio), la rappresaglia messa in atto con l'annuncio di voler chiudere definitivamente lo stabilimento di Taranto che offre lavoro a migliaia di persone. Questo dramma si ripercuoterà presto anche agli stabilimenti che il sito rifornisce: Novi Ligure, Racconigi, Marghera e Patrica. Per migliaia di lavoratori e le loro famiglie si prospetta così l'incubo della disoccupazione e della povertà. Al dramma della devastazione ambientale perpetrato per decenni dallo stabilimento si aggiunge ora anche quello occupazionale, con ripercussioni gravissime sul tessuto sociale di tutta l'area.

Esprimiamo la nostra solidarietà ai lavoratori di Taranto e delle altre fabbriche del gruppo, per i quali ci auguriamo il rafforzamento della loro lotta che leghi salvaguardia dell'ambiente, dignità del lavoro e occupazione.

Salvaguardare ambiente e occupazione si può, anzi è necessario.

Dopo decenni di devastazione ambientale occorre risanare l'area dai rifiuti tossici, creando così posti di lavoro utili (non a Riva ma ai tarantini che sono i veri proprietari della fabbrica) e riconvertendo la produzione a lavorazioni non nocive, utili alla società e rispettose di persone e ambiente.

Come è facile intuire non saranno i Riva o il governo a prendere queste decisioni, così come non si adopereranno per trovare le risorse necessarie alla riconversione industriale. Solo i lavoratori, con la lotta per il proprio posto di lavoro, legata alle altre lotte, possono costringere l'Amministrazione locale e il governo a prendere le misure necessarie per salvaguardare ambiente e posti di lavoro.

E' ora che il governatore della Puglia Nichi Vendola impieghi la stessa passione messa in campo durante la campagna per le primarie del PD in cui ha usato parole come diritti, lavoro, equità e giustizia verso i più deboli occupandosi seriamente della vicenda Ilva. Non come hanno fatto le varie Amministrazioni a vari livelli a Torino (prima Chiamparino e ora Fassino) con la nostra vicenda della ricollocazione lavorativa.

Gli operai dell'Ilva hanno i numeri, la forza e l'esperienza di lotta non solo per occupare lo stabilimento ma anche altri centri nodali come strade, aeroporto, porto e base militare; hanno la conoscenza e la capacità per gestire lo stabilimento senza le manovre e la sete di profitto di Riva & Co.; hanno l'abilità di sfruttare ogni ambito (trattative a vari livelli, mobilitazioni di piazza, occupazioni, ecc.) di lotta per portare a casa l'unico risultato utile: la ripresa dell'attività (anche riconvertita ad altre produzioni) e le dovute bonifiche.

Solidarietà a chi lotta per la dignità del lavoro!

La soluzione siamo noi lavoratori! Tutto dipende da noi!

Torino, 27 novembre 2012 Ex lavoratori ThyssenKrupp Torino

7 dicembre a taranto assemblea nazionale

a fronte degli sviluppi in corso a taranto e gli avvenimenti che si
determineranno nella fabbrica e in città a roma come altrove nei prossimi
giorni
la rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro che ha convocato un
convegno nazionale a taranto per il 7 dicembre ore 14-19,
biblioteca comunale
trasforma il convegno in proposta di assemblea nazionale di tutte le realtà
del sindacalismo di base e di classe, di tutte le forze impegnate
nella lotta su salute e sicurezza in fabbrica e territorio, di tutte le
forze politiche e sociali di orientamento classista del nostro paese
sulla questione ilva

nelle prossime ore sarà definito meglio programma e caratteristiche  della
assemblea nazionale


rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro
bastamortesullavoro@gmail.com
347-1102638
26 -11-2012

martedì 27 novembre 2012

rivolta Ilva ore 12 - aggiornamento

I sindacati confederali sono stati messi sia collettivamente che individualmente sotto accusa, ai margini, in questo operai dello slai cobas Ilva sono stati tra i più attivi nella denuncia e nell’isolamento di dirigenti sindacali, come Talò della Uilm.

Gli operai, rappresentati in forma embrionale dagli operai del Comitato liberi e pensanti, hanno imposto che il Direttore dell’Ilva Buffo - che prima aveva detto di voler incontrare una delegazione degli operai e dei rappresentanti comitato e sindacati di base alle ore 14 - uscisse fuori intorno alla 10,30 tra gli operai in presidio davanti alla Direzione per parlare con tutti i lavoratori che avevano minacciato di bloccare tutto, se non fosse sceso.

Buffo ha parlato dall’apecar, anche se ha chiesto a tutti quelli che stavano prima sopra di scendere dall’apecar perché l’incontro non era con loro.
Buffo ha confermato sostanzialmente le dichiarazioni già fatte da Ferrante: Si all’AIA, ma se non possiamo produrre non possiamo fare gli investimenti necessari per l’Aia, noi vogliamo restare, mettere a norma, ma ci devono far produrre... Ora io non posso produrre e voi non potete lavorare…

In merito alle questioni immediate poste dagli operai: riattivazione dei tesserini, ritiro delle ferie forzate e della ‘messa in libertà’ per 5000 operai dell’area a freddo, Buffo ha dichiarato che nei giorni fino al riesame contro il provvedimento di ieri della magistratura l’azienda non può far lavorare gli operai, ma le giornate sono pagate. Il riesame dovrebbe avvenire nell’arco di una settimana.
Ma Buffo non ha risposto alle domande fatte dallo slai cobas Ilva e da altri operai: se le giornate sono pagate allora perché il blocco dei tesserini? Se il riesame dà esito negativo all’azienda, che succede?

E’ evidente che tale blocco ha un senso ricattatorio, di prefigurare già uno scenario futuro, di soluzione definitiva nel caso di parere negativo da parte del riesame, di effetto di divisione tra i lavoratori. Pertanto a tuttora la questione riattivazione tesserini è rimasta confusa.
Il comitato liberi e pensanti ha poi spostato le domande sulla questione visite mediche e altri punti delle loro richieste – oggettivamente secondari nella situazione odierna.
Mentre altri operai con esempi concreti hanno denunciato la contraddizione tra le parole dell’azienda, e dello stesso Buffo, di “disponibilità” e i fatti che vanno invece in tutt’altro verso.

Sul problema di come proseguire la giornata di oggi, che è stata a tutti gli effetti una rivolta, non c’è ancora una decisione unica e generale. Vi sono varie proposte in discussione tra gli operai: il blocco dell’impianto di acciaieria su due direzioni; continuazione dei presidi alle portinerie; entrare domani per formalizzare il risultato strappato oggi contro la serrata aziendale, compreso l’effettiva attuazione della riattivazione dei tesserini, ma continuare il presidio all’interno dello stabilimento…
In questo la linea radicata del comitato liberi e pensanti di opposizione a portare la rivolta anche in città, alcune critiche moraliste verso gli operai, non aiuta a prendere una decisione unitaria in sintonia con il clima presente tra gli operai.

Poi c’è la questione di Roma di giovedì, allo stato attuale i sindacati confederali sono contrari a far andare la massa degli operai a Roma, e sono per andare solo loro all’incontro con Monti; gli operai vogliono andare, ma c’è la questione dei mezzi che se non messi dai sindacati confederali sono un grosso problema…

Nei fatti oggi vi è stata una vera e propria rivolta degli operai dell’Ilva che ha permesso di respingere la serrata aziendale, ha scavalcato le indicazioni delle OO.SS e ha invaso la fabbrica, facendo un grandissimo corteo interno di migliaia e migliaia dei lavoratori, ha sfondato le porte della Direzione e occupato gli uffici, ha infine imposto che Buffo parlasse davanti a tutti gli operai e strappato il risultato di far saltare i provvedimenti dell’azienda di considerare già fuori dall’Ilva 5000 operai.

In corso occupazione dello stabilimento Ilva

Da questa mattina è in corso una occupazione di tutti i lavoratori dell'Ilva dello stabilimento vicino la Direzione, anche gli uffici della direzione sono occupati.
Dal 1° turno stamattina tutti gli operai, anche degli altri turni, si sono prima concentrati davanti ai due ingressi principali dell'ILva port. A e port. D, invadendo tutti i piazzali. La tensione è alta!
La direzione aziendale ha fatto trovare i tesserini bloccati agli operai dell'area a freddo, circa 5000.
Verso le 6,30 in migliaia i lavoratori hanno forzato i cancelli ed entrati in massa all'interno dello stabilimento. Anche i coordinatori esterni dello slai cobas sono entrati insieme agli operai.
Quindi tutti gli operai entrati dalla port.D come dalla A si sono concentrati alla palazzina della Direzione. Un folto settore di operai ha forzato la vetrata che porta agli uffici della direzione e hanno occupato gli uffici.
Alle 9,30 è previsto l'incontro tra azienda e OO.SS. confederali.
Questo incontro non può essere come gli altri. Deve essere fatto alla presenza degli operai in sciopero.

Una delegazione di operai autorganizzati ha chiesto di incontrare il Direttore Buffo per chiedere il ritiro immediato di ferie forzate, messa in libertà e il ripristino dei tesserini nell'area a freddo. Se non ci saranno risposte, la protesta sarà ancora più forte.

Si tengono intanto assemblee autorganizzate nell'attesa, per decidere i passi successivi. Vi sono tutti, slai cobas, Usb, gli operai del Comitato liberi e pensanti che per fortuna ora parlano e agiscono come lavoratori. Con gli operai del Mof vi è stato un forte saluto di massa, con applausi e slogan per ricordare Claudio Marsella, morto il 30 ottobre.

Slai cobas ILVA

lunedì 26 novembre 2012

Ilva taranto - mobilitazione operaia immediata, portinerie presidiate


comunicato urgente

lo slai cobas per il sindacato di classe respinge la decisione di padron  Riva di chiudere la fabbrica, per effetto delle decisioni della magistratura e promuove e partecipa a tutte le mobilitazioni in corso alla fabbrica da  qualche ora
lo slai coba per il sindacato di classe non condivide l'azione della magistratura che non  distingue tra le responsabilità dei padroni da colpire pesantemente e la necessità di  tenere aperta la fabbrica per  metterla a norma e la soluzione immediata del  problema del lavoro e del salario degli operai
lo slai cobas per il sindacato di classe è per l'immediata riapertura della fabbrica per metterla a norma

operai in fabbrica e padroni in galera
nocivo è il capitale e non la fabbrica 

sono state le nostre parole d'ordine
sin dall'inizio ed ora sono più valide che mai
lo slai cobas è per l'unità di lotta tra operai e masse popolari per cui contrasta decisamente ogni tentativo di mettere in contrapposizione gli operai e la loro lotta e la mobilitazione cittadina contro morti e
inquinamento come fanno le forze dell'aziendalismo filoriva e quelle  dell'ambientalismo antioperaio in città che vogliono solo la chiusura della fabbrica e una nuova bagnoli

l'ilva è la più grande fabbrica del nostro paese e quindi la lotta all'ilva e a taranto è una questione nazionale, anzi la più importante questione nazionale nelle file della classe operaia e proletaria in questo momento
per cui rilancia e ripropone la necessità di mobilitazione nazionale operaia e
popolare in tutto il paese e a Taranto

slai cobas ilva  taranto
slai cobas per il sindacato di classe
slaicobasta@gmail.com
tel 347-5301704  - 347-1102638

26-11-2012

domenica 25 novembre 2012

lottare con ancora piü forza contro padron Riva e lo stato dei padroni

il circolo di proletari comunisti torna a riunirsi in questa settimana
per lanciare alla classe operaia dell' Ilva e alle masse popolari di taranto
un messaggio di lotta e di speranza in questa fase difficile e complessa


ILVA, giudizio e indicazioni dello Slai cobas Ilva

Ferrante/Riva vogliono il completo dissequestro di tutta l’area a caldo solo per avere mano libera nel continuare la produzione come ora, per dare un segnale rassicurante ai compratori dell’acciaio, per legare i soldi da mettere nei lavori per la sicurezza solo a nuovi profitti da fare con la continuità produttiva.
Non è vero che l’azienda non può fare la messa a norma con il sequestro degli impianti; guarda caso questo sequestro non gli sta affatto impedendo di produrre come prima!

In realtà Riva non vuole risolvere i problemi della salute/sicurezza, della salvaguardia dell’ambiente - per questo tenta perfino con controperizie di negare la realtà del legame tumori/inquinamento industriale; Riva vuole soltanto sfruttare finchè può la situazione attuale per strappare il massimo di profitto senza effettivi investimenti, e senza soprattutto attuale garanzia di continuità dello stabilimento e mantenimento di tutti i posti di lavoro.
Il governo col Ministro Clini lo appoggia e la stessa AIA può diventare così una barzelletta!

La cassintegrazione per 2000 operai è in questo senso un segnale pericoloso, se passa questa cigo ci saranno altre cassintegrazioni fino agli esuberi; Ferrante ha ritirato anche la promessa di ricollocare i 970 operai dell’AFO1 in altri reparti. Questo dimostra che Riva pensa solo a salvaguardarsi il suo portafoglio, e basta!

Questa situazione da un lato di tirare al massimo da parte dell’azienda, dall’altro di incertezza di lavoro degli operai produce inevitabilmente più lavoro a rischio, più infortuni. Invece che più attenzione alla sicurezza  proprio ora ce n’è di meno: dopo la morte di Claudio al Mof, altri infortuni, ultimo alla colata continua, ci sono stati; e anche sul fronte della salute le condizioni, proprio nell’area a caldo, sono peggiorate. E gli RLS continuano ad essere fantasmi!

OGGI GLI OPERAI DEVONO PENSARE E MUOVERSI SOLO SECONDO I PROPRI INTERESSI:
DI LAVORO E DI SICUREZZA/SALUTE.
Non stare i mezzo tra politiche aziendaliste e logiche ambientaliste anti fabbrica che riducono gli operai ad assistiti

- SCIOPERO PROLUNGATO OPERAIO INDIPENDENTE PER MESSA A NORMA E DIFESA
LAVORO, LA FABBRICA NON DEVE CHIUDERE MA DEVE ESSERE RISANATA!

-NIENTE SCIOPERI E MOBILITAZIONI SU COMANDO DEI CAPI! NE' ASPETTARE
FIM-FIOM-UILM CHE SONO O FILOAZIENDALI O INCONCLUDENTI, E CHE QUANDO SI
LOTTA SERIAMENTE – VEDI IL LUNGO SCIOPERO DEL MOF – SONO DALL’ALTRA PARTE.

-SCIOPERO E BLOCCO IMMEDIATO ALLE PORTINERIE SE LA CIGO PARTE!

-NON FACCIAMO PIU LAVORI PERICOLOSI E STRAORDINARI! (forniamo art. legge, sentenze Cassaz. che consentono di astenersi da lavori a rischio)

-ORGANIZZAZIONE SUBITO IN MASSA NELLO SLAI COBAS

-FIRMARE I MODULI PER ANTICIPO ELEZIONI RSU, per liste volute dai lavoratori e riconoscimento slai cobas e sindacati di base

Martedì 27 riunione rappresentanti Slai cobas Ilva ore 17,30/19 in via
Rintone, 22 (tel Andrea 3397144555 – Lorenzo 3282182791 – Piero 3921497896)

Venerdì 7 dicembre importante CONVEGNO NAZIONALE SULLA SICUREZZA IN FABBRICA
a Taranto
presso Biblioteca comunale (p.le Bestat) ore 14/19 – per operai
Ilva 1° turno o normalisti, dalle 16 in poi (per inf. 3475301704 –
slaicobasta@gmail.com

nelle aree sotto sequestro si produce normalmente e... ci si infortuna normalmente

Incidente nell'impianto sequestrato
ferito un operaio del siderurgico

L'uomo era intento a sollevare un giunto utilizzando un mezzo meccanico che ha appoggiato ad una scaletta, quando la stessa scaletta ha ceduto improvvisamente finendo addosso al lavoratore. Le sue condizioni non sono gravi

Un dipendente Ilva, Giampiero Neglia, di San Giorgio Jonico, è rimasto ferito non gravemente in un incidente sul lavoro accaduto oggi nel centro siderurgico. L'operaio stava sollevando un giunto utilizzando un mezzo meccanico che ha appoggiato ad una scaletta, quando la stessa scaletta ha ceduto improvvisamente finendo addosso al lavoratore. Soccorso, Neglia è stato trasportato all'ospedale di Taranto ma le sue ferite non sono gravi. L'incidente è avvenuto nell'area della colata continua 4 dell'acciaieria 2, che è uno degli impianti posti sotto sequestro dalla magistratura.

Ilva, la nuova sfida ai magistrati "Dissequestro degli impianti o chiusura"

Nell'istanza presentata al tribunale l'azienda pone come condizione per il rispetto delle direttive Aia il dissequestro dell'area a caldo: "Altrimenti l'attività sarebbe insostenibile". Ma dalla Procura si profila un nuovo no
TARANTO - "Se il sequestro preventivo dovesse permanere, pur a fronte del mutato quadro autorizzatorio, l'ovvia insostenibilità economico-finanziaria condurrebbe inevitabilmente alla definitiva cessazione dell'attività produttiva e alla chiusura del polo produttivo". Lo dicono il presidente dell'Ilva, Bruno Ferrante, e l'avvocato Marco De Luca di Milano nell'istanza di dissequestro degli impianti dell'area a caldo del siderurgico presentata ieri alla Procura di Taranto.


Il dissequestro, per l'azienda, è funzionale all'attuazione di quanto l'Autorizzazione ambientale prescrive. Solo l'attività di impresa, dice l'Ilva, "può generare le risorse necessarie alla relativa ottemperanza" dell'Aia. L'Ilva fa altresì presente che l'assolvimento degli obblighi dell'Aia, che pone una serie di interventi ambientali e impiantistici, richiede necessariamente il ricorso al credito che "risulta impossibile in presenza di provvedimenti limitativi della proprietà e della gestione dello stabilimento". Il vincolo sull'area a caldo, dice l'Ilva con riferimento al sequestro giudiziario, "diviene, da subito, economicamente insostenibile".

Secondo indiscrezioni, tuttavia, sarà negativo
il parere della Procura della Repubblica di Taranto sull'istanza di dissequestro degli impianti dell'area a caldo. Per questo motivo, la decisione sull'istanza di dissequestro non sarà presa dalla Procura ma dal gip del Tribunale, al quale gli stessi pm gireranno l'istanza con il parere negativo motivato. Tutto questo dovrebbe avvenire domani, la decisione probabilmente in settimana.
 
Una doccia fredda per la città e per gli operai del siderurgico. Tra la spada di Damocle delle ferie forzate e della cassa integrazione da una parte, e l'incubo dei veleni che dalle cimieniere dello stabilimento si riversano sulla città provocando inquinamento e morte. Proprio stamattina è stato aggiornato al 27 novembre il confronto tra Ilva e sindacati metalmeccanici per discutere della cassa integrazione ordinaria per 2mila persone per il siderurgico di Taranto chiesta dall'azienda per crisi di mercato. L'incontro odierno è finito in un nulla di fatto e i sindacati dichiarano che molto probabilmente si va "verso un mancato accordo perchè non esistono i presupposti per il ricorso alla cassa nell'Ilva". Domani i sindacalisti tarantini di Fim, Fiom e Uilm saranno a Roma per partecipare alla riunione del coordinamento sindacale nazionale del gruppo Ilva ed è già partita la lettera con cui Cgil, Cisl e Uil nazionali e Fim, Fiom e Uilm nazionali, su sollecitazione delle organizzazioni locali, chiedono l'intervento di Palazzo Chigi nel caso Ilva.

"C'è una situazione davvero singolare - commenta Cosimo Panarelli, segretario Fim Cisl Taranto - nel senso che l'Autorizzazione integrata ambientale è stata rilasciata, il ministero dell'Ambiente ha approvato il piano dell'Ilva sull'Aia e l'azienda resta ferma e non fa partire i lavori di messa a norma della fabbrica sotto il profilo ambientale perchè, afferma, c'è il sequestro giudiziario che glielo impedisce. Da questa situazione bisogna uscire al più presto facendo chiarezza".

Da lunedì scorso non essendoci ancora stato l'accordo sulla cassa integrazione, all'Ilva sono scattate le ferie forzate per circa 500 operai della produzione lamiere e del rivestimento tubi, ed entro fine settimana, si è appreso oggi nell'incontro azienda-sindacati, dovrebbe fermarsi anche il tubificio 2, la cui fermata inizialmente era stata collocata tra oggi e domani. Nel momento in cui si fermerà il tubificio 2 il numero dei lavoratori Ilva in ferie forzate salirà a circa 700 anche se l'Ilva proprio oggi ha detto ai sindacati che per quest'area dello stabilimento si apre qualche prospettiva in quanto sono in via di formalizzazione due nuovi ordini di lavoro. Ci vorranno però una ventina di giorni ancora tra perfezionamento dell'ordine, avvio della produzione delle lamiere necessarie a fabbricare i tubi, e rientro del personale interessato al lavoro. I sindacati premono affinchè l'Ilva faccia chiarezza su quanto accadrà nel siderurgico nel momento in cui partiranno i lavori dell'Aia. Il primo a fermarsi sarà a dicembre l'altoforno 1, dove inizialmente l'azienda aveva prospettato una ricollocazione all'interno di circa mille esuberi, mentre ora la situazione è cambiata.

'L'Ilva - spiegano i sindacalisti -ci ha detto che tutto il personale dell'altoforno 1 sarebbe stato rioccupato all'interno qualora la fermata dell'impianto fosse stata consensuale, cioè tra azienda e custodi giudiziari, invece l'impianto ora si sta fermando, ci dice sempre l'azienda, perchè l'hanno ordinato i custodi. E sarà uno stop senza il conseguente rifacimento". Nei giorni scorsi l'Ilva, nell'ambito del piano per l'Aia, aveva cercato anche di far passare la fermata dell'altoforno 2, che dall'Aia non è invece prevista, sostenendo che, fermando l'altoforno 1 e le batterie di cokeria 3-4-5-6, avrebbe avuto problemi di approvvigionamento di coke anche sull'altoforno 2. Il ministero dell'Ambiente ha respinto la fermata dell'altoforno 2, dichiarando che è una misura non prevista dall'Aia, la quale per quest'impianto prevede solo interventi di depolverazione. L'Ilva, si apprende da fonti sindacali, è stata invitata dal ministero ad approvvigionarsi all'esterno di coke qualora dovesse avere problemi in proposito.
 
(21 novembre 2012) © Riproduzione riservata



Comunicato stampa del "Comitato manifestazione 15 dicembre Taranto libera"

Comunicato stampa del "Comitato manifestazione 15 dicembre Taranto libera"


Si e' costituito il "Comitato manifestazione 15 dicembre Taranto libera".

L'assemblea del 21 novembre ha visto un'ampia partecipazione di cittadini che hanno deciso di indire per il 15 dicembre una grande manifestazione popolare a Taranto.

Quel giorno si marcera' uniti per l'ambiente, per il lavoro, per la salute, per il reddito: Taranto libera!

E' convocata per mercoledì prossimo presso il Centro Sportivo Magna Grecia (via Zara a Taranto ore 18)un'assemblea plenaria in cui verranno puntualizzati e decisi democraticamente tutti i dettagli organizzativi.

Per contatti email:
corteotaranto@libero.it

Il gruppo promotore

Cinzia Amorosino
Aldo Battista
Massimo Battista
Stefania Bellanova
Giovanni Berardi
Rita Bianchi
Pietro Caroli
Giovanni Carbotti
Paola Casieri
Giuseppe D'Aloia
Marco De Bartolomeo
Simona Fersini
Fulvia Gravame
Giuseppe Interno'
Ada Le Noci
Antonio Lenti
Alessandro Marescotti
Cinzia Mancini
Ezia Mitolo
Annamaria Moschetti
Marinella Monfredi
Piero Mottolese
Vanni Ninni
Virginia Pavone
Francesca Piccinni
Emiliano Ponzio
Cataldo Ranieri
Giuseppe Roberto
Virginia Rondinelli
Antonio Ruggiero
Antonio Russo
Marianeve Santoiemma
Daniela Spera
Mirko Zoriaco
E tanti altri

mercoledì 21 novembre 2012

incredibile faccia tosta dell'Ilva "Non c'è aumento di malattie a Taranto"

I legali dell'Ilva hanno depositato al Tribunale di Taranto l'istanza di dissequestro dell'area a caldo dello stabilimento, sotto sequestro dallo scorso 26 luglio. La richiesta segue l'ok del ministro dell'Ambiente Clini al progetto per l'applicazione dell'Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia) presentata dall'azienda.

Al Tribunale di Taranto, Ilva ha depositato i commenti alle perizie disposte dal Gip che confutano il provvedimento di sequestro preventivo da parte dell'Autorità giudiziaria per gli impianti delle aree a caldo e i provvedimenti di custodia cautelare degli ex vertici dell'azienda.

I provvedimenti nei confronti della società sono basati su perizie acquisite su un incidente probatorio in cui una parte importante hanno la perizia chimica e la perizia epidemiologica disposte dal Gip che, secondo la documentazione depositata, sono da considerarsi inaffidabili. Dalla carte emerge che i livelli di Pm10 registrati a Taranto, che risultano inferiori rispetto ad altre città italiane ed estere, non possono essere considerati responsabili di un presunto incremento di patologie che sono state calcolate su base statistica utilizzando parametri che l'Organizzazione Mondiale della sanità (Oms) considera come "obiettivo" da raggiungersi in futuro ma non nei prossimi anni e che non sono in vigore in nessun Paese.

Dalle conclusioni, realizzate da diversi esperti del settore (Forestiere, Biggeri e Triassi), emerge che "la perizia chimica disposta dal Gip aggiorna i quantitativi di Pm10 alle prescrizioni
aggiornate al febbraio del 2012, che entreranno in vigore solo nel 2016, mentre secondo i parametri attuali adottati da tutti i Paesi - e anche dall'Italia - per salvaguardare la tutela della salute pubblica, la soglia delle Pm10 nell'aria non deve superare i 50 microgrammi per metro cubo giornaliera (40 la soglia media annuale), con un limite di 35 sforamenti annui consentiti, soglie ampiamente rispettate a Taranto anche secondo i periti del giudice". Per quanto concerne poi "gli effetti a breve termine le stime di patologie e decessi formulate nella perizia sono riferite ad una soglia di 20 microgrammi/m3 , definita come 'valore obiettivo' dall'Oms, ma attualmente non in vigore in Ue. Utilizzando il limite ora in vigore di 40 microgrammi/m3 non vi sarebbe nessun eccesso di patologie e decessi a Taranto riferibile alla media annua esposizione".
 

i braccianti di nardò chiedono giustizia -A giudizio imprenditori e caporali l'accusa è di riduzione in schiavitù

Dopo la rivolta alla masseria Boncuri capeggiata dallo studente camerunense Yvan Sagnet: alla sbarra sette imprenditori salentini e nove caporali africani

di CHIARA SPAGNOLO LECCE - Dai campi delle angurie alle aule del Tribunale. Sette imprenditori salentini, accusati di avere sfruttato decine di braccianti extracomunitari, e nove complici africani, che degli stessi extracomunitari avrebbero organizzato l’arrivo illegale in Italia, sono stati rinviati a giudizio dal gup di Lecce Alcide Maritati. Saranno giudicati a partire dal 31 gennaio dalla Corte d’assise perché su di loro pende un’accusa gravissima: riduzione in schiavitù di numerosi lavoratori. Solo quattro di loro per ora hanno avuto il coraggio di costituirsi parte civile, capeggiati ancora una volta da Yvan Sagnet, lo studente camerunense del Politecnico di Torino che nell’estate 2011 diventò il leader della rivolta dei braccianti dalla pelle scura.

FOTO: Nardò, chiude la masseria Boncuri

Alla luce del decreto che dispone il giudizio per quelli che la Dda di Lecce ha considerato gli schiavisti del terzo millennio, Yvan non ha dubbi: "La giustizia italiana ha dimostrato di essere imparziale” e lancia un appello a quanti, in tutta la penisola, vivono condizioni inumane di sfruttamento professionale: “Denunciate, bisogna avere il coraggio, anche mettendo a rischio la nostra vita, perché quando le denunce sono vere, la giustizia sa dare risposte”. L’euforia di Yvan è contagiosa, passa dai volontari dell’associazione
Finis Terrae (che gestivano la masseria Boncuri deputata all’accoglienza dei migranti), per i quali “la decisione del gup è un passo importante nella tutela futura dei diritti dei braccianti sparsi nelle tante bidonville d’Italia”, ai sindacalisti della Cgil e della Flai, costituitisi parte civile nel processo, perché – a detta del giudice – sono stati direttamente lesi dai reati contestati.

Oltre alla riduzione in schiavitù il pm Elsa Valeria Mignone ha contestato, a vario titolo, le accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e permanenza in stato di irregolarità sul territorio nazionale, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, estorsione. Le indagini del Ros dei carabinieri, negli anni tra il 2009 e il 2011, portarono alla luce l’esistenza di una vera e propria associazione a delinquere, che aveva come fine lo sfruttamento lavorativo degli immigrati e il loro mantenimento in condizioni disumane. Un cartello tra gli stranieri, che organizzavano i viaggi della speranza, e gli imprenditori italiani che utilizzavano la manodopera dei disperati, con un posto anche per i caporali che concretamente tenevano sotto scacco i raccoglitori.

A far emergere l’inferno vissuto ogni estate tra i filari di angurie e pomodori di Nardò furono servizi di osservazione e intercettazioni ma anche le denunce dei lavoratori, che si spaccavano la schiena per dodici ore al giorno, finendo a dormire in casolari fatiscenti o sotto gli ulivi. «La nostra giornata lavorativa durava circa dodici ore, per i pomodori venivo retribuito 4 euro a cassa, per i meloni 15 euro al giorno, dai quali mi venivano decurtati 4 euro per il trasporto ai campi, 1 euro per ogni bottiglia d’acqua (ne bevevo due), 4 euro per un panino e 4 euro e 50 per le sigarette», raccontò un tunisino ai carabinieri  e lo stesso fecero molti suoi compagni di lavoro, compreso Yvan Sagnet. Per il pm Mignone questo trattamento era da considerarsi pari alla riduzione in schiavitù. Il Tribunale del Riesame di Lecce ha poi ritenuto diversamente facendo venire meno l’imputazione, ma la Dda ha contestato ugualmente il reato, con l’ostinata volontà di far finire a processo imprenditori e caporali anche per l’articolo 600 del Codice penale. Il primo round è stato vinto dalla Procura. Gli imprenditori salentini (a partire dal “re delle angurie” Pantaleo Latino, considerato il capo e promotore del sodalizio, passando per Marcello Corvo, Livio Mandolfo, Corrado Manfredo, Giuseppe Mariano, Salvatore Pano e Giovanni Petrelli) e i loro presunti complici africani dovranno difendersi davanti alla Corte d’assise.

 

per i lavoratori addetti alla differenziata: un breve respiro ma permane lo stato di agitazione

Lunedì 19 novembre, si è tenuta l'assemblea indetta dallo Slai cobas dei lavoratori della Coop. L'Ancora addetti alla selezione presso l'impianto di Pasquinelli.
Si è preso atto che sulla questione della continuità lavorativa dopo il 4 dicembre (data di fine del contratto di 3 mesi), da notizie ancora non ufficiali, il contratto sarà prorogato di un mese, durante il quale si provvederà ad istituire una "garetta" per l'affidamento del servizio per un periodo di 4 mesi, tempo necessario per il bando di gara europeo.
Questo se garantisce al momento un respiro per i lavoratori, non può far stare tranquilli perchè permane la situazione di precarietà; tanto anche alla luce della recente esperienza del passaggio dalla Ditta Castiglia che ha visto la sospensione del lavoro per più di due mesi, la necessità di una lotta prolungata, e infine un arretramento delle condizioni salariali dei lavoratori.
Nello stesso tempo, il permanere dello stato di precarietà anche nel servizio, non dà subito risposta alla questione dell'aumento del personale, da tempo richiesto dai lavoratori, che sono costretti anche quando si ammalano o hanno necessità di un giorno di ferie di doversi loro trovare il “sostituto”, e li obbliga a fare sempre più spesso un doppio turno lavorativo. Per questo le notizie per cui l'Amiu intende rinviare l'ampliamento del personale alla gara europea, quindi tra 5/6 mesi, sono negative, sia per le condizioni di lavoro dei lavoratori sia per l'efficienza e il miglioramento del servizio di selezione differenziata.

Per tutte queste ragioni, nell'assemblea i lavoratori hanno deciso:
1) di mantenere fino a tutto dicembre uno stato di agitazione, per vigilare a chè tra il mese di proroga e l'altro contratto di 4 mesi non vi sia alcuna interruzione, e perchè si proceda da subito ad un aumento del personale, cominciando ad assumere le altre unità - pur a settembre annunciate - dal bacino dei corsisti. Per questo i lavoratori si atterranno agli orari e alle mansioni previste dal loro contratto, non effettuando pertanto straordinari per sostituire assenze di lavoratori o mansioni che non rientrino nei loro compiti;
2) si è inoltre deciso di organizzare nel mese di dicembre una giornata di lotta unitamente con i Disoccupati Organizzati – i quali hanno frequentato i corsi di formazione per la raccolta differenziata ma ancora non lavorano - con iniziative che saranno decise in seguito.

I lavoratori della Pasquinelli parteciperanno al convegno della Rete nazionale per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro che si terrà a Taranto il 7 dicembre, per portare il loro contributo ed esperienza, sia sul fronte del legame lavoro/lotta all'inquinamento/risanamento ambientale, di cui è parte importante anche la raccolta differenziata, sia sul fronte della tutela della salute nel lavoro di selezione dei rifiuti, che proprio nei giorni scorsi ha evidenziato alcune serie carenze.

TA. 19.11.12

I Lavoratori operanti alla Pasquinelli

martedì 20 novembre 2012

Ci si può rifiutare di lavorare se manca la tutela della salute

Il 5 novembre è uscita un'importante sentenza della Cassazione, in un certo senso innovativa, anche perchè non parla solo di "sicurezza" ma anche di tutela della salute.
E' una sentenza che può essere utilizzata anche in presenza di altre sostanze pericolose per la salute, pensiamo ai lavoratori dell'Ilva.
Lo Slai cobas per il sindacato di classe Ilva la diffonderà in fabbrica.

"Il datore che non adotta le misure necessarie di tutela della salute sul lavoro è da considerare inadempiente rispetto al lavoratore. Questa condotta giustifica dunque, in base al l'articolo 1460 del Codice civile, il rifiuto di lavorare in ambienti non sicuri e fa permanere, a carico del primo, l'obbligo di retribuire chi si sia astenuto in ragione di quell'inadempimento. È l'interpretazione che si desume dalla sentenza della Cassazione n. 18921 del 5 novembre 2012 (sezione Lavoro).
Il caso riguarda una parte del personale di una grande officina, nei cui locali erano state svolte lavorazioni che avevano determinato un inquinamento da amianto. Nonostante la bonifica realizzata dal datore, i dipendenti, preoccupati anche dai contenuti di un verbale di sopralluogo svolto da specialisti della società, chiedono la sospensione del lavoro e ulteriori interventi. Il datore li nega e i lavoratori si astengono dal continuare a lavorare, pur rendendosi disponibili a farlo in altri locali aziendali. Intervenuto il giudice penale, il pericolo alla salute è scongiurato e le maestranze decidono di ritornare in azienda. Il datore, a quel punto, rifiuta, però, di pagare la retribuzione per il mese e mezzo di astensione.
Inevitabile il ricorso da parte dei dipendenti al giudice del lavoro: essi sostengono che la loro condotta fosse da considerare legittima reazione all'inadempimento di obblighi di sicurezza gravanti sul datore e chiedono il pagamento della retribuzione. I due giudizi di merito si concludono positivamente per i ricorrenti. La decisione di secondo grado, in particolare, si basa su perizie che evidenziano difetti nell'organizzazione delle operazioni di bonifica con conseguente dispersione di residui di amianto nei locali di lavoro.
Proprio questo aspetto, secondo i giudici, rappresenta il nucleo dell'inadempimento del datore sugli obblighi previsti dall'articolo 2087 del Codice civile e giustifica, sul piano giuridico, il rifiuto di lavorare dei prestatori. La società ricorre in Cassazione. La Corte sottolinea, principalmente, due profili. In primo luogo, i giudici d'appello hanno bene interpretato l'articolo 2087 del Codice civile, secondo cui ogni datore deve adottare le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica dei prestatori di lavoro: essi, infatti, hanno censurato il datore per la violazione delle regole di comportamento che la stessa società aveva fissato ed emanato per eliminare/ridurre i rischi. La decisione di merito, inoltre, rivela una corretta applicazione del l'articolo 1460 del Codice civile, in base al quale, nei contratti con prestazioni corrispettive come è quello di lavoro, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la propria obbligazione, se l'altro non adempie.
In questo senso, i giudici hanno valutato la condotta dei lavoratori come reazione al l'inadempimento datoriale.
La Corte dunque ha rigettato il ricorso e condannato la ricorrente".


 

NO, noi non appoggiamo chi fa lo "sciopero del sangue"


articolo già pubblicato settimane fa

Teleperformance "sciopero del sangue" - ma non l'avete già dato?

"Il 20 novembre prossimo - scrive il Corriere del mezzogiorno - i 2000 dipendenti di Teleperformance andranno tutti al centro Avis a donare il sangue guadagnando così, secondo la legge, una giornata di astensione dal lavoro. E' una forma di protesta innovativa e simbolica, dicono i sindacati, contro la procedura di mobilità avviata per 621 lavoratori nella sede di Taranto... l'annuncio è stato dato ieri durante un incontro con la stampa dai rappresentanti di Scl Cgil, Andrea Lumino, Fistel Cisl, Giovanni Diricatti, e Ugl Tlc, Marcello Fazio...".

Ma i sindacati cgil, cisl e ugl ancora "sangue" vogliono far dare ai lavoratori, dopo tutto quello che, grazie anche ai loro accordi, alle loro linea di "comprensione" verso l'azienda, hanno permesso all'azienda di togliere?

Mai che viene in mente a questi sindacati confederali di Teleperformance che tutto quello che dice l'azienda a sua giustificazione sono "balle" che andavano già a suo tempo respinte: L'azienda buona e brava che avrebbe messo tutti a Tempo Indeterminato, eliminando il precariato..., l'azienda poverina schiacciata dalla concorrenza..., ecc. ecc.
Ma quale brava azienda in regola!! La Teleperformance è una delle più grandi multinazionali che per anni ha fatto utili tenendo tutti a contratti a progetto a bassissimo reddito e senza diritti; che ha trasformato i contratti a TI solo dopo una grande lotta a livello nazionale dei lavoratori e delle lavoratrici anche di altri call center e solo perchè ha avuto soldi freschi e sgravi dall'allora governo (Prodi) e dalla Regione di Vendola; che oggi assume, mentre vuole licenziare, centinaia di lavoratori sempre con contratto a progetto; per non parlare di come tratta i lavoratori...

I lavoratori e le lavoratrici hanno già dato! Ora serve una lotta dura e prolungata contro l'azienda!
Ma non è con questi sindacati da "flash mob" che si può fare.

Lavoratrici Slai cobas per il sindacato di classe - Taranto

domenica 18 novembre 2012

Ilva, ferie forzate per 500 operai- non è altro che l'avvio della cassaintegrazione, verso gli esuberi -il Comune in marcia verso Roma - ma che ci vanno a fare ....


Da domani partiranno le misure nel reparto produzione lamiere e da mercoledì nel tubificio 2. Una delegazione guidata dal sindaco Stefàno martedì stazionerà davanti a Palazzo Chigi: obiettivo è sollecitare il governo a riconvocare il tavolo istituzionale per Taranto

TARANTO - Da domani, come annunciato nei giorni scorsi ai sindacati metalmeccanici, l'Ilva metterà in ferie forzate i lavoratori del reparto Produzione lamiere 2, a cui si aggiungeranno da mercoledì 21 novembre quelli del Tubificio 2. In tutto sono circa 500 gli operai impiegati nei due reparti che rientrano tra quelli per i quali è stata chiesta la cassa integrazione ordinaria per 1940 lavoratori dell'area a freddo per crisi di mercato e mancanza di ordini di lavoro.

Sul ricorso agli ammortizzatori sociali non c'è ancora accordo con i sindacati, ma l'azienda ha fatto intendere che non farà passi indietro: martedì 20 è previsto un nuovo incontro tra le parti. La prossima settimana l'Ilva dovrebbe presentare istanza di dissequestro degli impianti dell'area a caldo facendo leva anche sul via libera della Commissione istruttoria dell'Autorizzazione integrata ambientale al piano di adeguamento degli impianti inquinanti presentato dall'azienda. Si partirà dallo spegnimento programmato dell'Altoforno 1 e da quattro batterie del reparto Cokerie.

Una delegazione di consiglieri comunali di Taranto, fra cui i capigruppo della maggioranza, e il sindaco di Taranto, Ezio Stefano, partiranno domani sera a mezzanotte in pullman per Roma e martedì mattina i consiglieri e i capigruppo stazioneranno davanti a Palazzo Chigi con il gonfalone municipale. Obiettivo dei consiglieri è quello di sollecitare il Governo a riconvocare rapidamente il "Tavolo istituzionale Taranto" insediato dal premier
Mario Monti lo scorso 17 aprile e mai più riconvocato nonostante - rilevano i capigruppo - l'emergenza Ilva.



Domani intanto Cgil, Cisl e Uil Taranto, insieme a Fim, Fiom e Uilm Taranto, dovrebbero far partire una lettera alle rispettive organizzazioni nazionali sollecitandole a chiedere l'intervento della presidenza del Consiglio sulla vicenda Ilva. I sindacati ritengono che solo un'iniziativa della presidenza sul gruppo Riva possa fare chiarezza in merito alla volontà o meno dell'azienda di investire nel sito di Taranto rispettando le prescrizioni ambientali e impiantistiche dell'Aia - Autorizzazione integrata ambientale - approvata nei giorni scorsi dal ministero dell'Ambiente.
(18 novembre 2012)