Morto padron Emilio Riva

(Da La Repubblica) - Morto Emilio Riva, il patron dell'acciaio e dell'Ilva di Taranto

Aveva 88 anni e si è spento nella sua villa in provincia di Varese, dopo una lunga malattia. Dalla metà degli anni Novanta ha legato il suo nome all'Ilva di Taranto. La loro storia è poi sfociata nella bufera giudiziaria sui danni ambientali dell'acciaieria più grande d'Europa


MILANO - E' morto nella sua villa di Malnate (Varese), a 88 anni, Emilio Riva. Era il patron del gruppo omonimo dell'acciaio, che aveva acquisito a metà degli anni Novanta l'Ilva di Taranto, nota più che altro per le sue vicende giudiziarie legate ai danni per la salute dei cittadini e dei lavoratori pugliesi... Dopo Luigi Lucchini e Steno Marcegaglia, un'altra scomparsa illustre - dopo un lungo periodo di malattia, nel caso di Riva - sembra voler testimoniare la fine di un ciclo industriale.

Nel 2012, il patriarca di una delle famiglie più importanti della siderurgia italiana era stato raggiunto da un'ordinanza di custodia cautelare nell'ambito della maxi-inchiesta della procura ionica sull'inquinamento ed il disastro ambientale causato nell'area ionica dall'Ilva. In quel luglio, con un provvedimento destinato a segnare la storia industriale italiana, il gip di Taranto, Patrizia Todisco, ha stabilito il sequestro senza facoltà d'uso dell'intera area a caldo dello stabilimento siderurgico Ilva, perché l'impianto ha causato e continua a causare "malattia e morte", anche nei bambini, e "chi gestiva e gestisce l'Ilva ha continuato in tale attività inquinante con coscienza e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza". A un anno di distanza, nel luglio del 2013, Emilio Riva - insieme al figlio Nicola - ha lasciato il regime detentivo al quale era stato condannato...

Alla vicenda giudiziaria e ambientale di Taranto, per Emilio Riva si è intrecciata quella relativa a un'altra Procura, quella di Milano, dove il gup Anna Maria Zamagni lo ha rinviato a giudizio insieme a due ex dirigenti del gruppo e un ex manager della filiale di Londra di Deutsche Bank, in relazione a una maxi evasione fiscale da 52 milioni, che risale al 2007. Secondo l'accusa sarebbe stata creata una società ad hoc con sede in Svizzera, l'Ilva Sa, per aggirare la normativa (la 'legge Ossola') sull'erogazione di contributi pubblici per le grandi aziende che esportano all'estero.

Prima di questi ultimi risvolti giudiziari, la storia di Emilio Riva affonda negli anni Cinquanta, quando a Caronno Pertusella ha aperto il primo forno elettrico. Il 'ragiunatt' - come amava farsi indicare, anche se di recente aveva ricevuto una laurea ad honorem in ingegneria - aveva cominciato da raccoglitore di rottami di ferro, per poi diventare negli anni del boom economico un vero e proprio imprenditore dell'acciaio nel nord dell'Italia ed anche all'estero, con numerosi stabilimenti produttivi. L'acquisizione dell'Ilva di Taranto è avvenuta nel 1995, nell'ambito delle privatizzazioni dell'Iri, per una cifra molto discussa: 1.450 miliardi, un investimento che si è rivalutato di una decina di volte nel giro di una decina d'anni. Giusto per rendersi conto del peso dell'Ilva sul gruppo Riva, l'acquisizione portl nel giro di un anno a un balzo della produzione d'acciaio da 6 a 14,6 milioni di tonnellate e da 5 a 12,8 per i laminati. Oggi, nel complesso, il gruppo Riva dispone di una ventina di siti produttivi, di cui sei in Italia, per un giro d'affari da una decina di miliardi.

(30 aprile 2014)

Oggi alle 18 assemblea alla tenda per il lavoro

Disoccupati Organizzati alla Tenda per il lavoro

I Disoccupati Organizzati piantano tenda
Una tenda di lotta; pronti a bloccare anche il Giro di Italia
I disoccupati organizzati, aderenti allo Slai-Cobas sindacato di classe, hanno piantato una tenda nelle immediate vicinanze del ponte girevole, lato castello aragonese. Una tenda di lotta,  Una tenda per parlare con i disoccupati e dei disoccupati ma sopratutto per chiedere fatti concreti alla politica e alla amministrazione in particolare. “Faremo anche iniziative eclatanti” se necessario. Tre le questioni principali secondo Margherita Calderazzi: 1)consiglio comunale monotematico sul lavoro; il sindaco si è impegnato a farlo, quindi o è consequenziale oppure, sempre secondo quando affermato in conferenza stampa, il consiglio sarà autoconvocato dagli stessi disoccupati organizzati 2)bonifiche: vanno realizzate a cura dei disocccupati di Taranto 3)lavori urgenti per il Giro di Italia, il Comune dia almeno un segnale di buona volontà impiegando i disoccupati ; “siamo pronti anche a bloccare il Giro di Italia“. C’è poi anche una questione che riguarda la formazione che, secondo lo Slai-Cobas è carente e soprattutto non finalizzata alle atività più legate alle esigenze del territorio. . La tenda dei disoccupati organizzati sarà presidiata giorno e notte almeno fino al primo maggio. Giorno 30 alle ore 18, sempre nell’area prospicente il castello aragonese, assemblea cittadina per organizzare nuove iniziative.
Francesco Ruggieri

Ilva - riparte il ricatto degli stipendi e del fermo dell'impianto per spillare soldi allo Stato, mentre Riva continua a godersi i suoi. Piano industriale e piano ambientale un bluff coperto dai sindacati confederali

 Talò UILM e Panarelli FIM sono l'ufficio stampa dell'azienda


TARANTO - Ho sentito il capo del Personale Enrico Martino e mi ha assicurato che non ci saranno ritardi nel pagamento degli stipendi ai lavoratori dell'Ilva». Lo dice all'Ansa Antonio Talò, segretario provinciale della Uilm di Taranto, intervenendo sulle voci circolate nello stabilimento circa un possibile ritardo nella corresponsione delle retribuzioni ai dipendenti del Siderurgico, che avviene il giorno 12 di ogni mese.

«Che l'azienda non navighi in acque tranquille - aggiunge Talò - è una cosa risaputa. Ma da qui a dire che siano in pericolo gli stipendi è sbagliato, anzi è privo di fondamento». Il dirigente dell'Ilva Martino ha sottolineato al sindacalista che l'azienda «sta cercando di recuperare - spiega il segretario della Uilm - trend produttivo e affidabilità. Domani pomeriggio avremo un incontro per discutere della vertenza dei lavoratori della vigilanza e di altre questioni. Non c'è proprio bisogno di creare allarmismi».

Intanto il vertice a Palazzo Chigi sull'Ilva si è concluso poco dopo le 18. Vi hanno partecipato il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio, il Ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi, il commissario Enrico Bondi e le rappresentanze del Ministero dell'Ambiente e della gestione commissariale. È quanto scritto in una nota. L'incontro ha permesso di analizzare la situazione aziendale, approfondendo le problematiche aperte. Un nuovo incontro con ulteriori aggiornamenti si terrà la prossima settimana.

La Corte dei Conti dovrebbe dare il via libera al Piano ambientale entro il 2 maggio. Lo ha detto il subcommissario all'Ilva Edo Ronchi, lasciando Palazzo Chigi dopo la riunione. Il Piano ambientale era stato approvato con decreto della presidenza del Consiglio dei ministri oltre un mese fa.

Ieri l'intervento sul caso stipendi del segretario Fim Mimmo Panarelli: «Il mese scorso sono stati pagati con enormi sacrifici. Questo mese potrebbero essere a rischio». Di qualche giorno, forse di più. Così come già sta avvenendo con il pagamento delle ditte dell’appalto siderurgico che vanno avanti nonostante ritardi che si aggirano sui due o tre mesi, anche per i lavoratori diretti dell’Ilva ci potrebbero essere ripercussioni dovute alle scarse risorse in cassa.

L’allarme liquidità è sempre più presente e gli operai non nascondono la preoccupazione per un eventuale slittamento delle retribuzioni che vengono erogate il 12 di ogni mese. E potrebbe riguardare anche questi aspetti l’incontro che l’azienda ha chiesto alle organizzazioni sindacali. Ieri, infatti, le sigle dei metalmeccanici sono state contattate dai vertici del colosso siderurgico. Per un confronto, un aggiornamento sulla situazione che si sarebbe dovuto tenere già oggi pomeriggio ma che alla fine è slittato a domani.

Abitualmente la direzione dell’Ilva fissa questo genere di riunioni quando ci sono comunicazioni importanti, come ha fatto in queste settimane per le fermate straordinarie di reparti dovute a cali di produzione. «Di solito non sono buone notizie. E i timori che abbiamo sono forti anche in questo caso. Siamo molto preoccupati», continua Panarelli, segretario provinciale di Taranto e Brindisi dei metalmeccanici della Fim Cisl. 

Incontro tra Governo e commissari dell'Ilva servono 4,3 miliardi

ROMA – Una riunione interlocutoria per fare un’analisi della situazione e per “approfondire” alcuni nodi che, di fatto, bloccano il processo di riqualificazione ambientale dell’Ilva di Taranto. All’incontro a Palazzo Chigi, presieduto da Graziano Delrio, c'erano il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, il commissario Enrico Bondi e il subcommissario Edo Ronchi.

Sul tavolo lo stato dell’arte del grande siderurgico tarantino: a cominciare dal Piano ambientale, ancora all’esame della Corte dei conti, per arrivare al reperimento delle risorse per l’adeguamento tecnologico degli impianti, fino al nuovo Piano industriale.

E proprio il Piano industriale, che sembrerebbe essere già pronto, potrebbe aver subito un ampliamento: sia nell’orizzonte temporale, spostando la linea in avanti dal 2016 al 2020, che in quello economico, dai 3 miliardi previsti avrebbe sfondato la soglia dei 4 miliardi (si parla di 4,3 miliardi), in cui sarebbero stati inclusi anche circa 700 milioni per la sicurezza.

Il Piano industriale in realtà è fermo; infatti in base alla legge deve esser presentato entro 30 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale del Piano ambientale, a sua volta in attesa del via libera definitivo da parte della Corte dei Conti. Ora, a distanza di oltre un mese dalla sua approvazione con decreto della presidenza del Consiglio dei ministri – rileva Ronchi – dovrebbe ricevere il via libera entro il 2 maggio. Un Piano, quello ambientale, che riunisce le prescrizioni che l'azienda deve rispettare in un arco di 36 mesi con effetti sul fronte dell’inquinamento e su quello sanitario.

Ma, al centro della riunione con il governo, ci sono state soprattutto le “problematiche aperte” per l’azienda, anche perchè un “nuovo incontro – spiegano – con ulteriori aggiornamenti” è previsto per la prossima settimana.

Tra le altre cose, un punto fondamentale cui si dovrebbe far fronte riguarda il reperimento delle risorse per finanziare la riqualificazione ambientale degli impianti e dare applicazione alle prescrizioni dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Tra le ipotesi al vaglio – che peraltro sono previste dal decreto sulle emergenze ambientali ed industriali (il cosidetto 'Terra dei fuochì) – ci sono l’aumento di capitale, oltre che il possibile intervento della Cassa depositi e prestiti. 

ENI - il rapporto dello Spesal scriverà che le condizioni di sicurezza per risparmiare e gli appalti al massimo ribasso sono dietro questo incidente? E, per favore, non ci rompete i c. con il protocollo operativo che non è mai servito a niente, all'ENI come all'ILVA, come ovunque...;al tavolo del protocollo ci sono ENI e suoi complici

Eni, pronto il rapporto Spesal sulla fiammata

Sono stazionarie le condizioni del ferito più grave, un operaio dell’indotto che è ricoverato all’ospedale Perrino di Brindisi per ustioni sul 40% del corpo.

E’ già pronto il rapporto dello Spesal sull’incidente avvenuto, venerdì sera,  nella raffineria Eni e che ha causato tre feriti.
Anche l’azienda ha incaricato un pool di esperti che ne accerterà le cause. Intanto sono stazionarie le condizioni del ferito più grave, un quarantunenne  di Oria  che è ricoverato nel centro grandi ustionati dell’ospedale “Perrino” di Brindisi.
La fiammata che lo ha investito insieme ai suoi due colleghi, gli ha provocato ustioni di primo, secondo e terzo grado sul 40% della superficie corporea.
Più lievi le ustioni degli altri due operai medicati dall’infermeria dello stabilimento e dimessi subito. Guariranno in pochi giorni. I tre operai stavano lavorando nell’area “Iso 4” nei pressi di una pensilina di carico della rete che trasporta benzina e gasolio quando per cause in corso di accertamento è avvenuto l’innesco che ha provocato uno scoppio con la fiammata che ha preso in pieno il 41enne.
I funzionari dello Spesal della Asl che si occupano della prevenzione degli infortuni sui  luoghi di lavori hanno effettuato un accurato sopralluogo per ricostruire l’esatta dinamica dell’incidente.
E’ del novembre scorso, invece, la firma in Prefettura tra Eni, Ilva e ministeri del Lavoro e dell’Ambiente, di un protocollo operativo di sicurezza per prevenire gli incidenti sul lavoro.
Tra i punti chiave dell’accordo, c’è la comunicazione tra i lavoratori riguardo alle buone pratiche per la prevenzione infortuni e l’informazione ai cittadini sugli incidenti che avvengono, per evitare il verificarsi di allarmi sociali. Sull’incidente di venerdì nello stabilimento Eni  è intervenuto il presidente del consiglio comunale Piero Bitetti.
“Viene da chiedersi se siano sufficienti le misure di sicurezza adottate e se gli appalti siano affidati a prezzi congrui per garantire professionalità e il rispetto della normativa in materia di sicurezza sul lavoro- dice- interrogativi che meritano risposte, specialmente perché riguardano un colosso, l’Eni Spa, presente sul nostro territorio da molto tempo e che poco ha dato allo stesso in termini di sviluppo socio-economico. E ancora mi chiedo a che punto sia il progetto della centrale elettrica. Credo non sia più ulteriormente rinviabile la sostituzione della centrale esistente, obsoleta, inquinante perché alimentata con olio combustibile, insufficiente a garantire la potenza elettrica tale da rendere autonomi gli impianti, con una centrale di nuova generazione, meno inquinante perché alimentata con gas naturale, ma soprattutto sicura per i lavoratori dello stabilimento Eni e per la città”.
Ora si è in attesa di conoscere le conclusioni a cui sono giunti gli ispettori della Azienda sanitaria locale che fanno parte del servizio per la prevenzione  e la sicurezza nei  luoghi di lavoro.

"Sindacati e imprese, accordo sul reinserimento nel lavoro" - Balle! Per tutelare in termini neocorporativi solo una parte dei lavoratori, per il tramite clientelare del sindacalismo confederale - per togliere ogni prospettiva di lavoro ai precari e disoccupati!

Saranno garantite le assunzioni prioritarie ai lavoratori espulsi dal ciclo produttivo

Il porto di Taranto
Il porto di Taranto n.c.
"Sottoscritto un “Protocollo di intesa per le politiche di contrasto alla crisi economica ed occupazionale della Provincia di Taranto”. Attori di questo accordo, sigliato presso la sede della Direzione Provinciale del Lavoro, sono le organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, Confindustria Taranto e Autorità Portuale.
L'accordo disciplina la possibilità di ricollocare “prioritariamente”  quei lavoratori che sono stati espulsi (cassintegrati, lavoratori in mobilità ordinaria, straordinaria e in deroga) dai processi produttivi nell’ambito dell’intera provincia. L’ordine delle operazioni riguarderà inizialmente i lavoratori del settore portuale e, a seguire, quelli provenienti dai settori: edile, metalmeccanico e dei servizi della stessa provincia di Taranto».

1° Maggio rosso e proletario - locandina slai cobas

1° Maggio rosso e proletario



Non vogliamo più pagare la crisi dei padroni italiani, europei, mondiali che produce più sfruttamento, più disoccupazione, miseria e oppressione
Contro l’attacco ai posti di lavoro, ai salari, alle condizioni di vita e di lavoro
Contro il jobs act di Renzi che cancella i diritti e precarizza tutti i lavoratori
Contro la mancanza di case, il caro sanità e il caroscuola
Per il lavoro e il salario garantito a precari e disoccupati
Per la sicurezza e la difesa della salute sui posti di lavoro e sul territorio

Per l'unità operai italiani-operai immigrati contro schiavismo e razzismo
Per l'unità internazionale dei lavoratori contro i padroni del mondo

Lottiamo per rovesciare il governo Renzi e ogni governo dei padroni

Contro i sindacati confederali collusi con i padroni e il governo
per un sindacato di classe basato sui cobas e nelle mani dei lavoratori
Contro la repressione poliziesca verso le lotte proletarie, giovanili e popolari

Il potere deve essere operaio !

Slai cobas per il sindacato di classe - coordinamento nazionale

Oggi l'arcivescovo incontra i disoccupati alla Tenda per il lavoro

Oggi, mercoledì 30 alle ore 12,30 l'arcivescovo Santoro incontrerà i
Disoccupati organizzati alla Tenda per il Lavoro in piazza Castello - lato galleria comunale Castello Aragonese, rispondendo alla lettera, qui a fianco

Si ricorda che sempre oggi alle 18 alla Tenda vi sarà un'assemblea
disoccupati e lavoratori per costruire un fronte comune di lotta su lavoro, salario garantito, contro disoccupazione e precarietà

Dalla Tenda per il lavoro: lettera di una Disoccupata Organizzata

Noi disoccupati Organizzati siamo stanchi di restare senza un lavoro, abbiamo bisogno di vivere.Per poter vivere serenamente e' necessaria un'occupazione fissa. Noi disoccupati non vogliamo il sole, le stelle, ma
uno stipendio per poter avere quella sicurezza che da pace al nostro cuore, garantendo anche la serenita' ai nostri figli che vivono una sofferenza peggiore della nostra... noi possiamo fare a meno di qualcosa ma i nostri piccoli no!!
Noi vogliamo avere i nostri diritti e lotteremo fino alla fine. Non vogliamo assolutamente mollare perche' non si puo' andare avanti provando questa sofferenza lavorativa; ce la faremo usando la nostra forza e la nostra unione che portera' a una svolta per la nostra vita futura.
Noi ci facciamo sentire e chiediamo a chi ci ascolta di non abbandonarci perche' l'abbandono e l'essere soli ci porta alla morte. Questo non deve succedere, non lo permetteremo! Continueremo a lottare per ottenere lavoro restando insieme, sperando che questa difficolta' si sblocchi per il bene di tutti i Disoccupati Organizzati. La disperazione porta a fare gesti che non vogliamo fare stare, senza lavoro si stressa la mente di ogni essere umano.
Ma noi non vogliamo disperarci vogliamo e dobbiamo lottare!

Lupoli Donatella

martedì 29 aprile 2014

IL 1° MAGGIO E' NOSTRO! E non si lavora!


PER TANTE AZIENDE COMMERCIALI, NEANCHE IL 1° MAGGIO E' PIU' DEI LAVORATORI!

CI USANO SOLO PER I LORO INTERESSI E CI VOGLIONO TOGLIERE ANCHE "L'ANIMA", LA NOSTRA IDENTITA' DI LAVORATORI.

Vogliono che lavoriamo anche nella nostra giornata/festa, che per il movimento dei lavoratori, da più di cento anni, in tutto il mondo, in tutti i posti di lavoro è sacra!
E' stata conquistata con anni e anni di battaglia, anche di sangue degli operai, perchè non si trattava e non si tratta di una semplice giornata. Il 1° maggio esprime la forte volontà dei lavoratori a non essere schiavi, la loro "promessa" che prima o poi spezzeranno le catene di una vita fatta di sacrifici, di un lavoro, un salario, sempre più precario, per cui sembra che i padroni ti facciano un piacere a darteli, quando senza il lavoro degli operai non ci sarebbe nessuna ricchezza sociale; la loro sicura speranza per una società in cui non vi sarà più un pugno di persone che si arricchisce anche nella crisi col nostro lavoro e milioni di persone che non ce la fanno neanche a campare.
E' questo sentimento, è questa prospettiva che i padroni vogliono cancellare!
Vogliono farci lavorare in questo 1°Maggio, "comprandoci" con un "piatto di lenticchie" di un salario maggiore per questa giornata.
I sindacati confederali che accettano questo, dimostrano ancora una volta come stanno svendendo non solo le condizioni dei lavoratori, i diritti, ma anche l'anima, la carne, l'intelligenza, l'unità dei lavoratori in tutto il mondo!

NON FACCIAMOLI CALPESTARE LA NOSTRA DIGNITA'!
NON PERMETTIAMO CHE CI RIDUCANO A SCHIAVI!
DICIAMO NO A LAVORARE IL 1° MAGGIO.

FESTEGGIAMO IL 1° MAGGIO ALLA TENDA PER IL LAVORO IN PIAZZA CASTELLO!

lunedì 28 aprile 2014

DA QUESTA MATTINA LA TENDA PER IL LAVORO!

Da questa mattina i Disoccupati Organizzati slai cobas hanno installato La "TENDA PER IL LAVORO", in piazza Castello. E' stata messa a lato del Castello Aragonese vicino la Galleria comunale, per rendere la Tenda visibile, un punto di riferimento e di incontro per le persone che passano.
I disoccupati chiedono risposte sia sui lavori strategici (bonifiche, raccolta differenziata, risanamento quartieri) sia sui lavori urgenti (paolo VI parco del Mirto, lavori stradali per giro d'Italia, e altro).
Su questi ancora non si vedono passi concreti, nonostante gli impegni assunti nell'ultimo incontro dal sindaco Stefano, tra cui il consiglio monotematico sull'emergenza lavoro.
Da qui la "Tenda per il lavoro", per porre l'urgenza del problema e dare il carattere di quotidianità alla battaglia.

La Tenda è per "ricevere", organizzare, e per partire con iniziative di lotta.
Già oggi tanti giovani, donne, disoccupati si sono fermati, hanno sottoscritto l'appello per il lavoro e il salario garantito, tutti hanno anche voluto lasciare un contributo, sia grosso, sia piccolo ma di molto valore come quello di una ragazza disoccupata che però ha voluto lasciare i pochi spiccioli che aveva. Nuovi disoccupati si stanno organizzando. Esponenti del mondo della "formazione" sono venuti a discutere per vedere insieme quale contributo dare perchè vi sia una formazione finalizzata al lavoro.

Dalla Tenda poi da domani partiranno altre iniziative, verso il Comune - i disoccupati hanno chiesto un nuovo incontro con il Sindaco; verso la Provincia, che spreca i soldi pubblici facendo corsi di formazione inutili, ecc.

LA TENDA RIMARRA' PER VARI GIORNI.
MERCOLEDI' 30 ALLE 18 I DISOCCUPATI CHIAMANO AD UN'ASSEMBLEA ALLA TENDA, TUTTI COLORO CHE SONO SENZA LAVORO O RISCHIANO DI PERDERLO, I LAVORATORI, I PRECARI, PER ORGANIZZARE UN UNICO FRONTE DI LOTTA. 

domenica 27 aprile 2014

Cementir - gli operai slai cobas riprendono denuncia, richiesta d'incontro e iniziativa

All'azienda rivolgiamo richiesta formale alla sede di  Taranto, e tramite la sede di Taranto alla sede di Roma, per un incontro regolare con coordin. provinciale e RSA SLAI COBAS CEMENTIR
avente come oggetto
1) situazione nello stabilimento di Taranto in relazione a
-organico e cassintegrazione
-uso degli straordinari
-uso ditte appaltatrici
-problemi di sicurezza dei lavoratori
2) ragioni e prospettive dell'arrivo del Clinkers da altri siti e ricaduta sui lavoratori
3) confronto relativo alla questione Porto-Intervento della Regione, ecc., incidenti sulla ripresa e continuità produttiva dello Stabilimento

La RSA slai cobas esprime la sua disponibilità che all'incontro venga convocata e partecipi l'attuale RSU.
La RSA slai cobas onde sollecitare Azienda e lavoratori a un confronto costruttivo, democratico e informato dichiara  - a partire da lunedì 27 aprile - lo stato di agitazione nello stabilimento e fuori di esso, con opportune iniziative.
Lo stato di agitazione si trasformerà in fermata dei lavoratori, ove l'incontro non fosse realizzato e/o calendarizzato entro 10 giorni dalla sua dichiarazione.

RSA CEMENTIR
Coordinamento provinciale SLAI COBAS per il sindacato di classe
per com. slaicobasta@gmail.com - via Rintone 22 - 74121 Taranto - T/F
0994792086 - 3475301704

SEGUE ESPOSTO

Alla Direzione del Lavoro Servizio Ispettivo - TARANTO
epc alla Procura della Repubblica - TARANTO

La Cementir Spa, con stabilimento in Taranto Strada statale Jonica lato destro 4500, ha in corso una cassintegrazione straordinaria "per crisi aziendale", per 61 lavoratori.

La legittimità di questa cigs risulta dubbia nelle sue motivazioni, atteso che appena il 15 marzo scorso il gruppo Caltagirone - proprietario della Cementir - ha dichiarato un balzo degli utili per il 2013, aggiungendo che a spingere i profitti è il "traino della Cementir", il buon andamento del settore cemento. La Cementir, pertanto, non è in crisi ma siamo davanti ad una precisa scelta aziendale di puntare sull'estero e di ridimensionare gli impianti italiani destinandoli anche alla chiusura, in particolare Taranto.
Si fa presente che già era stata chiesta cigs, partita da settembre 2012 per "ristrutturazione aziendale" e per n. 25 unità; dal 19 settembre 2013 è stata chiesta cigs per "crisi aziendale" e per n. 61 lavoratori. Gli
interventi di ristrutturazione non sono stati effettuati, poiché l'azienda era intenzionata fin dall'inizio a dichiarare esuberi cambiando in corso d'opera la motivazione della richiesta di cigs.

A questo bisogna aggiungere che la stessa applicazione dell'accordo del 19 settembre 2013 è fatta non rispettando adeguatamente la rotazione prevista con forme di discriminazione tra lavoratori, inoltre mentre c'è la cassintegrazione si continuano a dare lavorazioni in appalto, si fanno straordinari, ecc.

Entrando più nel merito.

1) La periodicità della rotazione non è stata fissata dall'accordo e quindi è a discrezione dell'azienda. Come si evince dal programma CIGS settimane 9/10 c.a, in allegato, esiste una evidente disparità di rotazione tra i
lavoratori, pur dello stesso settore lavorativo e pur a pari qualifica e mansioni; alcuni lavoratori per esempio da gennaio ad oggi hanno lavorato solo per due settimane, altri invece non sono mai stati posti in cigs -
senza, peraltro, un criterio chiaro di questa disparità, tanto da far ritenere che vi sia una forma di discriminazione che prescinde da criteri oggettivi.

C'è da aggiungere che gli operai "polivalenti" che normalmente erano chiamati a svolgere diverse mansioni, tanto che la loro squadra viene denominata "squadra centrale" per fare pronto intervento nei vari reparti,
lavori, ecc; e che per questo hanno fatto dei corsi di formazione/affiancamento, sono posti sempre in cigs, lavorando al massimo una settimana al mese; mentre altri operai non "polivalenti" non hanno fatto
neanche un giorno di cigs, nonostante questi operai siano in reparti in cui è stabilito l'esubero - tra questi operai vanno segnalati gli stessi delegati Rsu. Inoltre vi sono sempre in questi reparti in cui è previsto
l'esubero, anche operai che ancora devono consumare molte ore di ferie (anche più di 100 ore).

E' evidente, inoltre, quanto tutto questo incida sulla retribuzione dei lavoratori e porti nei fatti ad una discriminazione anche salariale.

2) C'è da aggiungere, in meritoLa Cementir continua ad affidare una serie di lavorazioni a Ditte in appalto - Peyrani, Nuova Metal Meccanica, MTR -, in particolare per: manutenzione meccanica, carico del prodotto finito, aprire e chiudere i mulini di macinazione, portierato, ecc.; lavorazioni che possono essere svolte dagli operai della Cementir, o che comunque ora vengono svolte esclusivamente dalle ditte esterne mentre prima erano portate avanti insieme Ditta esterna/lavoratori Cementir (come la manutenzione meccanica e il portierato), o che addirittura prima erano svolte solo da personale Cementir e oggi vengono date totalmente in appalto (come quelle ai mulini di macinazione). Si sottolinea, tra le altre, l'attività di movimentazione ordinaria per il paradosso che si è venuto a creare: prima della cigs questa attività veniva fatta dalla squadra di operai polivalenti, che era stata formata appunto per portare questi mezzi di movimentazione, oggi, invece, viene fatta dal personale della MTR con l'ausilio di un solo operaio Cementir.
C'è da aggiungere che gli operai Cementir hanno professionalità che li mette in grado di svolgere molteplici mansioni date in appalto, per esempio manutenzione giornaliera, lavori meccanici, ecc.

3) L'azienda, in piena cassintegrazione, fa effettuare straordinario invece di far rientrare operai dalla Cigs che possono eseguire le attività date a straordinario. Anche le ditte appaltatrici sono spesso chiamate a fare
straordinario, questo è avvenuto sia nella primo anno di cigs, sia nel periodo di cigs in corso.

4) Infine, vogliamo segnalare che i capi non vengono posti in cigs; ma ci chiediamo, cosa dirigono se i loro operai sono in cassintegrazione? O i capi sostituiscono gli operai in cigs?

Per quanto sopra, la scrivente OS chiede un intervento di codesto Ispettorato del Lavoro per evitare un uso illegittimo della cassintegrazione e chiede di conoscerne l'esito.

SLAI COBAS per il sindacato di classe

Qualche altra informazione sull'incidente all'ENI - auguriamo la guarigione a Roberto e ai suoi colleghi - ma c'è tanta ipocrisia nella dichiarazione del sindacalista UILM, come sempre difensore d'ufficio dell'azienda

TARANTO – Tre operai di una ditta dell’appalto Eni, la 'Cestaro Rossì' di Bari, sono rimasti feriti in un incendio divampato nella serata di ieri nella raffineria di Taranto Il più grave dei tre operai, Roberto Pensa, originario di Oria, di 41 anni, ha riportato ustioni di primo e secondo grado alle mani e al volto ed è ricoverato nel 'Perrinò di Brindisi; gli altri colleghi hanno riportato ustioni alle mani, curate nell’infermeria dello stabilimento.
A quanto si è appreso, al momento dell’incidente erano in corso lavori di manutenzione. I due operai stavano montando una valvola quando si è verificata la fuoriuscita di prodotto e l’improvvisa fiammata.
“Non si sa – dice Roberto Basile della Uilm di Taranto – cosa abbia potuto provocare l’innesco. La direzione dello stabilimento sostiene che tutte le procedure di sicurezza sono state rispettate e che poco prima era stato fatto il cosiddetto controllo di autoesplosività”.
Sull'episodio stanno svolgendo gli accertamenti i tecnici dello Spesal, Servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Asl.

DA DOMANI "TENDA PER IL LAVORO" - VENITE!

DOMANI, LUNEDI' 28 APRILE I DISOCCUPATI ORGANIZZATI SLAI COBAS ORGANIZZANO 
LA "TENDA PER IL LAVORO"
ORE 16,30 CONFERENZA STAMPA: - i motivi, gli scopi della Tenda - le iniziative alla tenda e dalla tenda la tenda è in piazza castello, lato castello aragonese, nei pressi della galleria comunale, prima del ponte. Venerdì scorso anche le Istituzioni hanno celebrato la Liberazione del 25 aprile, da cui nacque la Costituzione che ha al 1° punto che l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro - oggi invece è proprio il lavoro, la dignità di chi vuole lavorare che viene attaccata. DISOCCUPATI ORGANIZZATI SLAI COBAS per info: 3348022767 (Katia Balestra)

Il governo Renzi approva una modifica sulla legge sui reati ambientali che andrebbe a favore di Riva

Dal blog pc 26 aprile - Stato del Capitale, Governo Renzi, Parlamento a sostegno dei padroni assassini - Ribellarsi è giusto! - Pagherete caro, pagherete tutto!

Reati ambientali, la legge che fa saltare i processi. E la grande industria ringrazia

PORTO TOLLE, TIRRENO POWER, ILVA: PER MAGISTRATI ED ESPERTI DI DIRITTO IL TESTO IN DISCUSSIONE AL SENATO SEMBRA SCRITTO APPOSITAMENTE PER LIMITARE LE INDAGINI E METTERE A RISCHIO PROCEDIMENTI IN CORSO. IL PD SI DIVIDE. REALACCI PARLA DI "ECCESSO DI CRITICA DEI MAGISTRATI", CASSON BOLLA IL TESTO COME UN "REGALO ALLE LOBBY"

Reati ambientali, la legge che fa saltare i processi. E la grande industria ringrazia
Licenziato alla Camera e ora all’esame delle commissioni Ambiente e Giustizia del Senato, il disegno di legge 1345 introduce delitti in materia ambientale, prima puniti solo con contravvenzioni, ad eccezione del traffico illecito di rifiuti (2007) e della “combustione illecita” del decreto Terra dei Fuochi (2014). Viene inoltre introdotto all’articolo 452 ter il “disastro ambientale”, punito con pene da 5 a 15 anni. Mano pesante, dunque, se non fosse che la norma è scritta con tanti e tali paletti da renderne impossibile l’applicazione, almeno ai casi davvero rilevanti. E lo dicono gli stessi magistrati che devono utilizzarlo. Il nuovo testo qualifica infatti il “disastro” come “alterazione irreversibile dell’equilibrio dell’ecosistema” quando quasi mai, per fortuna, il danno ambientale si rivela tale. In alternativa come un evento dannoso il cui ripristino è “particolarmente oneroso” e conseguibile solo con “provvedimenti eccezionali”. Ma il degrado ambientale potrebbe verificarsi anche se ripristinabile con mezzi ordinari. L’estensione della compromissione e del numero delle persone offese cozzano poi con la possibilità che il disastro possa consumarsi in zone poco abitate e non per forza estese.
Il disegno di legge sposta poi in avanti la soglia di punibilità configurando il disastrocome reato di evento e non più di pericolo concreto, come è invece il “disastro innominato” (l’art. 434 del codice penale, comma primo), la norma finora applicata dalla giurisprudenza al disastro ambientale. Sinora era stato possibile punire chi commetteva “fatti diretti a causare un disastro”, quando vi era stato il pericolo concreto per la pubblica incolumità, anche senza che il disastro avvenisse perché non sempre il disastro è una nave che perde petrolio, un incendio o un’esplosioneche producono evidenza immediata del danno. A volte, come nel caso dell’inquinamento da combustibili fossili e delle microparticelle come l’amianto, il disastro può restare “invisibile” a lungo prima che emergano i segnali dellacompromissione dell’ambiente e della salute della collettività. Segnali che, a volte, solo le correlazioni della scienza medica e dei periti riescono a individuare tra una certa fonte inquinante e il pericolo concreto di aumento di patologie e degrado ambientale in una certa area. Sempre che i magistrati abbiano potuto disporre le indagini penali.
Il procuratore generale di Civitavecchia Gianfranco Amendola, storico “pretore verde”, sottolinea la terza grave lacuna. “Deriva dalla evidentissima volontà del nuovo testo di collegare i nuovi delitti alle violazioni precedenti”. Il reato può essere contestato solo nelle ipotesi in cui sia prevista una “violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell’ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sé illecito amministrativo o penale, o comunque abusivamente, cagiona un disastro ambientale”. Come se fosse lecito, altrimenti, provocare enormi danni all’ambiente. “Fare addirittura dipendere la punibilità di un fatto gravissimo dall’osservanza o meno delle pessime, carenti e complicate norme regolamentari ed amministrative esistenti significa subordinare la tutela di beni costituzionalmente garantiti a precetti amministrativi spesso solo formali o a norme tecniche che, spesso, sembrano formulate apposta per essere inapplicabili”.
I processi a rischio: da Rovigo alla Terra dei FuochiIl testo di legge sembra sdoganare allora la linea difensiva (finora sconfitta) in alcuni processi celebri, a partire da quello di Radio Vaticana dove, a fronte di prove indiscutibili sulla molestia e la nocività delle emissioni, la difesa si era incentrata sul fatto che la norma contestata (art. 674 c.p.) richiede che l’evento avvenga “nei casi non consentiti dalla legge”. Ma soprattutto apre grandi incognite su quelli ancora da celebrarsi. Allunga un’ombra, ad esempio, sull’appello del processo appena concluso a Rovigo che ha visto condannare gli amministratori di Enel Tatò e Scaroni per le emissioni in eccesso della centrale a olio di Porto Tolle. C’è il rischio concreto, se la norma sarà licenziata così dal Senato, che in sede d’Appello ci sarà una normativa più favorevole ai vertici del colosso energetico che depenalizza proprio il reato per cui sono stati condannati.
“Nel dibattimento la maggior difficoltà è stata proprio quella di individuare specifiche disposizioni violate nella gestione dell’impianto”, spiega il legale di parte civile Matteo Ceruti. Era poi quello il cavallo di battaglia della difesa degli imputati, la non illeicità delle emissioni della centrale che – grazie a deroghe e proroghe connesse per gli impianti industriali esistenti – avrebbe potuto “legittimamente” emettere in atmosfera fino al 2005 enormi quantità di inquinanti, ben oltre i limiti imposti dall’Europa sin dagli anni Ottanta del secolo scorso. Il Tribunale ha invece condannato gli amministratori per violazione dell’art. 434, 1° comma cp che punisce i delitti contro la pubblica incolumità, evidentemente ritenendo – sulla base delle consulenze tecniche disposte dalla Procura – che l’enorme inquinamento provocato ha comunque messo in pericolo la salute degli abitanti del Polesine e l’ambiente del Parco del Delta del Po”. La stessa fine, a ben vedere, potrebbe fare anche il procedimento penale di Savona che ha condotto al sequestro dei gruppi a carbone della centrale termoelettrica Tirreno Power di Vado Ligure. Il decreto di sequestro emesso dal gip si fonda, tra l’altro, proprio sulla circostanza che per integrare il reato di disastro innominato non è necessario dimostrare che l’impianto abbia funzionato in violazione di specifiche prescrizioni di legge o dell’autorizzazione.
Lo scontro a suon di emendamenti. Il Pd diviso verso l’approvazione Sul testo si annuncia ora, in previsione del rash finale, uno scontro durissimo nelle commissioni Giustizia e Ambiente. Salvo slittamenti, si potranno presentareemendamenti fino al 29 aprile. E mentre la destra sta a guardare, è la sinistra che si ritrova il problema di far passare il testo com’è o tentare di arginare le falle. Ne rivendica la bontà il proponente, Ermete Realacci (Pd) che non lesina stoccate ai critici che “rischiano di mandare la palla in tribuna, quando sono vent’anni che si lotta per avere reati ambientali nel codice penale”. “Non sono un giurista né un magistrato – dice – se ci sono margini per migliorarlo ben venga. Ma ricordo che alcune toghe avevano criticato anche l’introduzione del reato penale di smaltimento dei rifiuti pericolosi che è stato invece determinante per combattere le ecomafie. Senza quel reato le inchieste sulla Terra dei Fuochi non sarebbero state possibili”. Non è una legge su misura delle industrie? “A volte si cerca la perfezione mentre tocca cercare vie praticabili. Questo testo riesce a tenere insieme l’equilibrio delle pene, che devono essere proporzionali rispetto ad altri reati e la certezza del diritto rispetto al quadro normativo, perché non è che se sono un magistrato posso arrestare chi voglio”.
Parole molto diverse da quelle di un altro esponente di punta del Pd, Felice Casson, vicepresidente della commissione Giustizia al Senato, per 25 anni toga di peso in fatto di reati e processi ambientali (a partire dal Petrolchimico di Porto Marghera, 1994). Casson ha colto subito nel testo il rischio di un favore ai gruppi industriali sotto assedio delle procure. E ha depositato a sua volta un disegno di legge in materia di reati ambientali. “L’avevo anche detto a quelli di Legambiente quando, a inizio legislatura, erano venuti in Senato a presentare il ddl: il testo, che resta un importante passo avanti, presenta però criticità di impostazione tecnica tecniche tali da impattare pesantemente su indagini e processi in corso. Allora proposi di modificarlo e rinviarlo alla Camera, piuttosto che farlo entrare in vigore così. A questo punto presenteremo emendamenti correttivi che integrino le disposizioni dei due testi, ma sarà dura. Perché c’è una pressione forte da parte del centrodestra per difendere il testo e farlo passare così com’è, ritenendolo perfetto proprio perché l’impostazione è tale da limitare le possibilità dell’azione penale della magistratura”.
Ilva e la norma sull’irreversibilità del danno
Anche a Taranto, nel procedimento contro la famiglia Riva e i vertici dell’Ilva per il disastro ambientale causato dalle emissioni nocive della fabbrica, il nuovo provvedimento legislativo potrebbe rappresentare un assist agli imputati. Già perché per dimostrare che il danno compiuto dalla fabbrica è “irreversibile” sarebbe necessario dimostrare di aver compiuto una serie di tentativi di bonifica che non hanno prodotto risultati. Nel capoluogo ionico, finora, le bonifiche sono state solo una promessa sulla carta: nonostante i mille proclami e la nomina di garanti, commissari e subcommissari, le operazioni di risanamento del quartiere Tamburi e delle zone colpite dalle emissioni dell’acciaieria, a oggi, nessuna operazione è concretamente partita. In un’aula di tribunale, quindi, al di là delle perizie, l’accusa non avrebbe strumenti per dimostrare che quelle operazioni sono state inutili. Al collegio difensivo, in definitiva, basterebbe puntare sull’assenza di elementi certi per dimostrare che il danno arrecato non è, oltre ogni ragionevole dubbio, irreversibile. Un regalo che, tuttavia, non migliorerebbe di molto la situazione dei Riva che devono rispondere anche di un reato ben più grave come l’avvelenamento di sostanze alimentari per la contaminazione di oltre 2mila capi di bestiame nelle cui carni fu ritrovata diossina proveniente, secondo le perizie del tribunale, dagli impianti dell’Ilva. Un reato, che richiede la corte da’assise come per i casi di omicidio, punito con una reclusione che va da un minimo di 15 anni a un massimo, se l’avvelenamento ha causato la morte di qualcuno, anche con l’ergastolo.
(ha collaborato Francesco Casula)

venerdì 25 aprile 2014

Altre foto del 25 aprile Antifascista a Taranto

Comizi striscioni e volantini, l'antifascismo proletario comunista a Taranto
































































































































Taranto 25 Aprile per ricordare la liberazione dal fascismo di ieri....... e organizzarsi contro quello di oggi.

Si è svolta questa mattina tra via Di Palma e P.zza M.Immacolata la manifestazione dei Compagni Proletari Comunisti in occasione del 25 Aprile giorno della liberazione fascista con striscioni volantini e banchetto informativo,una giornata in ricordo dei partgiani fatta di comizi, musica consensi e interventi al microfono.




















































La manifestazione del 25 aprile in piazza immacolata ore 11-13 di oggi dichiara...

1 - Serve una lapide che renda onore alla Resistenza e ai partigiani sul muro di Palazzo di città.
Essa è stata realizzata dagli operai dello slai cobas Taranto
la richiesta sarà inoltrata in occasione del consiglio comunale.
 

2 - Onoriamo la Resistenza applicando la Costituzione nata dalla Resistenza: 'l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro'
Da lunedì 

Tenda per il lavoro dei Disoccupati Organizzati in piazza Castello

Slai cobas per il sindacato di classe Taranto 3471102638

25 aprile taranto l'antifascismo proletario...

...comunista e rivoluzionario si riprende il centro di taranto
striscione, volantini, comizi  musica e canti...

domani resoconto , foto e prospettive

circolo proletari comunisti taranto

ONORE ALLE PARTIGIANE



“...La partecipazione delle donne alla Resistenza fu dovuta principalmente a motivazioni personali. A differenza di molti uomini che scelsero di andare in montagna per sottrarsi all'arruolamento dell'esercito di Salò, nessun obbligo militare costringeva le donne ad una scelta di parte. Potevano starsene a casa, insomma. La Resistenza fu anche occasione per affermare qui diritti che non avevano mai avuto. Mai come in quei mesi ci siamo sentite pari all'uomo. Paradossalmente con la guerra si crearono le condizioni di una libertà personale mai sperimentata prima. Molte di noi con la Resistenza si guadagnarono la loro autonomia...”.

 Onorina Brambilla detta Nori, nome di battaglia SANDRA

giovedì 24 aprile 2014

Un forte triste rabbioso saluto ad una ragazza che non ha voluto continuare a vivere così

Se una ragazza di appena 26 anni arriva a non vedere altra scelta che quella di morire, vuol dire che è la realtà che l'ha uccisa. Quando le ragazze, i ragazzi lottano a Taranto gridano: "quale futuro!", "non ci rubate il nostro futuro!" Almeno il futuro, perchè l'oggi è brutto, duro. Alessandra viveva ai Tamburi, dopo un tentativo in Marina, non ce l'aveva fatta e non aveva altro lavoro. Sarà quello che ha vissuto in Marina, in cui contano "i muscoli", "farsi valere", in cui le donne devono essere come gli uomini in un ambiente maschilista-spesso fascista; sarà per la vita ai Tamburi... non lo sappiamo. Ma è certo che Alessandra non è la prima ragazza che si suicida a Taranto, e queste morti non sono mai un fatto privato.
Noi non ci stiamo! Questa vita deve cambiare!

mercoledì 23 aprile 2014

25 aprile a Taranto

piazza Immacolata ore 11
iniziativa
antifascista
antirepressione
antigoverno e padroni  

info pcro.red@gmail.com
tel.347-1102638

Ai disoccupati in lotta i lavori per il Parco del Mirto e per il risanamento di Paolo VI - lettera al sindaco dei Disoccupati Organizzati

AL SINDACO STEFANO

OGGETTO: TUTELA DEL PARCO DEL MIRTO - LAVORO AI DISOCCUPATI.

Noi l'avevamo detto e puntualmente si è verificato! Noi lavoratori del Parco del Mirto e noi Disoccupati Organizzati di Paolo VI con l'iniziativa del 10 aprile (a cui vi avevamo invitato, ma non vi è stato da parte vostra alcuna risposta), avevamo denunciato con chiarezza il perchè del degrado del Parco e indicato la soluzione nell'aumento del numero dei lavoratori adibiti al Parco anche con turni H24, per la cura continua del parco, la manutenzione, i lavori di ripristino strutture danneggiate, per il verde, la pulizia e per la vigilanza -  non dimentichiamo che all'inizio vi erano 35 lavoratori e ora ce ne sono 7!

Il lavoro deve essere anche una risposta ai tanti giovani e meno giovani disoccupati del quartiere, altrimenti non ci sarà vigilanza che tenga...

E' lasciare in uno stato indecente, di abbandono il parco, come tutto il quartiere, la vera causa dei valdalismi; è lasciare tanta gente senza lavoro e reddito il vero "vandalismo", che può portare alcuni anche a farsi manovalanza di chi ha interessi speculativi a far chiudere il parco.

Ma sia chiaro, ora, i lavori urgenti al parco e soprattutto quelli da incrementare stabilmente devono dare lavoro ai disoccupati del quartiere, in primis ai disoccupati che lottando dimostrano che vogliono lavorare!
Il 10 aprile abbiamo fatto per questo la manifestazione e torneremo a lottare!
Lo stesso dicasi per gli altri interventi di risanamento, riqualificazione del quartiere previsti dal comune a Paolo VI.
OGNI DITTA A CUI VENGONO AFFIDATI I LAVORI DEVE ASSUMERE UNA PERCENTUALE DI DISOCCUPATI ORGANIZZATI.

Il Comune non pensi di fare i lavori per dare soldi solo alle Ditte, senza che ci siano ricadute di posti di lavoro per i disoccupati.
O si pone questa condizione o intensificheremo la lotta con azioni anche forti di protesta!


DISOCCUPATI ORGANIZZATI

I padroni vogliono l'acciaio dell'Ilva ma non vogliono metterci i soldi. Sono preoccupati, vedi Marcegaglia, per il fatto che dovrebbero comprare a prezzi più alti dall'estero, ma i loro soldi se li vogliono tenere stretti; vogliono la fabbrica quasi gratis come fu nel '95 per Riva. Figurarsi se questi padroni vorranno metterci miliardi necessari per il risanamento.

(Dal Corriere del Mezzogiorno) - "A tre settimane di distanza, la «chiamata alle armi » del gruppo Marcegaglia per salvare l’acciaio italiano dell’Ilva non ha ricevuto risposte....Insomma, ulteriori «chiamate alle armi» a cui, però, non corrispondono risposte e capitali...
Per proseguire nel tentativo di rilancio e di risanamento ambientale dell’Ilva di Taranto occorrono all’incirca 4,5 miliardi... Chi metterà i soldi, visto che agli azionisti — la famiglia Riva — è stata tolta la gestione? Allo stato attuale l’ipotesi più probabile è che i 4,5 miliardi necessari possano essere così reperiti: un terzo attraverso un aumento di capitale; un terzo dalle banche creditrici; l’ulteriore terzo generato dalla stessa Ilva.

Il punto chiave è il primo: le banche creditrici (da Intesa Sanpaolo a UniCredit fino a Banco Popolare), per finanziare l’operazione chiedono chiarezza su chi parteciperà all’aumento di capitale.,,,
Marcegaglia compra da Ilva quasi 1,5 milioni di tonnellate di coils all’anno su un fabbisogno di 4,5 milioni e l’anno scorso, a causa delle difficoltà dello stabilimento tarantino, ha dovuto rinunciare a circa 500 mila tonnellate, acquistate poi da altri partner esteri. Temendo che la situazione possa ripetersi anche nel 2014, a inizio aprile il presidente e ad Antonio Marcegaglia—di concerto con la sorella e vicepresidente Emma, oggi anche numero uno dell’Eni — lanciò dalle colonne del Sole 24 Ore la «chiamata alle armi» per salvare l’acciaio italiano dell’Ilva..."

martedì 22 aprile 2014

Parco del Mirto, avevamo denunciato il degrado in corso con l'iniziativa di lotta del 10 aprile. Ma il Comune se ne frega. Grideremo ancora più forte!

E' il Comune, che lascia in uno stato indecente di abbandono il parco, come tutto il quartiere, il vero responsabile.

L'iniziativa del 10 aprile a Parco del Mirto fatta insieme dai lavoratori del Parco e dai Disoccupati Organizzati slai cobas ha denunciato chiaramente il perchè di questa degrado e ha indicato le soluzioni: occorrono molti più lavoratori, una cura continua, occorre dare una risposta di lavoro ai tanti giovani e meno giovani disoccupati del quartiere. 

Stiamo organizzando un'assemblea di quartiere dove chiameremo a venire e ad assumersi precisi impegni il sindaco e gli assessori.  Basta con i politici che si ricordano di Paolo VI sono quando devono fare campagna elettorale 

Fiamme all’alba: a fuoco gazebo in legno a Paolo VI

Un incendio ha interessato un gazebo in legno, nei pressi del Parco del Mirto. Sul posto due squadre dei vigili del fuoco.
TARANTO- Nelle ore del primo mattino di questo lunedì di Pasquetta, tornano le fiamme a Taranto. I vigili del fuoco sono intervenuti con due squadre per domare un incendio divampato a Paolo VI, nei pressi del Parco del Mirto.

In Puglia aumentano per le donne le dimissioni in bianco - A TARANTO IN PREPARAZIONE CONVEGNO SU DONNE-LAVORO

Una recente analisi dell'Ipres mostra che la situazione delle donne lavoratrici è peggiorata, e la Puglia in questo fa da apripista nel sud.
Le dimissioni per maternità sono raddoppiate nella nostra regione dal 2009 al 2013: 5 anni fa sono state 666, l'anno scorso 1098. Il dato più alto di tutto il sud.
Le donne che devono farsi carico del doppio lavoro, fuori e in casa, della famiglia sono costrette a dover rinunciare al lavoro, che poi significa rinunciare ad un reddito, ad un'indipendenza dall'uomo.
Si tratta di una "scelta" obbligata, imposta sempre più dalla mancanza di servizi sociali, di asili, dalle tariffe troppo alte, dai servizi di cura, di assistenza tutti scaricati sulle donne.
A questo si aggiungono le odiose "dimissioni in bianco" imposte da padroni alle donne, per poterle cacciare appena entrano in maternità; o le discriminazioni lavorative, salariali, di aumento di livelli, le lavoratrici in Puglia guadagnano il 20-30% in meno dei lavoratori maschi pur a pari lavori, con una differenza di circa 300 euro al mese; e "inevitabilmente" le donne si trovano collocate a posti di lavoro inferiori.
Le donne, poi, sono quelle che meno trovano lavoro.
Una condizione lavorativa che, per le donne, unisce sempre attacchi materiali, economici ad aumento di dipendenza troppo spesso accompagnata da una condizione di oppressione in famiglia.

Contro tutto questo non bastano gli "sportelli" delle consigliere di parità, non bastano le denunce che ogni tanto compaiono sulla stampa, occorre la lotta delle lavoratrici, delle disoccupate, la loro unità, organizzazione.

LE DISOCCUPATE, LE LAVORATRICI PRECARIE GIA' IN LOTTA A TARANTO STANNO PREPARANDO UN CONVEGNO SU DONNE-LAVORO, SU UNA PIATTAFORMA DI LOTTA, a cui chiamano tutte le donne che non vogliono essere solo un numero con il meno affianco nelle statistiche di questo Stato

lunedì 21 aprile 2014

Un operaio Ilva ci scrive: Fiom parte civile? Ben più che "faccia tosta"...

Colgo l'occasione delle feste pasquali per porgervi i miei più sinceri auguri per una serena Pasqua e Pasquetta ringraziarvi per gli aggiornamenti continui che mi mandate

Io credo che "faccia tosta" sia ben altre cose; "faccia tosta" lo dico a mia figlia quando nega di non aver fatto una cosa; "faccia tosta" è quasi simpatico, "faccia tosta" anche come "capatosta", come ostinazione a fare qualcosa, a esprimere le proprie idee, a tenere a bada i complimenti. Sicuro di "faccia tosta" serve nella vita per portare a termine le piccole grandi vittorie, "faccia tosta" è colui che nega ad ogni costo anche di fronte a una disarmante evidenza dei fatti
Credo che voi siete stati fin troppo gentili a definirli tali.

Costoro non possono sostituirsi a coloro che riconoscono la malattia, la malattia è insindacabile perchè riconosciuta dalla corporazioni sanitarie che riconoscono indennità e invalidità; la malattia e insindacabile non
possono così strumentalizzarla; loro hanno piuttosto creato le condizioni di sviluppo di malattie affiancando i capetti e il padrone a suo piacimento. E strafatto affinché venissero messi in dubbio pratiche operative, condizioni di lavoro, e incrementare quel sistema schifoso di clientelismo e servilismo sgomitando!!
Ci tengo a sottolineare che con questo non voglio discriminare, sminuire l'operato di pochi Rappresentanti che cercano di fare qualcosa di buono ma arrivato a questo punto l'unica cosa di buono che rimane da fare e gettare la spugna perché poi tutto viene distrutto dai capi dai vertici sindacali che fanno accordi con l'azienda. Non è umano non si può accettare che loro pensino di poter deviare il nostro pensiero in maniera così subdola, schifosa, richiamare l'attenzione usando la malattia di colleghi e cercando di confondersi nella mischia. Assolutamente no! Siete stati fin troppo buoni a chiamarli "faccia tosta".

Paradossalmente però bisogna stringere forte, eventualmente dare qualche schiaffo in testa durante le udienze al segretario e ai legali di questi subdoli sindacati perché nonostante il loro viscido operato alle loro spalle ci sono sempre uomini e persone che oltre al 730 ancora ci credono.
Grazie ancora e buona Pasqua
Il giorno 19/apr/2014, alle ore 13:53, "cobasta" <slaicobasta@gmail.com> aveva scritto:
"ILVA taranto - incredibile faccia tosta dei sindacati confederali - vogliono essere parte civile al processo contro padron Riva di cui sono stati complici per decenni.
Le burocrazie sindacali cgil-fiom locali, il cui comportamento i lavoratori hanno già sanzionato con lo stesso voto RSU; le burocrazie sindacali responsabili per l'isolamento e la successiva espulsione di loro delegati combattivi, Rizzo, Battista, Ranieri ecc., che combattevano in fabbrica per la sicurezza; le burocrazie sindacali sponsorizzate da Vendola presso il faccendiere pro RIVA ARCHINA' come pienamenti affidabili e da farne interlocutore privilegiato; le burocrazie sindacali firmatarie dell'accordo mof che ha provocato la morte di Claudio Marsella; le burocrazie sindacali firmatarie di tutti gli accordi in fabbrica nei periodo di massimo inquinamento e massima insicurezza in fabbrica..., ora pretendono di voler essere parte lesa - quando avrebbero dovuto essere nel processo imputati per concorso...". 

domenica 20 aprile 2014

L'Arcivescovo Santoro fa comizi, sostituendosi ai politici e ai rappresentanti istituzionali, e usa i "misteri" per pacificare la rabbia della gente che sta male

Marx diceva che "la religione è l'oppio dei popoli". L'Arcivescovo di Taranto, Filippo Santoro fa di più: la religione è tutto e fa tutto, sostituisce le istituzioni e i politici di Taranto, interviene sulle situazioni di lavoro, sociali in corso; Santoro ha trasformato gli stessi riti della settimana santa in interventi politico-ideologici per dare un indirizzo alla gente. 
L'ha fatto in maniera plateale anche Venerdì scorso durante lo svolgimento della processione dei "misteri". 
Il suo è stato un comizio vero e proprio che ha cercato di toccare vari temi. 
Ne riportiamo sotto degli stralci.
Il suo primo pensiero è andato ai "marò", gli "eroi" mercenari, al servizio dei grandi armatori, che hanno assassinato due pescatori. 
Poi è passato ai lavoratori che rischiano i licenziamenti, agli operai dell'Ilva che rischiano salute, vita e anche lavoro, a chi si ritrova sempre più povero, poi alla ripresa dell'azione della grande criminalità a Taranto, alla crisi delle aziende, ai pescatori, a chi è vittima dell'inquinamento, ai giovani costretti ad emigrare, al risanamento della città vecchia...
Con un appello e "soluzioni" che tornano ad essere tutte interne alla funzione di 'oppio dei popoli' della religione, ma che non restano solo a livello sovrastrutturale: "un punto di riferimento noi lo abbiamo è la croce di Cristo, rimedio per il cuore e per tutta la società" e quindi, la "risposta" è non essere divisi, non lamentarsi (protestare), ma riconciliarsi, pregare "per quelli che ci governano: che lo facciano davvero, che siano saggi, efficienti e che costruiscano il bene comune...". Facendo di fatto un'operazione di pacificazione, di deviazione, di diga verso le lotte in corso e future. 
Il tutto condito da un autopropaganda per quello che lui e la sua diocesi stanno facendo.
Un arcivescovo che quindi agisce fino in fondo da Istituzione politica che interviene e indica la strada: rivolgersi al potere della Chiesa. Lo fa per riconciliare le masse con un sistema generale politico/istituzionale in crisi; che in questa città raggiunge i livelli più bassi, incapace anche di fare il suo vecchio, normale "mestiere".
Il richiamo a Bergoglio dell'Arcivescovo di Taranto (che nel 2015 farà venire a Taranto), non è a caso, ma sottolinea la sintonia dell'azione della Chiesa, a Taranto come a livello nazionale.

QUESTA FUNZIONE ISTITUZIONALE DELLA CHIESA NON SERVE, ANZI E' DEVIANTE VERSO I LAVORATORI, I GIOVANI, I DISOCCUPATI, CHE DEVONO RESPINGERE LE "SIRENE" E COSTRUIRE LA LORO STRADA DI SCONTRO/GUERRA CON I PALAZZI DEL POTERE E CHI LI OCCUPA.

Dal Comizio dell'arcivescovo Santoro:
"...Da un po’ di giorni mi accompagna una riflessione inizialmente amara, ma che gettata nel dolore del Signore, si carica di fiducia e di speranza. Riflettevo che magari il nostro popolo in questo periodo potrebbe scoraggiarsi perché tanti miglioramenti auspicati e invocati tardano ad arrivare, a povertà si aggiunge povertà, a sfiducia altra sfiducia.
Se penso ad esempio che tre anni fa proprio da questo balcone mi appellai perché la situazione dei due marò pugliesi si risolvesse. Speriamo che finalmente presto i nostri Latorre e Girone tornino tra noi. E se passiamo al mondo del lavoro che le cose si complicano ancora di più, come accade ai lavoratori dell’indotto della Marina, che ho visitato interpellando il ministro della difesa e ai quali rinnovo tutta la mia solidarietà. Proprio l’altro ieri nel precetto all’Ilva ho affermato in merito alle nostre complesse problematiche che “nonostante ne siano successe tante, se ne siano scritte e dette molte di più, le cose non sono cambiate di molto. Non basta salvare il salvabile bisogna innovare, cercare strade nuove”. Invito a che non ci siano ulteriori proroghe e ritardi perché la vita non può attendere.
E come non ricordare il piccolo Mimmo di Palagiano, caduto nella strage più sanguinosa accaduta in quel territorio. Che le nostre domande trovino risposta!
Se osservo le richieste senza numero da parte dei nostri poveri, le aziende che stentano o che chiudono, la fila di coloro che perdono il posto di lavoro, è inevitabile che la mia preghiera si fa più intensa.
“Alzo gli occhi verso i monti da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto verrà dal Signore (cfr Sal 120). perché noi siamo sue creature...
(Dio) Chiede però la nostra responsabilità ed il nostro impegno serio. Qualcosa abbiamo visto muoversi per la rigenerazione della Città vecchia e dopo l’assemblea che abbiamo fatto in episcopio, diverse entità si stanno interessando a partire dai bisogni e dalle necessità delle persone che vi abitano e da una visione d’insieme della nostra città. Per dare un segno concreto ieri nella messa, nella cena del Signore del Giovedì Santo, ho fatto la lavanda dei piedi a dodici pescatori della città vecchia...
Badate bene che l’invito costante al perseguimento del bene comune non è un invito di circostanza ma un dovere ed un bisogno per questa Città. Non possiamo continuare ad essere divisi. Né tantomeno possiamo pensare di costruire qualcosa di serio facendo a meno gli uni degli altri, o semplicemente lamentandoci.
Il quadro è drammatico e duro. Gli effetti della crisi si stanno facendo sentire ora nella loro virulenza, ma non possiamo lasciarci inghiottire dalle tenebre...
“Un punto di riferimento noi lo abbiamo è la croce di Cristo, rimedio per il cuore e per tutta la società. La croce come segno di amore infinito totale e gratuito...
Vogliamo lasciarci riconciliare dal Signore e così essere costruttori di solidarietà e di speranza per noi per la nostra città ferita per tutta la nostra società. Ti preghiamo per tutti; particolarmente per gli ammalati, specialmente le vittime dell’ inquinamento, per i disoccupati, per i lavoratori e i bambini. Ti preghiamo per i giovani, che non siano costretti ad emigrare per studiare e per lavorare. Ti preghiamo per quelli che ci governano: che lo facciano davvero, che siano saggi, efficienti e che costruiscano il bene comune...

Filippo Santoro - Arcivescovo Metropolita di Taranto