Sui fatti di Parigi: a chi vuole davvero parlare, confrontarsi, capire, agire

3 compagni di TA sono stati a Parigi la settimana dopo l’orribile attentato ISIS.
Ci sono andati per un convegno internazionale sui 10 anni dalla rivolta delle banlieues francesi. Anche in quei giorni di rivolta nostri giovani compagni ci erano stati e anche allora avevamo fatto un convegno per sostenere e capire.
Sono quindi stati nella Parigi blindata, nelle banlieues assediate, hanno parlato con i compagni francesi e con compagni, lavoratori giovani donne di diversi paesi europei
convenuti a Parigi in quella settimana calda.
Hanno affrontato i problemi dell’imperialismo e della guerra in Medio Oriente, Libia ecc, del terrorismo Isis e dei suoi armatori e finanziatori, dagli USA alla Turchia, alle monarchie arabe ecc.
Hanno parlato dello stato di assedio e del sostegno alla gioventù proletaria ribelle e alle masse sfruttate impoverite, criminalizzate e calunniate dei quartieri poveri delle metropoli e cittadelle dei paesi europei.
Hanno parlato di Italia e delle banlieues italiane...
ma anche di quelle tarantine, Paolo VI ecc, di giovani disoccupati, di famiglie povere, di quartieri desolati e abbandonati;
di razzismo e xenofobia, di repressione  e marginazione verso chi lotta e si ribella.
Hanno saputo e visto che a Parigi , come in Italia, come a Taranto, ci sono gente che non si interessa di guerre, miseria e morte in tanta parte del mondo per mano dei governi occidentali e si fanno influenzare da opinioni razziste, come ci sono migranti che arrivano da queste guerre e povertà sulle nostre coste e città e che invece si fanno coinvolgere facilmente in opinioni reazionarie.
Ma hanno visto, e parlato, anche organizzazioni, comitati che si dicono di sinistra, antirazzista o addirittura che si autodipingono come antagonisti... ma che non fanno nulla nelle lotte, non sono mai con le masse povere e sfruttate quando si ribellano e lottano, si riempiono la bocca di migranti, ma quando questi rivendicano diritti elementari, quando lottano quando rischiano non li appoggiano, e lasciano che le città e i quartieri, a Parigi come Taranto, si blindino e restino nelle mani di polizia, carabinieri, vigili urbani, telecamere, ecc, senza dire ne A nè B...
Ecco, di Parigi e di tutto questo vorremmo parlare, capire, agire
Giovedì 3 dic. alle 19 via Rintone 22 Taranto
3471102638
30 novembre 2015

Il segretario del PD di Genova contro gli operai dell'Ilva

"Sabato ventotto novembre, tutta la stampa borghese riporta le parole del ministro del Lavoro pro tempore – l’ex presidente di Legacoop, l’imolese Giuliano Poletti – secondo il quale “Dovremmo immaginare contratti che non abbiano come unico riferimento la retribuzione oraria”; come a dire: il salario deve essere legato al soddisfacimento delle pretese del padrone. Si tratta, in tutta evidenza, di una vera e propria str…ata;

Ma non è soltanto a livello romano che si assiste a dichiarazioni di questo tenore: anche a Genova, dove lo stesso giorno si tiene l’assemblea regionale degli iscritti PD – alla presenza del commissario David Ermini, si ascoltano uscite dello stesso tenore.
Qui, a dare il peggio di sé ci pensa il segretario provinciale che ritiene obbligatorio “avere il coraggio di andare a dire ai lavoratori Ilva che la pretesa di distogliere risorse dalla riqualificazione di Cornigliano per andare a garantire l’integrazione del loro reddito è una cosa che non si può più fare”.

A giudizio di chi scrive deve essere lui – insieme con i suoi accoliti di via Anton Maria Maragliano 3/5 – ad andare a lavorare onestamente per vivere, invece di continuare a mangiare sulle spalle dei lavoratori che sono stanchi di fare sacrifici per pagare lauti stipendi a gente del tutto incapace come lui.

Da Genova, 30 novembre 2015
Stefano Ghio - Proletari Comunisti Alessandria/Genova

A Benedetto Petrone: MAO: "CI SONO MORTI CHE PESANO COME UNA PIUMA, E ALTRI CHE PESANO COME UNA MONTAGNA" - La morte di Benedetto pesa come una montagna

28 novembre 1977: Benedetto Petrone

altIl 28 novembre 1977 a Bari viene ucciso a coltellate Benedetto Petrone. Aveva 18 anni, faceva l'operaio ed era comunista (iscritto alla Fgci).
La sera del 28 una nutrita squadra di fascisti esce dalla sede Passaquindici del Msi, con in mano mazze ed in tasca alcuni coltelli.
L'agguato è premeditato: si dirigono verso Bari Vecchia con l'obiettivo di colpire alcuni capi del movimento studentesco. Il gruppo viene però avvistato da una ragazza che corre al bar del borgo vecchio dove si trovano i compagni. I fascisti tentano di avvicinarsi al locale ma vengono immediatamente messi in fuga per i vicoli della città.
Arrivati nella piazza della prefettura, nel pieno centro cittadino, i fascisti vedono tre ragazzi, tra cui c'è Benedetto Petrone. I tre ragazzi cercano di scappare, ma Petrone è più lento per colpa di una malattia che lo affligge che comporta problemi di deambulazione. L'amico torna indietro ma i fascisti ormai gli sono addosso. Benedetto Petrone viene colpito con mazze e coltelli. Sarà una coltellata ad ucciderlo. L'amico, Franco Intranò, viene ferito al torace.
Il 30 ottobre un corteo attraversa le strade di Bari. Più di 30'000 persone scendono in piazza per opporso alla violenza fascista e gridare che "Benny vive!".
Davanti alla Prefettura, che è il luogo dove il ragazzo era stato ucciso, vengono fatte alcune barricate, rovesciando delle macchine parcheggiate. Le barricate permettono ai manifestanti di salire al primo piano della Cisnal e devastarla. Stessa fine farà poi la sede dell'Msi: i manifestanti entrano all'interno della sede da dove erano partiti i fascisti che viene distrutta e bruciata.
La verità processuale individuò un solo colpevole: solo un missino fu condannato per l'omicidio, nonostante furono in più di trenta a partecipare all'agguato. Il tentativo fu di far passare il tutto come una rissa tra teste calde di opposti estremismi.
Il coltello che colpì Benedetto Petrone fu ritrovato in una stanza della sede del Movimento Sociale Italiano, che divenne poi il quartiere generale di An ed oggi è motivo di contesa tra Pdl e Fli.

Processo Ilva blindato

Nella fase dibattimentale del processo Ilva, che si sta aprendo, e che per legge deve essere pubblica, e tutti, anche se non sono parti civili, devono poter assistere, pubblico, organi di informazione, ecc, ci troviamo invece in una situazione peggiore di prima.

Al processo si può entrare solo con il pass, che sono comunque limitati. 

Con la giustificazione che le udienze, dalla prossima del 1° dicembre, si terranno nella caserma Saram della areonautica, vengono imposte le regole e restrizioni militari e non valgono più quelle della Giustizia.
Aggiungi a questo l'humus terrorista sui fatti di Parigi, e siamo quasi ad un processo a "porte chiuse"!

QUESTO E' INACCETTABILE, ILLEGALE E DEVE CAMBIARE SUBITO!

Chi avvantaggerebbe un processo non pubblico, non aperto, se non i Riva, tutti gli altri imputati suoi complici, i loro avvocati?
Non dimentichiamo che gli avvocati dei Riva avevano già chiesto il trasferimento del processo da Taranto (avendo una risposta negativa dalla Cassazione), richiesta riproposta anche nel procedimento preliminare appena concluso, per avere un processo "tranquillo", al riparo dalla presenza degli operai, dei cittadini, dei familiari di operai, bambini, donne morte per l'inquinamento per il profitto, un processo da manipolare e condurre alla prescrizione.
Ora un processo fatto in ambiente militare, con regole militari rischia di far rientrare dalla finestra la richiesta dei Riva che era stata cacciata dalla porta e di snaturare quindi il clima del processo stesso.

FACCIAMO APPELLO A TUTTE LE PARTI CIVILI, AI LORO AVVOCATI, AGLI ORGANI DI INFORMAZIONE A CHIEDERE LO STOP DI QUESTE ILLEGALI DISPOSIZIONI.

Ciao Francesco! Vogliamo ricordare oggi, nell'anniversario della morte di Francesco Zaccaria all'Ilva, con il saluto che scrivemmo il 28 novembre di tre anni fa; ma anche con l'impegno a continuare la lotta per porre fine al sistema dei padroni ASSASSINI!

Ciao Francesco!


Sarà stata la tromba d'aria, ma non sono morti capi, è morto un operaio di 29 anni

sarà la coincidenza, ma in meno di un mese sono morti due giovani operai, due famiglie sono state distrutte, in due funerali gli operai con dolore e rabbia hanno dovuto accompagnare i loro compagni di lavoro; e tanti il 28 novembre hanno visto la morte in faccia

Sarà... ma gli operai vanno a lavorare con la paura di non tornare a casa; e oggi la situazione che si vive in fabbrica porta a maggior insicurezza, paura, tensione continua

Sarà... ma Riva, 86 anni, vive ancora e sta nella sua dorata casa non in galera, e il figlio in un sicuro paese all'estero

Sarà, ma il governo Monti ha dato a padron Riva la libertà di produrre come ha fatto finora e, quindi, la libertà di uccidere ancora

Questo è il capitalismo, signori!
Ma un sistema che va avanti con lo sfruttamento, il rischio e la morte degli operai non può essere riformato.
Deve essere abbattuto!