lunedì 31 ottobre 2016
Ranieri, "Liberi e pensanti": NIENTE LOTTA MA "STANZA DEI BOTTONI" - che brutta e indecorosa (ma inevitabile) fine....
"... Solo con loro (M5S) possiamo immaginare di poter lasciare i cartelli e le manifestazioni di piazza che non portano a nulla, e provare ad entrare nelle stanze che contano per cambiare lo stato delle cose... per il bene della città e dei tarantini...".
Questo blog è da tempo che denuncia la parabola anti operaia, anti masse popolari, anti lotta dei 'Liberi e pensanti'; chi ha creduto che i LP potessero essere l'alternativa, ora deve rendersi conto...
Questo blog è da tempo che denuncia la parabola anti operaia, anti masse popolari, anti lotta dei 'Liberi e pensanti'; chi ha creduto che i LP potessero essere l'alternativa, ora deve rendersi conto...
Grave scoppio nell'Acciaieria 2 - Cosa dice ora il PM Buccoliero che aveva elogiato i commissari?
Un incidente molto grave, che avrebbe potuto causare seri danni agli operai.
La cosa vergognosa è che si è verificato in un convertitore in cui da poco era stata fatta la "manutenzione straordinaria"; questo la dice lunga su come vengono fatte queste manutenzioni.
Da parte dei sindacati confederali, nessuna denuncia della situazione a continuo rischio in cui devono lavorare gli operai, ma solo presa danno che comunque per il fermo della caldaia dovuto a questo scoppio lo pagheranno gli operai, con un maggior numero messo in contratto di solidarietà, non si sa ora per quanto tempo.
Ma l'altra cosa vergognosa - che abbiamo già denunciato - è che, mentre si moltiplicano ogni mese gli incidenti, nell'ultima udienza del processo Ilva il PM Buccoliero si è prodigato in sperticati elogi dei tre commissari, dicendo che riconoscono: "l'impegno eccezionale ed i risultati raggiunti... Dobbiamo dare atto, visto quello che hanno trovato nello stabilimento e hanno fatto, che i commissari stanno facendo il massimo".
QUESTO E' MOLTO GRAVE!
SI TRATTA DI UNO SCHIERAMENTO ANCHE DELLA MAGISTRATURA A FIANCO DELL'ILVA, in una situazione in cui non si tratta affatto di "incidenti", ma di inevitabili conseguenze di uno stabilimento, in cui la logica del governo e dei commissari è fare il minimo, solo in funzione di far andare avanti la produzione, non certo in funzione della tutela della sicurezza e della salute, in attesa di svendere la fabbrica.
La cosa vergognosa è che si è verificato in un convertitore in cui da poco era stata fatta la "manutenzione straordinaria"; questo la dice lunga su come vengono fatte queste manutenzioni.
Da parte dei sindacati confederali, nessuna denuncia della situazione a continuo rischio in cui devono lavorare gli operai, ma solo presa danno che comunque per il fermo della caldaia dovuto a questo scoppio lo pagheranno gli operai, con un maggior numero messo in contratto di solidarietà, non si sa ora per quanto tempo.
Ma l'altra cosa vergognosa - che abbiamo già denunciato - è che, mentre si moltiplicano ogni mese gli incidenti, nell'ultima udienza del processo Ilva il PM Buccoliero si è prodigato in sperticati elogi dei tre commissari, dicendo che riconoscono: "l'impegno eccezionale ed i risultati raggiunti... Dobbiamo dare atto, visto quello che hanno trovato nello stabilimento e hanno fatto, che i commissari stanno facendo il massimo".
QUESTO E' MOLTO GRAVE!
SI TRATTA DI UNO SCHIERAMENTO ANCHE DELLA MAGISTRATURA A FIANCO DELL'ILVA, in una situazione in cui non si tratta affatto di "incidenti", ma di inevitabili conseguenze di uno stabilimento, in cui la logica del governo e dei commissari è fare il minimo, solo in funzione di far andare avanti la produzione, non certo in funzione della tutela della sicurezza e della salute, in attesa di svendere la fabbrica.
domenica 30 ottobre 2016
Jindal, Arvedi, Arcelor Mittal vogliono l'Ilva, ma per l'inquinamento i soldi deve metterceli lo Stato...
(Dalla stampa) - Il dossier Jindal arriva sul tavolo
di Cassa depositi e prestiti. L’ente ha affrontato per la prima volta
ieri, in via ufficiale, la richiesta dell’indiana Jindal south west di
entrare nel capitale di Acciaitalia, la newco partecipata al 44,5% dalla
stessa Cdp che a fine giugno ha presentato (in concorrenza con la joint
venture formata da Marcegaglia e ArcelorMittal) un’offerta per rilevare
gli asset dell’Ilva.
Il Consiglio di amministrazione di Cassa depositi e prestiti, come
confermano più fonti vicine alla vicenda, ha discusso del piano di
salvataggio dell’Ilva, affrontando conseguentemente il tema relativo
alla manifestazione di interesse del gruppo indiano. Il giudizio sulla
potenziale partnership indiana è, secondo quanto riferisce Adnkronos, di
«apprezzamento». Nessuna decisione ufficiale al termine della riunione:
si è trattato di una semplice informativa, necessaria per definire i
prossimi passi in vista della cessione definitiva dell’Ilva (i
commissari affronteranno l’analisi dei piani industriali solo da metà
novembre in poi, dopo avere espresso un giudizio sui piani ambientali).
L’ingresso di Jindal potrebbe avvenire in qualsiasi step della vendita,
anche a procedura conclusa.
Giovanni Arvedi ha recentemente dichiarato a Siderweb, a margine di un incontro pubblico a Cremona, di essere stato nei giorni scorsi a Mumbai, in visita agli impianti Jindal, e di avere ricavato un’impressione positiva dalla visita. Secondo Arvedi, Jindal «può rappresentare un socio industriale importante». Lo sguardo dell’imprenditore resta però ampio: «non è da sottovalutare - ha aggiunto - l’interesse di ArcelorMittal, soggetto che resta un protagonista di primo piano in questa operazione e che merita rispetto, considerazione e ampio dialogo».
Arvedi, poi, rilascia alla stampa dichiarazioni sulle bonifiche :"Nella vicenda Ilva, la questione ambientale rappresenta la priorità. Coprire i parchi minerali ed eliminare diossina, benzene e benzoapirene sono le prime cose da fare" - Ma poi aggiunge: "noi abbiamo le risorse tecnologiche e culturali, ma abbiamo bisogno di un supporto finanziario...".
Giovanni Arvedi ha recentemente dichiarato a Siderweb, a margine di un incontro pubblico a Cremona, di essere stato nei giorni scorsi a Mumbai, in visita agli impianti Jindal, e di avere ricavato un’impressione positiva dalla visita. Secondo Arvedi, Jindal «può rappresentare un socio industriale importante». Lo sguardo dell’imprenditore resta però ampio: «non è da sottovalutare - ha aggiunto - l’interesse di ArcelorMittal, soggetto che resta un protagonista di primo piano in questa operazione e che merita rispetto, considerazione e ampio dialogo».
Arvedi, poi, rilascia alla stampa dichiarazioni sulle bonifiche :"Nella vicenda Ilva, la questione ambientale rappresenta la priorità. Coprire i parchi minerali ed eliminare diossina, benzene e benzoapirene sono le prime cose da fare" - Ma poi aggiunge: "noi abbiamo le risorse tecnologiche e culturali, ma abbiamo bisogno di un supporto finanziario...".
Al processo Ilva verso il patteggiamento dell'Ilva e dei Riva - Solo la partecipazione di massa al tribunale può impedire questa nuova china pericolosa del processo! IL 6 DICEMBRE TUTTI AL TRIBUNALE
La Procura di Taranto, con l'entusiastico appoggio di esponenti del parlamento e dei possibili nuovi padroni (Arvedi), sta andando verso una fuoriuscita dal processo di Ilva Spa e, forse, addirittura dei Riva ("anche il legale dei Riva, Annicchiarico, starebbe valutando l'esistenza di margini per vhiudere, il meno dolorosamente possibile, le partite aperte tra Milano e Taranto" - GdM) attraverso l'accettazione del patteggiamento.
In questo modo, si dice, si potrebbe recuperare il miliardo e 200 milioni dei Riva. Gli imputati se ne potrebbero uscire con il modico importo di 14 milioni, tra multa e confisca del profitto del reato - rispetto ai precedenti 9 milioni offerti.
Ma perchè questo sia possibile si parla di cancellare la cifra di 8 miliardi e 100 milioni - richiesta prima invece negata e che aveva portato nella precedente fase gli stessi PM a respingere il patteggiamento - cifra ritenuta dal Giudice Todisco importo necessario per effettuare tutte le opere di risanamento ambientale dello stabilimento siderurgico.
E' evidente, quindi, da un lato che una decisione di accettazione del patteggiamento sarebbe di fatto una sconfessione e un colpo all'inchiesta Todisco; dall'altro che anche la Procura darebbe anch'essa una forte mano agli attuali commissari e ai futuri padroni a non fare un reale risanamento ambientale; terzo che l'Ilva uscirebbe dal processo e quindi non sarebbe chiamata a risarcire le parti civili.
Questo patteggiamento non può e non deve passare. Anche se la Procura ha messo sull'altro piatto della bilancia un appesantimento dei reati per le società Riva Fire e Riva Forni Elettrici, questo non può giustificare l'alleggerimento della situazione dell'Ilva - visto che le due società e l'Ilva erano strettamente collegate nel portare avanti i loro affari truffaldini.
Il processo lo stanno gestendo di fatto gli avvocati dei Riva e dei suoi complici. la Procura, il pres. della Corte d'assise prima hanno permesso questa monopolizzazione, ora, addirittura, si accordano per togliere dal processo parte dei responsabili di morti, ammalati di tumore, di chi ancora continua ad uccidere!
PERCHE' SI PONGA FINE A QUESTA "FINE NOTA" C'E' UNA SOLA STRADA: LA PARTECIPAZIONE DI MASSA AL PROCESSO, DELLE PARTI CIVILI, DEI LAVORATORI, DEGLI ABITANTI DEI QUARTIERI, DEI GIOVANI.
Facciamolo nella prossima udienza del 6 dicembre.
(Dalla stampa) - A Taranto il processo «Ambiente svenduto» per il reato di disastro ambientale contestato all’Ilva potrebbe avere a dicembre una doppia svolta. La prima: l’Ilva in amministrazione straordinaria si appresta a rilanciare la proposta di patteggiamento. La seconda: il processo con 47 imputati e sinora mai realmente «decollato», potrebbe traslocare a Potenza. Su questo punto la Corte farà conoscere la sua decisione nell’udienza del 6 dicembre.
L’elemento nuovo è dato dalla riapertura della possibilità di patteggiare, carta che la difesa dell’azienda ha già giocato nell’udienza preliminare, trovando però il no della Procura che ritenne inadeguata l’offerta allora avanzata. Adesso invece il quadro è cambiato. I pm hanno riformulato alcuni capi di imputazione...
Una lettura dei fatti nuova esposta dalla Procura e cambio del capo d'imputazione per le societa' Ilva, Riva Fire e Riva Forni Elettrici sono state formulata dai pm alla Corte d'assise di Taranto nell'ambito del processo ambiente svenduto. In base alla documentazione prodotta dalla difesa di Ilva, ed agli accertamenti conseguenti della Guardia di finanza, la Procura ha riformulato le contestazioni alle società coinvolte, attribuendo nuove responsabilità alla capogruppo Riva Fire, e, di converso, ridimensionando la posizione di Ilva attualmente gestita dai commissari. Secondo la Procura, Riva Fire avrebbe esercitato un'attivita' di controllo, anche attraverso "contratti di cash pooling e di conto corrente di corrispondenza attraverso i quali Riva Fire disponeva di una tesoreria centralizzata infragruppo dove, al termine di ogni giornata lavorativa, i saldi attivi e passivi dei conti correnti intestati a Ilva venivano automaticamente trasferiti a Riva Fire".
A questo punto Ilva potrebbe ripresentare la precedente proposta di patteggiamento in base al quadro mutato oppure modificarla. E anche le società dei Riva, che sinora al patteggiamento non avevano fatto ricorso, potrebbero ora accedervi. Questo potrebbe anche agevolare il rientro in Italia dalla Svizzera del miliardo e 200 milioni dei Riva che sinora non si è riusciti a trasferire.
La mossa dei pm sui capi di imputazione arriva dopo un confronto tra le Procure di Taranto e Milano (dove ci sono altre inchieste su Ilva e sui Riva) e dopo che nell’udienza di ieri uno dei pm ha riconosciuto l’impegno dei commissari rispetto alla gestione Riva.
In questo modo, si dice, si potrebbe recuperare il miliardo e 200 milioni dei Riva. Gli imputati se ne potrebbero uscire con il modico importo di 14 milioni, tra multa e confisca del profitto del reato - rispetto ai precedenti 9 milioni offerti.
Ma perchè questo sia possibile si parla di cancellare la cifra di 8 miliardi e 100 milioni - richiesta prima invece negata e che aveva portato nella precedente fase gli stessi PM a respingere il patteggiamento - cifra ritenuta dal Giudice Todisco importo necessario per effettuare tutte le opere di risanamento ambientale dello stabilimento siderurgico.
E' evidente, quindi, da un lato che una decisione di accettazione del patteggiamento sarebbe di fatto una sconfessione e un colpo all'inchiesta Todisco; dall'altro che anche la Procura darebbe anch'essa una forte mano agli attuali commissari e ai futuri padroni a non fare un reale risanamento ambientale; terzo che l'Ilva uscirebbe dal processo e quindi non sarebbe chiamata a risarcire le parti civili.
Questo patteggiamento non può e non deve passare. Anche se la Procura ha messo sull'altro piatto della bilancia un appesantimento dei reati per le società Riva Fire e Riva Forni Elettrici, questo non può giustificare l'alleggerimento della situazione dell'Ilva - visto che le due società e l'Ilva erano strettamente collegate nel portare avanti i loro affari truffaldini.
Il processo lo stanno gestendo di fatto gli avvocati dei Riva e dei suoi complici. la Procura, il pres. della Corte d'assise prima hanno permesso questa monopolizzazione, ora, addirittura, si accordano per togliere dal processo parte dei responsabili di morti, ammalati di tumore, di chi ancora continua ad uccidere!
PERCHE' SI PONGA FINE A QUESTA "FINE NOTA" C'E' UNA SOLA STRADA: LA PARTECIPAZIONE DI MASSA AL PROCESSO, DELLE PARTI CIVILI, DEI LAVORATORI, DEGLI ABITANTI DEI QUARTIERI, DEI GIOVANI.
Facciamolo nella prossima udienza del 6 dicembre.
(Dalla stampa) - A Taranto il processo «Ambiente svenduto» per il reato di disastro ambientale contestato all’Ilva potrebbe avere a dicembre una doppia svolta. La prima: l’Ilva in amministrazione straordinaria si appresta a rilanciare la proposta di patteggiamento. La seconda: il processo con 47 imputati e sinora mai realmente «decollato», potrebbe traslocare a Potenza. Su questo punto la Corte farà conoscere la sua decisione nell’udienza del 6 dicembre.
L’elemento nuovo è dato dalla riapertura della possibilità di patteggiare, carta che la difesa dell’azienda ha già giocato nell’udienza preliminare, trovando però il no della Procura che ritenne inadeguata l’offerta allora avanzata. Adesso invece il quadro è cambiato. I pm hanno riformulato alcuni capi di imputazione...
A questo punto Ilva potrebbe ripresentare la precedente proposta di patteggiamento in base al quadro mutato oppure modificarla. E anche le società dei Riva, che sinora al patteggiamento non avevano fatto ricorso, potrebbero ora accedervi. Questo potrebbe anche agevolare il rientro in Italia dalla Svizzera del miliardo e 200 milioni dei Riva che sinora non si è riusciti a trasferire.
La mossa dei pm sui capi di imputazione arriva dopo un confronto tra le Procure di Taranto e Milano (dove ci sono altre inchieste su Ilva e sui Riva) e dopo che nell’udienza di ieri uno dei pm ha riconosciuto l’impegno dei commissari rispetto alla gestione Riva.
Ad annunciarlo il senatore Massimo Mucchetti, presidente della Commissione Industria, Commercio e Turismo al Senato, a margine del convegno organizzato dal Pd di Cremona «Industria, ambiente, globalizzazione: quali lezioni per la politica» dove era presente come relatore insieme a Giovanni Arvedi, numero 1 dell'omonimo gruppo siderurgico.
Indecente, inaccettabile! Il PM Buccoliero elogia i commissari Ilva, quelli che finora hanno provocato ben 4 morti operaie e decine di incidenti
Il PM Buccoliero |
Lavori socialmente utili per i migranti - sarebbe utile, ma... il governo non dice se verrebbero retribuiti, se sarebbero rispettati i diritti contrattuali, ecc.
(Da Sole 24 ore)
Lavori socialmente utili
per i migranti: lo mette nero su bianco il governo nel documento
programmatico di bilancio 2017. Il testo pubblicato dal Mef (ministero
dell’Economia e Finanze) delinea, tra l’altro, le previsioni di spesa
per l’impegno dell’Italia sui migranti. Ricorda che è «in corso di
elaborazione un Piano per l’accoglienza diffusa» in particolare «che si
pone come obiettivo tendenziale la distribuzione equa su 8 mila comuni
dei migranti». Poi, la novità: «Il Piano tiene anche conto della
necessità di adottare una specifica normativa per consentire i lavori
socialmente utili, la formazione ai migranti e la loro integrazione nel
tessuto sociale».
L’impiego diffuso nei centri abitati in lavori
socialmente utili degli immigrati accolti come rifugiati è dunque un
obiettivo dell’esecutivo guidato da Matteo Renzi. Lui stesso di recente
ha osservato: «Bisogna evitare che chi viene qui in attesa di essere
giudicato rifugiato stia a passare il tempo senza fare niente. Perché
questo crea anche insofferenza». In questa linea, del resto, da diverse
settimane tra i ministeri guidati da Angelino Alfano (Interno),
Giuliano Poletti (Lavoro) e la Presidenza del Consiglio c’è allo studio
dei tecnici l’impiego di 3mila rifugiati nel servizio civile nazionale,
progetto finanziato dal Fami (fondo asilo, migrazione e integrazione):
soldi provenienti dall’Unione europea con destinazione specifica ed
esclusiva.
Il documento del ministero dell’Economia, guidato da Pier Carlo Padoan, fa emergere come tra il 2016 e il 2017 ci sia un aumento della spesa pari a mezzo miliardo. «L’impatto complessivo sul bilancio italiano della spesa per migranti, in termini di indebitamento netto e al netto dei contributi dell’Unione europea, è attualmente quantificato in 2,6 miliardi per il 2015, previsto pari a 3,3 miliardi per il 2016 e 3,8 per il 2017, in uno scenario costante ossia in assenza di un ulteriore acuirsi della crisi». Nel cosiddetto «scenario in crescita» ipotizzato dal Mef le stime dei costi lievitano: 4,227 miliardi per il 2016 e 4,261 per l’anno prossimo. Ma anche nella prima ipotesi l’incremento di spesa è inevitabile: «Il sistema dell’accoglienza si trova a dover far fronte a una crescita esponenziale delle presenze» che esercita «una considerevole pressione sul territorio, mettendo alla prova la capacità di ricezione».
I numeri aggiornati a ieri del ministero dell’Interno sono peraltro eloquenti. Sono 158.515 i migranti sbarcati dall’inizio dell’anno (+13% rispetto al 2015); e 171.938 gli stranieri ospitati nei centri di accoglienza, a cui vanno sommati 19.429 «minori non accompagnati». Sul dramma dei minori il Mef è esplicito: si tratta di «un’enorme sfida in termini di adeguatezza degli alloggi, della supervisione e dell’introduzione scolastica». Le richieste d’asilo, poi, quest’anno «confermano il trend dello scorso anno e sono pari a 72 mila domande nei primi 8 mesi del 2016» come si legge nel documento di bilancio.
In questo quadro i fondi stanziati dal governo per il 2016 - circa 600 milioni - per pagare i servizi erogati nei centri di accoglienza arriveranno a giorni. Una quota, circa 300, sarà disponibile già dalla prossima settimana e il dicastero dell’Interno potrà dare corsi ai pagamenti per i gestori fermi al 31 marzo scorso. I prefetti delle 107 province d’Italia stanno invece studiando le mosse per l’ultima indicazione del ministro Alfano sulla distribuzione migranti. Scatta, infatti, una clausola di salvaguardia per i centri comunali già aderenti allo Sprar, il servizio di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Il ministro ha emanato una direttiva: dare assistenza ai rifugiati tocca adesso ai Comuni che finora non l’hanno fatta. Ma non è un meccanismo automatico. E nuove barricate non si possono escludere.
12 NOVEMBRE MANIFESTAZIONE NAZIONALE DEI MIGRANTI A ROMA - Da Taranto delegazione di migranti dei centri di accoglienza
(dal comunicato di Campagne in lotta)
In questi giorni diversi di noi sono stati più volte in questura per pressare ulteriormente rispetto all'incontro da fare con il ministero nella giornata di piazza. Per ora, la questura e il ministero temporeggiano. Alla luce del divieto e della composizione del corteo, a forte presenza di irregolari, e del fatto che nella giornata di sabato potremo contare su una partecipazione più larga, i lavoratori hanno deciso che la cosa migliore sia confermare l'appuntamento della manifestazione per Sabato 12 Novembre.
In questi giorni diversi di noi sono stati più volte in questura per pressare ulteriormente rispetto all'incontro da fare con il ministero nella giornata di piazza. Per ora, la questura e il ministero temporeggiano. Alla luce del divieto e della composizione del corteo, a forte presenza di irregolari, e del fatto che nella giornata di sabato potremo contare su una partecipazione più larga, i lavoratori hanno deciso che la cosa migliore sia confermare l'appuntamento della manifestazione per Sabato 12 Novembre.
Negli
scorsi giorni siamo state a Rosarno, dove i lavoratori e le lavoratrici
hanno confermato la loro adesione alla giornata. Al momento, è in
cantiere una nuova tendopoli di cui per ora non c’è traccia se non per
quanto riguarda l’erogazione dei finanziamenti (700.000 euro), mentre gli
insediamenti informali proliferano e gli alloggi destinati ai
lavoratori stagionali, mai assegnati, sono stati occupati da famiglie
locali con il sostegno di Casapound.
E' chiaro che al momento il Ministero dell'Interno è diventato il nostro interlocutore diretto e non la questura, ed un'eventuale non possibilità di fare l'incontro Sabato 12 sarebbe gravissimo e vedrebbe una necessaria risposta di piazza da parte di tutti e tutte. Crediamo in ogni caso, che in particolare la possibilità di avere una partecipazione maggiore nella giornata di Sabato, è fondamentale per far crescere questo percorso che come ci eravamo detti ha una scadenza fondamentale in quella giornata ma che viaggerà sulla lunga durata.
Al momento la piazza decisa per il concentramento è piazzale di porta San Giovanni. Questo sia per avere un percorso non troppo breve, sia per un arrivo agile per tutti quelli che arrivano da fuori Roma, che possono convergere più facilmente in un punto sulla tratta della linea A...
E' chiaro che al momento il Ministero dell'Interno è diventato il nostro interlocutore diretto e non la questura, ed un'eventuale non possibilità di fare l'incontro Sabato 12 sarebbe gravissimo e vedrebbe una necessaria risposta di piazza da parte di tutti e tutte. Crediamo in ogni caso, che in particolare la possibilità di avere una partecipazione maggiore nella giornata di Sabato, è fondamentale per far crescere questo percorso che come ci eravamo detti ha una scadenza fondamentale in quella giornata ma che viaggerà sulla lunga durata.
Al momento la piazza decisa per il concentramento è piazzale di porta San Giovanni. Questo sia per avere un percorso non troppo breve, sia per un arrivo agile per tutti quelli che arrivano da fuori Roma, che possono convergere più facilmente in un punto sulla tratta della linea A...
sabato 29 ottobre 2016
L'HOTSPOT DI TARANTO SEMPRE PIU' LUOGO DI DEPORTAZIONE E DI VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI - DEVE ESSERE CHIUSO!
Avevamo già denunciato mesi fa la deportazione da Ventimiglia e da
Como di tanti migranti all'hotpost di Taranto, con il chiaro scopo di
ricacciarli dai paesi da dove provengono e dove subiscono violenze, fame
e guerre, per cui i principali responsabili sono i nostri stessi paesi
imperialisti; avevamo denunciato che questa deportazione in alcuni casi
serviva solo a rimandare al nord i migranti, ma per rinchiuderli nei Cie
- su uno di questi casi esemplari vi è stata la denuncia/ricorso contro
il Questore e il Prefetto di Taranto da parte dell'Avv. Vitale di
Torino,
ORA SI DEPORTANO ALL'HOTSPOT DI TARANTO ANCHE I MIGRANTI IN REGOLA COL PERMESSO DI SOGGIORNO, CON LA PROTEZIONE INTERNAZIONALE ATTIVATA, E CHE PER QUESTO LAVORANO ANCHE REGOLARMENTE.
Questo è accaduto il 21 ottobre in cui cento migranti sono stati improvvisamente e senza fornire loro alcuna motivazione, presi e obbligati a salire su un treno e ad essere deportati da Milano a Taranto.
Associazioni di Taranto, dall'ass. Babele, a Welcome Taranto, a associazione Ohana, a campagna LasciateCIEntrare, lo hanno subito denunciato, a cui ha risposto, guarda caso, un assordante e complice silenzio stampa dei giornali locali. Oggi questa denuncia è stata ripresa con un'interrogazione parlamentare urgente dalla deputata tarantina di Sel, Donatella Duranti - insieme al gruppo di Sinistra Italiana - che tra l'altro denuncia che "fra di loro (vi è) addirittura un migrante in piena condizione di “vulnerabilità”, con regolare permesso di soggiorno, deportato da Milano all’Hotspot jonico e da questo allontanato ed abbandonato per strada.
L'Hotspot di Taranto è sempre più, quindi, un luogo di deportazione e di violazione aperta dei diritti umani.
E' un luogo in cui può succedere di tutto e nessuno deve saper niente, perchè nessuno può accedervi, se non i parlamentari, soprattutto PD - che dicono che va tutto bene.
Un luogo gestito direttamente da forze militari, con la complicità di un'associazione e del Comune.
Un luogo in cui le identificazioni vengono fatte anche usando metodi violenti verso i migranti che vi si oppongono; in cui non viene fornita informazione sui loro diritti legali.
Un luogo in cui si fa una selezione tra migranti "buoni", quelli pronvenienti da zone di guerra e che quindi possono entrare (essere mandati in Centri di accoglienza, le cui condizioni di assistenza il più delle volte sono vergognose) e migranti "cattivi", quelli cosiddetti "economici", che (per loro fortuna...) possono morire solo di fame o di persecuzioni, non sotto le bombe...; che vengono buttati fuori dall'hotspot senza un minimo di assistenza.
Un luogo in cui vengono ammassati uomini, donne, bambini in numero superiore alle capacità di accoglienza, e quest'estate sotto un pesante caldo, in una struttura senza un filo di ombra - nei giorni scorsi sono stati 521 i migranti in un centro hotspot che ne può contenere al massimo 400, e tra di loro vi erano 14 donne incinte, 119 minori, di cui 90 non accompagnati; nella stessa giornata erano arrivati altri 100 migranti, 50 provenienti da Ventimiglia e 50 da Como.
QUESTO LUOGO E' UNA VERGOGNA CHE VA CHIUSO CON LA LOTTA UNITA DEI SOLIDALI E DEI MIGRANTI!
BASTA CON LE DEPORTAZIONI!
I 100 MIGRANTI DEVONO TORNARE A MILANO!
Queste aperte violazioni dei diritti umani, di civiltà, sono il retroterra quotidiano che creano l'humus della gentaglia razzista di Gorino, e delle sparate fasciste di Lega, casa Pound a Milano.
Il Ministro Alfano invece di arrestare questi fascisti e razzisti che violano anche le leggi di questo paese, deporta o incarcera nei Cie i migranti.
LO SLAI COBAS per il sindacato di classe, sostiene la denuncia delle associazione e della deputata Duranti. Lo Slai cobas sc nsieme ad altre associazioni e sindacati di base che con i migranti stanno lottando, dalle campagne di Foggia, ai magazzini delle logistiche del nord, ai centri di accoglienza, sta organizzando una manifestazione nazionale dei migranti che si terrà a novembre a Roma, INVITA TUTTE LE ASSOCIAZIONI SOLIDALI A UNA CONFERENZA STAMPA UNITARIA VENERDI' 4 NOV. PRESSO LA SEDE VIA RINTONE, 22, ORE 17, E A ORGANIZZARE INSIEME LA PARTECIPAZIONE DEI MIGRANTI SU TARANTO ALLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE E UNA INIZIATIVA ALL'HOTSPOT DI TARANTO.
ORA SI DEPORTANO ALL'HOTSPOT DI TARANTO ANCHE I MIGRANTI IN REGOLA COL PERMESSO DI SOGGIORNO, CON LA PROTEZIONE INTERNAZIONALE ATTIVATA, E CHE PER QUESTO LAVORANO ANCHE REGOLARMENTE.
Questo è accaduto il 21 ottobre in cui cento migranti sono stati improvvisamente e senza fornire loro alcuna motivazione, presi e obbligati a salire su un treno e ad essere deportati da Milano a Taranto.
Associazioni di Taranto, dall'ass. Babele, a Welcome Taranto, a associazione Ohana, a campagna LasciateCIEntrare, lo hanno subito denunciato, a cui ha risposto, guarda caso, un assordante e complice silenzio stampa dei giornali locali. Oggi questa denuncia è stata ripresa con un'interrogazione parlamentare urgente dalla deputata tarantina di Sel, Donatella Duranti - insieme al gruppo di Sinistra Italiana - che tra l'altro denuncia che "fra di loro (vi è) addirittura un migrante in piena condizione di “vulnerabilità”, con regolare permesso di soggiorno, deportato da Milano all’Hotspot jonico e da questo allontanato ed abbandonato per strada.
L'Hotspot di Taranto è sempre più, quindi, un luogo di deportazione e di violazione aperta dei diritti umani.
E' un luogo in cui può succedere di tutto e nessuno deve saper niente, perchè nessuno può accedervi, se non i parlamentari, soprattutto PD - che dicono che va tutto bene.
Un luogo gestito direttamente da forze militari, con la complicità di un'associazione e del Comune.
Un luogo in cui le identificazioni vengono fatte anche usando metodi violenti verso i migranti che vi si oppongono; in cui non viene fornita informazione sui loro diritti legali.
Un luogo in cui si fa una selezione tra migranti "buoni", quelli pronvenienti da zone di guerra e che quindi possono entrare (essere mandati in Centri di accoglienza, le cui condizioni di assistenza il più delle volte sono vergognose) e migranti "cattivi", quelli cosiddetti "economici", che (per loro fortuna...) possono morire solo di fame o di persecuzioni, non sotto le bombe...; che vengono buttati fuori dall'hotspot senza un minimo di assistenza.
Un luogo in cui vengono ammassati uomini, donne, bambini in numero superiore alle capacità di accoglienza, e quest'estate sotto un pesante caldo, in una struttura senza un filo di ombra - nei giorni scorsi sono stati 521 i migranti in un centro hotspot che ne può contenere al massimo 400, e tra di loro vi erano 14 donne incinte, 119 minori, di cui 90 non accompagnati; nella stessa giornata erano arrivati altri 100 migranti, 50 provenienti da Ventimiglia e 50 da Como.
QUESTO LUOGO E' UNA VERGOGNA CHE VA CHIUSO CON LA LOTTA UNITA DEI SOLIDALI E DEI MIGRANTI!
BASTA CON LE DEPORTAZIONI!
I 100 MIGRANTI DEVONO TORNARE A MILANO!
Queste aperte violazioni dei diritti umani, di civiltà, sono il retroterra quotidiano che creano l'humus della gentaglia razzista di Gorino, e delle sparate fasciste di Lega, casa Pound a Milano.
Il Ministro Alfano invece di arrestare questi fascisti e razzisti che violano anche le leggi di questo paese, deporta o incarcera nei Cie i migranti.
LO SLAI COBAS per il sindacato di classe, sostiene la denuncia delle associazione e della deputata Duranti. Lo Slai cobas sc nsieme ad altre associazioni e sindacati di base che con i migranti stanno lottando, dalle campagne di Foggia, ai magazzini delle logistiche del nord, ai centri di accoglienza, sta organizzando una manifestazione nazionale dei migranti che si terrà a novembre a Roma, INVITA TUTTE LE ASSOCIAZIONI SOLIDALI A UNA CONFERENZA STAMPA UNITARIA VENERDI' 4 NOV. PRESSO LA SEDE VIA RINTONE, 22, ORE 17, E A ORGANIZZARE INSIEME LA PARTECIPAZIONE DEI MIGRANTI SU TARANTO ALLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE E UNA INIZIATIVA ALL'HOTSPOT DI TARANTO.
Una precedente interrogazione parlamentare sulla vergogna dell'hotspot di Taranto - Nessuna risposta dal governo e dal Ministro, mentre la situazione anche in questi giorni si fa sempre più grave - L'HOTSPOT DI TARANTO DEVE ESSERE CHIUSO!
Interrogazione a risposta scritta
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Al ministro dell’Interno
Per sapere
-
premesso che:
- l’hub di accoglienza per migranti situato nel porto di Taranto è operativo dal 17 marzo 2016 e insieme a quelli aperti a Pozzallo, Lampedusa e Trapani, (a cui se ne aggiunge uno “mobile” con un team in partenza da Catania che all’occorrenza si reca a fare le identificazioni direttamente sui luoghi di sbarco) rappresenta il sistema italiano dell’accoglienza ai rifugiati e profughi basato sul modello degli hotspot;
- attualmente gli hotspot, nell’assenza di una esplicita regolamentazione, sono configurati come luoghi chiusi nei quali operano le forze di polizia italiane, supportate dai rappresentanti delle agenzie europee (Frontex, Europol, Eurojust ed EASO, l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo);
- al loro interno, o comunque con il sistema “mobile”, vengono sottoposti a rilievi fotodattiloscopici gli stranieri appena sbarcati in Italia ai fini della loro identificazione per poi essere distinti e qualificati come richiedenti asilo o migranti economici;
- conseguentemente a questa sommaria “catalogazione” i migranti vengono inviati alle strutture di accoglienza per richiedenti asilo oppure sarebbero destinatari, come avvenuto nella maggioranza dei casi osservati fino ad ora dall’apertura degli hotspot,di un provvedimento di respingimento per ingresso illegale e poi lasciati sul territorio italiano senza alcuna misura di accoglienza non essendo comunque possibile alcun rimpatrio;
- una parte di coloro che rientrano nella prima categoria, ossia non vengono catalogati come migranti economici, vengono infine destinati alla c.d. “relocation”, ovvero hanno accesso alla procedura di ricollocazione in altri Stati membri del Unione Europea. Questa procedura, ad oggi, ha prodotto minimi effetti, con solo 530 profughi totali trasferiti verso altri Paesi dell’UE;
- con specifico riferimento al centro di Taranto non risulta chiara la natura della struttura in cui, tra le altre cose, è stato accertato - anche attraverso visite degli interroganti – la presenza di migranti trattenuti senza la comunicazione all’autorità giudiziaria entro le 48 ore come prevista dalla legge e, quindi, senza convalida del fermo di polizia;
- alcuni dei migranti che sono passati per l’hotspot di Taranto sono stati trattenuti per oltre 72 ore dopo le procedure di fotosegnalazione, quindi illegalmente e in assenza di motivi che giustificassero il trattenimento, considerato che il centro dovrebbe avere come funzione unica quella dell’identificazione;
- ulteriormente dai colloqui effettuati durante le visite con i migranti trattenuti emerge uno scarso lavoro di informativa da parte degli organi competenti sui diritti in capo ad essi prima che essi vengano preidentificati, come del resto previsto dalle normative nazionali e internazionali in materia;
- risulta particolarmente grave l’assenza di un’informativa circa al diritto di richiedere protezione internazionale che dovrebbe essere fatto prima di qualsiasi tipo di identificazione;
- a tal fine è bene ricordare che ogni straniero soccorso in mare e sbarcato ha il diritto di ricevere informazioni complete e comprensibili sulla sua situazione giuridica e ha il diritto di manifestare in qualsiasi momento (anche quando già si trova da tempo in Italia) la volontà di presentare domanda di asilo;
- la mancata informativa, o comunque l’informativa parziale e somministrata a persone appena sbarcate e ancora in grave stato di choc è risultata evidente nel più recente trasferimento all'hotspot
di Taranto del 31 marzo scorso dove persone di nazionalità marocchine si sono viste notificare un respingimento differito, dichiarando di non essere stati informati né di aver avuto la
possibilità di richiedere asilo, malgrado quanto previsto dalla Circolare del prefetto Morcone dello scorso 8 gennaio;
- la mancata informativa sarebbe quindi alla base dei respingimenti differiti eseguiti sull’accertamento della sola nazionalità;
- il caso accertato a Taranto lo scorso 31 marzo fa il paio con quanto avvenuto con altri cittadini di nazionalità gambiana negli hotspot siciliani e portato all’attenzione del Ministro in indirizzo con l’interrogazione n.411563 del 22 dicembre 2015;
- la pratica dei respingimenti differiti sulla sola base discriminante della nazionalità oltre a violare la Convenzione di Ginevra genera situazioni di estrema vulnerabilità delle persone lasciate senza nessun mezzo di sostentamento alle porte dell’hotspot, escludendole dal sistema nazionale d’accoglienza;
- lo scorso venerdì 1 aprile quindi, circa 250 migranti di nazionalità marocchina, sono stati accompagnati dall'hotspot ed è stato consegnato loro un provvedimento di respingimento differito. Questi non hanno potuto fare altro che riversarsi nella stazione ferroviaria cittadina, abbandonati a loro stessi, senza denaro, senza sostegno di alcun tipo;
- la situazione che si è venuta a creare si configura, ad opinione degli interroganti, oltre in violazione della normativa, come una vera e propria emergenza sociale di cui le prime vittime sono i migranti
- alla luce dell'inefficacia e della sommarietà del sistema degli hotspot quali iniziative intenda assumere il Governo e se in particolare non ritenga di chiuderli;
- quali iniziative intenda adottare per supportare gli impegni straordinari degli enti locali che devono provvedere, per le proprie competenze, a garantire condizioni dignitose in emergenza per numerosi migranti abbandonati a se stessi e quindi come si intenda intervenire per sostenere lo sforzo dei comuni che in paricolare ospitano gli hotspot.
On. Donatella Duranti, Michele Piras, Palazzotto, Scotto, Celeste Costantino, D’Attorre, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Marcon, Melilla, Marisa Nicchi, Annalisa Pannarale, Lara Ricciatti, Sannicandro
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Al ministro dell’Interno
Per sapere
-
premesso che:
- l’hub di accoglienza per migranti situato nel porto di Taranto è operativo dal 17 marzo 2016 e insieme a quelli aperti a Pozzallo, Lampedusa e Trapani, (a cui se ne aggiunge uno “mobile” con un team in partenza da Catania che all’occorrenza si reca a fare le identificazioni direttamente sui luoghi di sbarco) rappresenta il sistema italiano dell’accoglienza ai rifugiati e profughi basato sul modello degli hotspot;
- attualmente gli hotspot, nell’assenza di una esplicita regolamentazione, sono configurati come luoghi chiusi nei quali operano le forze di polizia italiane, supportate dai rappresentanti delle agenzie europee (Frontex, Europol, Eurojust ed EASO, l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo);
- al loro interno, o comunque con il sistema “mobile”, vengono sottoposti a rilievi fotodattiloscopici gli stranieri appena sbarcati in Italia ai fini della loro identificazione per poi essere distinti e qualificati come richiedenti asilo o migranti economici;
- conseguentemente a questa sommaria “catalogazione” i migranti vengono inviati alle strutture di accoglienza per richiedenti asilo oppure sarebbero destinatari, come avvenuto nella maggioranza dei casi osservati fino ad ora dall’apertura degli hotspot,di un provvedimento di respingimento per ingresso illegale e poi lasciati sul territorio italiano senza alcuna misura di accoglienza non essendo comunque possibile alcun rimpatrio;
- una parte di coloro che rientrano nella prima categoria, ossia non vengono catalogati come migranti economici, vengono infine destinati alla c.d. “relocation”, ovvero hanno accesso alla procedura di ricollocazione in altri Stati membri del Unione Europea. Questa procedura, ad oggi, ha prodotto minimi effetti, con solo 530 profughi totali trasferiti verso altri Paesi dell’UE;
- con specifico riferimento al centro di Taranto non risulta chiara la natura della struttura in cui, tra le altre cose, è stato accertato - anche attraverso visite degli interroganti – la presenza di migranti trattenuti senza la comunicazione all’autorità giudiziaria entro le 48 ore come prevista dalla legge e, quindi, senza convalida del fermo di polizia;
- alcuni dei migranti che sono passati per l’hotspot di Taranto sono stati trattenuti per oltre 72 ore dopo le procedure di fotosegnalazione, quindi illegalmente e in assenza di motivi che giustificassero il trattenimento, considerato che il centro dovrebbe avere come funzione unica quella dell’identificazione;
- ulteriormente dai colloqui effettuati durante le visite con i migranti trattenuti emerge uno scarso lavoro di informativa da parte degli organi competenti sui diritti in capo ad essi prima che essi vengano preidentificati, come del resto previsto dalle normative nazionali e internazionali in materia;
- risulta particolarmente grave l’assenza di un’informativa circa al diritto di richiedere protezione internazionale che dovrebbe essere fatto prima di qualsiasi tipo di identificazione;
- a tal fine è bene ricordare che ogni straniero soccorso in mare e sbarcato ha il diritto di ricevere informazioni complete e comprensibili sulla sua situazione giuridica e ha il diritto di manifestare in qualsiasi momento (anche quando già si trova da tempo in Italia) la volontà di presentare domanda di asilo;
- la mancata informativa, o comunque l’informativa parziale e somministrata a persone appena sbarcate e ancora in grave stato di choc è risultata evidente nel più recente trasferimento all'hotspot
di Taranto del 31 marzo scorso dove persone di nazionalità marocchine si sono viste notificare un respingimento differito, dichiarando di non essere stati informati né di aver avuto la
possibilità di richiedere asilo, malgrado quanto previsto dalla Circolare del prefetto Morcone dello scorso 8 gennaio;
- la mancata informativa sarebbe quindi alla base dei respingimenti differiti eseguiti sull’accertamento della sola nazionalità;
- il caso accertato a Taranto lo scorso 31 marzo fa il paio con quanto avvenuto con altri cittadini di nazionalità gambiana negli hotspot siciliani e portato all’attenzione del Ministro in indirizzo con l’interrogazione n.411563 del 22 dicembre 2015;
- la pratica dei respingimenti differiti sulla sola base discriminante della nazionalità oltre a violare la Convenzione di Ginevra genera situazioni di estrema vulnerabilità delle persone lasciate senza nessun mezzo di sostentamento alle porte dell’hotspot, escludendole dal sistema nazionale d’accoglienza;
- lo scorso venerdì 1 aprile quindi, circa 250 migranti di nazionalità marocchina, sono stati accompagnati dall'hotspot ed è stato consegnato loro un provvedimento di respingimento differito. Questi non hanno potuto fare altro che riversarsi nella stazione ferroviaria cittadina, abbandonati a loro stessi, senza denaro, senza sostegno di alcun tipo;
- la situazione che si è venuta a creare si configura, ad opinione degli interroganti, oltre in violazione della normativa, come una vera e propria emergenza sociale di cui le prime vittime sono i migranti
- alla luce dell'inefficacia e della sommarietà del sistema degli hotspot quali iniziative intenda assumere il Governo e se in particolare non ritenga di chiuderli;
- quali iniziative intenda adottare per supportare gli impegni straordinari degli enti locali che devono provvedere, per le proprie competenze, a garantire condizioni dignitose in emergenza per numerosi migranti abbandonati a se stessi e quindi come si intenda intervenire per sostenere lo sforzo dei comuni che in paricolare ospitano gli hotspot.
On. Donatella Duranti, Michele Piras, Palazzotto, Scotto, Celeste Costantino, D’Attorre, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Marcon, Melilla, Marisa Nicchi, Annalisa Pannarale, Lara Ricciatti, Sannicandro
venerdì 28 ottobre 2016
Interesse e discussione alle presentazioni del libro 'Ilva la tempesta perfetta' a Milano e Bologna
A Milano al Ligera di via Padova quarta presentazione milanese del libro Ilva
Un altro spazio permette la discussione e la battaglia degli autori del libro per fare anche a Milano dell'Ilva una grande questione nazionale.
Nella presentazione si è offerta e descritta l'altra faccia del pianeta Ilva per permettere a tutti di non soggiacere alla disinformazione, alla banalizzazione mediatica, ai luoghi comuni della vulgata ambientalista.
La classe operaia Ilva è stata raccontata con le contraddizioni e limiti, ma anche con gli embrioni di coscienza contenuta nelle sue lotte e nelle sue forme organizzative attuali.
Nel dibattito è intervenuto un ex operaio della Falk portando un quadro della situazione banalizzato e rassegnato, dicendo tra l'altro che 'le acciaierie a Sesto hanno chiuso, possono chiudere anche a Taranto',
Gli autori del libro chiariscono con rappresentazione della realtà che l'alternativa è intanto la costruzione dell'unità operaia e popolare per rivendicare con la lotta, ambientalizzazione e bonifica, contro governo stato e padroni; anche se è ben chiaro che senza
partito di classe e sindacato di classe questa strada non potrà essere realmente percorsa e vincere.
A Bologna alla libreria INFOMODOSHOP di via mascarella, la presenza è stata di studenti tarantini a bologna e realta di operai impegnati in una inchiesta politica e teorica al servizio delle avanguardie operaie e del movimento comunista.
La presentazione ha avuto lo scopo di mostrare come gli operai e le masse popolari hanno
Un altro spazio permette la discussione e la battaglia degli autori del libro per fare anche a Milano dell'Ilva una grande questione nazionale.
Nella presentazione si è offerta e descritta l'altra faccia del pianeta Ilva per permettere a tutti di non soggiacere alla disinformazione, alla banalizzazione mediatica, ai luoghi comuni della vulgata ambientalista.
La classe operaia Ilva è stata raccontata con le contraddizioni e limiti, ma anche con gli embrioni di coscienza contenuta nelle sue lotte e nelle sue forme organizzative attuali.
Nel dibattito è intervenuto un ex operaio della Falk portando un quadro della situazione banalizzato e rassegnato, dicendo tra l'altro che 'le acciaierie a Sesto hanno chiuso, possono chiudere anche a Taranto',
Gli autori del libro chiariscono con rappresentazione della realtà che l'alternativa è intanto la costruzione dell'unità operaia e popolare per rivendicare con la lotta, ambientalizzazione e bonifica, contro governo stato e padroni; anche se è ben chiaro che senza
partito di classe e sindacato di classe questa strada non potrà essere realmente percorsa e vincere.
A Bologna alla libreria INFOMODOSHOP di via mascarella, la presenza è stata di studenti tarantini a bologna e realta di operai impegnati in una inchiesta politica e teorica al servizio delle avanguardie operaie e del movimento comunista.
La presentazione ha avuto lo scopo di mostrare come gli operai e le masse popolari hanno
Forte boato per esercitazione militare - Via le basi militari dalla nostra terra!
Ieri un fortissimo boato è stato avvertito in Puglia, nella provincia di Taranto, alle 15:30. Il rumore è stato associato, sulle prime, ad una scossa di terremoto. Non si è trattato però di un evento sismico ma di suono provocato dal superamento della barriera sonora da parte di uno o più aerei militari, nel corso di una esercitazione. Il fenomeno è definito “bang supersonico”, in italiano boato sonico, generato dalle onde d’urto create ad esempio da un aereo che supera la velocità superiore del suono.
(Da TRM Network).
Dobbiamo essere a rischio anche per le esercitazioni militari?!
Questa notizia passata in sordina in realtà è grave. Siamo circondati da basi militari, e le loro esercitazioni (quelle che sappiamo, solo quando avviene un incidente, ma soprattutto quelle che non sappiamo) mettono in pericolo la nostra sicurezza.
Poi, perchè queste esercitazioni? Sono collegate con gli accordi Nato/Usa dell'Italia e del governo Renzi con Obama, per un maggior intervento dell'Italia nelle zone di guerra, dalla Libia alla Siria?
Noi non vogliamo guerre imperialiste che portano solo bombardamenti, morte e distruzioni in quei paesi, e inevitabili fughe dalla guerra; non vogliamo che per le loro guerre rischi la popolazione del nostro paese.
(Da TRM Network).
Dobbiamo essere a rischio anche per le esercitazioni militari?!
Questa notizia passata in sordina in realtà è grave. Siamo circondati da basi militari, e le loro esercitazioni (quelle che sappiamo, solo quando avviene un incidente, ma soprattutto quelle che non sappiamo) mettono in pericolo la nostra sicurezza.
Poi, perchè queste esercitazioni? Sono collegate con gli accordi Nato/Usa dell'Italia e del governo Renzi con Obama, per un maggior intervento dell'Italia nelle zone di guerra, dalla Libia alla Siria?
Noi non vogliamo guerre imperialiste che portano solo bombardamenti, morte e distruzioni in quei paesi, e inevitabili fughe dalla guerra; non vogliamo che per le loro guerre rischi la popolazione del nostro paese.
Noi operaie della selezione della differenziata-Pasquinelli, sfruttate, a rischio sempre di ammalarci per i rifiuti che tocchiamo e di perdere il nostro lavoro, non ci facciamo affatto abbattere, e saremo a Roma il 25 novembre, insieme alle altre lavoratrici a gridare la nostra rabbia e la nostra volontà di lotta e di non fermarci!
giovedì 27 ottobre 2016
GIOVEDI' ROSSI - UN INTERVENTO: I "PROPAGANDISTI DELL'IMPERIALISMO BUONO"
Pubblichiamo oggi un intervento di un compagno di Alessandria sulla Formazione Operaia pubblicato nelle passate settimane. Prendiamo l'occasione per invitare altri compagni, compagne, lavoratori, giovani a intervenire e a leggere i 2 Quaderni sulla Formazione Operaia su L'Imperialismo, finora usciti, che raccolgono i testi della FO usciti dal 28 gennaio al 28 luglio.
leggendo la critica alla seconda parte del settimo capitolo de "L'imperialismo" di Lenin - e segnatamente la parte che riguarda i riformisti finto antimperialisti - mi è venuto da fare una considerazione, molto semplice, che concerne un'altra fondamentale opera del compagno Vladimir Ilic Uljanov: "Sulla parola d'ordine degli Stati Uniti d'Europa".
In questo scritto epocale Lenin sostiene che "dal punto di vista delle condizioni economiche dell’imperialismo, ossia dell’esportazione del capitale e della spartizione del mondo da parte delle potenze coloniali ‘progredite’ e ‘civili’, gli Stati Uniti d’Europa in regime capitalistico sarebbero o impossibili o reazionari".
Il rinnegato Kautsky afferma che "l’imperialismo non è il capitalismo moderno, ma semplicemente una forma della politica del moderno capitalismo”, e ne fa discendere che non bisogna cambiare l'approccio verso di esso.
Per contro, Lenin dimostra che questa posizione altro non è che "una più raffinata e coperta (e perciò più pericolosa) propaganda per la conciliazione con l’imperialismo”. E’ banalmente la teoria della possibilità di esistenza di un “imperialismo buono”. E i riformisti prima chiedono agli imperialisti di essere buoni e poi si riducono a propagandisti dell’”imperialismo buono”.
Ecco, questa è, a mio avviso, la posizione corretta da cui partire per analizzare - e demolire - tutte le teorie che si sono diffuse negli ultimi decenni all'interno di quello che penso si possa definire il 'campo revisionista': dal Socialismo del XXI Secolo, al solito vecchio e trito discorso delle 'riforme di struttura' (dette anche terza via) di togliattiana memoria.
E' evidente che, almeno nel panorama italiano, si assiste ad un ritorno del togliattismo e contemporaneamente ad una affascinazione di buona parte della restante sinistra 'comunista' per quel caudillismo, che poco c'entra con il socialismo, che governa molti Stati dell'America latina.
Si tratta in ambedue i casi di teorie che negano la possibilità della trasformazione della società in senso socialista, ed in prospettiva comunista:
si ammantano di frasi 'rivoluzionarie', ma finiscono per sostenere regimi oggettivamente di altra natura.
Stefano Ghio - Alessandria/Genova
Stefano Ghio - Alessandria/Genova
mercoledì 26 ottobre 2016
Vertenza Cementir: lo Slai Cobas incontra il responsabile task force aree di crisi della Regione
Si è tenuto oggi un incontro tra lo SlaiCobas per il sindacato di classe rappresentato da
RSA Cementir e slai cobas provinciale e il responsabile della task force regiobale per le aree di crisi, Leo Caroli, in merito alla vertenza Cementir, che ha dichiarato 107 esuberi di cui 47 nel sito di Taranto.
L'incontro si è tenuto poche ore dopo l'annuncio della convocazione al MISE dei sindacati confederali di categoria edili e il gruppo cementir per il 27 ottobre alle 11, per discutere della situazione nel Gruppo,
La discussione è servita per far conoscere bene al responsabile della task force ribadire la posizione dei lavoratori dello slai cobas Cementir - nato in opposizione proprio allo sciagurato accordo tra azienda e confederali del 2013, che diede via libera alla CIGS a fronte di un fumoso impegno del Gruppo a una ristrutturazione ("rewamping"), che non è mai stato mantenuto.
Quell'accordo, come a denti stretti ammette oggi perfino qualcuno che lo ha appoggiato, è servito da copertura e apripista ai piani aziendali di liquidazione di fatto dello stabillimento.
All'epoca la Regione si impegnò perfino a cofinanziare la ristrutturazione e ammodernamento degli impianti - "ci costò fatica far passare quella delibera e oggi, con una diversa maggiornaza, un provvedimento simile sarebbe ancora più difficile da ottenere", ha subito avvertito il dirigente regionale.
Oggi lo slai cobas ha chiesto che la Regione rinnovi il suo impegno affinché alla Cementir non passi nessun esubero, in nessuna forma, e soprattutto ha chiesto che essa si adoperi per inchiodare l'azienda alle proprie responsabilità, mettendo in campo se questo avviene risorse regionali a sostegno del piano di rilancio.
Lo slai cobas ha sottolineato che è interesse di tutti e quindi della stessa regione che altri posti di lavoro non siano persi nella realtà industriale di Taranto, già pesantemente penalizzata.
Non si può permettere che il gruppo Cementir continui a fare profitti e, in nome dell'internazionalizzazione, si sbarazzi della produzione in Italia, lasciandosi alle spalle deserto occupazionale e devastazione ambientale e scaricando tutti i costi sui lavoratori e la popolazione.
Lo slai cobas ha affermato che non servono ammortizzatori sociali senza un piano industriale che preveda l'occupazione di tutti gli operai.
Questo deve essere posto con chiarezza un tutte le sedi in cui si discute la vertenza, anche quelle in cui lo Slai cobas sc non partecipa.
L'incontro si è concluso con l'impegno a ritrovarsi presto dopo l'incontro al MISE.
Già il 7 novembre in Regione è convocato il tavolo, che avrebbe riunirsi il 26. Caroli si è reso disponibile a portare anche in questo tavolo il punto di vista dello slai cobas e a incontrarci subito dopo.
Intanto, nei prossimi giorni e in vista del 7 novembre lo slai cobas invierà una nota organica con le sue proposte, su cui si confronterà con l’assemblea dei lavoratori per arrivare a una nuova mobilitazione generale incisiva già per il 7 novembre.
RSA Cementir e slai cobas provinciale e il responsabile della task force regiobale per le aree di crisi, Leo Caroli, in merito alla vertenza Cementir, che ha dichiarato 107 esuberi di cui 47 nel sito di Taranto.
L'incontro si è tenuto poche ore dopo l'annuncio della convocazione al MISE dei sindacati confederali di categoria edili e il gruppo cementir per il 27 ottobre alle 11, per discutere della situazione nel Gruppo,
La discussione è servita per far conoscere bene al responsabile della task force ribadire la posizione dei lavoratori dello slai cobas Cementir - nato in opposizione proprio allo sciagurato accordo tra azienda e confederali del 2013, che diede via libera alla CIGS a fronte di un fumoso impegno del Gruppo a una ristrutturazione ("rewamping"), che non è mai stato mantenuto.
Quell'accordo, come a denti stretti ammette oggi perfino qualcuno che lo ha appoggiato, è servito da copertura e apripista ai piani aziendali di liquidazione di fatto dello stabillimento.
All'epoca la Regione si impegnò perfino a cofinanziare la ristrutturazione e ammodernamento degli impianti - "ci costò fatica far passare quella delibera e oggi, con una diversa maggiornaza, un provvedimento simile sarebbe ancora più difficile da ottenere", ha subito avvertito il dirigente regionale.
Oggi lo slai cobas ha chiesto che la Regione rinnovi il suo impegno affinché alla Cementir non passi nessun esubero, in nessuna forma, e soprattutto ha chiesto che essa si adoperi per inchiodare l'azienda alle proprie responsabilità, mettendo in campo se questo avviene risorse regionali a sostegno del piano di rilancio.
Lo slai cobas ha sottolineato che è interesse di tutti e quindi della stessa regione che altri posti di lavoro non siano persi nella realtà industriale di Taranto, già pesantemente penalizzata.
Non si può permettere che il gruppo Cementir continui a fare profitti e, in nome dell'internazionalizzazione, si sbarazzi della produzione in Italia, lasciandosi alle spalle deserto occupazionale e devastazione ambientale e scaricando tutti i costi sui lavoratori e la popolazione.
Lo slai cobas ha affermato che non servono ammortizzatori sociali senza un piano industriale che preveda l'occupazione di tutti gli operai.
Questo deve essere posto con chiarezza un tutte le sedi in cui si discute la vertenza, anche quelle in cui lo Slai cobas sc non partecipa.
L'incontro si è concluso con l'impegno a ritrovarsi presto dopo l'incontro al MISE.
Già il 7 novembre in Regione è convocato il tavolo, che avrebbe riunirsi il 26. Caroli si è reso disponibile a portare anche in questo tavolo il punto di vista dello slai cobas e a incontrarci subito dopo.
Intanto, nei prossimi giorni e in vista del 7 novembre lo slai cobas invierà una nota organica con le sue proposte, su cui si confronterà con l’assemblea dei lavoratori per arrivare a una nuova mobilitazione generale incisiva già per il 7 novembre.
RSA Cementir
slai cobas provinciale
Processo Ilva: mettiamo fine ad udienze monopolizzate dai legali di Riva e soci! Ma per questo è necessaria una presenza di massa al processo - L'intervento degli avv. di Torino delle parti civili Slai cobas
Questa mattina è in corso una nuova udienza del processo Ilva in cui i PM dovranno respingere il nuovo tentativo degli avvocati di Riva, Ilva e soci di trasferire il processo da Taranto.
E' chiaro che si tratta soprattutto dell'ennesima manovra di allungare i tempi, di far prescrivere buona parte dei reati - e questa volta, cosa gravissima, con una persecuzione personale dei magistrati e giudici popolari.
Ma a questa situazione, in cui ancora non si vede quando potrà iniziare la fase dibattimentale, occorre mettere fine, altrimenti la "fine" del processo è nota...
Occorre mettere fine pretendendo una diversa linea e atteggiamento del presidente della Corte D'Assise che non mette limite al monopolio da parte dei legali degli imputati di tempi e numero di interventi.
Ma occorre mettere fine soprattutto con una presenza di massa delle parti civili e della popolazione al processo.
Al contrario di quello che vanno blaterando alcuni ambientalisti e loro associazioni sul fatto che sarebbe bene non andare al processo per non dare adito agli avvocati dei Riva, LA REALTA' STA DIMISTRANDO CHE PROPRIO AVENDO CAMPO LIBERO GLI AVVOCATI DEI RIVA FANNO QUELLO CHE VOGLIONO, CHIEDONO IL TRASFERIMENTO DEL PROCESSO E MILLE ALTRE ECCEZIONI!!
Quindi chi dice di "non andare" è criminale, sta oggettivamente favorendo Riva e complici della morte di tanti lavoratori e cittadini!
Riportiamo stralci dell'intervento dei legali di Torino delle parti civili presentate dallo Slai cobas per il sindacato di classe, su questa inqualificabile richiesta di spostamento del processo:
"... pur
quando il magistrato abbia adottato, a proprio nome e per proprio
conto, un atto di impulso del procedimento (quale è la denuncia) non
trova applicazione il disposto dell’art. 11 c.p.p. se il magistrato
non abbia poi anche assunto la veste formale di persona offesa o
quanto meno di danneggiato.
Nel
caso di specie, nessuno dei magistrati procedenti ha assunto la
qualità di persona offesa da reato, né quella di danneggiato. Non è
sufficiente la mera prospettazione astratta di un danno teorico, ma
occorre, per il trasferimento di competenza, l’assunzione formale
di tale qualità...
ipotizzare
che sia sufficiente un mera ed astratta ipotesi che uno dei
magistrati sia potenzialmente danneggiato consentirebbe di
paralizzare un gran numero di processi, potendosi sempre trovare, nel
distretto, un magistrato che possa astrattamente lamentare un danno,
magari, a titolo esemplificativo, per aver avuto una azione della
grande impresa fallita; o qui, essendosi costituiti lamentando un
danno anche la regione Puglia ed alcuni Ministeri, sarebbe
sufficiente che un magistrato risieda in Puglia o in ipotesi estrema
sia cittadino italiano, per lamentare un danno! O chi può escludere
che un magistrato anche del distretto di Potenza, o anche di altri
distretti italiani, abbia acquistato e mangiato un formaggio prodotto
in una delle masserie di cui al capo H, magari in quanti in vendita
in un negozio sito vicino la sua abitazione di Potenza, e magari
anche in un negozio di Catanzaro – e così via di distretto in
distretto - ed abbia dunque forse patito un potenziale danno?)...
lunedì 24 ottobre 2016
DALL'ASSEMBLEA NAZIONALE PER LA MANIFESTAZIONE DEI MIGRANTI - UN PRIMO REPORT E L'INTERVENTO DA TARANTO
L'assemblea nazionale tenutasi ieri, 23, a Roma delle realtà in lotta per preparare la manifestazione nazionale dei migranti, ha visto una buona partecipazione di varie realtà, dal nord al sud, con il protagonismo dei lavoratori immigrati.
Si sono indicati i punti delle richieste da fare al governo, che rappresentano la situazione dei vari settori di migranti:
Dalle rivendicazioni portate dai lavoratori delle campagne in lotta di Foggia, che portando la loro esperienza e volontà di continuare la lotta, chiedono un contratto, condizioni di vita dignitose e umane, e che il governo regolarizzi chi lavora nelle campagne con o senza i documenti;
alle richieste di libertà di movimento collegata a chi è costretto a lavorare nelle campagna (cara-hot spot sono bacini di manodopera a baso costo);
al diritto ad abitare -residenza - servizi sanitari - no ai ghetti controllati dalla polizia e alla repressione
ai problemi generali dei permessi di soggiorno, dei documenti, e soprattutto del riconoscimento del diritto d'asilo.
Sono intervenuti vari migranti che hanno denunciato come non sia vero che le leggi sono uguali per tutti: noi immigrati siamo vittime di un sistema di leggi che ci fanno vivere da apartheid. Vogliamo il permesso di soggiorno= riconoscimento identità, basta tendopoli del governo e istituzioni locali...
Hanno denunciato che anche chi ha il contratto di lavoro si vede pagare le ore in meno, poi ci sono le difficoltà ad avere una residenza, non si può pagare affitto.
Altri hanno attaccato il ruolo di certe associazioni volta a tenere buoni i migranti e a dare una falsa fotografia della realtà.
Vogliono - si è detto - che le prefetture interrompano i fogli di via.
Noi lottiamo per una battaglia per essere tutti umani.
Lo Slai cobas per il sindacato di classe da Taranto a Bergamo ha portato la voce e le lotte dei migranti, a Taranto dei centro di accoglienza, a Bergamo dei lavoratori della logistica.
RIPORTIAMO L'INTERVENTO DA TARANTO
Lo Slai cobas per il sindacato di classe e i rappresentanti dei migranti di Taranto sono d'accordo per una mobilitazione unitaria dei migranti delle varie situazioni. Perchè al di là di situazioni diverse (dai migranti che stanno nei centri di accoglienza (o Cie, Cara) e Hotspot, ai migranti che lavorano nelle campagne, ai migranti che da anni risiedono in Italia e che in particolare al nord sono sfruttati nella logistica (o altri settori lavorativi) e/ hanno problema di salario, case, ecc.), tutti sono uniti dall'attacco delle leggi passate e recenti dei governo italiani, come dalla legislazione europea; e tutti vengono attaccati nei diritti fondamentali di vita e umani; verso tutti vengono portate avanti azioni e un clima di razzismo e repressione quando lottano e si organizzano.
Per quanto poi riguarda i migranti nei centri di accoglienza è lo stesso Stato che con le deportazioni dal nord al sud (per es. in questo mesi da Ventimiglia, Como a Taranto) unisce situazioni anche lontane.
Questa mobilitazione è necessaria anche come messaggio verso i lavoratori italiani e altri movimenti sociali di lotta nel nostro paese, perchè per realizzare un'unità di classe contro i comuni nemici è necessaria la voce e l'azione di lotta autonoma dei migranti e delle migranti - cosa che in parte già si realizza in alcune situazioni locali, ma che è bene che abbia forza nazionale. Questa lotta rafforza la battaglia di tutta la classe e delle masse popolari nel nostro paese.
La piattaforma di questa manifestazione è il frutto delle lotte che ha visto in questi anni e mesi i migranti diretti protagonisti.
A Taranto i migranti hanno lottato in varie fasi e spesso, con il sostegno dello Slai cobas sc, hanno strappato dei risultati.
Taranto, per questo, da città in cui unicamente "depositare" i migranti, sta diventando una città e una provincia in cui i migranti si organizzano si ribellano e sono anche d'esempio sia per la determinazione della loro lotta sia per i risultati.
Questo è accaduto anni fa a Manduria (provincia di Taranto), dove grazie alla rivolta di migliaia di Tunisini, rinchiusi in una specie di campo militare di concentramento - una grande rivolta in cui si intrecciò la lotta nostra esterna e la ribellione dei migranti - si riuscì ad ottenere per la prima volta per tutti, indistintamente, un permesso di soggiorno umanitario di 6 mesi e i migranti dal giorno dopo erano liberi di uscire o viaggiare in Italia.
Questa è accaduto, e sta continuando ad accadere anche in questi giorni, nella città di Taranto, dove circa 150 migranti, con lo Slai cobas sc hanno fatto per tutta un'estate una lunga e dura lotta, e sono riusciti a conquistare i documenti di identità per tutti, mentre in tante altre situazioni della provincia o della regione ancora non li hanno; questo è avvenuto contrastando prima l'azione di sabataggio dell'associazione del centro, e del Comune, l'azione da "ponzio pilato" della prefettura, e poi la repressione della questura.
Questi migranti sono diventati poi d'esempio ad altri migranti di altri centri, che in questi giorni si stanno mobilitando per i permessi di soggiorno, i documenti, e condizioni dignitose di vita nei centri.
Ma c'è il grosso problema per tutti del diritto d'asilo, che sempre più si deve scontrare con norme sempre più restrittive, commissioni che ormai fanno fotocopia dei loro dinieghi, con magistrati e avvocati burocrati, ecc.
Questa è accaduto, e sta continuando ad accadere anche in questi giorni, nella città di Taranto, dove circa 150 migranti, con lo Slai cobas sc hanno fatto per tutta un'estate una lunga e dura lotta, e sono riusciti a conquistare i documenti di identità per tutti, mentre in tante altre situazioni della provincia o della regione ancora non li hanno; questo è avvenuto contrastando prima l'azione di sabataggio dell'associazione del centro, e del Comune, l'azione da "ponzio pilato" della prefettura, e poi la repressione della questura.
Questi migranti sono diventati poi d'esempio ad altri migranti di altri centri, che in questi giorni si stanno mobilitando per i permessi di soggiorno, i documenti, e condizioni dignitose di vita nei centri.
Ma c'è il grosso problema per tutti del diritto d'asilo, che sempre più si deve scontrare con norme sempre più restrittive, commissioni che ormai fanno fotocopia dei loro dinieghi, con magistrati e avvocati burocrati, ecc.
L'altro grosso problema è la presenza dell'Hotspot a Taranto. Un luogo in cui può succedere di tutto e nessuno deve saper niente, perchè nessuno può accedervi, se non i parlamentari, soprattutto PD - che dicono che va tutto bene.
Un luogo gestito direttamente da forze militari, con la complicità di un'associazione e del Comune. Noi abbiamo notizie di obbligo alla registrazione portato avanti anche con metodi violenti.
Un luogo gestito direttamente da forze militari, con la complicità di un'associazione e del Comune. Noi abbiamo notizie di obbligo alla registrazione portato avanti anche con metodi violenti.
Così come i respingimenti, e le deportazioni, che avvengono sempre nel silenzio in città.
Dobbiamo lottare (indichiamo qui alcune rivendicazioni limitatamente ai migranti che stanno nei centri, mentre per le altre realtà differenti dei migranti, appoggiamo le rivendicazioni che portano avanti) per:
- permessi di soggiorno umanitario per tutti, e documenti di ientità, indipendentemente dal paese di provenienza e dalle ragioni (guerra o miseria, o persecuzione, ecc.) per cui sono in Italia;
- diritto di asilo per tutti - perchè violenza e rischio di vita è anche per fame, persecuzione, discriminazioni (con aumento delle commissioni, un iter speciale e di urgenza nei tribunali)
- nessun respingimento
- libertà di circolazione
- lavoro dignitoso, secondo i contratti collettivi, contro l'ipersfruttamento dei migranti
- assunzione dei migranti che stanno nei centri in attività socialmente utili, retribuite e assicurate, e/o corsi di formazione retribuiti
- NO agli hotspot - ma subito: nessuna imposizione di registrazione, libertà di circolazione; possibilità di accesso per associazioni, sindacati di base, solidali.
Ma per noi in Italia, un paese imperialista, in prima linea nelle guerre per la difesa dei profitti delle multinazionali e per mettere le mani nelle zone strategiche, e responsabile della condizione di miseria delle popolazioni dell'Africa, del medio Oriente, nonchè amico dei peggiori regimi, come l'Egitto, essere uniti ai migranti vuol dire soprattutto lottare contro il nostro imperialismo, il nostro Stato, il nostro governo Renzi, le sue leggi, le sue guerre.
QUESTO E' IL MIGLIOR SOSTEGNO CHE POSSIAMO DARE ALLA LOTTA DEI MIGRANTI!
Questo è l'aiuto che la lotta dei migranti dà alla nostra battaglia per rovesciare i governi imperialisti della guerra, della miseria, della repressione.
SLAI COBAS per il sindacato di classe - Taranto
- lavoro dignitoso, secondo i contratti collettivi, contro l'ipersfruttamento dei migranti
- assunzione dei migranti che stanno nei centri in attività socialmente utili, retribuite e assicurate, e/o corsi di formazione retribuiti
- NO agli hotspot - ma subito: nessuna imposizione di registrazione, libertà di circolazione; possibilità di accesso per associazioni, sindacati di base, solidali.
Ma per noi in Italia, un paese imperialista, in prima linea nelle guerre per la difesa dei profitti delle multinazionali e per mettere le mani nelle zone strategiche, e responsabile della condizione di miseria delle popolazioni dell'Africa, del medio Oriente, nonchè amico dei peggiori regimi, come l'Egitto, essere uniti ai migranti vuol dire soprattutto lottare contro il nostro imperialismo, il nostro Stato, il nostro governo Renzi, le sue leggi, le sue guerre.
QUESTO E' IL MIGLIOR SOSTEGNO CHE POSSIAMO DARE ALLA LOTTA DEI MIGRANTI!
Questo è l'aiuto che la lotta dei migranti dà alla nostra battaglia per rovesciare i governi imperialisti della guerra, della miseria, della repressione.
SLAI COBAS per il sindacato di classe - Taranto
23 ottobre 2016
sabato 22 ottobre 2016
L'Avv. Pellegrin di Torino, legale delle parti civili organizzate dallo Slai cobas al processo Ilva, interviene sulla prossima udienza del 26 che tratterà della nuova istanza di trasferimento del processo degli avvocati di Riva
L'istanza di rimessione non è volta ad eliminare un singolo astratto
conflitto di interessi. Diversamente non si potrebbe celebrare nessun
processo per reati ambientali nella sua sede o non si potrebbe
celebrare in nessun luogo d'Italia un processo per reati finanziari che
hanno turbato l'economia nazionale. Perchè tutti potenzialmente possiamo
subire dei danni.
La chiave è quella che devono sussistere GRAVI
SITUAZIONI LOCALI TALI DA TURBARE LO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E NON
ALTRIMENTI ELIMINABILI. Mi pare che proprio nell'oggi tali situazioni di
turbativa non vi siano. Mentre per il passato (che forse ce ne potevano
essere) sono già state ritenute non tali da turbare lo svolgimento.
Ergo
l'istanza è palesemente infondata ed è solamente un espediente
dilatorio che va liquidato con la massima velocità. (parole due, per far
capire che si fa un gran castello di istanze fondate sul nulla).
L'astratto
conflitto di interessi avrebbe dovuto essere eccepito con una istanza
di ricusazione ex art. 37 cpp, ormai tardiva ex art. 38 c.p.p., riguardando tutto il processo, non un singolo atto. E comunque, se sorta nel corso dell'udienza, doveva essere presentata entro tre giorni.
Siffatti
espedienti sono posti in essere anche per defatigare economicamente le
parti civili. Onde si può neutralizzarli adeguatamente evitando che
colpiscano in tal senso e riducendo al massimo il tempo di discussione.
LAVORATRICI E LAVORATORI DELLE CAMPAGNE ANCORA UNA VOLTA NELLE STRADE DI FOGGIA: BASTA RICATTI, DOCUMENTI E CONTRATTI!
Un’altra
grande giornata di lotta é stata promossa ieri 21 ottobre, in occasione
dello sciopero generale che ha coinvolto diversi settori e città
d'Italia. A Foggia, lavoratori e lavoratrici delle campagne sono scesi
in piazza per ribadire con determinazione le loro richieste, che portano
avanti da più di un anno: documenti, contratti, sanità, casa,
trasporti. Nonostante le provocazioni di Prefettura e Questura,
lavoratrici e lavoratori hanno dimostrato ancora una volta la loro
volontà di lottare e di non cedere a provocazioni e ricatti.
Dopo mesi di silenzio e ripetuti solleciti, il giorno precedente allo sciopero la Prefettura ha ricevuto, alla presenza del Questore, una delegazione di lavoratori, dimostrando tutta la difficoltà e l'imbarazzo delle istituzioni nel fornire risposte concrete. Lo stesso giorno, all'alba, la polizia ha fermato tre lavoratori all'uscita del “ghetto” di Borgo Mezzanone e in serata ha emesso nei loro confronti tre decreti di espulsione, firmati da Prefetto e Questore. Ancora una volta, le istituzioni dimostrano di voler colpire lavoratori innocenti nonostante ripetute proteste, rassicurazioni e proclami sulla “lotta al caporalato”, nel silenzio generale sulle tragiche e frequentissime morti di braccianti per le strade della provincia, che sono conseguenza diretta della mancata applicazione dei contratti nelle clausole che prevedono il trasporto da e per i luoghi di lavoro. La convocazione di un tavolo con le associazioni di categoria di produttori e trasformatori, chiesta a gran voce con un blocco della filiera del pomodoro messo in campo lo scorso 25 agosto, è stata nuovamente rimandata a data da destinarsi. La prefetta ha inoltre rivendicato le “misure” adottate da governo e parlamento negli scorsi mesi – un protocollo e una legge contro il caporalato votati unicamente alla (peraltro inattuata) repressione e all'istituzionalizzazione dei campi di lavoro, stile apartheid, insieme alla formalizzazione del caporalato attraverso agenzie interinali e cooperative. Secondo la prefettura, per poter parlare di come rendere realtà il rispetto dei contratti è necessario per i lavoratori firmare l'inutile protocollo anticaporalato discusso al momento con i sindacati confederali, complici del sistema. Un protocollo che, nonostante sia la risposta istituzionale alle mobilitazioni dei lavoratori, non ha minimamente tenuto conto delle loro richieste. Per il resto, minacce, insulti e nessuna volontà di dialogo né di coinvolgere i diretti responsabili dello sfruttamento: le grandi aziende, l'industria agroalimentare e quella GDO che ieri a Modena ha permesso le cariche ai lavoratori di Conad in sciopero. Le istituzioni non vanno oltre misure emergenziali improntate su un paradigma securitario e repressivo.
I lavoratori e le lavoratrici non intendono cedere a questi nuovi ricatti, e sono scesi in piazza per rimarcarlo e ricordare alle istituzioni che pretendono risposte e vogliono poter decidere in prima persona delle loro vite e del loro lavoro. Una volta giunti in corteo nei pressi della prefettura di Foggia, la polizia ha impedito ai braccianti di unirsi al raggruppamento di studenti e lavoratori del pubblico impiego organizzati dall’USB, producendo uno scenario da vero apartheid e dimostrando di aver paura dell'unità dei lavoratori. Ribadendo che lo sfruttamento non ha colore e che la giornata di ieri era uno sciopero di tutti e tutte, studenti e lavoratori hanno poi raggiunto i braccianti superando i cordoni della polizia: ancora una volta la solidarietà di classe ha vinto sul razzismo e le strumentalizzazioni del potere!
La giornata di sciopero di ieri ha espresso unità e solidarietà trasversale, a Foggia come in molte città d’Italia in cui lavoratrici, studenti, precari, occupanti di case si sono mobilitati contro ogni forma di sfruttamento e contro le politiche del Governo Renzi. La lotta dei lavoratori e delle lavoratrici delle campagne ha dimostrato ancora una volta determinazione ad andare avanti e non arrendersi, e porterà nei prossimi mesi i suoi obiettivi e le sue rivendicazioni a livello nazionale.
WE STILL NEED YES!
Verso la manifestazione nazionale dell’ 11 novembre a Roma, per una mobilità senza confini né sfruttamento!
Comitato Lavoratori delle Campagne - Rete Campagne in Lotta - SI Cobas
Dopo mesi di silenzio e ripetuti solleciti, il giorno precedente allo sciopero la Prefettura ha ricevuto, alla presenza del Questore, una delegazione di lavoratori, dimostrando tutta la difficoltà e l'imbarazzo delle istituzioni nel fornire risposte concrete. Lo stesso giorno, all'alba, la polizia ha fermato tre lavoratori all'uscita del “ghetto” di Borgo Mezzanone e in serata ha emesso nei loro confronti tre decreti di espulsione, firmati da Prefetto e Questore. Ancora una volta, le istituzioni dimostrano di voler colpire lavoratori innocenti nonostante ripetute proteste, rassicurazioni e proclami sulla “lotta al caporalato”, nel silenzio generale sulle tragiche e frequentissime morti di braccianti per le strade della provincia, che sono conseguenza diretta della mancata applicazione dei contratti nelle clausole che prevedono il trasporto da e per i luoghi di lavoro. La convocazione di un tavolo con le associazioni di categoria di produttori e trasformatori, chiesta a gran voce con un blocco della filiera del pomodoro messo in campo lo scorso 25 agosto, è stata nuovamente rimandata a data da destinarsi. La prefetta ha inoltre rivendicato le “misure” adottate da governo e parlamento negli scorsi mesi – un protocollo e una legge contro il caporalato votati unicamente alla (peraltro inattuata) repressione e all'istituzionalizzazione dei campi di lavoro, stile apartheid, insieme alla formalizzazione del caporalato attraverso agenzie interinali e cooperative. Secondo la prefettura, per poter parlare di come rendere realtà il rispetto dei contratti è necessario per i lavoratori firmare l'inutile protocollo anticaporalato discusso al momento con i sindacati confederali, complici del sistema. Un protocollo che, nonostante sia la risposta istituzionale alle mobilitazioni dei lavoratori, non ha minimamente tenuto conto delle loro richieste. Per il resto, minacce, insulti e nessuna volontà di dialogo né di coinvolgere i diretti responsabili dello sfruttamento: le grandi aziende, l'industria agroalimentare e quella GDO che ieri a Modena ha permesso le cariche ai lavoratori di Conad in sciopero. Le istituzioni non vanno oltre misure emergenziali improntate su un paradigma securitario e repressivo.
I lavoratori e le lavoratrici non intendono cedere a questi nuovi ricatti, e sono scesi in piazza per rimarcarlo e ricordare alle istituzioni che pretendono risposte e vogliono poter decidere in prima persona delle loro vite e del loro lavoro. Una volta giunti in corteo nei pressi della prefettura di Foggia, la polizia ha impedito ai braccianti di unirsi al raggruppamento di studenti e lavoratori del pubblico impiego organizzati dall’USB, producendo uno scenario da vero apartheid e dimostrando di aver paura dell'unità dei lavoratori. Ribadendo che lo sfruttamento non ha colore e che la giornata di ieri era uno sciopero di tutti e tutte, studenti e lavoratori hanno poi raggiunto i braccianti superando i cordoni della polizia: ancora una volta la solidarietà di classe ha vinto sul razzismo e le strumentalizzazioni del potere!
La giornata di sciopero di ieri ha espresso unità e solidarietà trasversale, a Foggia come in molte città d’Italia in cui lavoratrici, studenti, precari, occupanti di case si sono mobilitati contro ogni forma di sfruttamento e contro le politiche del Governo Renzi. La lotta dei lavoratori e delle lavoratrici delle campagne ha dimostrato ancora una volta determinazione ad andare avanti e non arrendersi, e porterà nei prossimi mesi i suoi obiettivi e le sue rivendicazioni a livello nazionale.
WE STILL NEED YES!
Verso la manifestazione nazionale dell’ 11 novembre a Roma, per una mobilità senza confini né sfruttamento!
Comitato Lavoratori delle Campagne - Rete Campagne in Lotta - SI Cobas
La mobilitazione dei migranti di Paolo VI comincia a smuovere le acque - ma non bisogna fermarsi
La mobilitazione dei
migranti di Paolo VI e il presidio alla prefettura dell'altra
settimana ha avuto, dopo l'incontro con la vice prefetto Trematerra,
uno sviluppo e un primo risultato.
Vi è stato un incontro
tra lo Slai cobas sc e rappresentanti dell'Associazione “Noi e
Voi”, su tutti i punti che i migranti avevano esposto lamentele,
l'Associazione ha dato delle risposte. Su alcune cose, ammettendo che
effettivamente c'erano e che su di esse si sta adoperando per
rimuovere; su altre ha fornito chiarimenti sullo stato della
situazione.
Verificheremo chiaramente
il tutto con i migranti stessi.
Nello specifico:
Sulla questione della
scarsità del cibo, i rappresentanti dell'Associazione hanno ammesso
Resoconto giornata di lotta 21 ottobre - ILVA
Lo Slai cobas sc di
Taranto, aderendo allo sciopero nazionale, lo ha trasformato in una
giornata di lotta e di unità dei lavoratori intorno innanzitutto
alla questione del lavoro.
Riportiamo un resoconto di questa ricca giornata, affrontando ogni realtà di lavoratori impegnata.
IN QUESTO ARTICOLO COMINCIAMO DALL'ILVA
DI SEGUITO PARLIAMO DEGLI ALTRI SETTORI IN LOTTA
Riportiamo un resoconto di questa ricca giornata, affrontando ogni realtà di lavoratori impegnata.
IN QUESTO ARTICOLO COMINCIAMO DALL'ILVA
DI SEGUITO PARLIAMO DEGLI ALTRI SETTORI IN LOTTA
I
All'Ilva è stato diffuso
un importante volantino che ha rilanciato la piattaforma dello Slai
cobas sc su tutte le questioni urgenti che interessano il lavoro, la
salute re la sicurezza, le condizioni salariali dei lavoratori:
No alla svendita/No
alla newco; nessun esubero/No alla cig e ai contratti di solidarietà;
utilizzo degli operai nei lavori di ambientalizzazione della
fabbrica, con fermo dei reparti nocivi, non a norma sicurezza, salute
e tutela ambientale; pensionamento anticipato per tutti i lavoratori
con almeno 25 anni di stabilimento; postazione ispettiva permanente
in fabbrica; No al contratto metalmeccanici in discussione, Sì al
contratto per la siderurgia per meglio tutelare condizioni di lavoro,
orari e salari adeguati.
Questa piattaforma ora,
attraverso i lavoratori presenti in fabbrica, iscritti o
simpatizzanti dello Slai cobas sc, viene portata avanti all'interno,
allo scopo di promuoverne l'adesione in
Resoconto giornata di lotta 21 ottobre - CEMENTIR
La giornata di lotta di
ieri ha visto un vero sciopero di 24 ore alla Cementir, come risposta
al fallimento della trattativa nazionale a Roma tra azienda e
sindacati confederali. Lo sciopero anche oggi è stato unitario di
tutte le OO.SS. presenti in fabbrica, compreso lo Slai cobas sc.
Lo Slai cobas sc aveva già
previsto questa situazione in occasione dello sciopero e
presidio/incontro in Prefettura della scorsa settimana, e alla fine
dell'incontro aveva già dato ai lavoratori l'indicazione di un
presidio in piazza Castello per coinvolgere il Comune a loro fianco,
e alla Prefettura per verificare se gli impegni da essa assunti
fossero stati mantenuti.
Gli operai si sono
presentati in massa in piazza Castello, una volta bloccata la
fabbrica.
Qui i rappresentanti
sindacali confederali hanno avuto un frettoloso incontro col Sindaco
Resoconto giornata di lotta 21 ottobre - LAV. CIMITERO
Il cuore della giornata di
lotta, il vero presidio per il lavoro ieri è stato la straordinaria
unità che i rappresentanti delle vertenze sul lavoro della città
hanno realizzato e che attualmente solo lo Slai cobas sc è in grado
di attivare e garantire.
La lotta dei lavoratori è
una sola e solo se riusciamo ad unire e trasformare una forza
materiale si possono ottenere veri risultati.
I lavoratori del cimitero,
della selezione della differenziata Pasquinelli hanno partecipato in
folte delegazioni, insieme ai rappresentanti degli asili, degli
appalti della Teoma, delle scuole statali, dei disoccupati, con una
forte componente delle donne lavoratrici che sono state anche questa
volta numerose, una vera forza materiale, di prima linea che non si
ferma a Taranto e che sarà portata a livello nazionale il 25
novembre a Roma.
Ieri con l'iniziativa di
lotta abbiamo voluto riprendere il filo di tutte le vertenze in corso
per unirle e per sviluppare un confronto decisivo con
l'amministrazione comunale, e non solo.
Negli incontri che abbiamo
avuto con gli esponenti della Giunta abbiamo affrontato una per una
queste vertenze, per ottenere impegni e un percorso che possa
finalmente migliorare e dare una prospettiva alle lavoratrici e ai
lavoratori.
Per il Cimitero, abbiamo
posto due questioni chiave: la bonifica del cimitero, prima di tutto.
I lavoratori cimiteriali quotidianamente inghiottono le polveri dei
parchi minerali dell'Ilva e molto altro. Hanno pagato il costo di due
morti e solo negli ultimi anni tre ulteriori
Resoconto giornata di lotta 21 ottobre - LAV. PASQUINELLI
IV
Al Sindaco e alla Giunta
oggi è stato anche portato il problema della Pasquinelli, nel più
generale contesto della raccolta differenziata a Taranto affidata
all'Amiu.
Qui si è avviata la
calendarizzazione di un incontro serio tra amministrazione, con
l'assessorato all'ambiente e l'Amiu.
Pur non essendoci alla
Pasquinelli effetti immediati nella continuità lavorativa dei
lavoratori operanti nell'impianto di selezione, e su questo sono
state date assicurazionI dall'assessore al lavoro, il problema che i
lavoratori dello Slai cobas sc pongono va al di là della specifica
situazione.
Noi vogliamo che
effettivamente venga fatta in questa città la raccolta differenziata
porta a
Resoconto giornata di lotta 21 ottobre - LAV. ASILI - TEOMA
V
Circa la situazione delle
lavoratrici degli asili, l'amministrazione ha segnalato che
attualmente il nuovo assessore Lupo che se ne sta occupando e che
quindi è con essa che vanno realizzati gli incontri specifici. Degli
asili recentemente si parla molto sui giornali, ma le lavoratrici
dello Slai cobas sc insistono che è con loro che bisogna
innanzitutto confrontarsi, e questo finora non è avvenuto mai
seriamente e fattivamente, anche se precedenti incontri vi sono
stati.
Le lavoratrici sono in
regime di estrema precarietà, con un lavoro ridotto a 11 ore
settimanali, assolutamente insufficienti per il servizio di pulizia e
ausiliariato che garantisca gli asili e i bambini che le frequentano.
E' questo il punto da cui bisogna partire se si vuole affrontare
realmente il problema degli asili a Taranto. Questo regime di orario
e di bassissimi salari deve finire. L'amministrazione e le Ditte
pretendono sempre più lavoro, ma con appalti sempre più al massimo
ribasso, vergognosi, in aperta violazione di norme contrattuali.
L'assessore al lavoro ha
detto che intende essere di supporto alla soluzione di questi
problemi.
Ma è evidente che se
l'incontro non sarà a breve e né positivo, le lavoratrici Slai
cobas sc useranno forme di lotta sindacali e azioni legali per
tutelare il loro diritto ad un orario e salario dignitoso.
Nella giornata di ieri è
stata affrontata anche la situazione delle lavoratrici e lavoratori
operanti nella Teoma. Apprendiamo dai giornali la grave vicenda
giudiziaria fatta di tangenti e mazzette con la Marina Militare che
tocca il proprietario della Teoma – e questo ancora una volta
chiarisce come vanno gli appalti pubblici a Taranto.
Le lavoratrici dello Slai
cobas sc vogliono la tutela del lavoro, un appalto stabile e sicuro
che le metta anche a riparo da ogni ricaduta sul lavoro e sulle loro
condizioni di lavoro. A questo scopo l'assessore al
LE LAVORATRICI, PRECARIE: DALLA GIORNATA DEL 21 ALLA MANIFESTAZIONE A ROMA DEL 25 NOVEMBRE
Ieri le donne sono state numerose e in prima linea nella giornata di lotta, nel presidio al Comune, dalle lavoratrici degli asili alle lavoratrici della Teoma, dalle operaie della Pasquinelli alle lavoratrici delle pulizie delle scuole statali, alla disoccupate.
Nella condizione negativa generale, le donne a Taranto - ma dovunque - sono quelle che vivono condizioni di lavoro sempre precarie a rischio perdita del lavoro, a orari e salari vergognosi; ma sono anche quelle che hanno il doppio lavoro fuori e in casa, che devono sobbaccarsi tutti i problemi quotidiani della famiglia, della mancanza di servizi sociali. Ma, anche per questa condizione, sono una vera forza materiale, combattive, e che nellalotta portano l'insieme della denuncia della loro condizione di sfruttamento e oppressione.
Per questo ieri è stato naturale dire che dopo Taranto si va a Roma, per manifestare e protestare sotto i Palazzi del potere nella giornata del 25 novembre. In questa giornata, dedicata a livello ondiale contro la violenza sessuale sulle donne, che fa stupri e femminicidi peggio di una guerra, le lavoratrici, precarie, disoccupate vogliono portare la loro ribellione contro tutte le violenze di questo sistema sociale.
Per organizzarsi, le lavoratrici ieri si sono date appuntamento per il 3 novembre alle ore 17,30 c/o sede Slai cobas via Rintone, 22.
Intanto viene portata in ogni posto di lavoro la locandina della manifestazione del 25 novembre e si stanno organizzando anche riunioni nei quartieri.
Nella condizione negativa generale, le donne a Taranto - ma dovunque - sono quelle che vivono condizioni di lavoro sempre precarie a rischio perdita del lavoro, a orari e salari vergognosi; ma sono anche quelle che hanno il doppio lavoro fuori e in casa, che devono sobbaccarsi tutti i problemi quotidiani della famiglia, della mancanza di servizi sociali. Ma, anche per questa condizione, sono una vera forza materiale, combattive, e che nellalotta portano l'insieme della denuncia della loro condizione di sfruttamento e oppressione.
Per questo ieri è stato naturale dire che dopo Taranto si va a Roma, per manifestare e protestare sotto i Palazzi del potere nella giornata del 25 novembre. In questa giornata, dedicata a livello ondiale contro la violenza sessuale sulle donne, che fa stupri e femminicidi peggio di una guerra, le lavoratrici, precarie, disoccupate vogliono portare la loro ribellione contro tutte le violenze di questo sistema sociale.
Per organizzarsi, le lavoratrici ieri si sono date appuntamento per il 3 novembre alle ore 17,30 c/o sede Slai cobas via Rintone, 22.
Intanto viene portata in ogni posto di lavoro la locandina della manifestazione del 25 novembre e si stanno organizzando anche riunioni nei quartieri.