PRESIDIO AL TRIBUNALE DI TARANTO: LA LOTTA NO TAV NON SI ARRESTA! La dichiarazione di Nicoletta

Nicoletta Dosio: "Andrò in carcere dove troverò altri oppressi, altri ultimi, con cui solidarizzare e creare una nuova famiglia. Andrò in carcere perché di Tav non si parla più. Lo si considera un capitolo chiuso: e quindi con il mio corpo dietro le sbarre voglio riaprire questa storia indecente".

Dopo il presidio, i compagni di proletari comunisti hanno portato striscioni, locandine, volantinaggio anche in centro città

CONTRO L'INGIUSTIZIA DEL POTERE, LA RESISTENZA È UN DOVERE 
(di Nicoletta Dosio)

A questo principio si ispira ormai da trent’anni il movimento NO TAV e, da sempre, rispondono le lotte sociali e ambientali, in tante parti del paese e del mondo.
Contro tale resistenza, il sistema ha messo in campo leggi, eserciti, tribunali e carceri.
I territori, le persone, la natura sono più che mai materia bruta di sfruttamento da parte di un capitale che, nella sua arroganza dimentica di ogni limite, in nome del profitto infinito, accumula sulla propria strada morti e rovine, fino a mettere in discussione la sopravvivenza stessa del Pianeta. Anche in Valle di Susa l’opposizione popolare che, forte della memoria operaia e resistenziale, ha deciso di

Libertà per Nicoletta Dosio - Mobilitazione anche a Taranto: al Tribunale stamattina alle 11,45

L'arresto di Nicoletta Dosio già si sta rivelando una "pietra che gli ricadrà pesantemente sui piedi"! L'hanno voluta arrestare in questi giorni di fine anno illudendosi forse che non ci sarebbe stata immediata mobilitazione. E, invece, già da ieri sera e oggi in Val Susa, a Torino e in decine e decine di città, dal nord al sud stiamo scendendo in piazza, assediando questure, tribunali, prefetture, ecc.

Siamo vicini col cuore, con la mente a Nicoletta, dovunque possiamo, mobilitiamoci! NIcoletta è tutte noi. E' le donne che lottano irriducibilmente, senza paura e resistono ad una magistratura, uno Stato di polizia brutale, marcio, incivile, di "giustizieri" al servizio degli interessi del capitale e della grande speculazione, dei distruttori di territori.
Anche questo assurdo arresto mostra la giustezza di rovesciare questo Stato borghese che mette in galera chi lotta per i diritti, la giustizia, la dignità, la vita delle popolazioni e lascia non solo in libertà ma a decidere in parlamento e nei governi sulle nostre vite chi ruba miliardi, chi lascia morire         in mare i migranti, come i rappresentanti dei padroni che ogni giorno compiono atti criminali per i loro profitti, ecc. 

Ribadiamo che Nicoletta ha fatto benissimo a disobbedire ai divieti della magistratura, a violare le sue assurde sentenze. Le "regole" di questo Stato e della Polizia è giusto romperle!
 Non abbiamo nulla da cui difenderci, ma abbiamo da attaccare sempre di più, dimostrando l'abisso che esiste tra la grandezza delle lotta per la libertà, per i diritti delle popolazioni e la miseria, il fascismo di questo Stato, di questi governi.
La battaglia NoTav e le donne, compagne della NoTav, con la loro determinatezza, coraggio, forza non possono essere arrestate.
LIBERTA' SUBITO PER NICOLETTA DOSIO!

MFPR
31 dicembre 2019

lunedì 30 dicembre 2019

giu' le mani da Nicoletta Dosio combattente NO TAV - Noi la conosciamo e siamo solidali - slai cobas per il sindacato di classe TARANTO

 per Nicoletta - le masse a Bussoleno-Torino in piazza subito

 notav.info@notav_info

scesi in strada alla spicciolata stanno rallentando l’arresto bloccando la strada. 


Els veïns de Bussoleno (Torí) baixen al carrer per a impedir la detenció de @NicolettaDosio, activista #NoTav (contraris a la línia alta velocitat que destrossaria la #ValdiSusa) de 73 anys, professora jubilada de grec i llatí.

in carcere a 73 anni: "In cella potrò partecipare ad altri fronti di lotta"


Un gruppo di manifestanti ha però impedito ai carabinieri di portre via la militante valsusina.

Bussoleno, la protesta degli attivisti No Tav per l'arresto della 73enne 'pasionaria' Nicoletta Dosio



Foggia si specula sulla pelle dei lavoratori delle campagne - VOGLIAMO CASE NON GHETTI!

CI DATE LE TENDE? TORNEREMO NELLE STRADE!

Dopo l'incendio del 3 dicembre scorso al Gran Ghetto di Rignano, non si è perso tempo nel mettere in moto la già rodata macchina speculatrice sulla pelle dei lavoratori. Pochi giorni dopo la tragedia, che ha distrutto buona parte delle abitazioni lasciando centinaia di persone prive di casa, la Prefettura ha messo in piedi la solita risposta, che non ha nulla di provvisorio ma anzi si appresta a diventare la nuova normalità che tutti conoscono bene: tende. Ad oggi sono circa 25, le tende blu della protezione civile che sono state posizionate nel terreno adiacente a ciò che rimane del ghetto, per mezzo di protezione civile e Regione. A tendopoli conclusa i posti totali saranno 500, in base a quanto raccontato dalle forze dell'ordine ad alcuni abitanti, con 10 persone per tenda, il che non lascia dubbi sulle condizioni di sovraffollamento a cui saranno sottoposte le persone che vi andranno a vivere, date le ridotte dimensioni delle tende. Già è emersa la volontà, per quanto concerne l'organizzazione

Info - Entro i Il 7 gennaio il Tribunale del Riesame deciderà se spegnere o no l’impianto n.2

di Domenico Palmiotti

Imagoeconomica
Ore di attesa per le sorti dell’altoforno 2 dello stabilimento ex Ilva di Taranto, ora ArcelorMittal. Il Tribunale del Riesame é infatti chiamato a decidere sul ricorso presentato da Ilva in qualità di proprietaria degli impianti, ovvero se restituire l’impianto alla società per effettuare gli ulteriori lavori di messa in sicurezza, oppure confermare il no alla proroga espresso il 10 dicembre dal giudice Francesco Maccagnano.
In tal caso rimarrebbe il sequestro senza facoltà d’uso e andrebbe avanti sino alla fine il cronoprogramma di fermata e spegnimento. Oggi, 30 dicembre, a Palazzo di Giustizia si è tenuta l’udienza sul ricorso. Che è durata circa un’ora e si è svolta in un clima definito «sereno» rispetto alla precedente udienza di settembre scorso quando il Riesame esaminò un altro ricorso di Ilva sempre sull’altoforno 2.
In quell’occasione Ilva impugnò la mancata facoltà d’uso dell’altoforno espressa a fine luglio da

Una nota di un compagno lavoratore di Genova sull'Ilva che chiarisce cosa è accaduto all'Ilva di Cornigliano e la differenza tra Genova e Taranto

Lettera di un Compagno lavoratore di Genova del
Coordinamento Lavoratrici e Lavoratori autoconvocati per l'unità della classe 

Cari compagni,
"...la parola d'ordine della "chiusura delle fonti inquinanti" non significa un bel nulla. O meglio, di fatto significa avallare i fumosi piani industriali di riconversione.
Secondo me l'autentico sindacalismo di classe non deve abbracciare, sostenere, alcun piano industriale. Non è affare dei lavoratori ma dei padroni. Ciò vale a scala aziendale quanto nazionale.
E ciò vale, a scala aziendale si che si tratti di un piano di rilancio mantenendo aperte le fonti inquinanti sia che si tratti di un piano di riconversione; a scala nazionale sia che si tratti di cercare un acquirente sul mercato internazionale (o mantenere quello attuale) sia che si tratti di nazionalizzare.
Ci si deve invece attestare sulla difesa dei bisogni immediati: salario, orario, salute, sicurezza.
Salario: bisognerebbe ad es. lottare per l'integrazione della Cigo e dell Cigs da parte di ArcelorMittal così da raggiungere il salario pieno.
Orari: ridurre l'orario di lavoro giornaliero e di vita (in pensione prima) così da ridurre l'esposizione degli operai all'aria insalubre dell'acciaieria.
Salute e sicurezza: oltre al punto di cui sopra, lotta per il rinnovo e la manutenzione degli impianti e per le bonifiche.

Genova: la situazione di Taranto - anche a voler mettersi a ragionare di piani industriali - è ben diversa da quella genovese.
L'acciaieria di Genova aveva solo un altoforno, si trova a una distanza media inferiore di quella di Taranto rispetto ai mercati di sbocco (manifatture del Nord Italia). A Genova, con l'accordo di programma del 2005 che ha imposto la chiusura dell'altoforno, si è passati da 1.700 operai impiegati nella acciaieria ad un migliaio scarso. Gli altri, ridottisi per i progressivi pensionamenti, sono stati impiegati in lavori di pubblica utilità (ad es. manutenzione dei parchi). Per gli operai della fabbrica è stato un compromesso accettabile. La combattività degli operai dello stabilimento è stata mantenuta ad un buon livello e nei cortei per gli scioperi hanno partecipato anche gli operai addetti ai lavori di pubblica utilità, col che voglio dire che si è mantenuta una discreta unità operaia, internamente allo stabilimento.
Ma ciò, come voi sapete bene, è stato fatto ad un prezzo: quello di impedire l'unità fra i lavoratori di Genova e quelli di Taranto.
Ciò è successo per i calcoli opportunistici del gruppo politico maggioritario nella Fiom provinciale 
genovese che si è accontentato di difendere il proprio "fortino" cioè il suo radicamento nello 
stabilimento di Cornigliano, disinteressandosi del tutto di tentare di unire gli operai al di sopra degli 
stabilimenti perché ciò avrebbe implicato una lotta internamente alla Fiom, che quei dirigenti non 
hanno mai voluto fare.
Inoltre, cercare l'unità con gli operai più combattivi di Taranto, avrebbe implicato lo stabilirsi di un 
rapporto col sindacalismo di base, cosa che quel gruppo politico si è sempre ben guardato da fare, in 
quanto avrebbe significato andare allo scontro internamente alla Cgil.
Quindi il bilancio per Cornigliano è che l'accordo fu accettabile preso in sé e per sé, guardando solo a quella fabbrica, ma nell'ottica del movimento generale della classe operaia la condotta della Fiom locale ha frenato il possibile sviluppo del sindacalismo di classe.
Prendere per Taranto a modello l'accordo di programma di Genova, come fa ad esempio l'Usb, significa da un lato chiudere ancora una volta gli operai dentro i confini dello stabilimento, dall'altro spacciare una mera e pericolosa illusione, perché le due situazioni industriali non sono comparabili: Taranto senza il ciclo integrale non avrà il mercato che ha Cornigliano ed in ogni caso ciò implicherebbe una riduzione disastrosa degli operai addetti nella fabbrica..."
Un caro saluto
Mp

sabato 28 dicembre 2019

ILVA: UNITA' CONTRO IL CAPITALISMO - Un contributo



ArcelorMittal, ex ILVA: l’unità di lotta degli operai e degli abitanti di Taranto è la strada per difendere occupazione, salario, salute e ambiente

Nel mese di novembre 2019 la multinazionale ArcelorMittal ha annunciato esuberi, tagli degli organici con fermate degli altiforni e del treno nastri dell’ex Ilva di Taranto.
ArcelorMittal, nella ricerca del massimo profitto, in questi giorni con la presentazione del piano di ristrutturazione, ha annunciato 4.700 nuovi esuberi, 2.800 dal 2020 e gli altri negli anni successivi. Con i 500 operai espulsi dalla fabbrica lo scorso anno, sono circa 6mila e 500 gli “esuberi”.

I sindacati collaborazionisti, che finora hanno concordato con il padrone e il governo i licenziamenti mascherati e le dimissioni incentivate, anteponendo il profitto del padrone alla salute e alla vita umana dei lavoratori e della popolazione di Taranto, davanti a quest’altro attacco all’occupazione hanno chiamato i lavoratori in produzione allo sciopero per difendere il posto di lavoro e la fabbrica, che continua ad avvelenare e inquinare.
Lo scontro fra gli stessi operai, guidato dai sindacati confederali e anche di alcuni di quelli di base che difendono il posto di lavoro così com’è senza sicurezza, inquinato che avvelena prima loro e poi le loro famiglie e abitanti di Taranto, serve solo al padrone.
I sacrifici di ieri - che l’azienda, con la complicità del governo e sindacati collaborazionisti, filo padronale Cgil-Cisl-Uil-Ugl e Usb, ha imposto agli operai con i primi esuberi e lo scudo penale concesso al padrone (in pratica l’impunità, la licenza di uccidere e avvelenare i lavoratori e la popolazione) - hanno preparato quelli ancora più pesanti di oggi.

Gli operai sono le prime vittime dello sfruttamento e dell’inquinamento. Le sostanze nocive e inquinanti prima avvelenano e uccidono gli operai poi, dopo averli avvelenati, escono dalla fabbrica, si disperdono nel territorio attraverso le falde acquifere, l’aria, la pioggia avvelenando la popolazione.
Chiudere le fonti inquinanti, risanare gli ambienti nocivi della fabbrica bonificandola è interesse comune dei lavoratori e della stragrande maggioranza dei cittadini di Taranto. Solo un pugno di sfruttatori o parassiti che vivono delle briciole e dei privilegi che il padrone della fabbrica gli concede possono difendere la fabbrica così com’è.

Per anni le organizzazioni sindacali hanno barattato (e continuano a farlo) salario e occupazione, monetizzando la salute e la vita umana degli operai invece di lottare per chiudere le fonti inquinanti.
L’esperienza ci ha insegnato che la salute del lavoratore non può essere tutelata solo attraverso l'adozione di strumenti protettivi (aspiratori, maschere, tute ecc.) capaci di preservarci dalle nocività così come s'intende normalmente (calore, rumore, polveri ecc.). Nel sistema capitalista tutta l'organizzazione del lavoro nella fabbrica dove si produce per il profitto è nociva.
Cottimo, ritmi, orario di lavoro, organici, qualifiche, dislocazione e tipo del macchinario, rumore, calore, polveri, sono funzionali allo sfruttamento del lavoratore. Lo sfruttamento non si evidenzia solo nella pericolosità degli ambienti lavorativi che producono morti sul lavoro e nel territorio, si evidenzia anche da un salario insufficiente alle necessità della vita. Lo sfruttamento è anche il prolungamento della giornata lavorativa sui mezzi di trasporto insufficienti, una casa inadeguata e comoda, il sistema sanitario e quello tributario iniqui.
I lavoratori e i cittadini devono unitariamente rivendicare un’efficiente medicina preventiva, che ricerchi scientificamente il rapporto di casualità tra malattie tipiche della società industriale (disturbi cardiaci, reumatismi, bronchiti, tumori, aborti ecc.) e ambiente di lavoro, e che intervenga al fine di rimuovere le cause delle malattie.
In Italia gli anni tra il 1965 e il 1970 hanno visto gli operai protagonisti di dure lotte che mettevano in discussione - tra le altre cose - anche gli ambienti di lavoro insalubri e ponevano con forza la necessità e l'urgenza di sottrarre il lavoratore al lento massacro cui era sottoposto. In quegli anni scioperi, fermate improvvise e spontanee di operai e di gruppi di lavoratori costretti a lavorare in ambienti angusti e nocivi, nelle fonderie, nelle forge e in ambienti a caldo, nei cantieri e nelle campagne, soprattutto nei mesi estivi quando la temperatura sul posto di lavoro diventava intollerabile, erano la prima forma di difesa e di ribellione. Nelle piattaforme - insieme al salario - si rivendicavano obiettivi che riguardavano l'organizzazione e l'ambiente di lavoro rivendicando la salute e la chiusura dei siti fino a bonifica fatta.
È necessario che gli operai, liberandosi della direzione dei bonzi sindacali che hanno tutto l’interesse a garantire il profitto, prendano nelle proprie mani il problema della salute insieme ai comitati cittadini, rivendicando con forza la chiusura dei siti inquinanti e l’utilizzo dei lavoratori di questi siti per la bonifica a salario pieno. Le bonifiche sono l’obiettivo unificante per gli operai e i cittadini e questo vale sia che il padrone si chiami ArcelorMittal o Stato.
Una fabbrica nazionalizzata avrebbe lo stesso problema del privato, il mercato dell’acciaio in crisi imporrebbe nuovi piani industriali, esuberi e peggioramento delle condizioni normative e salariali.
Chi s’illude che con la nazionalizzazione la situazione degli operai migliorerebbe rimarrà in breve tempo deluso. Lo Stato rappresenta gli interessi collettivi della classe dominante capitalista al potere e tutti i governi, di qualsiasi colore, difendono sempre gli interessi del capitale.

Michele Michelino - Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio

Ieri in tutte le città presidi sotto la prefettura - Anche a Taranto, si chiede l'abrogazione dell'infame decreto sicurezza e la riapertura degli Sprar


Ieri mattina, presidio sotto la prefettura anche a Taranto. Una rappresentanza dello Slai cobas per il sindacato di classe vi ha partecipato.  La presenza più significativa è stata quella di decine di migranti che rischiano loro o i loro fratelli di essere cacciati a causa del decreto Salvini, mai cancellato e che continua a produrre i suoi nefasti effetti, prima amplificati dalla propaganda razzista del Ministro degli Interni e ora nel silenzio, ma sempre gravissimi per i migranti e la loro vita. 
Questo è dimostrato anche dall'aumento dei numeri di rimpatri che stanno avvenendo, prima accompagnati dalle grida di vittoria di Salvini, ora dal silenzio della Lamorgese, che ha sì riaperto (con "cautela") i porti agli arrivi dei migranti - mentre comunque i morti/stragi in mare continuano, e i mancati o ritardi nei salvataggi avvengono come prima - ma ha spalancato contemporaneamente porti e aeroporti per cacciare realmente i migranti, facendoli tornare negli orrendi lager libici, delle torture, degli stupri, delle morti. Di fatto, è cambiata la "propaganda" ma la politica e azione antimmigrati, razzista imperialista resta. Come restano e sono aumentati i viaggi in Libia, ora di Di Maio, che non fanno altro che rafforzare e dare sostegno e soldi ai carcerieri/torturatori di migliaia di uomini, donne, bambini.   
Per questo è giusto che la lotta per l'abolizione dei decreti sicurezza continui, si estenda, a livello nazionale e locale, si coordini, ritrovi anche le forme di lotta più adatte all'unità e mobilitazione diretta dei migranti, a partire dal sostegno ad ogni protesta, scioperi, manifestazione dei migranti, dai centri alle campagne, alle città, dovunque avvengano.
Ieri una delegazione ha avuto un incontro con rappresentanti della Prefettura. La delegazione degli enti gestori degli sprar/siproimi ha denunciato che se non si adotteranno provvedimenti urgenti circa 1500 persone, fra cui anche nuclei familiari con minori, rischiano di andare per strada. Per cui - ha concluso - l'unica soluzione è l'abolizione del decreto sicurezza.

venerdì 27 dicembre 2019

COMUNICAZIONE

Nei prossimi giorni e fino al 6 gennaio questo blog rallenterà le pubblicazioni. I compagni e compagne che curano il blog sono impegnati in questo periodo nella realizzazione di nuovi materiali.
Continueremo, comunque, a postare comunicati sugli avvenimenti più importanti. Quindi, non smettete anche in questi giorni di seguire il blog tarantocontro. 

Buon anno!

mercoledì 25 dicembre 2019

Se lo dice lui...: Ex Ilva, Palombella (Uilm): “Dopo visita Conte resta forte preoccupazione per futuro”

"Purtroppo non abbiamo avuto chiarimenti rispetto al futuro occupazionale, industriale e produttivo".
 
Ma chiaramente Palombella e gli altri sindacati confederali chiedono il ritorno e rispetto dell'accordo del 6 sett. 18, quell'accordo che non ha garantito affatto l'occupazione, e ha concesso a Mittal di decidere unilateralmente; un accordo che è stato l'antefatto dell'attuale situazione. 
Palombella, quindi, ora fa la voce di protesta ad ArcelorMittal ma solo per tornare a trattare e a concedere. 

pubblicato il 25 Dicembre 2019
“Pur apprezzando la visita natalizia del Presidente del Consiglio a Taranto, purtroppo non abbiamo avuto chiarimenti rispetto al futuro occupazionale, industriale e produttivo. Questa mancanza di soluzioni pratiche ci desta forte preoccupazione per il futuro”. Lo dichiara Rocco Palombella, segretario generale Uilm, dopo la visita del Presidente del Consiglio Conte allo stabilimento ex Ilva di Taranto.
“Il 30 dicembre ci sarà l’importante decisione del Riesame sull’altoforno 2 – continua il leader Uilm – che, in caso di spegnimento, metterebbe a rischio futuro produttivo e occupazionale”.
“Si sta portando avanti una trattativa tra Governo e azienda – prosegue – senza nessun coinvolgimento delle organizzazioni sindacali. Non possiamo accettare esuberi e ogni trattativa deve ripartire da quanto previsto dall’accordo del 6 settembre 2018”.
“Per raggiungere accordo del 2018 impiegammo circa un anno – sottolinea – ora Governo e l’azienda sostengono che in un mese deve essere trovato un’intesa per un nuovo piano industriale e occupazionale. Una descrizione che è poco attinente alla realtà”.
“Ora ci aspettiamo dal Governo – conclude – che ci convochi urgentemente per mettere a punto un progetto industriale e occupazionale condiviso con le organizzazioni sindacali. Un piano senza esuberi, con investimenti per il risanamento ambientale e un vero futuro occupazionale per tutti i lavoratori, senza mettere sul tavolo ipotesi poco praticabili”.

Conte in fabbrica usa la Morselli come contraltare... ma il suo piano è solo una variante moderata del Piano Mittal che se passa porterà agli operai esuberi e sfruttamento

Il discorso di Conte in fabbrica - in grassetto le nostre considerazioni a caldo

Stiamo lavorando al piano industriale, abbiamo ormai confermato che ci sarà il coinvolgimento dello Stato, lo Stato ci metterà la faccia. Vogliamo migliorare questo piano, renderlo sempre meno carbonizzato, lo Stato è una garanzia per tutti” - ha detto ai cronisti il premier. “Sono qui per portare la testimonianza dell’attenzione e della premura per questa comunità ferita. Quando sono venuto qui ho promesso che il sistema Italia avrebbe lavorato per alleviare le sofferenze”- ha detto ancora Conte, che ha poi confermato che “alcune misure le abbiamo approvate, altre le approveremo. Nel complesso sta venendo una bella risposta che offriamo per il rilancio di questa città. Sono molto fiducioso, l’Italia è membro del G7, è impossibile che l’Italia non riesca a risollevare una città” - in merito al decreto ‘Cantiere Taranto’ che il governo è intenzionato a varare nei prossimi giorni.
Recatosi presso l’ex Ilva di Taranto ora ArcelorMittal Italia, il premier ha incontrato operai e sindacati presso il Consiglio di fabbrica. Presenti anche l’Ad di ArcelorMittal Lucia Morselli, il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, il sindaco Rinaldo Melucci, il prefetto Antonella Bellomo, il presidente del Consiglio comunale Lucio Lonoce.
La dottoressa Morselli (AD di Arcerlor Mittal) al momento è la mia antagonista, proprio così. Lei sa che abbiamo 30 giorni di tempo per elaborare un nuovo piano industriale. Lo sa bene lei, lo sa bene Mittal. Diventeremo partner solo con un piano industriale condiviso, per ora siamo su fronti contrapposti” - ha detto il premier incontrando gli operai dello stabilimento siderurgico di Taranto e i delegati sindacali nel parlamentino del consiglio di fabbrica. “Abbiamo ottenuto – ha aggiunto – una tregua dal punto di vista giudiziario, noi ci siamo difesi. Il piano industriale originario non lo accetteremo. Stiamo lavorando e conteranno i risultati. C’è la volontà di elaborare questa condivisione di obiettivi e pervenire a un piano che sia sostenibile dal punto di vista economico e finanziario, altrimenti non si va da nessuna parte“.
Dottoressa Morselli, saremo intransigenti. Dovremo garantire gli obiettivi e fare in modo che i lavoratori vengano qui e sentirsi nelle condizioni di non creare un dramma familiare, che non vengano guardati in malo modo dai loro stessi parenti perchè lavorano in uno stabilimento tossico e nocivo che crea problemi alla salute dei cittadini. Dobbiamo puntare a uno stabilimento innovativo a livello mondiale. Il signor Mittal ha sposato questo obiettivo“, ha dichiarato il premier Conte rivolgendosi direttamente all’Ad di ArcelorMittal Lucia Morselli, presente al consiglio di fabbrica di lavoratori e delegati sindacali all’interno dello stabilimento siderurgico di Taranto. Non ci dobbiamo prendere in giro, il diritto alla salute – ha insistito il premier – deve venire prima. Se facciamo una scala di valori la salute è prioritaria, poi vengono l’ambiente e il lavoro......

Quando settori delle masse colpite dall'inquinamento affermano che la salute viene prima
esprimono un diritto e volontà di lotta che deve trovare giusti obiettivi e non dominio di idee e posizioni dell'ambientalismo piccolo borghese che vuole cancellare fabbrica e operai;
quando lo dice un padrone e un governo è solo la copertura del piano di esuberi e più sfruttamento per il profitto e gli interessi della produzione capitalistica 

" ...Tutte queste condizioni possono essere assicurate, questi sono beni primari ugualmente importanti e possono essere tenuti insieme. Per fare questo occorre una grande determinazione, impegni finanziari, progettualità e ovviamente serve anche la parte dello Stato. Noi ci siamo“.
L’obiettivo del governo è la transizione energetica, vogliamo un percorso chiaro di decarbonizzazione, vogliamo che lo stabilimento diventi innovativo dal punto di vista tecnologico, ce ne sono in giro per il mondo. Vogliamo rendere la fabbrica un fiore all’occhiello” - ha detto Conte ai lavoratori. “Vogliamo salvaguardare – ha spiegato il premier – il livello occupazionale, non vogliamo sia sacrificato in questo progetto. Vogliamo un risanamento ambientale ancora più efficace, vogliamo che voi operai veniate a lavorare in sicurezza, che vi sia garantito il diritto alla salute che è un bene primario“. Conte ha affermato che ci sono operai “di questo stabilimento che si recano al lavoro e si sentono squarciati dal dilemma: vengo qui ma rischio di ammalarmi. Questo dilemma non lo dovete vivere più, non è possibile che in una potenza del G7, in uno Stato come il nostro che ha una sua architettura costituzionale si possa anche dare solo la sensazione che si possa venire a lavorare rischiando la salute. Lavoreremo per questo obiettivo. Lo Stato c’è, abbiamo deciso con la piena condivisione del governo di coinvolgere lo Stato che è disponibile a rilevare una partnership importante. Questa è una garanzia per tutti voi. Ci sarà lo Stato come azionista e come controllore. Lo Stato non ha la capacità industriale, il partner industriale – ha detto agli operai – sarete voi“.

I "vogliamo" di Conte sono l'anticamera dei "vogliamo ma non posso" in stile Di Maio.
Fumo negli occhi che coprono di belle parole la fabbrica in una società capitalistica, dentro la guerra mondiale dell'acciaio in cui ArcelorMittal/Stato dei padroni sono coinvolti e attori principali scaricando la crisi sugli operai e mantenendo dentro il quadro della produzione per il profitto ogni miglioramento tecnologico a fini ambientali

Non è bello dire ai figli: non possiamo comprare il regalo. Con la cassa integrazione lo stipendio non basta a coprire le spese. Rivogliamo la nostra dignità“. Lo ha detto un operaio al premier Giuseppe Conte durante l'incontro al consiglio di fabbrica dello stabilimento siderurgico ArcelorMittal di Taranto.
Diversi lavoratori, su richiesta dello stesso presidente del Consiglio, hanno preso la parola manifestando preoccupazioni e dubbi in merito allo stato della vertenza. “Dovete dare spiegazioni – ha affermato un altro operaio – a chi ora è a casa perchè in cassa integrazione. Dovete dare risposte ai lavoratori rimasti con l’amministrazione straordinaria, dovete dare risposte all’indotto“.

Le parole timide degli operai portano i problemi reali ma comunque senza la lotta autonoma di classe su una piattaforma dei lavoratori non possono che aprire la strada a una nuova veste dell'accordo infame del 6 settembre 2018 bandiera del sindacalismo confederale colluso e perdente

L’Ad Morselli ha dichiarato che “la cassa integrazione ordinaria serve quando ci sono cali di produzione occasionali e risponde a un bilanciamento dell’attività produttiva, non ci sono altre motivazioni“. Il premier Conte ha ribadito che “siamo nel pieno del negoziato. Fino a quando non arriveremo a un progetto condiviso e sostenibile da tutti i punti di vista non potremo dire di avercela fatta. Ci sono le premesse e tutti e noi ci stiamo impegnando al massimo. È una sfida molto difficile“. Il presidente del Consiglio ha ricordato inoltre che se “la trattativa è ripresa non è per grazia ricevuta ma perchè ci siamo difesi dicendo ad ArcelorMittal che per noi sarebbe stata la battaglia del secolo“.

La trattativa continua, ma gli operai non hanno voce perchè non hanno un sindacato di classe - Usb è solo un sindacato alla coda ormai dell'ambientalismo piccolo borghese che vuole la chiusura della fabbrica - dientro parole ipocrite.

A gennaio bisognerà cambiare le carte in tavolo e questa è l'unica alternativa!



a cura dello Slai cobas per il sindacato di classe Taranto
slaicobasta@gmail.com 3475301704

Conad: "I profitti oltre le persone" - Anche a Taranto il passaggio da Auchan a Conad sta portando a tagli e peggioramenti sul lavoro - Anche qui è necessario riprendere la lotta

Risultano confermate le intenzioni del gruppo Conad per i lavoratori Auchan e Simply. Si tratta di ben 3.100 esuberi, di cui più di mille nella sola Lombardia.
E’ martellante il leit motiv Conad “Persone oltre le cose”, soprattutto in questo periodo di Festa. Un clima familiare solo di mera facciata che nasconde 3 mila e cento esuberi su 6.600 dipendenti dei negozi Auchan e Simply, appena acquisiti.
Il territorio più colpito è quello della Lomabrdia, in cui è prevista la mobilità per 1.500 lavoratori, 650 solo nella sede di Rozzano e circa 1.000 nei 7 ipermercati della zona.
Proprio a Milano, i lavoratori il 23 dicembre, con lo scopo di denunciare a media, istituzioni e consumatori cosa si nasconde dietro il gruppo Conad.
Il numero uno dell’azienda Francesco Pugliese, in merito, ha provato ad accusare gli stessi

Uomini schifosi: Violenta e perseguita una giovane immigrata, arrestato un tarantino - Solidarietà alla donna dal MFPR

24 Dicembre 2019
I fatti risalgono alla scorsa estate. I Carabinieri lo hanno arrestato su ordine del GIP di Taranto. 
Si tratta di un 53enne tarantino che, nel corso dell’estate scorsa, come detto, ‘aveva prima forzatamente costretto una giovane migrante senegalese a subire rapporti sessuali non consenzienti dietro minaccia di denuncia e conseguente rimpatrio, e poi si era reso responsabile di ripetuti episodi di stalking nei suoi confronti’. A settembre, la giovane, dopo essersi fatta forza, aveva deciso di denunciare tutto ai Carabinieri che, di concerto con la magistratura tarantina, davano inizio ad una serie di indagini ed accertamenti al fine di appurare il quadro accusatorio nei confronti del responsabile, adesso in cella.

martedì 24 dicembre 2019

Conte - sull'Ilva 'lo stato ci mette la faccia'.. ho capito, ma è la faccia del padrone!

Il premier all'ospedale di Taranto

Oggi pomeriggio il premier è arrivato nel capoluogo jonico per portare i suoi auguri agli operai dell'ex Ilva.
Prima di recarsi allo stabilimento siderurgico, dove già era stato ospite del consiglio di fabbrica l'8 novembre scorso, il presidente Conte si è recato nell'ospedale "Santissima Annunziata". Qui, accolto dal presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, ha voluto salutare i piccoli pazienti ricoverati nell'Oncoematologia Pediatrica. Il reparto, qualche giorno fa intitolato alla memoria di Nadia Toffa, è stato creato proprio grazie alle donazioni iniziate dalla giornalista scomparsa e alle raccolte di fondi che si sono susseguite. Il premier ha incontrato le famiglie dei bambini ricoverati e assistiti nel reparto tarantino. Un fuori programma, d'altronde la visita nel capoluogo jonico non era ufficiale.
All'uscita dal nosocomio il premier si è poi recato al siderurgico per un saluto agli operai. Poche dichiarazioni per i giornalisti in attesa davanti all'ospedale. "Rispetto il vostro lavoro mi spiace abbiate atteso delle ore, ma non sono venuto qui per fare dichiarazioni. Sono qui per dare la testimonianza della continua attenzione e costante premura da parte di questo Governo e di tutta la Nazione verso una comunità ferita e sofferente. Avevo promesso che avremmo lavorato per dare alla città quello che non ha avuto in tutti questi anni, per dare sollievo alle sofferenze che nel tempo si sono sedimentate e sono aumentate".
Solo una breve risposta poi sull futuro del complesso siderurgico: "Sull'Ilva stiamo lavorando al piano industriale, lo vogliamo migliorare, renderlo sempre più decarbonizzato, lo Stato ci metterà la faccia, ci sarà il coinvolgimento dello Stato".

Taranto - Striscioni alle portinerie della fabbrica accolgono la visita di Conte

port D ArcelorMittal
 
port Appalto
 
port D ArcelorMittal
port A ArcelorMittal

Conte viene a Taranto a dare gli auguri di buon esubero e sfruttamento agli operai AM/ex ILVA/Appalto di Taranto

Dopo le feste, settimana di lotta 10/17 gennaio indetta dallo SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE

Ex Ilva, il premier Conte in visita nel pomeriggio. 

L’ad di ArcelorMittal Italia, Lucia Morselli, ha anche avvertito telefonicamente alcuni sindacalisti 

Il premier dovrebbe venire solo per un saluto ed un augurio agli operai alla vigilia di Natale... in un momento particolare della vita dell’azienda, mentre è in corso la trattativa tra ArcelorMittal e i commissari di Ilva in amministrazione straordinaria.

 
Intanto in fabbrica

Indotto ex Ilva - Operai trovano nelle buste paghe le giornate di assenza involontaria trasformate in cig, permessi o ferie mai chieste. E senza tredicesime



Le organizzazioni sindacali dei metalmeccanici di Taranto, Fiom, Fim e Uilm, esprimono la propria contrarietà a procedere con proroga della procedura di Cassa Integrazione, per ulteriori 13 settimane, per 1273 lavoratori, che, di fatto, sta penalizzando in particolar modo i lavoratori della laminazione, del Treno lamiere e del Tubificio.

...Riteniamo, pertanto, fondamentale la sospensione della CIGO in quanto, senza accordo sindacale, i lavoratori subiranno un ulteriore taglio al proprio salario.

Taranto accoglie bene i migranti della Ocean Viking

Ocean Viking, sbarcati a Taranto  159 migranti: tra loro anche 40 minori 

I migranti sono stati trasferiti in bus allo hotspot di Taranto per le procedure identificazione. I minori non accompagnati troveranno temporanea sistemazione in strutture comunali in città

Foto tratte da una precedente manifestazione che ha permesso
 il cambiamento di clima e l'isolamento dei fascio leghisti

lunedì 23 dicembre 2019

Pulizie Amat, lo Slai cobas proclama lo sciopero

Vertenza pulizie Amat, lo Slai cobas proclama lo sciopero

Prevista la fermata di tutto il servizio per giovedi 16 gennaio 2020
pubblicato il 23 Dicembre 2019, 16:30
8 secs
Si inasprisce la vertenza nel settore delle pulizie dell’Amat da parte dello Slai cobas per il sindacato di classe taranto. “A fronte del’annuncio che aveva avviato lo stato di agitazione e la fermata generale dei lavoratori delle pulizie Amat in attesa dello svolgimento della procedura di raffredamento da parte della Prefettura per fissare la data definitiva, visto che non c’è stata da parte della prefettura questa procedura“, il sindacato di classe “ritiene di dover procedere comunque ritenendo urgenti le ragioni dei lavoratori – visto il periodo delle festività natalizie convoca le assemblee dei lavoratori dei due turni – quella del turno di mattina di concerto con l’altra organizzazione sindacale presente tra i lavoratori – per il 10 gennaio e indice – senza altre novità da parte delle controparti – la fermata di tutto il servizio per giovedi 16 gennaio 2020“.

Molti operai dell'appalto ArcelorMIttal non avranno la 13° - I padroni prima usano gli operai e poi fregano!


I padroni delle ditte dell'appalto, a novembre hanno fatto scendere in lotta gli operai per ottenere i loro soldi, ma poi, anche quando li hanno ottengono, degli operai che hanno perso giornate se ne scordano, e ora non vogliono pagare la 13°.
Questo deve far riflettere gli operai. Come dicemmo in quei giorni: non si può scendere in lotta al fianco dei propri padroni.
Serve sempre e solo autonomia di classe e di lotta!
SLAI COBAS per il sindacato di classe 
(Dal Corriere di Taranto) - Molte ditte dell'indotto non pagheranno le tredicesime. Nelle buste paga, anche dell'appalto, i giorni della serrata non pagati

- pubblicato il 23 Dicembre 2019

Nell’enfasi dei giorni della serrata di novembre delle aziende dell’indotto e dell’autotrasporto... Venne impedito ai lavoratori, dalle aziende stesse, di recarsi sul posto di lavoro. Sembrava che centinaia di aziende dell’indotto, monocommittenti per un buon 80-90% verso il siderurgico, fossero ad un passo dal baratro economico. Si minacciarono il ricorso alla cassa integrazione, il pagamento degli stipendi e licenziamenti collettivi di massa.
In realtà la situazione non era così drammatica come fu fatto credere, ancora una volta, alla città e all’Italia intera. ArcelorMittal aveva più volte rassicurato e garantito il pagamento della fatture scadute al 31 ottobre ed anzi anticipò anche il pagamento di quelle in scadenza...
Ma in quei giorni di novembre, tante cose non vennero dette. Ad esempio, come riportammo in diversi articoli, né Confindustria, né le ditte dell’indotto e né le istituzioni parlarono di cosa avvenne in un incontro tra sindacati, Confindustria Taranto e l’ad Morselli, durante il quale quest’ultima annunciò che l’azienda avrebbe stilato una ‘black list’ con i nomi di tutte le aziende che non avrebbero più lavorato con ArcelorMittal Italia... La risposta dai toni piuttosto accesi del presidente di Confindustria Taranto, Antonio Marinaro, fu più o meno questa: noi vogliamo essere pagati e subito, non ci interessa nulla delle vostre eventuali ‘black list’. Un atteggiamento figlio di un chiaro appoggio politico.
La sorpresa era però dietro l’angolo. E chi conosce bene il mondo dell’indotto e dell’appalto del siderurgico, dove in molti anche negli anni della gestione commissariale hanno comunque lavorato per le ditte dell’indotto senza essere pagati (in molti sono in rosso per 20-30 mila euro), nè lo sono più stati, la conferma è arrivata proprio in questi giorni.
Moltissime aziende dell’indotto infatti, hanno annunciato ai lavoratori l’impossibilità di pagare le tredicesime, che per molti lavoratori sono fondamentali nel periodo natalizio. Inoltre, sia nell’indotto che nell’appalto, sulle busta paga, quelle giornate in cui ai lavoratori fu impedito di entrare in fabbrica a lavorare, compaiono come giornate di assenza involontaria trasformate in cassa integrazione, in permessi o ferie mai richieste.
Ancora una volta quindi, i lavoratori sono stati utilizzati come merce di scambio, come pretesto per i propri tornaconti personali. Ancora una volta il mondo dell’indotto e dell’appalto ex Ilva, mostra il suo vero volto e la sua precarietà. Non certo da oggi, ma da tantissimi anni. Dove a vincere sono sempre i più forti e i soliti noti, mentre a perdere sono sempre e soltanto i più deboli, ovvero i lavoratori e i loro diritti..."

Testimonianze di operai dei centri siderurgici chiusi: "Ciò cui ora stiamo andando incontro ci uccide più di qualsiasi cosa"

Varie volte è successo che nei dibattiti, soprattutto nell'area delle associazioni ambientaliste, sulla situazione Ilva/Taranto, si è accennato a Pittsburgh, come esempio di una città dell'acciaio che riconvertita ad economia del terziario, turistico, informatica, sarebbe diventato un "paradiso".

Riportiamo alcune testimonianze di operai che fino agli anni 80 lavoravano in questo grande centro siderurgico, sede della più grande fabbrica della U.S. Steel Corporation. (dal libro "L'Autunno operaio 1969" di Giuseppe Maione.

"In dieci anni, tra il 1970 e il 1980 la città aveva perduto 37mila posti di lavoro... Conseguenza utile dal punto di vista ecologico: "Il cielo è blu, gli alberi sono tornati versi e l'aria è limpida e frizzante: Autunno in Pittsburgh?". Ma drammatica per coloro che avevano perduto il posto di lavoro...

In un altra città, Detroit... "interi quartieri erano stati abbandonati, per un totale di 70-80mila case...  I turisti visitavano le rovine (della fabbrica) come se si trattasse di una città antica e l'archeologia industriale sembrava l'unica attività che potesse avere futuro.
Non sorprende che i lavoratori espulsi dall'attività produttiva vivessero questo mutamento con disperazione e panico.
"Le fabbriche sono vuote, coi vetri rotti, le loro imponenti silhouette di fumaioli si ergono contro cieli nuvolosi. La città è una città di case abbandonate e veicoli abbandonati. E la gente che rimane sta in piedi agli angoli delle strade, con le mani disoccupate, senza speranza, affondate nelle tasche". 

Ma le testimonianze riguardano anche la fine della comunità operaia:
"Le chiusure delle acciaierie nella regione di Pittsburgh comportavano molto più che non posti di lavoro. Fu cancellato un modo di vita intergenerazionale che forniva un senso di continuità, sicurezza, coesione familiare e senso di comunità. Le fabbriche erano state create per produrre acciaio, ma attorno a quella funzione, gli operai avevano creato un complesso sistema sociale. La perdita di esso definiva il costo reale della de/industrializzazione"
"Questa un tempo fu la città dell'acciaio e ora sta diventando una città fantasma. Sta morendo di morte lenta. La più grande e migliore fabbrica di acciaio del mondo sta andando in polvere. E' disgustoso. In passato per tutta la notte potevate sentire quella musica - il battere e ribattere, i sibili, i motori. Potevo sentire il sapore del fumo in bocca, ma ero felice. Credetemi; la gente accetterebbe di riavere il fumo e il rumore indietro. Ciò cui ora stiamo andando incontro ci uccide più di qualsiasi cosa"...
"Tuttavia la drastica contrazione della classe operaia di fabbrica non comportò una eliminazione dello sfruttamento, bensì una sua radicale trasformazione. Nel nuovo sistema a una rigida contrapposizione tra le classi si è sostituita una sorta di "palude" orizzontale che raccoglie una infinita gamma di profili professionali e dalla quale si può facilmente precipitare nelle sabbie mobili del lavoro degradato o tenersi in piedi inventandosi attività di "nicchia" che permettono di realizzare rapide ma spesso precarie fortune..."