giovedì 31 marzo 2022

A Foggia Giornata di lotta dei braccianti immigrati: Documenti per tutti! Repressione per nessuno!

 

Alcune decine di braccianti immigrati e attivisti hanno presidiato oggi la Prefettura di Foggia, mentre una delegazione veniva ricevuta dalla prefettura.
L'iniziativa è parte di una giornata di mobilitazione nazionale che ha visto presidi anche alle Prefetture/Questure di Roma, Milano, Torino, Modena.
Mentre da Roma arrivava notizie che il Ministero degli Interni negava l'incontro previsto con un funzionario centrale, proponendo in alternativa un incontro col prefetto, a Foggia l'azione ha ottenuto un risultato parziale: l'impegno a riaprire da domani le presentazioni delle domande di protezione internazionale, sospese un mese fa per l'eccessivo numero di richieste.
All'uscita della delegazione dal palazzo, è stata improvvisato un breve corteo che al grido di "Documenti per tutti! Documenti subito!" ha attraversato l'isola pedonale, sfidando una fitta pioggia.





Da Taranto, una delegazione dello Slai Cobas per il Sindacato di Classe ha voluto contribuire alla manifestazione.

Ecco un sommario estratto dell'intervento: Anche da Taranto abbiamo voluto portare la nostra presenza e contributo, malgrado ogni difficoltà, alla manifestazione "documenti per tutte e tutti, repressione per nessuno". Lo abbiamo fatto perché questa è una lotta importante, per tutti i lavoratori in Italia, nativi o immigrati che siano, e ancor di più in questi giorni. Lottare per i documenti oggi non è soltanto, come sempre è stata, la lotta per sottrarre i lavoratori immigrati, soprattutto in questa zona i braccianti, alle condizioni di ricatto e schiavitù, negazione dei diritti elementari, ma in questi giorni di guerra imperialista, significa lottare anche contro un'ulteriore ancor più inaccettabile discriminazione: a fronte dell'accoglienza a braccia aperte, garantita ai profughi di guerra ucraini, per altro giusta, questo governo rinnova la sua logica razzista continuando a negare documenti per gli altri profughi fuggiti da altre guerre, come se la guerra inter-imperialista in Ucraina fosse l'unica vera guerra, come se gli ucraini fossero gli unici veri profughi; mentre quelli che sono qui da anni e lavorano nelle nostre campagne, in fuga da altre guerre, di ogni tipo, di cui le potenze imperialiste di NATO, UE, Italia compresa, sono corresponsabili e da cui hanno tratto profitti.
Perciò in questa giornata è importante che si uniscano le legittime rivendicazioni alla lotta contro questa guerra e questo governo che in essa ci sta trascinando. E' ben chiaro il legame che c'è tra la politica guerrafondaia di questo governo e le politiche che permettono il super-sfruttamento degli immigrati, le politiche razziste che li discriminano.
Abbiamo appena ricevuto la notizia che mentre qui la nostra delegazione viene ricevuta in Prefettura, a Roma stanno negando l'incontro col funzionario del Ministero che avevano assicurato. Non ci sorprende, sappiamo per nostra esperienza diretta, anche a Taranto dove anni fa abbiamo ottenuto risultati positivi nella lotta per i documenti, che solo la lotta in prima persona, dura, senza paura di ritorsioni, degli immigrati e di tutti gli antirazzisti e solidali può imporre tavoli, incontri, fino a ottenere soluzioni.
Per questo questa giornata deve essere l'inizio di una campagna di lotta prolungata e diffusa che continui la lotta che tutti noi stiamo portando avanti da anni e che ci impegniamo a continuare fino a quando questo sistema di sfruttamento di tutti i lavoratori, italiani e immigrati, non sarà sconfitto. 

Oggi è soltanto l'inizio: quello che ci negano oggi dovranno darcelo domani, se insistiamo e alziamo il livello della nostra forza e unità, rendendo più forti e ampie le nostre azioni.
Documenti per tutti, repressione per nessuno!"  

NO alla repressione degli antimperialisti - NO armi da Taranto/Puglia che alimentano la guerra in Ucraina

Mentre continuano le esercitazioni per la guerra nei nostri mari e la preparazione di invio di armi, cacciabombardieri, soldati in Ucraina; mentre il governo aumenta in maniera mai come prima le spese militari, impedendo anche al parlamento di esprimersi, e lo fa raccattando soldi da ogni dove, dai fondi sociali, dal lavoro, dalla sanita', dalla scuola, dai sussidi per i poveri e disoccupati, anche dai fondi gia' miseri degli altri profughi/immigrati (di pelle nera) con un evidente razzismo, mentre solo elemosine vengono stanziate per il carovita e bollette,  

l'unica "attenzione" verso i tanti lavoratori, giovani, donne che si oppongono a questa maledetta guerra interimperialista è la REPRESSIONE!

A Taranto e in Puglia vogliono denunciare giovani, compagni e compagne antimperialisti che giustamente hanno protestato e continueranno a protestare, perchè TARANTO NON E' CITTA' DI GUERRA - LAVORO NON SPESE MILITARI!

Guerra e repressione per questo Stato imperialista vanno insieme (come in Russia, come in Ucraina).

Ma più sollevano vento e più risponderemo con la lotta, giusta, per fermare questa guerra



La denuncia portata anche alla manifestazione di Firenze

 

India: sciopero generale anche nella fabbriche di Mittal - Informazione e solidarietà

La lotta dei lavoratori contro il capitalismo e lo sfruttamento è internazionale

Info sciopero generale anche nelle fabbriche indiane di MITTAL - Grande sciopero generale nazionale dei lavoratori indiani 28/29 marzo

Anche in Italia – nel quadro della settimana internazionale d’azione 23/29 marzo promossa dal Comitato Internazionale - lo Slai cobas per il sindacato di classe, che aderisce al Comitato, informa sulle importanti iniziative tra i lavoratori italiani e lavoratori indiani in Italia – all’insegna dell’internazionalismo proletario contro capitalismo e imperialismo.

Sostegno senza riserve allo sciopero generale nazionale di due giorni, il 28 e 29 , indetto dalle OO. Sindacali nazionali indiane, di tutti i lavoratori organizzati e non di tutti i settori impegnati a unirsi e costruire un largo movimento a base operaia contro le politiche “anti-operaie” e “filo-capitaliste” del governo centrale BJP. MODI.

“Da quando ha assunto il potere , il regime fascista di Modi ha aggressivamente applicato le sue politiche di privatizzazione e globalizzazione”, le politiche agricole, industriali e del terziario sono state brutalmente riformate a vantaggio delle grandi aziende,... lo storico movimento degli contadini ha costretto il governo a ritirare parzialmente le leggi agricole “anti-contadine”.

Il governo dei padroni indiani – di cui Mittal è uno dei massimi esponenti sta modificando le 44 leggi sul lavoro, frutto di dure lotte, per convertirle in quattro codici del lavoro in cui si fa di tutto per privatizzare le imprese del settore pubblico e consegnare ai grandi gruppi le miniere di bauxite e minerale di ferro, banchi carboniferi, con licenziamento e sfruttamento dei lavoratori.

I lavoratori indiani dicono che la classe operaia deve avere un ruolo dirigente nella lotta anticapitalista e antimperialista per difendere i diritti di operai, lavoratori e delle masse lavoratrici e salvaguardare i beni pubblici.

Questo comunicato è diffuso nelle fabbriche e posti di lavoro dove vi sono lavoratori indiani a Bergamo/Milano e alle Acciaierie d’Italia di Taranto il cui padrone è Mittal grande capitalista indiano che sfrutta gli operai nelle fabbriche indiane e in tante altre fabbriche che ha comprato.

info a cura dello Slai cobas per il sindacato di classe Taranto/Bergamo - slaicobasta@gmail.com

mercoledì 30 marzo 2022

Acciaierie d'Italia/Appalto - Una cassaintegrazione permanente per realizzare esuberi

Dopo il primo sciopero a Taranto di lunedì, ora serve lo sciopero di tutto il gruppo

Acciaieria Italia – ex Ilva è partita con una cassaintegrazione straordinaria per 3000 operai, di cui 2500 a Taranto – i sindacati tutti hanno detto tutti No con diverse sfumature. Lo Slai cobas per il sindacato di classe da tempo denunciava il piano di nuova cassaintegrazione straordinaria anticamera di nuovi esuberi e la posizione dei sindacati che avevano accettato fino a dicembre tutte le richieste di cassaintegrazione dell’azienda, anche quelle ampie nei numeri e non giustificate realmente ma solo dettate dalla pervicace intenzione dell’azienda di scaricare ogni cosa sui lavoratori in una cassa integrazione permanente che ha tagliato i salari e aumentato lo sfruttamento e la mancanza di sicurezza di chi lavorava. Mentre naturalmente di far rientrare i 1700 lavoratori già in Cigs straordinaria dal 2018 non se ne parla più; ora l’azienda usando perfino il fatto che cambiando nome non si sente più vincolata dall’accordo del 2018 riprende la pratica da dove l’ha lasciata.

I complessivi 3000 lavoratori che dal 28 marzo l’azienda ha posto unilateralmente in cassintegrazione non saranno neanche per 12 mesi, ma almeno fino al 2025 (data attualmente indicata per la riorganizzazione aziendale); ma soprattutto questi 3000 sono di fatto i numeri di operai di cui Acciaierie d’Italia vuole liberarsi. 

Fino a una settimana fa i livelli produttivi a Taranto erano tarati per 4 milioni di tonnellate, poi c’è stato il via libera del governo ad aumentare la produzione per far fronte alla carenza di acciaio -su cui abbiamo parlato in altro articolo su questo blog – con la rimesso in funzione dell’Afo4, per andare verso i 6 milioni di tonnellate; questo aumento di produzione avrebbe dovuto portare a un rientro dei 1700 operai già in Cigs, invece nelle parole della Morselli alla trattativa romana di lunedì 28, questo ipotetico rientro viene nuovamente rinviato legandolo alla prospettiva di produzione di 8 milioni di tonnellate e all’entrata in funzione del forno elettrico tutto lì da venire, e si mettono in cassintegrazione ulteriori 2500 operai a Taranto, che chiaramente si trasformeranno in esuberi e licenziamenti.

Tutto questo significa: più produzione con meno operai, più produzione con più sfruttamento all’ex Ilva e nell’appalto, ma anche più rischio per la salute e la vita, dato che mentre i piani di aumento della produzione ci sono, i piani di messa in sicurezza, anche di manutenzione degli impianti no e incidenti e infortuni sono sempre all’ordine del giorno. E per il piano di decarbonizzazione, e la realizzazione di un forno elettrico la Morselli ultimamente ha parlato di 10 anni!

I sindacati confederali dicono no, ma nella trattativa questi No si trasformano in Ni e poi in un nuovo accordo – secondo un teatro già visto in occasione dell’accordo del 2018. Questo si comincia già a intravedere, contro la cassa integrazione unilaterale hanno scioperato solo USB/UILM sciopero riuscito, la FIM è collaborazionista e la Fiom data la minor penalizzazione di Genova ha parole critiche ma pratica fumosa e ambigua. Il primo round della trattativa romana si è conclusa con il mancato accordo, l’azienda però va avanti, per questo ora è il tempo della lotta.

Ora più che mai si mostra chiaro come l’entrata dello Stato, con Acciaierie d’Italia, è servito solo a dare soldi ai padroni, al grande padrone mondiale Mittal, e a non risolvere nessun problema dei lavoratori (e delle masse popolari di Taranto), anzi è servito a far accelerare i piani di esuberi, di peggioramento delle condizioni di lavoro, di peggioramenti del salario, dei diritti.

Solo la lotta, la continuità degli scioperi possono portare a fermare gli sciagurati piani di padroni e governo e a porre migliori condizioni per rivendicare altro.

*****

Dal Corriere di Taranto
Gianmario Leone

pubblicato il 28 Marzo 2022
La fumata nera era nell’aria ed è puntualmente arrivata. Si è infatti chiusa con un mancato accordo la trattativa per procedura per la richiesta di cassa integrazione straordinaria (Cigs) per 12 mesi da parte di Acciaierie d’Italia… Troppi i 3 mila annunciati dal Gruppo nelle settimane scorse (di cui 2500 nel solo sito di Taranto), insufficienti anche i 2.750 dell’ultima mediazione che l’azienda ha proposto in sede di trattativa, per i quali avrebbe previsto anche il pagamento di un rateo della tredicesima che avrebbe irrobustito la busta paga di circa 400 euro a fine anno, per una spesa di pochi milioni di euro per le casse dell’azienda.

Di fatto però, la rottura tra le parti è a monte: l’azienda anche oggi ha infatti confermato quanto già si sapeva, ovvero che la procedura di Cigs non sarebbe terminata nel 2023, ma soltanto a compimento della riorganizzazione aziendale che dovrebbe essere traguardo non prima del 2025, anno in cui l’azienda mira ad una produzione pari a 8 milioni di tonnellate d’acciaio (ammesso e non concesso che il riesame dell’AIA lo conceda), rispetto alle 6 a cui è obbligata sino al 2023 dal Piano Ambientale del 2017, cifra quest’ultima che però non raggiungerà nemmeno quest’anno (le previsioni parlano di 5,7 milioni) e che negli scorsi anni è stato soltanto un lontano miraggio.

Dunque, tremila esuberi ‘provvisori’ almeno sino al 2025. Che si sommano agli oltre 1700 lavoratori in cassa integrazione all’interno del perimetro societario di Ilva in Amministrazione Straordinaria, che secondo l’accordo sindacale del 6 settembre 2018 dovrebbero rientrare nel perimetro aziendale al termine dell’attuazione del piano industriale. Ma che secondo l’accordo del dicembre 2020 tra ArcelorMittal e Invitalia, che i sindacati metalmeccanici ad oggi non hanno ancora potuto visionare, prevede in realtà che quei 1700 non rientrino più in Acciaierie d’Italia.

…non è improbabile che il ministero possa riconvocare le parti per evitare una frattura definitiva visto che lo Stato, nei fatti, da un anno fa parte della compagine azionaria della società. E che ne è destinato a diventare parte maggioritaria nei prossimi anni.

“…La Fiom ha riconfermato la disponibilità ad un accordo di transizione per 12 mesi considerando la straordinarietà e l’incertezza del contesto, senza mettere in discussione l’accordo del 2018 e la piena occupazione… Per quanto riguarda la Fiom, una gestione unilaterale della cassa integrazione straordinaria comporta a maggior ragione una verifica stringente sull’uso corretto dello strumento, a partire dalle rotazioni e dal rapporto fra risalita produttiva e organici…

“Fino all’ultimo minuto a disposizione abbiamo cercato di far ragionare l’azienda per farle assumere scelte di responsabilità verso i lavoratori… ancora una volta, sono gli stessi lavoratori a pagare il costo più alto di una situazione che va avanti ormai da troppo tempo e che è figlia di un fallimento aziendale e politico. La situazione di forte crescita del mercato, le parole del Premier Draghi sulla centralità dell’ex Ilva per la siderurgia nazionale e l’obiettivo produttivo di 6 milioni tonnellate sono condizioni che non giustificano tremila esuberi. Al contrario, deve essere previsto il rientro a lavoro di tutti gli 8.200 a Taranto e 10.700 in tutto il Gruppo, così come previsto dall’accordo del 2018, unico valido e votato dai lavoratori… dichiara Rocco Palombella, segretario generale Uilm. “L’azienda oltre alla previsione di 3mila esuberi non ci ha dato alcuna indicazione specifica sul futuro assetto societario che potrà avvenire a maggio, se ci sarà o meno la salita al 60% di Invitalia – continua – nè sulle tempistiche di costruzione e messa in marcia del forno elettrico, dell’impianto di pre ridotto e dell’altoforno 5. Con questo piano l’azienda prevede nel tempo il licenziamento di 3mila lavoratori, a cui si aggiungono i 1.700 attualmente in Amministrazione straordinaria…”.

31 MARZO: CONTRO RAZZISMO E SFRUTTAMENTO, SCIOPERO DEGLI IMMIGRATI E DELLE IMMIGRATE IN TUTTA ITALIA! A Foggia sarà presente una delegazione dello Slai cobas di Taranto

Comitato Lavoratori delle Campagne

Il 31 marzo saremo di nuovo in piazza, in varie parti d’Italia, per denunciare il razzismo istituzionale che affligge chi non ha la cittadinanza europea e per chiedere un radicale cambiamento delle politiche migratorie in questo paese. Mai come oggi è evidente quanto l’Italia e l’UE stiano adottando misure differenziali a seconda degli interessi geopolitici ed economici del momento. Improvvisamente, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, l’Unione Europea ha tirato fuori dal cilindro una direttiva del 2001 (pensata per i profughi kosovari in fuga dalle bombe della NATO e mai applicata) che – giustamente – permette a chi scappa dalla guerra di essere regolarizzata/o senza passare per una richiesta d’asilo, mentre una potente macchina di solidarietà si è messa in moto in tutta Europa, Italia compresa, per accogliere i milioni di persone in fuga dai bombardamenti. Questi, nell’immaginario comune, sono “profughi veri” e meritevoli.

Dov’erano e dove sono questi imprescindibili strumenti, quando si trattava di persone in fuga dalla Libia, dalla Siria, dall’Iraq, dall’Afghanistan, dal Sudan, dalla Somalia, dallo Yemen, e da tutte le altre guerre, di cui l’Europa porta una responsabilità pesantissima? Non sono forse anche queste guerre “alle porte dell’Europa”, Libia in primis? Perché nel 2012 chi veniva costretto ad imbarcarsi dalla Libia per l’Italia, e sfuggiva alle bombe della NATO, è rimasto in Italia per anni senza uno straccio di documento, in condizioni deplorevoli, spesso sfruttato nelle campagne? Perché nel 2015 si parlava di “emergenza” per numeri molto più contenuti di ingressi? E perché l’accoglienza e la solidarietà incondizionate, anche oggi, sono riservate principalmente a chi ha il passaporto ucraino, mentre nel paese si trovano migliaia di studenti e studentesse, lavoratrici e lavoratori stranieri che ancora una volta vengono respinti alle frontiere o comunque sottoposti a ben maggiori ostacoli burocratici per poter entrare nello spazio UE? Per non parlare di ciò che oggi accade, nel silenzio quasi totale, in Libia e Tunisia, dove migliaia di persone, fuggite da guerre a più o meno alta intensità e accampate davanti ai quartier generali dell’agenzia ONU per i diritti umani in condizioni di estremo disagio, chiedono da mesi di essere evacuate, ricevendo in cambio rastrellamenti, morte e indifferenza. È chiaro poi che le guerre da cui si scappa oggi non sono soltanto quelle combattute con le armi, ma anche con il furto di risorse (magari con il supporto militare), con la corruzione, la violenza politica e le loro conseguenze su scala globale (in primis il cambiamento climatico).

Da anni, immigrati e immigrate in Italia come in altri paesi europei chiedono la fine di questo sistema che crea varie gradazioni di accesso ai diritti di cittadinanza e costringe chi ne è escluso a molteplici forme di violenza e sopruso. La politica sa benissimo quanto queste persone siano necessarie all’economia, come non manca di affermare periodicamente, facendo eco alle associazioni dei datori di lavoro, Confindustria in primis. Lavoratrici e lavoratori immigrati possono essere pagati meno, sia che siano irregolari o soggetti al ricatto del permesso di soggiorno. Quando non lavorano in nero, poi, contribuiscono in maniera determinante a pagare le pensioni degli italiani. Infine, anche come “ospiti” di centri di accoglienza che speculano sulla loro pelle, i richiedenti asilo sono una “risorsa”. Ma la politica fa finta di non volerli, alimentando le divisioni e l’odio per distrarci dai veri problemi e dai loro responsabili e favorire lo sfruttamento.

Contro tutto questo, consapevoli che soltanto sottraendoci dal lavoro avremo nelle nostre mani un’arma di ricatto potente, scenderemo in piazza il 31 marzo. Al governo portiamo rivendicazioni concrete frutto di lotte che vanno avanti da anni, fra cui: la regolarizzazione di chi non ha il permesso di soggiorno,lo sblocco delle richieste di sanatoria, la cancellazione del legame fra contratto di lavoro e permesso di soggiorno e della residenza come requisito per il rinnovo, l’accesso alla cittadinanza e la facilitazione dei ricongiungimenti familiari, l’abolizione della detenzione amministrativa, dei respingimenti e delle deportazioni, così come l’abolizione dei decreti sicurezza e la fine di ogni abuso e discriminazione da parte delle istituzioni.

Per documenti per tutti/e e repressione per nessuno/a!

APPUNTAMENTI NELLE CITTA’

– Roma: h. 10 Piazza dell’Esquilino

– Foggia: h.10 davanti alla Prefettura (C.so Giuseppe Garibaldi)

– Torino: h. 9.30 davanti all’Ufficio Immigrazione della Questura (C.so Verona)

– Milano: h. 9.30 davanti all’Ufficio Immigrazione della Questura (Via Montebello)

– Modena: h. 9.30 davanti alla Prefettura (Viale Martiri della libertà!

 

Sul mancato accordo a Roma per Acciaierie - comunicato USB - info Slai cobas

Acciaierie d'Italia. Incontro-fiume al Ministero del Lavoro si 
conclude con mancato accordo. RIZZO:"Purtroppo avevamo ragione"

L'azienda getta la maschera e mostra che in realtà i numeri di 
cassa sono esuberi strutturali. 
Abbassate le unità da porre in cassa integrazione da 3000 a 2750 
e riconosciuto solo il rateo della tredicesima. Ma per l'azienda il 
tutto mira a realizzare il nuovo piano industriale, di cui ignoriamo 
i contenuti, e che vede esclusi i 1700 ex Ilva in As; noi invece 
abbiamo ben presente l'accordo del 2018 secondo cui, con una 
produzione superiore a 6 e fino a 8  milioni di tonnellate, andavano 
richiamati i 1.700. 
 
Se avessimo firmato questa cassa integrazione, avremmo certificato 
l'uscita di scena dei 1.700 lavoratori. 
Avevamo mostrato disponibilità a sottoscrivere, con un altro 
ammortizzatore sociale, un accordo che prevedeva integrazione 
salariale, riconoscimento dei ratei e rotazione, oltre 
all'applicazione dell'Accordo di Programma anche per i lavoratori 
dello stabilimento di Genova, esistente dal 2005. Ma la giornata di 
oggi dimostra purtroppo ancora una volta  quanto il Governo sia 
assente in questa trattativa e quanto l'azienda sia distante dalle 
esigenze dei lavoratori.
 
Questo è inaccettabile, il tavolo si è dunque concluso con un 
mancato accordo.

Nella giornata di oggi intanto si registra una buona notizia: 
convocato dal presidente della task force regionale Leo Caroli e 
dall'assessore regionale al Lavoro Sebastiano Leo per l'8 aprile 
alle 15.00, il tavolo per i Lpu, proprio per i lavoratori in 
amministrazione straordinaria.


Coordinamento nazionale Usb Acciaierie d’Italia

Sciopero alle Acciaierie e indotto - Niente accordo a Roma tra padroni e sindacati - Ora continuiamo

Ieri vi è stata una buona partecipazione allo sciopero indetto da UILM e USB con un presidio di 300 operai sotto la Direzione
Esiste un chiaro NO degli operai alla cassa integrazione straordinaria per 3000 operai di cui 2500 a Taranto - fatta partire in forma unilatelare dal 28 marzo da Acciaierie d'Italia, e la trattativa romana non ha potuto nelle condizioni attuali portare a nessun accordo.
Lo Slai cobas presente allo sciopero e al Presidio da tempo ha fatto appello alla lotta contro questa nuova cassa integrazione ed è positivo che oggi questo si sia trasformato in sciopero. Ora la lotta deve continuare contro ogni accordo su questa cassa integrazione e su una piattaforma operaia approvata dall'assemblea generale che possa essere materia di scontro prolungato

Slai cobas per il sindacato di classe Taranto
  



Locandina Slai cobas a tutte le portinerie

lunedì 28 marzo 2022

Sulla manifestazione di Firenze - prima nota dello Slai cobas

La manifestazione di Firenze promossa dal Collettivo della Gkn ha visto la partecipazione di 25mila persone, molte delle quali operai e lavoratori, rappresentanze sindacali di base e un gran numero di organizzazioni sociali e politiche che hanno voluto caratterizzare la manifestazione anche e sopratutto contro la guerra imperialista in Ucraina, contro il governo italiano che invia armi, missili, soldati e aumenta le spese militari, scaricando i costi sui lavoratori e le masse popolari.

Questa manifestazione è stata una prima espressione di massa del fronte unito di lavoratori in lotta, studenti e masse popolari, e ha dimostrato che quando la lotta operaia è forte e prolungata ed è capace di chiamare a raccolta tutte le forze a sostegno, essa diventa – e questo è un merito che va dato al Collettivo di fabbrica della Gkn – centro di raccolta di tutte le istanze sociali e politiche – vedi studenti, movimento Friday for Future, No Tav, lotta per la casa ecc. – che si oppongono a questo sistema capitalistico e ai governi che lo rappresentano.

Lo Slai cobas per il sindacato di classe  ha sostenuto fin dall’inizio la lotta degli operai della Gkn e lì dove è presente si è sforzato di generalizzarla contro le delocalizzazioni, a difesa di salari, occupazione - vedi Tessitura Albini di Mottola (TA) - nelle fabbriche e posti di lavoro di Bergamo, tra i precari di Palermo e Taranto, nell'assemblea nazionale delle lavoratrici in lotta ecc.,

Così come e' stato parte determinante per propagandare la manifestazione e l'adesione nella assemblea proletaria anticapitalista.

Lo Slai cobas sc ha raccolto il messaggio che viene dagli operai della Gkn di non limitarsi all’opposizione sindacale e sociale  ma di far avanzare l’idea di un governo nelle mani dei lavoratori e delle masse popolari. Questa manifestazione incoraggia ad andare verso questa strada.

Nello stesso tempo, però, gli organizzatori della manifestazione non hanno voluto dare, per scelta, la parola negli interventi finali agli operai e ai lavoratori/lavoratrici in lotta nelle loro diverse espressioni organizzate; mentre proprio questo avrebbe valorizzato il segno di classe e di lotta di tutta la loro battaglia per farla diventare sempre più la battaglia di tutti gli operai e lavoratori che quotidianamente, dalle fabbriche, alla logistica, alle realtà precarie del sud, combattono duramente contro i piani di padroni e governo.

E’ chiaro che come Slai cobas sc noi vogliamo che avanzi dopo Firenze  questo messaggio, che diventi una realtà organizzata, unita e capace davvero di far fare un salto di qualità alla classe operaia e alle realtà proletarie in lotta.

La manifestazione è stata un grido forte e chiaro contro la guerra, contro l’invasione russa dell’Ucraina, contro il ruolo dell’imperialismo Usa/Nato/Ue-Italia che ha contribuito a crearne le condizioni e oggi l’alimentano, trascinandoci verso un devastante conflitto mondiale. La manifestazione ha detto che armi e profitti di “pace” e di guerra sono la espressione di un sistema imperialista e capitalista che scarica la crisi sui lavoratori, usa anche i fondi per il lavoro, il reddito, la salute, per la scuola, la sanità per l'aumento delle spese militari, attacca e distrugge l’ambiente, trasforma la pandemia in morte di milioni di persone e ora ci strascina in questa guerra.

Il messaggio di lotta per la  pace che viene anche dalla manifestazione del 26 ha senso se diventa lotta contro il proprio governo, guerra alla guerra in tutte le forme possibili e necessarie e valorizzi  la pratica dell’internazionalismo proletario.

Lo Slai cobas sc come tutte le realtà presenti alla manifestazione ora lavorino in forma unitaria e prolungata  per intensificare iniziative di lotta in tutto il paese per uno sciopero generale contro la guerra, l’economia di guerra, l’aumento delle spese militari.

A questo appello corrisponde non una delega ma un’assunzione di responsabilità, che tocca a noi e a tutte le forze partecipanti, di far crescere il nostro impegno e la nostra battaglia concreta innanzitutto nelle fabbriche, sui posti di lavoro, nei quartieri proletari, nelle scuole e nelle piazze, legando la lotta contro la guerra e l'economia di guerra all’intensificazione, estensione della lotta per il lavoro, il salario, la salute, i bisogni sociali dei lavoratori e delle masse popolari.

Slai cobas per il sindacato di classe
28/372022

 







 





Tessitura - Serve la lotta non l'attesa di promesse

Motion usa la delocalizzazione in Albania  come pressione, mentre il governo Draghi - con l'appoggio del senatore Turco - con una legge farsa le conferma.
Serve la lotta dei lavoratori subito se si vuole effettivamente premere su Albini/governo-Mise/Regione, e serve l'integrazione salariale alla cassa integrazione subito.
La prossima settimana - luogo e data da confermare - iniziativa pubblica di lotta proposta dai lavoratori Slai cobas a tutti.

Info Acciaierie d'Italia - Oggi sarebbe l’ultimo giorno utile per chiudere la trattativa sulla cassa integrazione - Sciopero di 4 ore solo di Usb e Uilm - presidio sotto la DIrezione

I referenti dell’azienda nei precedenti incontri hanno presentato un documento in cui non sono indicati i numeri sul totale del personale coinvolto e sulla media settimanale dei lavoratori da sottoporre a sospensione. L’azienda prevede “l’attivazione, nel corso del periodo di utilizzo della cassa integrazione, di processi di formazione, per il personale coinvolto nel processo di riorganizzazione, al fine di continuare nel consolidato percorso aziendale dl formazione utile a rafforzare e aggiornare le professionalità per rispondere alle evoluzioni tecnologiche”. L’azienda “si impegna – è detto nel documento – a condividere con le organizzazioni sindacali, nel corso di successivi incontri, gli obiettivi, le modalità e le tempistiche dei percorsi formativi” e a “verificare la possibilità di realizzare le sospensioni dal lavoro con modalità di rotazione", con l’impegno delle parti a “incontrarsi periodicamente, con cadenza trimestrale, al fine di verificare lo stato di avanzamento del piano di risanamento aziendale, sia per quanto riguarda le azioni intraprese, sia in riferimento all’auspicabile recupero occupazionale del personale attualmente esuberante”.

Ma questo non è bastato ai sindacati in particolare alla Uilm che chiede il ritiro della procedura giudicata illegittima. Secondo i sindacati, occorre ripartire dall’accordo del settembre 2018 che prevedeva fra l’altro il reintegro dei lavoratori che oggi sono in “Ilva in amministrazione straordinaria (1600 a Taranto e oltre 200 a Genova). 
 
DAL COMUNICATO DELL'USB
A partire da domattina (oggi 28/3)  ore 10.00 saremo in Sciopero e Presidio davanti la portineria della direzione con i lavoratori Acciaierie d’Italia, Ilva in AS e Appalto, per dire NO alla richiesta di CIGS per ristrutturazione fatta da Acciaierie d’Italia.

Non ci fidiamo delle rassicurazioni di una società che continua a ribadire a parole che “non ci saranno esuberi”...

Ad oggi malgrado si siano bruciati Miliardi di Euro di soldi pubblici, la fabbrica è un colabrodo, con migliaia di lavoratori in cassa integrazione portati alla fame da una gestione scellerata e schizofrenica.
Nessuna garanzia per i lavoratori dell’appalto che oramai è una giungla senza regole, paghe da fame e centinaia di lavoratori con contratti precari e capestro, aziende che devono elemosinare il pagamento di lavori effettuati anche 8 mesi prima per pagare gli stipendi dei dipendenti, il massimo ribasso è diventato la regola!
...

Sempre più profitti per la principale fabbrica italiana della morte, la Leonardo, che assemblerà gli F35 a Cameri

A Cameri verranno assemblati 24 F-35A destinati alla Svizzera e possibile assegnazione di quelli destinati alla Luftwaffe all’interno del piano di aumento delle spese militari della Germania

Nelle ultime 5/6 settimane, Armasuisse ha meglio definito con il governo statunitense e con Leonardo la possibilità di assemblare la maggior parte della futura flotta di F-35A delle Forze aeree svizzere a Cameri. La FACO (Final Assembly and Check-Out) di Cameri assemblerà almeno 24 dei 36 caccia stealth omniruolo F-35A LIGHTNING II in via di acquisizione dalla Svizzera.

A Cameri si trova una delle 2 linee di produzione dell’F-35 fuori dagli Stati Uniti e l’unica presente in Europa. La struttura è responsabile dell’assemblaggio degli F-35A/B dell’Aeronautica Militare Italiana e della Marina Militare Italiana, nonché dei velivoli olandesi. Cameri, inoltre, rappresenta l’ente (MRO&U – Maintenance, Repair, Overhaul & Upgrade) per la manutenzione dei velivoli F-35 per l’intera area euro-mediterranea.

lo stabilimento di Cameri è in grado di eseguire lavorazioni a livello industriale tecnologicamente avanzate, rappresentando il principale polo ingegneristico-manutentivo e logistico dell’Aeronautica Militare per velivoli di elevate prestazioni
Secondo La Stampa “a Cameri si è creata una filiera industriale per la realizzazione del programma F-35, che nel 2019 ha prodotto 63 milioni di euro di export per le aziende italiane, in crescita rispetto ai 20 del 2018”. Il sito impiega circa 110 persone.
Bestinver (uno dei principali gruppi finanziari ) “ha ricordato che nei primi nove mesi dello scorso anno Leonardo ha confermato la buona performance della divisione aeromobili (ordini: +112,8% rispetto al 2020; ricavi: +24,5%). Nello stesso periodo per i programmi militari della divisione Aircraft, Leonardo ha consegnato 32 ali a Lockheed Martin contro le 27 dei primi nove mesi del 2020”

 

venerdì 25 marzo 2022

Lavoratori ex Cementir: “Si rischia cimitero industriale” - da Corriere di Taranto

Da un gruppo di operai, che si vanno riorganizzando con l'azione della RSA Slai cobas, che da sempre ha chiamato gli operai a non rassegnarsi e a non dare alcuna fiducia all'azione "addormentante" dei sindacati confederali.

Corriere di Taranto

PUBBLICATO IL 24 MARZO 2022, 21:29
 

Alcuni lavoratori della Cemitaly, l’ex Cementir, tornano ad affrontare la varie tematiche riguardanti la loro vertenza. “Quando parliamo della vertenza che riguarda la cementeria di Taranto, bisogna tener presente che è una vera e propria industria. Industria insediata a Taranto negli anni sessanta, e che si estende per ben 300.000 metri quadri. Tale industria ha prodotto cemento in polvere utilizzando ben 3 altoforni alimentati a carbone, ha parchi di stoccaggio materie prime, camini fumi, vari meccanismi di macinazione e polverizzazione di materiali. Tra i quali: argilla, calcare, loppa proveniente dall’acciaieria, ceneri provenienti dalla centrale di Cerano ecc. Operazioni che hanno fatto scaturire procedimenti della Procura di Lecce in merito alla questione rifiuti speciali. Quanto sarebbe stato utile che la Procura avesse ascoltato anche i lavoratori?” si legge nel loro intervento.

“E’ palese quanto prima CEMENTIR, poi ITALCEMENTI, abbiano preso parte al disfacimento di Taranto e del territorio. Le polveri depositate sul territorio, purtroppo non provengono solo dall’acciaieria. Anche per questo la cementeria viene spesso denominata “la piccola Ilva” e essendo adiacenti, le due si confondono tra di loro. Ora di fatto i lavoratori ITALCEMENTI, non sono piu’ di fronte alla scelta se ammalarsi, ammalare o lavorare, perché a settembre prossimo saranno tutti licenziati da ITALCEMENTI e il sito industriale abbandonato. E Italcementi cosa restituisce al territorio dopo averlo spremuto sino all’ ultima goccia? Un bel monumento abbandonato che forse dovrebbe ricordare, che le multinazionali a Taranto tutto possono. In questo contesto Italcementi viene pure premiata affidandoli la commessa per la fornitura di cemento di una vasta area di pavimentazione del porto. Cemento fatto dallo stabilimento di Taranto in modo ecosostenibile e dai suoi lavoratori Tarantini? Assolutamente no” proseguono i lavoratori.

“Ora veniamo alla vicenda lavorativa. I lavoratori della cementeria vengono messi in cassa integrazione gia’ nel 2014.Dal 2014 al 2021 prima Cementir, poi Italcementi attingono alle più svariate forme di cassa integrazione. Casse integrazione che hanno lo scopo di traghettare l’aziende e i suoi lavoratori, in un particolare periodo di crisi, a fronte della presentazione di un piano industriale redatto dalle aziende. Piano industriale mai reso noto e mai attivato, visto già allora, l’intenzione di abbandonare il sito e licenziare i lavoratori. Quindi i soldi dei contribuenti sono stati utilizzati per pagare i suoi lavoratori fintanto non si riusciva a licenziarli. E di fatto nel settembre 2021, ITALCEMENTI apre una procedura di licenziamento collettivo per cessata attività che riguarda tutti i lavoratori di Taranto. Procedura legittimata e sottoscritta dall’azienda, da Confindustria, dai sindacati di categoria, dalla Regione Puglia: vergognoso” si legge ancora nella lettera dei lavoratori.

“Sempre più spesso sentiamo parlare di transizione ecologica di Taranto, utilizzo dei fondi PNRR in progetti ecosostenibili. Quante di queste voci sono slogan e quanto si sta facendo in concreto? Perché la nostra vertenza non diventa un emblema di questa transizione? E perché i lavoratori Italcementi non vengono inseriti in questa ottica di rinnovo? Se oggi non riusciamo a dare nuova vita alla cementeria ed occupazione ai suoi lavoratori, come possiamo credere di farlo domani con l’acciaieria e i suoi dipendenti? Dopodomani con la raffineria? Si, perché quello che sta accadendo è un pericoloso precedente. Se oggi si permette a Italcementi di abbandonare il sito e licenziare, domani lo stesso accadrà con le altre multinazionali presenti sul territorio. E Taranto diventerà ben presto un cimitero industriale che seppellisce lavoratori e abitanti” concludono il gruppo di lavoratori della Cemitaly di Taranto.

Tessitura, Slai Cobas: Albini ostacola i lavoratori - Una delegazione degli operai della Tessitura di Mottola partecipa alla manifestazione del 26 a Firenze

Incontro con l'Inps di Taranto che conferma responsabilità dell'azienda nel ritardo del versamento del rateo della cig
Corriere di Taranto

PUBBLICATO IL 24 MARZO 2022, 19:52

Martedì 22 marzo una delegazione dello Slai Cobas ha avuto un incontro presso la sede dell’Inps di Taranto con il direttore dell’Inps e il Responsabile dell’Agenzia Flussi Contributivi per discutere dei continui ritardi del versamento del rateo di cassa integrazione straordinaria. “Dal riscontro avuto in sede Inps con la direzione è stato confermato che i continui ritardi sono dovuti esclusivamente alla lentezza dell’Albini Group nell’inviare i modelli SR41, utili al pagamento corretto della cassaintegrazione da parte dell’Inps. A tal proposito lo Slai Cobas chiede una maggiore puntualità nell’invio di questi modelli ed auspica che possano pervenire all’Inps nella prima decade di ogni mese, così come avviene in tutte le aziende del nostro territorio, ad
esempio per i dipendenti in CIGS ex Ilva in a.s., i portuali ecc” si legge in una notadello Slai cobas Taranto.

“I dipendenti della Tessitura di Mottola in liquidazione hanno ricevuto il rateo di gennaio solamente il 9 marzo e per il pagamento del mese successivo la direzione Inps ha confermato che gli SR41 relativi a febbraio sono stati “prontamente” inviati, coincidenza vuole, dopo la diffida fatta dallo Slai Cobas in data 11 marzo c.a. L’Albini Group in questo modo continua a procurare disagio sociale ed economico ai lavoratori e alle lavoratrici della Tessitura di Mottola e di conseguenza alle loro famiglie. Si chiede maggiore rispetto per questi operai che non solo devono affrontare tutte le difficoltà derivanti dalla perdita del posto di lavoro a causa di un’azienda che ha deciso di chiudere i cancelli, ricordiamo, non per crisi ma per delocalizzare la produzione e per di più si vedono calpestare i propri diritti dalla direzione aziendale per la quale hanno svolto 17 anni di servizio” prosegue la nota.

Per questo motivo lo Slai Cobas ha chiesto un incontro con il Prefetto di Taranto a cui chiederà di intervenire in merito alla puntualità dell’invio dei modelli SR41. Inoltre è stato chiesto un incontro al tavolo tecnico della Regione Puglia per vagliare la possibilità di un’integrazione salariale alla CIGS e per avere maggiore chiarezza sull’eventuale trattativa Albini – Motionitalia, ostacolata anche dalle posizioni irremovibili da parte degli Albini.

“Lo Slai Cobas sarà presente alla manifestazione del 26 marzo indetta dagli operai della GKN a Firenze e porterà una delegazione di operai della Tessitura di Mottola per unirsi a questa grande lotta contro le delocalizzazioni. Successivamente sarà organizzata una iniziativa di piazza a Mottola per mantenere alta l’attenzione sulla vertenza dei lavoratori Tessitura Albini Mottola” concludono dallo Slai cobas Taranto.

(leggi il nostro ultimo articolo sulla vertenza https://www.corriereditaranto.it/2022/03/21/tessitura-mottola-ce-qualcosa-che-non-va/)

giovedì 24 marzo 2022

Formazione Operaia – Lenin: Sui sindacati, gli scioperi… – 7° e ultima parte

Su Sciopero economico e sciopero politico

Questo testo, che chiude questo ciclo di Formazione Operaia, pone il legame tra sciopero economico e sciopero politico e mostra, anche sulla base dei dati degli scioperi e del loro carattere – in Russia, ma vale per tutti gli scioperi in ogni paese, sia allora che ora, dati che non abbiamo riportato ma sono ben indicati nel testo integrale – che uno sciopero rafforza l’altro. 

Noi abbiamo avuto esempi concreti della storia in Italia del movimento operaio, ma anche alcuni barlumi nel movimento attuale, come questo sia vero e inevitabilmente necessario. Via via che gli scioperi economici crescono, si estendono è inevitabile che gli operai, i lavoratori si pongano il problema se non è necessario lo sciopero che abbia al centro il porre fine al fatto che gli operai sempre devono essere sfruttati, che sempre deve esistere un pugno di ricchi, di padroni che si appropria del lavoro di milioni di uomini e donne. Lo sciopero che ponga la questione del potere operaio, del governo operaio.

Ma chiaramente – come spiega Lenin – lo sciopero politico non è una lotta che cade dall’alto sulla testa dei lavoratori delle masse popolari che vi partecipano, ma esso stesso si riempie dei bisogni, delle rivendicazioni portate negli scioperi economici: il lavoro, il salario, la sicurezza, la salute, ecc. ecc.

Lenin afferma: guai a togliere la base economica ad una lotta politica, essa non potrebbe essere realmente di massa. Pensate, che la Rivoluzione d’Ottobre si fece intrecciando parole d’ordine economiche con parole d’ordine politiche “pane, terra, pace”. Mao Tse tung dice che non si può sviluppare una guerra popolare se non ti occupi del “grano e del sale”.

Negli anni 69/70, nel grandioso movimento operaio dell”Autunno caldo’ in Italia, la ribellione operaia che diede vita a centinaia, migliaia di scioperi e varie iniziative di lotta, si mosse sulla base delle condizioni materiali e concrete (aumenti salariali, passaggio di categorie, parità salariale tra operai e impiegati e tra uomini e donne, questione della sicurezza sul lavoro, della nocività, problema del pagamento al 100% delle malattie, infortuni, ecc. ecc.); questo permise di unire gli operai, tantissime fabbriche, alla base. Nello stesso tempo questa unione sviluppò una forza ben oltre la dimensione della lotta sindacale. Tanto che capitalisti, borghesi, lo Stato ebbero una reale paura che quella ribellione, quegli scioperi facevano non solo apparire lo “spettro” della rivoluzione proletaria” ma il suo effettivo inizio, perchè vi era una fusione tra le lotte operaie e le idee della rivoluzione.

Ma abbiamo detto anche oggi questa inevitabile combinazione tra scioperi economici e scioperi politici comincia, anche se in embrione, ad apparire. Come non cogliere negli scioperi, lotte dei lavoratori immigrati, sia nella logistica che nelle fabbriche, che non si tratta solo di avere un contratto, ma di lottare contro uno Stato imperialista che li ha costretti a fuggire dalle loro terre e ora li sfrutta usando il razzismo; come non cogliere nella lunga e articolata lotta degli operai della Gkn non solo la rivendicazione del lavoro contro i licenziamenti, contro le delocalizzazione, ma la questione di un governo, di un potere differente, proletario, che dia le fabbriche in mano agli operai, e come non vedere nella solidarietà costruita intorno a questa lotta, che la classe operaia può e deve essere avanguardia di tutto il popolo, assumendo, attraverso la lotta politica, le istanze degli studenti, come dei settori ambientalisti radicali, ecc. 

E, come scrive Lenin: “Se i liberali (e i liquidatori) dicono agli operai: voi siete forti quando la «società» simpatizza con voi, il marxista parla diversamente agli operai : la «società» simpatizza con voi quando siete forti…”. E questo è un insegnamento che deve far riflettere tutti gli operai perchè comprendano quanto è importante per avere il sostegno alla loro battaglia che facciano loro il primo e importante passo con gli scioperi (pensiamo, per esempio, ai falsi discorsi, spontanei o indotti, che sono presenti tra gli operai dell’ex Ilva di Taranto); ma deve far riflettere gli stessi operai della Gkn, che questa “simpatia” è frutto della forza della loro lotta, non dell’appoggio acritico a qualsiasi movimento degli altri settori sociali.

Certo, come ben illustra Lenin nel testo, occorrono tanti scioperi economici che spingano verso lo sciopero politico – e questo al momento è lontano ancora da essere realtà. E, come Lenin spiega quando ricorda le cifre degli scioperi all’epoca in Russia, i numeri contano eccome.

Ma allora la prima questione che i comunisti devono fare è alimentare gli scioperi economici, aiutare gli operai, tutti i lavoratori, lavoratrici a farli. Coloro che fanno solo propaganda politica rivoluzionaria – e nel nostro paese, ma non solo, tanti gruppi che si dicono rivoluzionari, anche comunisti solo questo fanno – e non si “sporcano le mani” per aiutare gli operai ad organizzare scioperi sui bisogni e la condizione concreta dei lavoratori, delle masse popolari, possono parlare decine di anni di lotta politica, ma costantemente tolgono a questa lotta il terreno sotto i piedi, il suo legame con la lotta concreta degli operai. La loro attività può sembrare ai loro occhi più alta, più lodevole, che si occupano non di questioni meramente materiali bensì di questioni di principio, ma in realtà si tratta di un’attività opportunista, che vede i comunisti staccati dal legame concreto, “di vita”, con gli operai. 

Come scrive Lenin: “…il problema del miglioramento del tenore di vita è anch’esso un problema di principio, un importantissimo problema di principio, e, in secondo luogo, io non indebolisco, ma rafforzo la mia protesta quando protesto non contro una, ma contro due, tre, ecc. manifestazioni dell’oppressione…”.

Il legame, la combinazione tra scioperi economici e scioperi politici è nello stesso tempo la risposta contro gli economisti, presenti soprattutto in alcuni sindacati di base, che coltivano tra i lavoratori l’illusione che crescendo gli scioperi economici si arriva a mettere in crisi il potere borghese; lì dove per i comunisti, invece, occuparsi di tutti i bisogni degli operai, di tutti i lavoratori, lavoratrici, deve significare finalizzare la lotta economica alla lotta per la conquista del potere; preparando la combinazione dei due tipi di sciopero.

DAL TESTO DI LENIN: “Sciopero economico e sciopero politico” 

“…tra i due tipi di sciopero esiste uno stretto e indissolubile legame… Lo sciopero economico e quello politico si sostengono quindi reciprocamente, costituendo, l’uno per l’altro, una fonte di energia. Senza questo stretto legame fra i due tipi di sciopero, un movimento veramente vasto, di massa – che acquisti, inoltre, un’importanza nazionale – non è possibile. Non di rado, all’inizio del movimento, lo sciopero economico ha il potere di risvegliare e scuotere i più arretrati, di generalizzare il movimento, di elevarlo a un grado superiore… Ma il legame fra sciopero economico e sciopero politico è sempre esistito, Senza questo legame, ripetiamo, non è possibile un movimento effettivamente grande che raggiunga grandi obiettivi…

La classe operaia durante lo sciopero politico agisce come classe che è all’avanguardia di tutto il popolo. In questi casi il proletariato adempie la funzione non semplicemente di una classe della società borghese, ma la funzione di egemone, cioè di dirigente, di avanguardia, di capo. Le idee politiche che si manifestano nel movimento hanno un carattere popolare, investono cioè le condizioni più profonde, fondamentali della vita politica di tutto il paese…

D’altra parte, le masse lavoratrici non accetteranno mai di rappresentarsi il «progresso» generale del paese senza rivendicazioni economiche, senza un diretto e immediato miglioramento delle proprie condizioni. La massa è attratta nel movimento, vi partecipa energicamente, lo apprezza altamente e sviluppa il suo eroismo, il suo sacrificio, la sua tenacia e la sua fedeltà alla grande causa soltanto nella misura in cui la situazione economica di chi lavora si migliora. Non può essere altrimenti, appunto perché le condizioni di vita degli operai nei tempi «normali» sono inverosimilmente dure. Lottando per ottenere un miglioramento delle condizioni di vita, la classe operaia, al tempo stesso, si eleva moralmente, intellettualmente e politicamente, diventa più capace di raggiungere i grandi obiettivi della sua liberazione… 

Più forte è la pressione degli operai, maggiori miglioramenti del tenore di vita essi ottengono. Sia la «simpatia della società» che il miglioramento del tenore di vita sono il risultato dell’alto grado di sviluppo della lotta. Se i liberali (e i liquidatori) dicono agli operai: voi siete forti quando la «società» simpatizza con voi, il marxista parla diversamente agli operai : la «società» simpatizza con voi quando siete forti…

I dati scientifici della statistica per un periodo di parecchi anni confermano quindi pienamente l’esperienza fatta e le osservazioni di ogni operaio cosciente circa la necessità dell’unione dello sciopero economico con quello politico e la inevitabilità di questa unione in un movimento realmente vasto e popolare…

…il multiforme carattere degli scioperi attira più di ogni altra cosa masse di nuovi partecipanti, più di ogni altra cosa assicura la potenza della pressione e le simpatie della società, più di ogni altra cosa garantisce sia il successo degli stessi operai che l’importanza nazionale del movimento.
 
Lenin nel contestare il ragionamento dei “liberali” che dicono che le rivendicazioni economiche possano “«offuscare» il carattere di principio della protesta” – dice – “Al contrario… questa rivendicazione non «offusca» ma rafforza «il carattere di principio della protesta» ! Innanzi tutto il problema del miglioramento del tenore di vita è anch’esso un problema di principio, un importantissimo problema di principio, e, in secondo luogo, io non indebolisco, ma rafforzo la mia protesta quando protesto non contro una, ma contro due, tre, ecc. manifestazioni dell’oppressione…”…

“…invano – continua Lenin – il signor Iegiov (un liberale) confonde il problema della combinazione dello sciopero economico e dello sciopero politico con il problema della preparazione dell’uno e dell’altro! Certamente bisogna preparare e prepararsi, e inoltre quanto più possibile in modo unitario, affiatato, compatto, meditato, risoluto; tutto ciò è molto desiderabile. Non vi può essere discussione. Ma bisogna preparare, malgrado il signor Iegiov, appunto la combinazione dei due tipi di sciopero…
 
Non è vero che l’«intreccio» sarebbe un errore. È proprio il contrario. Gli operai avrebbero commesso un irreparabile errore se non avessero compreso tutta la particolarità, tutto il significato, tutta la necessità, tutta l’importanza, in linea di principio, appunto di questo «intreccio». Ma gli operai, per fortuna, comprendono molto bene tutto ciò e respingono con disprezzo la predica dei politici operai liberali…”.