martedì 28 novembre 2023

Acciaierie d'italia - nulla di fatto - rinvio al 6 dicembre del cda - Indicazione Slai cobas e Info

Lo Slai cobas è per la mobilitazione ad oltranza dei lavoratori contro le tre M con blocco di produzione e città - Il resto sono parole.

Acciaierie d'Italia l'indicazione dello Slai cobas

Info oggi da primo canale genova 

Ex Ilva, altra fumata nera: assemblea rinviata al 6 dicembre

GENOVA - Un'altra fumata nera nella lunga partita legata al futuro dell'ex Ilva. Dopo il nulla di fatto dal consiglio di amministrazione di giovedì scorso a Milano, oggi altra tappa a vuoto. L'assemblea è stata nuovamente aggiornata questa volta al 6 dicembre. Ancora futuro incerto dunque

Tra i temi affrontati, la posizione del presidente Franco Bernabé, che potrebbe rimanere ancora al timone, nonostante le ventilate dimissioni, per gestire il momento delicato, le modalità per far fronte al pagamento della fornitura di gas e alle esigenze più immediate dello stabilimento di Taranto, la complicata situazione finanziaria, e la richiesta di 320 milioni per far fronte alle esigenze di produzione. I sindacati chiedono chiarezza al gruppo per capire quali sono le intenzioni. Acciaierie d'Italia oggi è in mano per il 62% ad ArcelorMittal mentre il restante 38% è sotto il controllo di Invitalia, partecipata dello Stato.

Prima del nuovo nulla di fatto il presidente di Confindustria Carlo Bonomi a Genova per un evento ha detto: "Questo Paese deve decidere se l'acciaio lo vuole o no. Credo che sia fondamentale avere l'acciaio e quindi spero in una soluzione positiva perché Acciaierie d'Italia è un asset strategico per il nostro Paese".

Il presidente di Federacciai Antonio Gozzi ha commentato parlando ad assemblea in corso: "Questo è il momento della verità, non so quali altre prove di appello ci debbano essere. Se la più grande siderurgia del mondo mette soldi e management per salvare il più importante impianto italiano questa è la soluzione migliore ma se non fa questo bisogna voltare pagina. Il ministro Giorgetti ha detto molto bene che in una società dove uno dei soci ha il 62% e l'altro il 38% se c'è bisogno di capitali il socio maggioritario deve mettere il 62% delle risorse e quello minoritario, lo Stato, il 38%. Sembra quasi banale ricordarlo ma vediamo che cosa succede speriamo cose buone".

A Genova i mille lavoratori dello stabilimento di Cornigliano denunciano la grave situazione legata alla sicurezza sul posto di lavoro e la sottoproduzione dell'impianto che lavora al 20% delle sue potenzialità. A questo si aggiunge l'incertezza ormai ultradecennale legata ai 238 lavoratori di Ilva in amministrazione straordinaria che a fine estate sarebbero dovuti essere riassorbiti, cosa non avvenuta visto l'incertezza che riguarda il futuro della siderurgia.

L'amministratore delegato di Acciaierie d'Italia Lucia Morselli ha spiegato che per rilanciare nell'immediato la produzione degli stabilimenti servirebbero 350 milioni. Secondo quanto riporta MilanoFinanza l'ex-Ilva dispone infatti di una sola linea di credito da 250 milioni di euro attivata da Unicredit con scadenza a maggio 2024. Nel mentre Franco Bernabé, presidente dell’holding di Acciaierie d’Italia ha congelato le sue dimissioni.

Diverse le opzioni possibili, la principale potrebbe essere l'impegno di ArcelorMittal a rilanciare la produzione. La seconda, meno probabile, vede lo Stato aumentare il suo peso specifico nella gestione di Acciaierie d'Italia. 

LA SITUAZIONE - L'ex Ilva non vive sogni sereni, per portare avanti il processo di de-carbonizzazione sono necessari 5,5 miliardi di euro e intanto per il 2023 erano stati annunciate 4 milioni di tonnellate ma ci si fermerà a 3 milioni. Nel 2024 il piano prevede di arrivare a 5 milioni di tonnellate, ma a queste condizioni i sindacati vedono il dato lontano da raggiungere. Lo Stato ha spiegato di essere pronto a fare la sua parte per avviare il processo. I sindacati a Genova hanno denunciato la mancanza di pezzi di ricambio, fatto che genera il fermo dell'impianto, inoltre è sotto la produzione prevista la banda stagnata, fondamentale per lo stabilimento di Cornigliano perché è l'unico in Italia capace di produrla. 

A Genova si è anche aperta la possibilità di rivedere l'accordo di programma che regola tra le altre cose la gestione delle aree ex Ilva a patto di conservare il reddito dei lavoratori. L'accordo di programma e le aree ex Ilva sono al centro del dibattito in queste settimana. Su quelle aree c'è l'interesse di tanti si parla di quasi 1.000.000 metri quadri vicine all'aeroporto e vicine all'autostrada, sul mare e fornite di banchina. Un accordo che prevedeva occupazione per 2500 lavoratori dello stabilimento di Genova Cornigliano, oggi in realtà sono circa 1000 più 200 in amministrazione straordinaria. 

Gazzetta del Mezzogiorno: Un altro rinvio. A rischio il futuro di Taranto

TARANTO - E’ ancora fumata nera dall’assemblea di Acciaierie d’Italia. Secondo quanto si apprende, la riunione tra i soci che dovevano discutere, tra l’altro, delle risorse finanziarie per garantire il futuro dell’ex Ilva di Taranto, è aggiornata al 6 dicembre prossimo.

La grande manifestazione delle donne a Roma del 25 novembre e la solidarietà alle donne palestinesi in piazza a Taranto il 2 dicembre

500 mila donne in piazza a Roma contro femminicidi e oppressione delle donne - grande in essa la solidarietà alle donne palestinesi oggetto dell'invasione, occupazione massacri e genocidio a Gaza 

Questa solidarietà è stata oggetto di attacchi da parte del governo e dei suoi mass media che hanno preso ad bersaglio la manifestazione delle donne e le donne del movimento femminista proletario rivoluzionario nelle cui file vi erano le rappresentanti di Taranto alla manifestazione di Roma

Torniamo in piazza a Taranto sabato per continuare il messaggio della manifestazione di Roma

sabato 2 dicembre ore 19-20,30 piazza immacolata

promuovono e invitano tutte a partecipare

#iostocon la palestina

movimento femminista proletario rivoluzionario Taranto

lavoratrici slaicobas per il sindacato di classe Taranto

info/contatti adesioni  347/5301704 

wattsapp 3519575628

lunedì 27 novembre 2023

Il 25 novembre anche a Taranto donne e ragazze in piazza!




Oltre un centinaio di manifestanti, tante ragazze, si sono concentrati in piazza Marconi per poi fare un corteo, nonostante la pioggia e l'improvviso freddo.

E' stato importante perchè da anni non si vedeva nella nostra città una manifestazione delle donne.

A questa manifestazione l'Mfpr, benchè le sue rappresentanti più impegnate erano alla manifestazione di Roma, è stata presente, è stato diffuso il volantino portato anche a Roma - che pubblichiamo in fondo pagina.

Confidiamo che questo 25 novembre non resti isolato. Che quest'anno sia di incitamento, di presa di coscienza a lottare anche negli altri giorni, in primis contro governo, padroni, Stato, Istituzioni locali che a Taranto mostrano il loro marcio attacco alle donne e in particolare alle lavoratrici, negando il lavoro (anche negli appalti pubblici) o relegando le donne a lavori ultraprecari, con bassissimi salari, ma carichi alti di lavoro che attaccano la salute, e quindi costringendo le ragazze, le donne a continuare ad essere dipendenti in famiglia, dal loro uomo, all'interno di una condizione generale che scarica sulle donne ancora di più il lavoro domestico, di assistenza, di carovita, di mancanza o peggioramento dei servizi sociali, aumentando la loro oppressione; a Taranto dove tante donne si ammalano, muoiono assassinate da padroni e governo che pensano solo a garantire i profitti, scaricando la loro "merda" sui corpi e la vita di tante donne e bambini. E non basta certo negli schermi luminosi stradali della polizia municipale mettere, da parte del Comune, un appello per il 25 novembre, per cancellare che le Istituzioni sono "pienamente coinvolti" in questa violenza strutturale di subordinazione, di oppressione, di attacco alle condizioni di vita e di lavoro delle donne, che crea condizioni favorevoli alla violenza sessuale contro le donne.

Confidiamo che questo 25 novembre non resti isolato, perchè anche nella nostra città troppi sono i casi di femminicidi, stupri, violenze sessuale - ricordiamo la violenza sessuale subita da una ragazza da 8 autisti dell'Amat, per cui ancora è in corso il processo e ancora non c'è giustizia; così come tanti sono gli episodi di molestie sessuali che avvengono da parte di padroni e padroncini dei negozi, esercizi, ecc., che purtroppo spesso non vengono denunciati. 

Anche a Taranto le ragazze, le donne devono sapere, sentire che "non sei sola!".

Noi lavoratrici Slai cobas, compagne del Mfpr, impegnate soprattutto e costantemente nelle lotte delle lavoratrici, continueremo come prima e più di prima.

Nei prossimi giorni: 

faremo un volantinaggio alle scuole, in particolare Vittorino da Feltre e Cabrini, per smascherare l'indicazione del Min. Valditara sull'ora di "educazione alle relazioni" nelle scuole e proporre ben altro

manderemo una lettera aperta ai presidi delle scuole per poter incontrare, dibattere con le studentesse e gli studenti, e soprattutto raccontare l'importante ed enorme manifestazione del 25 novembre a Roma

organizzeremo un incontro con le avvocatesse sulla nuova normativa del cosiddetto "Codice rosso", per raccogliere la loro opinione.

Queste ed evantuali altre iniziative le vorremmo discutere e fare con le donne, ragazze che hanno partecipato alla manifestazione a Taranto del 25 nov.

PROPONIAMO DI INCONTRARCI GIOVEDI' 30 NOVEMBRE ORE 18 c/o via Livio Andronico, 47

Il volantino diffuso alla manifestazione di Taranto


Stato comatoso della vertenza Acciaierie d'Italia - situazione emblematica dell'attacco di padroni e governo agli operai

Gli operai e i lavoratori, le condizioni economiche e sociali delle masse popolari, i precari, i disoccupati, i lavoratori di ogni settore, i lavoratori della sanità, della scuola, i pensionati, oggi fronteggiano un attacco frontale da parte del governo, che unisce demagogie di provvedimenti - in realtà di pura propaganda - con un attacco sistematico alle condizioni salariali, normative, dell'intero arco del proletariato e delle masse popolari.

Esemplare è quanto sta accadendo nella vertenza Ex Ilva,/Acciaierie d'Italia, con i suoi stabilimenti e con il principale di esso, lo stabilimento di Taranto, anche ora la più grande fabbrica in funzione di questo paese. Qui, governo e padroni vogliono procedere a una nuova, pesante, ristrutturazione, in nome della transizione a stabilimenti ambientalmente migliori, in realtà si sta mandando in rovina gli stabilimenti che ci sono e in particolare quello di Taranto, dove a volumi produttivi nettamente inferiori alle potenzialità degli impianti corrisponde una cassa integrazione permanente che colpisce pesantemente il salario dei lavoratori. L’ultima cassa integrazione non è stata neanche firmata dalle organizzazioni sindacali confederali e quindi è unilaterale, come unilaterale ne è la gestione. E in questa unilateralità di gestione c'è l'arbitrio, c'è la divisione dei lavoratori e c'è soprattutto l'abbassamento generalizzato dei salari. In questa fabbrica non si pagano neanche gli straordinari a fasce di lavoratori. E i lavoratori, tutti, vengono penalizzati da una gestione all'insegna dell'arroganza da parte dell'amministratore delegato, Morselli.

È inutile dire che tutto ciò si riflette in una situazione nell'appalto fatta di licenziamenti, cassa integrazione, intensificazione dello sfruttamento, peggioramento dei contratti. E in tutta l'area industriale incombe l'insicurezza sul lavoro, con incidenti a rischio vita che si presentano più o meno stabilmente, in una vicenda in cui questo stabilimento continua a inquinare e a colpire la città con il suo carico di morti e malattie.

A fronte di questo, il nuovo governo è peggio dei precedenti: tratta in un accordo privato, segreto – anche se è divenuto il "segreto di Pulcinella" - fuori dai tavoli, previsti anche per legge, di trattativa e di discussione di questa vertenza. Intorno al "memorandum", a questo patto segreto da settimane si tengono i lavoratori nell'incertezza, nell'insicurezza, nella mancanza di un futuro.

In particolare si vuole ancora una volta, con la logica di socializzare le perdite e privatizzare i profitti, versare centinaia di milioni - 1 miliardo, si parla fino a 3 miliardi e mezzo - che verrebbero utilizzati per potere salvaguardare il presente e il futuro di questo stabilimento. Con i soldi pubblici si permette ai padroni privati - in questo caso la grande multinazionale dell'acciaio ArcelorMittal - di continuare a fare profitti in un quadro in cui continua lo scaricamento di tutte le forme di crisi - compresa quella di mercato - sui lavoratori e sulle condizioni di lavoro.

Esiste un'opposizione dei sindacati confederali a questo piano, perché sono tagliati fuori, perché governo e azienda decidono fuori dai tavoli a cui essi sono convocati e che spesso si traducono in “comunicazioni di servizio”, peraltro, in generale, già anticipate dalla stampa. Sindacati umiliati, lavoratori in attesa: questo è lo stato delle cose.

E anche il presidio fatto giovedì scorso a Milano da un centinaio di rappresentanti sindacali di Genova e Taranto ha avuto lo stesso senso - al di là delle parole dette dai sindacalisti, dello spirito combattivo portato come sempre dalla delegazione di Genova, la sostanza è zero. Un consiglio di amministrazione che si prolunga, il cui presidente, Bernabè, è dimissionario, diventa semplicemente la cassa di risonanza, il luogo in cui deve arrivare quest'accordo segreto per essere approvato.

È chiaro che il limite fondamentale è che la risposta dei lavoratori non è all'altezza della gravità di questa vertenza. Ci sono degli scioperi, peraltro in genere ordinari, c'è stata una manifestazione a Roma che non ha spostato di una virgola il livello di trattativa, manca la rivolta operaia, la Piattaforma operaia che ponga dei paletti irrinunciabili intorno a cui costringere con la forza della lotta, bloccando produzioni, strade e città, governo e padroni a offrire soluzioni che tutelino innanzitutto il lavoro di tutti e che aggrediscano i problemi del salario, delle condizioni di lavoro, della sicurezza e dell'ambiente, secondo gli interessi degli operai, dei lavoratori e delle comunità cittadine, in particolare a Taranto.

Questa è la linea di un solo sindacato, piccolo, anche se presente con il suo materiale permanentemente nelle manifestazioni e perfino nella piccola manifestazione di giovedì a Milano: lo Slai Cobas per il sindacato di classe, che gode nella fabbrica di un notevole consenso d'opinione che però non si traduce ancora in una forza organizzata che effettivamente cambierebbe lo stato delle cose, fino a cambiare l'agenda intorno a cui si sviluppa questa vertenza.

venerdì 24 novembre 2023

.oggi a ore 12 Controinformazione rossoperaia - - Acciaierie d’Italia: unica soluzione la lotta dei lavoratori

 

trascrizione da ore 12 Controinformazione Rossoperaia.24.11-1


lo stato delle cose della cosiddetta vertenza Ex Ilva,/Acciaierie d'Italia, con i suoi stabilimenti e con il principale di esso, lo stabilimento di Taranto, che è anche in questo momento la più grande fabbrica in funzione di questo paese. Governo e padroni vogliono procedere a una nuova, pesante, ristrutturazione di questi stabilimenti, in nome della transizione a stabilimenti ambientalmente migliori, in realtà si sta mandando già in rovina gli stabilimenti che ci sono e in particolare quelli di Taranto, dove a volumi produttivi nettamente inferiori alle potenzialità degli impianti corrisponde una cassa integrazione permanente che colpisce i lavoratori. L’ultima cassa integrazione non è stata neanche firmata dalle organizzazioni sindacali confederali e quindi è unilaterale, come unilaterale ne è la gestione. E in questa unilateralità di gestione c'è l'arbitrio, c'è la divisione dei lavoratori e c'è soprattutto l'abbassamento generalizzato dei salari. In questa fabbrica non si pagano gli straordinari a fasce di lavoratori. E i lavoratori, tutti, vengono penalizzati da una gestione all'insegna dell'arroganza da parte dell'amministratore delegato Morselli.

È inutile dire che tutto ciò si riflette in una situazione nell'appalto fatta di licenziamenti, cassa integrazione, intensificazione dello sfruttamento, cambio dei contratti. E in tutta l'area industriale incombe l'insicurezza sul lavoro, con incidenti a rischio vita che si presentano più o meno stabilmente, in una vicenda in cui questo stabilimento obiettivamente continua a inquinare e a colpire la città con il suo carico di morti e malattie professionali.

A fronte di questo, il nuovo governo è peggio dei precedenti: tratta in un accordo privato, segreto – anche se è divenuto il segreto di Pulcinella, fuori dai tavoli previsti anche per legge di trattativa e di discussione di questa vertenza - intorno a un memorandum, a questo patto segreto da settimane si tengono i lavoratori nell'incertezza, nell'insicurezza, nella mancanza di un futuro. In particolare si vuole ancora una volta, con la logica di socializzare le perdite e privatizzare i profitti, versare centinaia di milioni, 1 miliardo - si parla fino a 3 miliardi e mezzo - che verrebbero utilizzati con una partecipazione molto inferiore di ArcelorMittal per potere salvaguardare il presente e il futuro di questo stabilimento. Con i soldi pubblici si permette ai padroni privati - e in questo caso la grande multinazionale dell'acciaio ArcelorMittal - di continuare a fare profitti in un quadro in cui continua lo scaricamento di tutte le forme di crisi - compresa quella di mercato - sui lavoratori e sulle condizioni di lavoro.

Esiste un'opposizione dei sindacati confederali a questo piano, perché sono tagliati fuori, perché decidono fuori dai tavoli a cui essi stessi sono convocati, che spesso si traducono in “comunicazioni di servizio”, peraltro, in generale, già anticipate dalla stampa. Sindacati umiliati, lavoratori in attesa: questo è lo stato delle cose.

E anche la manifestazione fatta ieri da un centinaio di rappresentanti sindacali di Genova e Taranto ha avuto lo stesso senso - al di là delle parole dette dai sindacalisti, dello spirito combattivo portato come sempre dalla delegazione di Genova., la sostanza è zero: un consiglio di amministrazione che si prolunga, il cui presidente, Bernabè, è dimissionario, è semplicemente la cassa di risonanza, il luogo in cui deve arrivare quest'accordo segreto per essere approvato.

È chiaro che il limite fondamentale è che la risposta dei lavoratori non è all'altezza della gravità di questa vertenza. Ci sono degli scioperi, peraltro in genere ordinari, c'è stata una manifestazione a Roma che non ha spostato di una virgola il livello di trattativa, manca la rivolta operaia, la Piattaforma operaia che ponga dei paletti irrinunciabili intorno a cui costringere con la forza della lotta, bloccando produzioni, città e strade, governo e padroni a offrire soluzioni che tutelino innanzitutto il lavoro di tutti e che aggrediscono i problemi del salario, delle condizioni di lavoro, della sicurezza e dell'ambiente, secondo gli interessi degli operai, dei lavoratori e delle comunità cittadine, in particolare a Taranto.

Questa è la linea di un solo sindacato, presente con il suo materiale permanentemente nelle manifestazioni e perfino nella piccola manifestazione di ieri a Milano: lo Slai Cobas per il sindacato di classe, che gode nella fabbrica di un notevole consenso d'opinione che non si traduce ancora in una forza organizzata che effettivamente cambierebbe lo stato delle cose, fino a cambiare l'agenda intorno a cui si sviluppa questa vertenza.

L'altra questione a cui necessariamente dobbiamo dare eco oggi è l'ennesimo tentativo - riuscito già in una prima volta - del ministro Salvini, per conto di tutto il governo Meloni, di attaccare il diritto di sciopero, imponendo, a fronte di un altro sciopero indetto dal sindacalismo confederale, forme di precettazioni che sono un'intimidazione e un effettivo freno alla libertà democratiche e sindacali.

Landini e i sindacati confederali protestano rispetto a questo, ma la loro protesta non va al di là delle parole, non cambia l'agenda, non impone l'urgenza di difendere il diritto di sciopero e quindi di violare i divieti e le precettazioni, perché si risponde all'attacco al diritto di sciopero, scioperando, si risponde ai divieti e alle precettazioni, rifiutandole.

Finché questo non avverrà, ogni sciopero attaccato sarà una tappa in avanti, non della lotta dei lavoratori, ma dell'attacco fascista alla libertà di sciopero.




Sul presidio fiom fim uilm al consiglio di amministrazione Acciaieria Italia Milano

 Gli interventi conclusivi a Milano di Fim, Fiom, Uilm

Al presidio un’ottantina tra delegati e funzionari, da Taranto, soprattutto con la Uilm e da Genova con la Fiom, da Alessandria una piccola delegazione con la Fiom, e alcuni sindacalisti territoriali.

La mancanza di operai ha reso difficile parlare dello stato della vertenza, delle iniziative, di una mobilitazione prolungata. Bocche cucite. Il poco che si è potuto scambiare pure in queste condizioni ci dice invece quanto è centrale per le stesse prospettive della lotta, il confronto tra gli operai. 

Diffuso da lavoratori Slai cobas di Milano e Bergamo il volantino che avevamo dato a Taranto: ‘Contro le tre M: Mittal-Morselli-Meloni’

Per i delegati di Genova Fiom a Taranto, a parte la Fiom, l'idea è che sarebbero tutti gli operai per la chiusura dello stabilimento.
 

I nostri compagni dello Slai cobas hanno detto che non è vero, che ci sono posizioni diverse in campo, e chiarita quale è la nostra posizione dello Slai Cobas e piattaorma operaia che sosteniamo all'ex Ilva di Taranto.

 Senti la Controinformazione rossoperaia di oggi con un rapido commento


25 novembre a Roma - Info WA 3339199075 - Giovedì 23 nov ore 17,30 presso sede Slai cobas via Livio Andronico 47


Per tutte le Giulie uccise dai "bravi ragazzi" - Femminicidi/stupri preparati da governo e Stato

Per le donne e i bambini palestinesi massacrati dallo stato neonazista di Israele - e che resistono 

Per le Anile assassinate dai padroni per il profitto

Contro il governo Meloni fascista complice di tutto questo

La delegazione Mfpr di Taranto sarà a Roma

Per info/contatti: mfpr.naz@gmail.com - WA 3408429376

lunedì 20 novembre 2023

Messaggio ai solidali con la Palestina

La situazione a Gaza resta drammatica è inaccettabile - L’orrendo conteggio dei morti tocca 16.000 - 6 mila i bambini, migliaia le donne, gli anzianiì - distrutte case e ospedali, bombardati i campi profughi, uccisi oltre 100 operatori dell’Onu, di Medici senza frontiere - manca cibo, acqua e generi di prima necessità, anche l'Onu parla di "morte per fame", un intero popolo spinto a lasciare lasua terra, le case, e a percorrere un nuovo Exodus.

A niente valgono appelli e risoluzioni Onu. Come belve assetate di sangue l’esercito sionista armato dai paesi imperialisti occidentali, Italia compresa, esercita il massimo di massacri e terrore. Dopo 75 anni di invasione, occupazioni, appropriazione di terre, massacri, carcere e persecuzione di ogni genere, lo stato sionista di tipo nazista di Israele cerca come i nazisti verso gli ebrei la "soluzione finale", il genocidio del popolo palestinese.

A Taranto a parte noi e pochi altri nessun fa nulla e questo scredita la nostra città e i cittadini mentre in tante città italiane dilaga la solidarietà con scioperi e manifestazioni permanenti e università occupate. Venerdì 17 ott. vi e’ stato comunque un comizio appello alla portineria dell’appalto Acciaierie alle 6 del mattino di Margherita Calderazzi dello Slai cobas, un lungo striscione, scritte anche all’interno, firme e diffusione moduli per raccoglierle all’interno. Poi sono scesi in campo studenti di varie scuole e in piazza Immacolata da parte di una trentina di essi è stata fatta sentire forte la solidarietà al popolo palestinese.

Segnali importanti, ma ora dobbiamo fare tutti di più con cuore e mente e partecipare all’indispensabile ondata di solidarietà.

Serve quindi una assemblea in presenza e telematica per sentirci, scambiarci proposte e opinioni - proviamo a farla giovedì 23 dalle 17.30 alle 20 - dalla sede dello slai cobas taranto via livio andronico 47 - dove e’ stata anche artigianalmente posta una mostra documentaria permanente della storia della palestina dal 1904 fino al finire degli anni 70 per capire origine e sviluppi delle vicende odierne. Invitiamo tutti i disponibili a partecipare dalla sede o telematicamente alla assemblea e far circolare la voce.

Con il cuore e la mente, con dolore e rabbia con la Palestina fermare il massacro e genocidio a Gaza per una Palestina libera #iostoconla Palestina

#iostoconlapalestina
Giovedì, 23 novembre · 17:30 – 20:00

Per collegamento on line:
https://meet.google.com/mkj-oaaz-vvm
 

mercoledì 15 novembre 2023

Tessitura di Mottola - incontro alla Regione e... giornata particolare

Quella che pubblichiamo di seguito è la registrazione dell’incontro presso la task force regionale a Bari tenutasi per la vertenza Tessitura Albini Mottola - fabbrica chiusa per delocalizzazione dalla proprietà. Alla riunione erano presenti in qualità di presidente Sepac il dott Caroli e un suo collaboratore, Tessitura in liquidazione rappresentata dal dott Tamburini, la nuova società che vuole rilevarla, il gruppo Ekasa-De Carlo, già presente a Mottola rappresentata dal dott. Carriero e l’avvocato Lore’, la società di scouting per Albini con la dott.ssa Brockaus, le org sindacali cgil-cisl-uil-ugl con le segr. reg. e Rsu aziendali, il sindaco di Mottola dott. Barulli - presente in remoto per ingiusta e illegittima discriminazione il coord provinciale Slai cobas e gli Rsa Slai cobas e sempre in remoto Confindustria Taranto dott. Meschiari.

Questa volta vista la gravità della situazione a circa un mese dalla scadenza della cassa integrazione e il licenziamento di tutti gli attuali 90 lavoratori con il loro passaggio in Naspi, a Bari sotto la presidenza della Regione vi era un folto presidio di lavoratori e lavoratrici - queste ultime numerose e combattive dimostrando quanto ci tengono al lavoro, contro la logica di mandarle a casa - con cartelli e striscioni che chiedevano con forza assunzione per tutti o proroga di un’altro anno di cassaintegrazione fino all’assunzione di tutti.

In vista di questo incontro vi era stato ai cancelli della fabbrica un presidio continuato per impedire l’ingresso dei responsabili di Albini allo scopo di smantellare gli impianti per poi portarli via e sgomberare il capannone aziendale.

Per comprendere il carattere combattivo della presenza dei lavoratori già prima dell’incontro all’arrivo del dott Tamburrini vi e’ stata una contestazione e un duro confronto con i lavoratori. L’incontro è poi cominciato e qui lo Slai cobas tra i promotori del presidio ha messo a disposizione il collegamento in remoto a tutti i lavoratori presenti che così hanno potuto seguire in diretta tutti gli interventi, sottolineandoli da sotto la finestra della Regione ora con fischi ora con applausi.

L’incontro come si può ascoltare dalla registrazione si è presentato subito come negativo e ‘ drammatico; lo stesso Caroli che nel precedente incontro aveva presentato ipotesi di proposte che garantissero l'assunzione di tutti i lavoratori ed eventuale proroga della cassa integrazione, questa volta ha tolto ogni speranza ai lavoratori affermando la certezza nessun ammortizzatore sociale e quindi di licenziamento e Naspi; il gruppo Ekasa ha perfino peggiorato proposta e piano presentato affermando che dopo l’acquisizione del capannone, per l’accordo di acquisto con Albini, ci sarà un anno per riempirlo degli impianti necessari alla produzione con assunzione di un piccolo gruppo di lavoratori 10/15 a tempo determinato preso dalla Naspi, e poi si procederà nell’anno successivo attingendo  ‘anche’ dal bacino di Tessitura. Questo ha provocato la immediata reazione negativa di tutte le rappresentanze sindacali che sostanzialmente sia pure con toni diversi non accettano questa decisione e hanno chiesto maggiori garanzie di assunzioni di tutti e non a tempo determinato. La proprietà Ekasa, però, non si è sostanzialmente spostata dalle sue posizioni e nell’incontro ci sono stati momenti di tensione - dove le parti industriali hanno chiesto con toni inaccettabili la fine del presidio - spalleggiati da Confindustria

Ma la cosa davvero grave e’ avvenuta quando al Tavolo è arrivata la notizia che tutti i lavoratori presenti al presidio stavano seguendo in diretta la riunione grazie al collegamento Slai cobas e questo per le parti al Tavolo era una cosa inaccettabile, l’incontro doveva rimanere riservato alle parti al Tavolo e quindi i lavoratori non avevano il diritto di seguirlo quando è il loro destino e futuro, compreso quello delle loro famiglie, che è in gioco - si vuole decidere senza di loro e sulla loro testa? Forte è stata a quel punto l’indignazione dei lavoratori e certamente i rappresentanti dello Slai cobas non potevano accettare la chiusura dell’ascolto ai lavoratori. Ma qui con una azione autoritaria, provocatoria e di ulteriore discriminazione antisindacale verso lo Slai cobas, lor signori sono arrivati a togliere il collegamento da remoto allo Slai cobas - cosa che certamente denunciamo e non finisce qui.

Tagliati fuori i lavoratori e lo Slai cobas, l’incontro si è frettolosamente chiuso con la promessa di un verbale proposto da Caroli che migliorasse la proposta aziendale - fermo restando la fine della cassa integrazione il 23 dicembre, il licenziamento e passaggio in Naspi a fine dicembre per tutti.

Nell'incontro informale dei lavoratori e lavoratrici susseguito alla discesa dalla Regione dei rappresentanti sindacali confederali, è stata affidata a questo verbale nei prossimi giorni la chiusura della vertenza...

Intanto il presidio continua e nessuna parte aziendale deve entrare - poi bisognerà avere e leggere questo verbale e l’assemblea dei lavoratori potrà esprimersi. 

Lo Slai cobas esprime tutta la sua opposizione alle proposte aziendali di licenziamenti-naspi - assunzioni negli anni a tempo determinato, continuando a difendere con il presidio lavoro, salario e diritto a un futuro, nessun accordo senza il consenso dell’assemblea di tutti i lavoratori.

Rsa Slai cobas / Slai cobas prov.

TA 15 novembre 23 

https://drive.google.com/file/d/1BW5wTnXE1SOmwLOToi2M7LS8ygn1GK51/view?usp=drive_link

Ma in che mondo vive l'Rsu Fiom di Taranto Acciaierie d'Italia?

Da Corriere di Taranto
“La vertenza ex Ilva dura ormai da troppi anni e sembrerebbe, da quanto apprendiamo dai mezzi di stampa, che ci sia stato una sottoscrizione, in data 11 settembre 2023, di un Memorandum of Understanding con ArcelorMittal che inevitabilmente ci farebbe tornare, qualora venisse meno e/o ridimensionato il ruolo del pubblico, alla casella di partenza. Infatti, a maggio del 2024 potrebbe esserci una svolta significativa, con l’ingresso di Invitalia (che fa capo al ministero dell’Economia) nel capitale sociale di Acciaierie d’Italia con la maggioranza pubblica necessaria a rilanciare la produzione ed avviare un processo di transizione ecologica...

Ma in quale 'film luce' sta questa "svolta significativa"? Bernabè, capo di Invitalia, si è dimesso, i ministri del governo si palleggiano la patata bollente (Urso ora conta poco, mentre sono im pole position Fitto e Mantovani), gli incontri coi sindacati sono una farsa, fatti dagli ultimi capi di gabinetto; ma l'Rsu Fiom crede ancora che a maggio 2024 tutto andrà a posto; rilancio produzione, avvio processo di transizione ecologica...  Per cui la cosa essenziale sarebbe: pulire i sedili degli autobus e controllare i parcheggi...

"...in attesa che si discuta seriamente sul futuro dell’ex Ilva...  – denunciano dalla Fiom Cgil di Taranto -. I sedili degli autobus imbrattati di minerale, possono essere considerati una cosa banale, ma non lo è per nulla semplicemente per il fatto che sono il biglietto da visita di un’azienda che non ha nessuna considerazione dei lavoratori... Così come i parcheggi dell’ex Ilva, ridotti ad uno stato brado, sono diventatati ormai una discarica a cielo aperto e un luogo dove poter rubare auto indisturbati..."

“Ci rivolgiamo, pertanto, al Governo Meloni e chiediamo di mettersi, per una giornata, nei panni dei lavoratori dell’Ilva..." 

E alla Meloni la Rsu Fiom chiede "rispetto" per i lavoratori... La Meloni che sta preparando un bel "piattino" per i lavoratori...

Ma, Rsu Fiom, ci fate o ci siete?

lunedì 13 novembre 2023

"Tutti per Elisa" , manifestazioni a Potenza nella scorsa settimana per Elisa Claps uccisa 28 anni fa

 Ieri è stato il 28° anniversario della scomparsa a Potenza di Elisa Claps, uccisa da Danilo Restivo. 

Su tutta la vicenda c'è stata nei giorni scorsi in televisione una fiction, che ha cercato di riportare i fatti reali.

Ciò che è stato però importante, e che ha risollevato nel senso giusto l'uccisione di Elisa, è stata la grossa mobilitazione di forte protesta di domenica 5 novembre contro la celebrazione della prima messa domenicale nella chiesa in cui furono rinvenuti i resti di Elisa Claps, il cui corpo era rimasto occultato nel sottotetto dell'edificio per 17 lunghi anni.

"Vergogna!", "Assassini!". hanno gridato centinaia di persone davanti alla chiesa della Trinità di Potenza. 

A questa manifestazione è seguito sabato 11 il un grande corteo degli studenti con in testa uno striscione "tutti per Elisa"; è stata presente anche la madre coraggiosa, indomita di Elisa, che insieme al fratello Gildo, e l'altro fratello Luciano, non smettono mai di voler di battersi perchè tutta la verità venga fuori.

Questo assassinio, anche se il colpevole è in carcere, non può essere, infatti, considerato chiuso. Troppi depistaggi, troppe assurde mancanza di indagini, troppe coperture.

Perchè? L'articolo che pubblichiamo sotto forse da una risposta e non è difficile dare un nome al "grande vecchio"...

Scioperi studenteschi e operai in solidarietà con la Palestina

con presidi il 17 novembre - ore 10 in prefettura - assemblea la sera alla sede di #iostoconlapalestina

L'importante iniziativa al porto di Genova del Collettivo autonomo lavoratori portuali di Genova va estesa anche a Taranto

“Stop al transito di armi”, 500 persone bloccano il porto di Genova. “Non possiamo rimanere in silenzio davanti alla morte di 4mila bambini”

Oltre 500 persone si sono ritrovate all’alba di oggi al varco portuale di San Benigno, a Genova, per opporsi al passaggio di armi dal porto e contestare la compagnia marittima israeliana Zim, che avrebbe messo la sua filiera logistica a disposizione degli armamenti per l’esercito di Netanyahu. L’iniziativa, promossa dal Collettivo autonomo dei lavoratori portuali insieme all’assemblea contro la guerra e la repressione, ha visto l’adesione di molte sigle dell’associazionismo, sindacati di base e attivisti. Tra i presenti anche i cooperanti dell’associazione Music for Peace, che al valico di Rafah stanno sostenendo i profughi palestinesi con distribuzione di cibo e supporto. Il blocco ai varchi è andato avanti dalle 6 del mattino fino al primo pomeriggio, mentre dal presidio si è staccato un corteo che ha sfilato sotto il grattacielo che ospita le sedi di Zim e di Steinweg – GMT, che opera con la compagnia saudita Bahri. Al termine del corteo sono stati lanciati verso l’ingresso, presidiato dalle forze dell’ordine, alcuni bicchieri pieni di vernice rossa ed è stata dipinta la scritta “Stop al transito di armi”.

Le nostre mani non si bagneranno del sangue delle vostre guerre!

Oggi centinaia di persone, riunite al buio della notte fino a giornata inoltrata, a ribadire con forza questo concetto, semplice, ma forte e chiaro!

Noi, insieme ai lavoratori Portuali di altre città in giro per il

Mondo, ci rifiutiamo di movimentare i vostri carichi di morte.

Persone arrivate da molte parti d'Italia, e anche da fuori nazione per far sentire forte e chiaro la vicinanza, la. Solidarietà a tutti i popoli martoriato dalle guerre.

Abbiamo risposto all'appello della comunità Palestinese, ci siamo fatti trovare pronti al grido di dolore, di questo popolo oppresso da 75 anni da ogni forma di repressione.

Di fronte al bieco servilismo verso israele e i suoi partner storici, USA in testa, centinaia di militanti di collettivi, gente comune, associazioni antimilitaristiche, sindacati, hanno risposto alla chiamata da parte del CALP (Collettivo Autonomo Lavoratori Porto) e di altri collettivi genovesi per ribadire con forza che da qui, da questo Porto, le armi troveranno il fermo diniego da parte nostra!

Noi ci rifiutiamo di caricare, di lavorare le navi della compagnia di navigazione israeliana ZIM (la stessa che in accordo con il governo israeliano si è offerta di fare da vettore per gli armamenti).

La giornata di oggi fa parte di un percorso di lotta contro questa classe politica che ci sta sempre di più portando verso il baratro e quindi continueremo imperterriti questa lotta!


sabato 11 novembre 2023

ACCIAIERIE - Contro le 3 M - Mittal-Morselli-Meloni - autonomia operaia/organizzazione/ lotta vera e prolungata fino a risultati concreti!

 
 
L'atteggiamento inaccettabile di ArcelorMittal/Morselli e del governo Meloni, che mai come in questi giorni si sta rivelando sempre e solo dalla parte di Mittal, dichiarando un giorno una cosa e un giorno un'altra, per coprire quello che in realtà sta avvenendo, sempre e soprattutto contro i lavoratori, e su cui i vari ministri sono tutti uniti, purtroppo non ci può meravigliare.

Noi l'avevamo detto anche il 20 ottobre alla manifestazione di Roma. Lo sciopero generale era stato necessario perché era necessario che gli operai facessero sentire forte e chiara la loro voce con il blocco della produzione e con la manifestazione nazionale a Roma. Ma - aggiungevamo - questa mobilitazione era utile non tanto per le risposte che poteva dare il governo ma quanto per unire gli operai dei diversi stabilimenti e portare la loro forza al centro dell'attenzione per dare peso e rilevanza alle loro rivendicazioni.

Niente allora era venuto dall'incontro romano, e niente, o peggio, negli incontri successivi, fatti tra l'altro solo con capi di gabinetto dei Ministeri.

Non si può continuare a dare credito al governo, alle promesse di Urso, mentre altri ministri, Fitto, Mantovani fanno gli accordi segreti con Mittal. E' in corso una trattativa, ormai non più segreta, in cui ArcelorMittal prenderebbe l'intera quota di Acciaierie d'Italia. 

Se questo non avviene la nuova governance sarebbe garantita da altri industriali dell'acciaio che stanno lavorando perché la situazione vada sempre peggio, proprio per poterla rilevare con facilità, trovarsela consegnata su un piatto d'argento. Le dichiarazioni avventurose del presidente della Federacciai, Gozzi, significa che al tavolo romano si stanno prendendo decisioni al di fuori dei canali normali di relazioni tra padroni, governo, organizzazioni sindacali.

Il governo sta accettando per ora tutte le condizioni di ArcelorMittal, le sue esose richieste, come e quando deve produrre, le azioni assolutamente illegali verso gli operai, l'uso arbitrario della cassaintegrazione, il peggioramento giorno per giorno della sicurezza, il menefreghismo verso lo stato degli impianti, il non pagamento degli straordinari, senza contare la gravissima situazione nell'appalto a rischio licenziamenti, ecc; Parlare, quindi, ancora di passaggio al 60% della parte pubblica, quando il governo si muove come un servo su quello che vuole Mittal, sui suoi tempi, è tirare avanti, anche quando si dichiara un nuovo sciopero come le prossime 8 ore, una mobilitazione impotente; anche la richiesta di nazionalizzazione non sta ora come ora coi piedi per terra.

Quanto poi al famoso "piano B", di cui si è parlato anche nell'incontro a Roma del 20 - e il Presidente della Federacciai, Gozzi, dice apertamente che la siderurgia italiana può fare a meno di ArcelorMittal - si tratta di una lotta tra padroni che comunque porterebbe a tagliare posti di lavoro.

Peraltro, chiunque prende l'ex Ilva in questo momento deve fare i conti con la crisi di sovrapproduzione dell'acciaio che esiste da tempo, sovrapproduzione per il profitto chiaramente, accentuata dagli effetti della guerra imperialista, della guerra commerciale e della ripartizione dei mercati. E per una sua effettiva ripresa si parla addirittura che essa può essere legata alla produzione del nucleare (altro che acciaio green)

In tutto questo la funzione dello Stato è di privatizzare i profitti e socializzare le perdite.

In questa questione che dura da anni, i sindacati dell'ex Ilva non hanno portato dall'inizio nello scontro con azienda e governo le rivendicazioni necessarie per tutelare realmente lavoro, salario, sicurezza, quindi, i sindacati non possono fare gli innocenti, e oggi meravigliarsi dell'atteggiamento anche del governo, che li tratta come l'ultima ruota del carro, solo per buttare negli incontri qualche informazione che già si legge sui giornali, non per farli oggetto di trattativa. 

Le rivendicazioni giuste e necessarie purtroppo solo noi le abbiamo poste.

Cos'hanno, allora, i lavoratori nelle mani? È possibile ancora cambiare lo stato delle cose?

Sì, ma serve l'autonomia operaia. Serve la riorganizzazione delle file dei lavoratori. Non è solo un problema di una sigla sindacale, ma di una unità sindacale dal basso che possa togliere potere alle organizzazioni sindacali collaborazioniste per restituire questo potere di rappresentanza ai lavoratori.

Senza costruire questa autonomia, non si può fronteggiare un'emergenza che viene considerata ai limiti della catastrofe sociale, industriale.
Serve una lotta autonoma, prolungata e generale sulla propria piattaforma operaia che sia da trincea della lotta dei lavoratori.

Lo Slai cobas chiama gli operai alla necessità che le avanguardie operaie trasformino il dissenso, la rabbia, lo sconforto in organizzazione seria, classista e combattiva, che possa anche esercitare una pressione verso i sindacati confederali. Questo in altri paesi ha pagato, pensiamo a quello che è avvenuto in Francia con i recenti scioperi.

La questione ex Ilva, inoltre, è ben dentro la situazione mondiale, la guerra, l'economia di guerra. Con l'acciaio si fanno le armi; quindi esiste un nesso tra la produzione dell'acciaio e la guerra. Da un lato la guerra è un'opportunità per l'acciaio, dall'altro la crisi generale che la guerra comporta, compreso l'aggravamento della questione energetica, è una mina interna alla crisi generale dell'industria dell'acciaio. Dall'altro soprattutto nella guerra degli imperialisti: le morti, le distruzioni, l'attacco ai diritti vitali sono nostri e i profitti sono sempre loro!

In questo terreno la lotta operaia conta tantissimo, ma gli operai non hanno ancora sufficiente consapevolezza di avere anch'essi un'arma nelle loro mani, l'arma del loro numero, della loro lotta; è questa che può incidere non solo all'interno della vicenda industriale dell'ex Ilva, ma può incidere nella dinamica generale delle grandi vicende.

SLAI COBAS TARANTO - WA 3519575628

Bari. Fermiamo il Genocidio del Popolo Palestinese! Corteo oggi

Bari. Fermiamo il Genocidio del Popolo Palestinese!

 

Il Comitato “Puglia per la Palestina” organizza un corteo  Sabato 11 Novembre ore 16,30 a Bari con partenza da Piazza Diaz,toccando  diversi punti significativi  tra cui il Consolato Israeliano presente in città da alcuni anni.

Le piazze di tutto il mondo si sono riempite in queste settimane di manifestazioni a sostegno della Palestina perché quello che sta accadendo ormai è chiaro a tutti .

La risposta ad Hamas per i fatti del 7 Ottobre  sta andando molto oltre ed è perfettamente in linea con quello che Israele pratica da 75 anni .

L’obiettivo  è la cosiddetta “Soluzione Finale”, che significa cancellare fisicamente  la presenza Palestinese nei territori da dove vivono  da migliaia di anni.

Il Governo di Israele afferma che occuperà Gaza garantendo la sicurezza a tempo indeterminato;questo farà  diventare Gaza ancora di  più del carcere a cielo aperto di quello che è stato fino ad adesso , 2 milioni e mezzo di persone in soli 400 chilometri quadri da cui  non potevano uscire e nemmeno  rientrare .

In questa drammatica situazione l’Italia e l’Europa sono pienamente  conniventi con  quello che sta succedendo in Palestina ,  come  lo sono per tutte le guerre militari ed economiche sostenute dagli Stati Uniti d’America attraverso una rediviva Nato .

Il Comitato “Puglia per la Palestina” per questi motivi sottolinea la necessità   che il corteo  attraversi la città e tocchi i punti più significativi dalla connivenza della Regione Puglia con Israele .

Tutto questo   avviene attraverso accordi della Regione di cooperazione sulla acqua , sulla sicurezza ed altro ancora ,unitamente agli accordi nella Università Barese con industrie belliche  per la ricerca su armi sempre più distruttive.

Il corteo dopo la  Regione passa  davanti la terza Regione Aerea che impegna ogni giorno i piloti ad azioni di controllo al confine della  Polonia  con l’Ucraina unitamente al controllo di intere zone del Mediterraneo ;   con un Governo Nazionale  che aumenta le spese militari per realizzare   un processo di militarizzazione e di impegno diretto nelle guerre ,cosa che vede la   Puglia in prima fila .

Ad esempio a  Brindisi si assegnano 500  metri di banchina per ospitare la nuova portaerei Trieste ,dove le istituzioni plaudono per la possibile nuova occupazione  lavorativa.

Sosteremo davanti la sede Rai per denunciare la manifesta disinformazione sul dramma di Gaza e sul popolo Palestinese per arrivare alla sede del Consolato Israeliano , sede di relazioni istituzionali e soprattutto commerciali .

Il corteo passerà infine sotto la sede del Consolato Israeliano che rappresenta materialmente la presenza sul territorio Regionale di un Governo ,come quello Israeliano, che sta praticando un genocidio dove qualche ministro evoca l’utilizzo della bomba nucleare su Gaza.

Bari 08.11.2023

PS

proletari comunisti Taranto sottolinea che non condivide le frasi e frasette che Bobo Aprile dice in alcune di queste manifestazioni.

In una di esse ha detto: io non sono complottista ma è possibile che l'azione di Hamas possa essere stata favorita da Israele e da Netanyahu per avere il pretesto di fare  quello che poi sta facendo

Nel comunicato pubblicato sopra, poi scrive: "La risposta ad Hamas per i fatti del 7 Ottobre  sta andando molto oltre ed è perfettamente in linea con quello che Israele pratica da 75 anni". Questo significa dire che se fosse stata "proporzionata" sarebbe legittima?

Questa è denigrazione della eroica azione della resistenza palestinese del 7 ottobre ed è una posizione che in forma più o meno velata la condanna e si pone ai limiti della posizione di 'equidistanza' della pseudo sinistra parlamentare.

11 novembre 2023

 

venerdì 10 novembre 2023

Taranto per la Palestina - 17 novembre giornata di solidarietà

11000 morti - 5000 bambini - 30.000 feriti - 100 operatori dell’ONU uccisi- 40 giornalisti uccisi - case, ospedali distrutti- 30.000 cacciati dalla loro terra e dalle loro case.

Grande crimine dell‘umanità in corso per mano dello stato sionista d’Israele. 

Contro massacri/genocidio/deportazione del popolo palestinese 

a sostegno della resistenza contro lo stato sionista di tipo nazista d’Israele sostenuto dall’imperialismo americano con Europa e Italia complice 

17 novembre giornata della solidarietà nelle scuole, nelle fabbriche e su tutti i posti di lavoro con presidio/manifestazione sotto la Prefettura/assemblea la sera.

Lunedì 13 nov prepariamola insieme - ore 18.30 sede Slai cobas via Livio Andronico 47 Taranto 

#iostoconlaPalestina

info wattsapp 3519575628

Sulla proposta di legge "Un cuore che batte", la lettera di una compagna avvocata di Taranto


Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

GIU’ LE MANI DALLA L. 194!

Ci risiamo, quando si vogliono colpire le donne, si attacca la loro libertà, la loro libertà di scelta e la propria autonomia come quella di esercitare pienamente il diritto all’aborto.

Ma cosa è successo?

Succede che il Municipio Roma VI ha rilanciato la raccolta firme per una proposta di legge ad iniziativa popolare che introduce l’obbligo del medico di far ascoltare alla donna che ha deciso di abortire il battito del feto.

E’ un palese passo indietro, una tortura, una violenza nei confronti di una donna che legittimamente, in forza di una legge dello Stato, ha compiuto la sua scelta che deve essere rispettata e garantita nella sua totalità.

Il tentativo di materializzare il feto come se fosse un bambino è solo una trappola di violenza psicologica inaudita volta a rendere l’IVG una pratica sempre più ostile alle donne che decidono di avvalersene.

Come se non bastassero tutti i medici obiettori che in alcune zone sono la maggioranza e che di fatto rendono inapplicabile il diritto di abortire.

Come se non bastasse la cultura patriarcale che vuole ancora oggi relegare la donna a ruoli subalterni di cura e di angelo del focolare.

L’aborto è un diritto fondamentale a cui devono avere accesso tutte, fa parte dei servizi di cura della salute e niente può sottrarre alla donna la propria autonomia che sceglie liberamente ed esclusivamente per la sua persona.

Perciò a questa visione giudicante, colpevolizzante e moralizzatrice, a questo ennesimo tentativo di limitare, ridimensionare, frenare il diritto ad abortire diciamo NO ed opponiamo ora e sempre una visione libera, autonoma e indipendente dell’aborto.

La legge 194 non si tocca!

Antonietta