L'incontro di Roma in un resoconto stampa - Corriere di Taranto. A presto il commento dello Slai cobas per il sindacato di classe

 Corriere di Taranto


Gianmario Leone
pubblicato il 29 Aprile 2024, 20:39

Nel primo semestre 2025 dovrebbe iniziare la costruzione presso lo stabilimento ex Ilva di Taranto di due forni elettrici la cui entrata in funzione è prevista nel secondo semestre 2027. Prenderanno il posto di Afo 1 e 4, mentre l’altoforno 2 dovrebbe continuare la sua attività. E’ quanto ha riferito il commissario di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria Giovanni Fiori durante l’incontro a Palazzo Chigi con Governo e sindacati dei metalmeccanici, presentando quella che oggi è ancora una bozza di piano industriale. Per il Governo presenti il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, il ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Marina Calderone, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti in video collegamento, e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano.

Attualmente a Taranto, è in marcia solamente un altoforno su tre (Afo 4). Afo 1 e Afo 2 sono fermi per manutenzione. In particolare, Afo 1 (attivo dal 2001) è fermo da agosto 2023 per manutenzione e ancora mai ripartito da allora. Secondo quanto indicato dai sindacati, questo altoforno ha infatti bisogno del rifacimento del crogiolo per una questione di sicurezza dell’impianto, per un investimento pari a non meno di 100 milioni di euro. L’Afo 2 (attivo dal 2007) è fermo dal dicembre scorso per manutenzione e problemi tecnici. Secondo le indicazioni che sono state date ai sindacati nelle scorse settimane, sarà riattivato prima l’Afo 2 (entro 1-2 mesi) e successivamente Afo 1. Molto più complessa la situazione dell’altoforno 5, il più grande d’Europa, fermo dal 2015 e in una situazione impiantistica disastrosa, per cui anche oggi si è avuta l’ennesima conferma che non sarà rimesso in funzione. La bozza del piano industriale redatto dai commissari di Acciaierie d’Italia prevede dal 2025 la produzione di 6 milioni di tonnellate di acciaio da parte dello stabilimento ex Ilva di Taranto con i tre altoforni attualmente presenti tutti in attività. Tali livelli produttivi ci si aspetta che siano garantiti anche nel 2026 e successivamente grazie all’entrata in funzione di due forni elettrici, che sostituiranno due degli attuali altoforni. Come ha indicato il commissario Giovanni Fiori, infatti, gli Afo 1 e 4 saranno sostituiti da 2 forni elettrici la cui costruzione inizierà nel primo semestre 2025: ogni forno elettrico è previsto che garantirà una produzione di 2 milioni di tonnellate all’anno di acciaio. Siamo dunque alle mere previsioni e nulla di più.

Nella seconda metà di maggio invece, sono state invece programmate visite presso gli stabilimenti ex Ilva di società che hanno manifestato interesse per l’acquisto. E’ quanto detto dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, nel corso dell’incontro. Che ha informato i sindacati della possibilità che la settimana prossima ci sarà “un nuovo intervento per sbloccare ulteriori risorse per dare liquidita’ all’ex Ilva”, in attesa del via libera dall’Unione europea al prestito ponte da 320 milioni di euro. Si tratterebbe di altri 150 milioni di euro da prelevare dalle somme del patrimonio destinato in dotazione ai commissari straordinari di Ilva in AS (dopo i 150 milioni di euro prelevati grazie a quanto previsto dall’art. 39 del decreto legge n. 19 del 2 marzo sul PNRR). Il tutto in attesa di ottenere nei prossimi mesi l’ok da parte della Commissione Europea al prestito ponte di 320 milioni di euro previsto dal governo, senza le quali il siderurgico sarebbe destinato alla chiusura immediata. Risorse che come tutti sanno sono del tutto insufficienti a far ripartire il siderurgico, che serviranno da un lato a pagare gli stipendi per i prossimi mesi e forse a garantire una minima ripartenza per le ditte dell’indotto in relazione alla manutenzione degli impianti.

Molto scettici, come prevedibile, i sindacati. Per Michele De Palma, segretario generale della Fiom-Cgil, i fondi prospettati per l’ex Ilva non bastano e serve prima di tutto rispettare il piano del 2018 e riportare tutti i lavoratori al lavoro. “Il punto fondamentale che abbiamo esposto ai commissari e al governo è che le persone devono tornare a lavorare” ha detto De Palma lasciando Palazzo Chigi dopo quasi quattro ore di incontro con il Governo e poi con i commissari di Acciaierie d’Italia sulla situazione dell’ex Ilva. “Noi non siamo più disponibili a discutere di piani di lungo periodo. Noi abbiamo un piano che deve essere applicato che è quello del 2018 e per poterlo realizzare servono le risorse. Il Governo ci ha detto che sono in via di intervento per 150 milioni e in più che ci dovrebbero essere i famosi 320 milioni che voi ricorderete fu un oggetto della discussione precedente con il governo e questi per poter essere autorizzati come prestito devono passare dall’autorizzazione della Commissione europea”, ha detto De Palma, spiegando poi che “noi pensiamo che il tempo che è passato fino ad ora sia stato fin troppo, che quei 320 milioni servivano subito, che 150 più 320 continuiamo a dire non bastano: le nozze con i fichi secchi non si fanno e per poter tornare a investire e rimettere a lavoro le persone è necessario che ovviamente si facciano le azioni di manutenzione che sono necessarie per gli impianti e si facciano ripartire in sicurezza e in salute gli impianti di produzione degli altoforni che in questo momento sono fermi”. Inoltre, ha concluso De Palma, “ultima questione, i commissari hanno tracciato delle linee guida per un piano. Noi gli abbiamo detto che per quanto ci riguarda il piano, l’unico piano che noi pensiamo, è’ quello che abbiamo sottoscritto e negoziato e quindi per quanto ci riguarda evidentemente noi vogliamo l’applicazione di quel piano che riporta tutte quante le lavoratrici e i lavoratori al lavoro in sicurezza e in salute”.

“Ci hanno descritto una situazione peggiore di quella che avevano trovato. C’è la necessità di un intervento, un intervento importante. Il Governo decreterà nei prossimi giorni 150 milioni di finanziamento. Il piano è funzionale a dare le garanzie in Europa rispetto ai 320 milioni di prestito”. Cosi’ il segretario generale della Fim-Cisl, Ferdinando Uliano, al termine del confronto sul dossier ex Ilva con Governo e commissari, a Palazzo Chigi. “Ci hanno presentato un piano – ha spiegato – che rimette in piedi oggi gli attuali impianti, quindi c’è un’operazione rispetto ad Afo 4, per renderlo potenzialmente in grado di produrre quanto più possibile, e cerca di rimettere in sesto Afo 2 e Afo 1”. “Oggi quello che ci è stato presentato è funzionale a restituire il prestito che ci auguriamo l’Europa metta in cantiere perché’ senza quello l’azienda non è in grado di continuare. Nel corso del confronto, non hanno parlato di esuberi, ma di mantenimento rispetto all’attuale occupazione”. Per quanto riguarda la produzione di quest’anno, ha indicato il leader della Fim, “pensano di arrivare intorno ai 2 milioni di tonnellaggio”.

Ancora più duro Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, che boccia totalmente la bozza del piano industriale per l’ex Ilva predisposta dai commissari di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria. “Nessuna condivisione di piano, nessun piano. Quando lo conosceremo nei dettagli diremo noi qual è la nostra e non saremo ovviamente teneri come non lo siamo stati con nessuno. Noi siamo rigorosamente rispettosi delle istituzioni ma rispettiamo prima i lavoratori e le comunità dove gli stabilimenti insistono”, ha detto Palombella uscendo da Palazzo Chigi. Per il segretario della Uilm, “rimangono confermate le intese sottoscritte e soprattutto l’accordo del 2018, che per noi resta valido fin quanto non se ne negozia un altro”, sottolineando che “data la genericità dei loro approfondimenti, noi ci siamo limitati a dire che non condividiamo il metodo e non condividiamo la sostanza”. “Per noi una discussione sul piano industriale che investe migliaia di lavoratori e prefigura l’attività produttiva di diversi stabilimenti e soprattutto che discute, anche se lo lambisce, il piano del 2018, per noi questo di per sé è un elemento di grande preoccupazione”, ha affermato Palombella, sottolineando che “per noi rimangono confermate le intese sottoscritte e soprattutto l’accordo del 2018, che per noi resta valido fin quanto non se ne negozia un altro. E siccome noi non abbiamo nessuna volontà di negoziare un ulteriore accordo, perché quell’accordo stabilisce la difesa occupazionale di migliaia di lavoratori, di lavoratori in amministrazione straordinaria ex Ilva e anche dei lavoratori in AdI. Quindi noi abbiamo voluto fino in fondo capire qual è stata l’ispirazione e se l’ispirazione di questa bozza di piano è quello di presentarla all’Unione europea per poter ricevere il finanziamento, è un problema che devono fare loro e assumersi le responsabilità”...

...“L’incontro odierno aveva la finalità di presentare una bozza in termini generali del cosiddetto piano industriale e di rilancio di Acciaierie D’Italia, spiegando nel merito il punto di partenza della gestione dei commissari, resa complessa dalle scelte industriali e commerciali che hanno interessato gli stabilimenti di Acciaierie d’Italia e che hanno portato ai minimi termini la produzione che si attesta a 1 milione e 600mila tonnellate. Il Governo ed i Commissari hanno quindi spiegato l’intenzione di creare le condizioni per far marciare due impianti entro fine agosto, portandoli a 3 in marcia entro il 2025 e quindi facendo salire la produzione a 6mln di tonnellate di acciaio all’anno – commentano al termine della riunione Francesco Rizzo, Sasha Colautti Esecutivo Nazionale Confederale Unione sindacale di Base -. In tale contesto, viene affrontato anche il tema del futuro degli stabilimenti Ex Ilva, nel quadro della transizione ecologica europea, dove l’indicazione è quella della costruzione di 2 forni elettrici, con l’obiettivo di mantenere invariato il target produttivo di 6mln di tonnellate, un numero ben al di sotto degli obiettivi sottoscritti nel 2018. Emerge con altrettanta chiarezza che viene escluso in tale percorso il rifacimento dell’altoforno 5″. Per l’USB “bisogna entrare subito nel merito degli argomenti trattati oggi, mettendo giù con chiarezza una ipotesi organica di metodo di discussione e di programmazione delle scelte industriali oggi trattate solo superficialmente. Bisogna soprattutto parlare dei lavoratori e del modo in cui si affronta il piano di garanzia e messa in sicurezza di tutti i lavoratori (visto che con i forni elettrici si avrebbero 4-5 mila esuberi”, anche dei 1700 lavoratori di Ilva in AS oggi lasciati fuori dalla discussione. Stesso discorso per i lavoratori dell’appalto su cui anche oggi abbiamo chiesto conto al Governo. USB ha già fornito delle proposte concrete, a previsione di impatti occupazionali pesanti. Per noi, l’intervento va prodotto prima, garantendo regole innovative sul diritto al riconoscimento di lavoro usurante, l’amianto, l’accompagnamento alla pensione. La sostanza è che questa bozza di piano industriale apre il tema dei lavoratori e di come gestirli, lo diciamo con estrema chiarezza. Il Governo risponda alle proposte presentate da USB, per trovare soluzioni a lavoratori in carne ed ossa che in questo momento stanno facendo la fame e che non possono aspettare i tempi lunghissimi prospettati di realizzazione di questo piano industriale tutto da verificare” concludono.

Sul mandato di arresto per Netanyahu - Dal Comitato #iostoconlapalestina di Taranto

 


Harretz, quotidiano israeliano, riporta che questa settimana verranno notificati i mandati di arresto della Corte penale internazionale dell’Aja contro Netanyahu, il ministro della Difesa Yoav Gallant e il capo di Stato maggiore delle forze di difesa israeliane Ertz Halevi. La Corte sta infatti indagando sulle azioni di Israele nella Cisgiordania occupata e nella Striscia di Gaza in un caso tenuto separato dagli altri compresa l'accusa di genocidio presentata dal Sudafrica.

A differenza della Corte internazionale di giustizia che sta esaminando la causa intentata dal Sudafrica contro Israele, la Corte penale internazionale si occupa dei casi contro singoli individui. Nonostante Israele, così come gli Stati Uniti, non sia firmatario dello Statuto di Roma del 1998 che ha permesso la nascita della Corte nel 2002, chi ne fa parte è invece la Palestina. Proprio le campagne militari di Israele nella Striscia di Gaza, prima Piombo Fuso e poi l’ancora più sanguinosa Margine di Protezione, spinsero l’Autorità Nazionale Palestinese a chiedere alle Nazioni Unite di poter entrare a far parte del gruppo di 124 Stati che hanno aderito allo Statuto, accettando, tra le altre cose, di favorire le indagini della Corte sul proprio territorio, in questo caso quello riconosciuto dalle Nazioni Unite secondo i confini precedenti al 1967.

Così, dal 1 aprile 2015, la Palestina è entrata ufficialmente a far parte della Corte Penale Internazionale. Già allora la decisione fece arrabbiare Israele che, come ritorsione (tanto per cambiare), decise di congelare 106 milioni di euro di tasse raccolte per conto delle autorità palestinesi.

Gli episodi oggetto di indagini da parte della Corte sono numerosi.

Innanzitutto la reazione militare sproporzionata con quasi 35mila vittime nella Striscia, può essere considerata una punizione collettiva, ritenuta un crimine di guerra dalle Convenzioni di Ginevra, in violazione del principio di proporzionalità. Inoltre, sono stati commessi attacchi intenzionali contro

civili e beni civili, oltre che al personale, ai veicoli e alle strutture di personale impegnato nell’assistenza umanitaria. In questo senso, basta ricordare i numerosi raid su strutture dell’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa), l’attacco ai convogli Unicef e della ong Wck, i bombardamenti sugli ospedali e le strutture sanitarie dove operano anche medici di organizzazioni internazionali, così come quelli contro le ambulanze impegnate nel soccorso dei civili vittime dei raid. A questi si aggiungono gli attacchi ai luoghi di culto, come le numerose moschee demolite dalle bombe israeliane.

Uno dei punti su cui, secondo le fonti citate dai media, la Corte Penale Internazionale si sta concentrando maggiormente è il possibile ostacolo volontario di Israele all’afflusso di aiuti umanitari in Palestina. Strategia che ha contribuito ad affamare volontariamente la popolazione violando le convenzioni internazionali in materia di diritti umani. In questo senso, oltre all’ostacolo all’arrivo degli aiuti, a contribuire potrebbero essere stati anche gli inviti alla popolazione ad abbandonare le proprie case per sfollare verso il Sud della Striscia. Un trasferimento che potrebbe essere considerato coatto dato che è avvenuto minacciando nuovi raid.

Intanto il ministro degli Esteri Israel Katz ha dato istruzioni a tutte le ambasciate del mondo di prepararsi immediatamente per un'ondata grave anti israeliana proprio a causa dell'intervento dell'eventuale azione della Corte penale internazionale. I media israeliani hanno riferito anche che gli USA starebbero attuando un disperato sforzo diplomatico per impedire alla Corte dell'Aja di emettere questi mandati in settimana dietro pressione di Netanyahu che avrebbe fatto telefonate continue durante il weekend. Negli ultimi giorni sono tanti gli sforzi egiziani per rilanciare i colloqui di cessate il fuoco nel tentativo di fermare l'offensiva di terra israeliana a Rafah ma i bombardamenti nella zona continuano comunque a mietere vittime. Anche se Israele ha allargato le maglie per la consegna degli aiuti, la situazione a Gaza resta drammatica, un portavoce del programma alimentare mondiale ha recentemente affermato che l'aumento dei livelli di aiuto è un buon segno ma che è troppo presto per dire se il rischio di carestia sia stato scongiurato.

Intanto in Palestina non sono ammessi i giornalisti, non sono ammessi osservatori dei diritti umani, nessun testimone a parte le vittime stesse.

Di certo la comunità internazionale non può ridursi a pochi interventi umanitari ai margini di una catastrofe.

Bisogna fermare l’eccidio in corso a Gaza e la pulizia etnica della Palestina ed imporre il rispetto del diritto internazionale ad Israele.

sabato 27 aprile 2024

Una nota/commento sul processo Ilva pervenutaci dall'Avv. Enzo Pellegrin Torino - legale di parti civili organizzate dallo Slai cobas sc Taranto


INIZIATO L’APPELLO DEL PROCESSO “AMBIENTE SVENDUTO”

Da Avv. Enzo Pellegrin Torino - legale di parti civili organizzate dallo Slai cobas sc Taranto

Nei piccoli ed inadeguati locali dell’aula bunker del Tribunale di Taranto e’ iniziato oggi (il 19/4) il giudizio di appello del processo “Ambiente svenduto” avanti alla Corte d’Assise d’Appello di Taranto.

Gli imputati, tra i quali ci sono amministratori e dirigenti di ILVA Spa dello Stabilimento di Taranto, erano stati condannati a pene pesantissime per i reati i associazione per delinquere finalizzata al compimento di reati di disastro doloso, rimozione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, nonche’ delitti contro l’amministrazione pubblica, quali fatti di corruzione e concussione. In sostanza sono stati ritenuti responsabili dalla Corte di Primo Grado per il grave inquinamento provocato nell’area di Taranto dal 1995 sino al 6.9.2013.

La prima udienza si e’ tenuta programmando la calendarizzazione dei prossimi lavori del processo. Esso si svolgera’ per ora in cinque udienze (17 e 24 maggio, 7, 14, 28 giugno) nelle quali saranno affrontate le questioni preliminari proposte dagli avvocati degli imputati negli atti di appello e le richieste di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale. In una successiva udienza il 12 luglio, la Corte conta di ritirarsi e decidere tutte le questioni preliminari del processo.

La sentenza di primo grado ha segnato un passo storico nella lotta di lunga durata dei lavoratori e dei cittadini tarantini contro l’uso criminale e dannoso dei mezzi di produzione a scopo di profitto.

Privatizzare le perdite e socializzare i profitti e’ la cifra del sistema di produzione capitalista.

Dimostrare scientificamente, in un processo penale, che questa pratica ha cagionato danni enormi alla salute, all’ambiente ed alle vite dei lavoratori tarantini ha costituito un passo di importanza sociale enorme.

Come nei processi Thyssen Krupp ed Eternit, il processo ILVA ha squarciato un velo sulle pratiche criminali dello sfruttamento capitalista.

E’ stato ritenuto provato in primo grado di giudizio che i proprietari della fabbrica, i loro dirigenti e collaboratori, tra l’altro, hanno operato e non impedito, con continuita’ e piena consapevolezza dolosa, una massiva attivita’ di sversamento nell’aria di sostanze nocive per la salute umana, animale e vegetale, diffondendo tali sostanze nelle aree interne allo stabilimento dove erano costrette a lavorare le maestranze alle loro dipendenze, nonche’ nelle aree rurali ed urbane circostanti l’impianto dove vivevano e lavoravano i cittadini di Taranto, in particolare sostanze come benzo(a)pirene, diossine, metalli ed altre polveri nocive.

E’ stato ritenuto provato dal primo grado di giudizio che tale attivita’ dolosa ed illecita ha determinato un gravissimo pericolo per la salute pubblica ed ha cagionato eventi di malattia e morte nella popolazione residente nei quartieri vicini al siderurgico, anche dopo che l’Autorita’ Giudiziaria aveva disposto un sequestro preventivo dell’area a caldo e nonostante il fatto che il Tribunale del Riesame avesse disposto l’utilizzo degli impianti al solo fine di risanamento ambientale.

E’ stato ritenuto provato dalla Corte di Primo Grado che tale attivita’ nociva e’ stata posta in essere con la forma piu’ pericolosa dell’associazione per delinquere, organizzata e diretta dai partecipanti anche con lo scopo di commettere delitti di corruzione e concussione, finalizzati a deviare l’operato degli organismi pubblici di controllo e egli organi politici, per ottenere ispezioni pilotate, controlli non conformi e non efficaci, autorizzazioni che non affrontavano le gravi criticita’ e pericolosita’ dello stablimento.

Il processo ILVA di primo grado ha portato alla sbarra e condannato la pratica capitalista di aggirare le leggi, danneggiare la salute e l’ambiente, corrompere funzionari e politici per ottenere norme e trattamenti di comodo, al solo scopo di incamerare profitto privato.

Gia’ solo quanto sopra delineato fa capire l’importanza sociale e politica di difendere un simile passo nel giudizio di appello. I processi non risolvono le questioni sociali, ma sono a volte in grado di scoprire, come in questo caso, le contraddizioni del nostro sistema, sempre nascoste dai mezzi di produzione del consenso della classe dirigente al potere.

I processi possono dunque essere un importante mezzo per la formazione della coscienza di lotta: scoprire i meccanismi di morte dello sfruttamento e’ il primo passo per organizzare la resistenza e rimettere nelle mani dei reali produttori di ricchezza, i lavoratori, il potere di decidere cosa, come, quanto e a che fine produrre.

Gli organi politici e di governo hanno piu’ volte ostacolato questo processo di emancipazione della verita’ costruendo diverse norme (i decreti salva Ilva) che consentivano la perpetuazione di queste ingiustizie. La scusa e’ sempre quella di “salvare la produzione ed il lavoro”, ma in realta’, cio’ che viene “salvato” e’ il sacrificio della salute in cambio di un lavoro sotto condizioni di sfruttamento.

L’attacco alla perizia Forestieri disposta dal GIP Todisco

Oggi tutto questo viene attaccato con le impugnazioni nel processo di secondo grado. Emerge quindi la necessita’ di difendere una sentenza storica in quello che e’ forse stato il piu’ grande processo sull’inquinamento mortifero in Italia della produzione capitalista.

Uno degli obiettivi fondamentali di chi aspira alla riforma della sentenza sara’ sicuramente quello di muovere attacchi alla validita’ scientifica della perizia Forastieri.

L’equipe di periti allora incaricati dal GIP Todisco rispose affermativamente ai quesiti circa la nocivita’ delle emissioni dello stabilimento pe la vita dei lavoratori e degli abitanti del distretto di Taranto, inclusi i comuni di Massafra e Statte, mettendo inoltre a punto una perizia basata su dati che poi hanno generato un vero e proprio studio epidemiologico, trasformatosi in articolo pubblicato e sottoposto a revisione paritaria in sede scientifica, nonche’ affiancato da altra letteratura sperimentale di conferma.

La stampa mainstream come la Gazzetta del Mezzogiorno ed i vari mezzi di produzione del consenso, proprio in occasione della prima udienza, hanno dato grande voce alle tesi della consulenza della difesa Riva, la quale muove critiche all’elaborazione dei dati della Perizia Forastieri, come se tale perizia fosse stata oggetto della discussione all’interno della prima udienza. Allo stesso modo come hanno dato gran voce alla richiesta (più volte respinta - anche dalla Cassazione in via incidentale - nel corso del processo di primo grado) di trasferire il processo a Potenza sulla base del fatto che anche i magistrati sarebbero persone offese delle emissioni, come se ogni processo che ha ad oggetto l’inquinamento non potesse essere celebrato dal suo giudice naturale competente per territorio come stabilito dalla Costituzione… In realtà, contrariamente a quanto propalato dalla Gazzetta del Mezzogiorno (1), nella prima udienza è stata solo discussa la calendarizzazione degli interventi sulle questioni preliminari.

L’importanza strategica dell’Ilva di Taranto nella nuova economia di guerra di UE e NATO.

I media mainstream come il Sole 24 Ore sottolineano l’importanza geopolitica e strategica dell’acciaieria tarantina. A Taranto, Brindisi e Grottaglie operano nel perimetro della sicurezza e della difesa quasi quindicimila addetti tra personale militare e civile. Nel porto di Taranto è dislocata la maggiorparte della flotta italiana, tra portaerei, Fregate FREMM, naviglio minore e il comando sommergibili. A Grottaglie è sita la base di elicotteri ed aerei trasportati sulle navi. Taranto è la porta di accesso logistica della NATO perché vi ha sede il Southern Operation Center, per le operazioni di pace e di guerra (2).

Nell’ambito dell’importanza strategico-militare, si inserisce anche la guerra con la Cina, anche dal punto di vista commerciale. L’economia di guerra UE viene vista come occasione per contrastare il libero commercio a basso prezzo dell’acciaio cinese. In questo senso, i futuri capitali privati che verranno inseriti nel circuito di produzione tarantino dovranno essere non solo contigui alla direzione bellica dell’economia (nelle aspirazioni del governo meloniano si parla di affiancare al gruppo Arvedi, in pole position per Taranto, anche il gruppo Metinvest dell’oligarca golpista ucraino Rinat Ahmetovic, ex proprietario della distrutta acciaieria di Azovstal e già entrato in proprietà a Piombino con facilitazioni notevoli) ma godranno anche di una quota di mercato più protetta, galvanizzata dalla cifra politica della lotta protezionistica a Cina e Russia iniziata dalla UE.

In questo senso può svilupparsi una narrazione di potere volta anche a indebolire i risultati del processo “Ambiente Svenduto”. All’economia di guerra ed ai futuri padroni non può essere imposta la spada di Damocle di adeguati controlli ambientali, adeguata sicurezza sul lavoro. La minimizzazione dei risultati scientifici raggiunti dal Processo Ambiente Svenduto può costituire un interesse in grado di influire a più livelli su istituzioni e tessuto sociale.

Nelle ambigue veline del suo “Osservatore Politico”, ai tempi del sequestro Moro, Mino Pecorelli insinuava che Jalta aveva deciso via Mario Fani. Al di là delle narrazioni che investono la verità storica, emerge oggi l’interesse popolare a difendere la sentenza del Processo Ambiente Svenduto, almeno per evitare e allontanare l’insinuazione che Washington, Bruxelles e Kiev possano decidere della vita dei lavoratori e cittadini di Taranto.

Note

(1) https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/taranto/1496678/taranto-ex-ilva-la-tesi-dei-riva-va-in-aula-nessun-aumento-di-tumori.html ; https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/taranto/1496412/taranto-via-al-processo-d-appello-ambiente-svenduto-braccio-di-ferro-sulla-sede.html

(2) P. Bricco, D. PalmiottiTaranto, Sfida strategica per la difesa e l’industria, dal Sole 24 Ore, https://www.sidex.it/taranto-sfida-strategica-per-la-difesa-e-lindustria/

L'intervento di un operaio dell'ex Ilva dello Slai cobas al corteo di Taranto del 25 aprile

Il 25 aprile di quest’anno è un 25 aprile diverso, già dallo scorso anno si poteva iniziare a sentirne il primo olezzo ma quest’anno la puzza della restaurazione del fascismo comincia a soffocare in maniera indiscriminata le masse proletarie, una restaurazione che passa attraverso la criminalizzazione della lotta partigiana ed il vittimismo della merda di Mussolini come dichiarato qualche giorno fa dallo scribacchino istituzionale Italo Bocchino, "un nome un destino". 

Ovunque in questo preciso momento storico il fetore fascista si insinua nei gangli della società e la infetta ricoprendola di pustole marcescenti, mai come prima d’ora nel cosiddetto "occidente civilizzato" le estreme destre stanno salendo al potere attraverso l’inganno e la violenza, stanno reprimendo con ferocia ogni forma di dissenso, si colpevolizza attraverso i media la lotta per i diritti e la si colpisce con le manganellate e le torture inflitte dalle forze dell’ordine precostituito. La paura è ciò che insegnano e la cieca obbedienza è quello che pretendono, una bella divisa in omaggio per chi accetta sommessamente questo stato delle cose.
Oggi il nostro saluto rivoluzionario è rivolto ai moderni partigiani che continuano a lottare anche da dentro le carceri dove sono selvaggiamente rinchiusi, moderni partigiani come la compagna Nadia Lioce, il compagno Alfredo Cospito reclusi in regime di 41bis o come i combattenti della resistenza palestinese Anan Yaeesh, Mansour Doghmosh e Ali Saji Rabhi Irar, detenuti in Italia per ordine dello Stato nazisionista d’Israele. 

Italia-Israele, due stati in cui i governi sono accomunati dalla barbarie che li contraddistingue, due governi che dall’atroce esperienza del nazifascismo, del quale con estrema gioia oggi ne celebriamo la disfatta, hanno assorbito la loro schifosa ideologia fatta di repressione verso i popoli e di cultura della guerra, di una guerra che a grandi passi si avvicina sempre più anche a noi, e di come non vedano altro modo di risolverle con un aumento continuo e scellerato delle spese militari. La scorsa settimana il ministro della guerra Crosetto è sceso dall’empireo del suo dicastero per venire a benedire le nuove reclute che qui a Taranto giuravano fedeltà al regime, nella sua santa benedizione ha ricordato come loro fossero proprietà dello Stato e dunque ha sottinteso che devono essere pronti a sacrificarsi per il Pil nazionale, novelli simulacri di un valore aggiunto al portafogli già gonfio di per sé dei signori della guerra. 

Sono 79 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, per gli Stati imperialisti d’Europa è ormai troppo tempo che non si combatte e questo è un problema per i profitti, una crisi mondiale genera una guerra mondiale che andrà combattuta da popoli contro popoli che nulla hanno in contrasto l’un l’altro se non quello di eseguire gli ordini dei rispettivi padroni. 

Noi siamo pienamente consapevoli di chi sia il nostro vero nemico, sappiamo che lo nostra partita si gioca in casa così come per ogni popolo, un grande insegnamento è arrivato dalla lotta partigiana non a caso tanto ostracizzata da questo governo, la lotta al fascismo si è concretizzata all’interno dei confini di questa nazione ed è stata vinta, e come è stato sconfitto una volta esso può essere sconfitto nuovamente, e se c’è una sola cosa che l’anniversario della liberazione può insegnarci è proprio questo.
ORA, E SEMPRE, RESISTENZA!

Un importante corteo a Taranto il 25 aprile

La manifestazione di ieri per Taranto è stata molto significativa per la quantità di partecipanti (diverse centinaia di persone, un corteo che si è anche ingrossato lungo il percorso di tanta gente che ha voluto esprimere il proprio attuale e sempre più necessario antifascismo), di compagni/e, realtà raccolte di Taranto e provincia, e per la qualità dei contenuti; un corteo che ha saputo unire la solidarietà alla Palestina, la lotta contro le guerre imperialiste, alla valorizzazione storica e pratica della resistenza antifascista e della la lotta partigiana con la denuncia e l’appello alla lotta contro il governo Meloni di stampo fascista su tutti i fronti sociali e politici: repressione/donne/attacco al salario, reddito/sanita, scuola ecc; importante la solidarietà a Luigi di Palermo, ai resistenti palestinesi rinchiusi nelle carceri italiane, a Ilaria salis e a tutti i compagni anarchici arrestati. 

Tutti temi calati nella realtà di Taranto - no città di guerra, no alla militarizzazione, no città della disoccupazione, precarietà, sfruttamento, gentifricazione della città vecchia, no devastazione ambientale per i profitti dei padroni grandi e piccoli, privati e di Stato, e del capitalismo imperialista. 

Una manifestazione unitaria nel sentire comune e nella pratica.

La manifestazione è stata per la nostra città anche una prima azione contro il G7 di Puglia che ci deve vedere in prima fila nella contestazione regionale e nazionale necessaria e indispensabile, in costruzione. Lavoriamo ora per la stabilità del coordinamento in forme e contenuti e decidiamo insieme come continuare per la Palestina, contro la guerra imperialista, l’industria bellica, la militarizzazione, l’economia di guerra, contro il G7 qui e ora!

SEGUONO ALCUNE DELLE TANTE FOTO DEL CORTEO DEL 25 APRILE E IL CANTO DI BELLA CIAO

 

 
 












mercoledì 24 aprile 2024

Report - nota sull'articolata giornata del 19 aprile

La giornata di lotta del 19 aprile a Taranto, indetta dallo Slai cobas per il sindacato di classe e dalle parti civili operai, lavoratori, abitanti dei quartieri inquinati, familiari degli operai morti sul lavoro, è stata una importante indicazione per la classe operaia e le masse popolari di Taranto e ha dato un solido punto di riferimento alla battaglia nazionale contro le morti sul lavoro e da inquinamento, interna alla lotta innanzitutto nelle fabbriche sul fronte salute e sicurezza.

La giornata di lotta è partita con un presidio alle portinerie dell’appalto Acciaierie, dove permane la profonda crisi dello stabilimento che vede attualmente nell’amministrazione straordinaria gestita da governo e Commissari un rimedio peggiore del male; con operai a casa in larga parte e con piani di cassintegrazione permanente, anticamera degli esuberi, con sindacati confederali e Usb che sono sostanzialmente cogestori della situazione attuale.

Nel presidio l’appello fondamentale è stato allo sciopero sulla base dell’autonomia operaia da padroni, governo e sindacati confederali, su una piattaforma operaia approvata dalle assemblee che risponda agli interessi immediati degli operai e dei lavoratori, insieme a rivendicazioni generali che attraversano tutta la fase attuale di Acciaierie/Appalto, che permettano ai lavoratori di difendere realmente lavoro, condizioni di lavoro, salari, salute e sicurezza, e di porsi alla testa del movimento necessario nella città, affinchè da questa fase si esca con una fabbrica ambientalizzata, migliori condizioni di sicurezza, riduzione del peso delle fonti inquinanti.

Nel presidio, chiaramente, è stato detto che l’attuale condizione discende dal modo di produzione capitalista, in cui padroni privati e padroni pubblici sono ugualmente nemici di classe e l’unico futuro possibile per la fabbrica e la città è quello che può essere imposto dalla lotta di classe di operai e masse popolari in fabbrica e in città.

L’esigenza dello sciopero proposta dallo Slai cobas per il sindacato di classe è e resta l’aspetto principale. CI sono fermenti positivi in reparti come man-bin o nell'appalto con gli operai della Semat senza stipendio di marzo. Noi vogliamo che ci siano scioperi che si estendano a tutti i reparti e a tutte le ditte dell’indotto. Così come va respinta al mettente la decisione aziendale di mandare a casa il maggior numero di operai, facendogli consumare l’intero pacchetto di ferie e permessi.

Invece che la lotta generale, le direzioni sindacali confederali e l’Usb non fanno che elemosinare incontri a Roma – un altro ci sarà il 29 aprile – e torneranno ad incontrare i Commissari il 7 maggio in cui nella sostanza l’azienda presenterà il piano massiccio di estensione della cassintegrazione.

Intanto, gli operai devono apprendere dao giornali ciò che il governo realmente sta facendo, che è quello di pianificare solo ammortizzatori sociali per i lavoratori, mentre si adopera per svendere le Acciaierie a futuri nuovi padroni, ripercorrendo la strada di sempre che portò prima l’Italsider a partecipazione statale ad essere consegnata nelle mani di padron Riva e poi, a fronte della nuova crisi, ad essere consegnata nelle mani di Mittal. Ora i nuovi padroni all’orizzonte sembrano essere gli oligarchi ucraini di Metinvest, uniti ad Arvedi, oppure ancora padroni indiani legati alla famiglia Jindal, concorrente di ArcelorMittal e la new entry Steel Mont.

Richiederlo a WA 3519575628

Proprio per questo nella giornata di lotta del 19 aprile, è stato distribuito un dossier di ORE 12 Controinformazione rossoperaia, che fornisce agli operai approfondimenti su questi elementi.

La giornata di lotta è proseguita con il presidio al Tribunale/Aula bunker di Paolo VI, in occasione della riapertura per l’appello del processo “Ambiente svenduto”. Il presidio è servito a spiegare il significato del processo, che è il più importante, con una fabbrica aperta, che ci sia mai stato in Italia e in Europa.

All’apertura del processo una rappresentanza delle parti civili e dello Slai cobas sc ha partecipato all’udienza, insieme agli propri avvocati di Torino e Taranto.

Questa presenza, unica tra le varie parti civili, ha voluto significare la nostra chiara intenzione di fare del processo un terreno non solo giudiziario ma di scontro di classe, perché vengano mantenute le condanne dei padroni e dei loro complici e siano risarcite le parti civili. Questo scontro è quanto mai necessario a fronte dell’aperto tentativo dei padroni condannati e dei loro complici di ostacolare in tutti i modi il processo e di mettere in dubbio l’assunto chiave del rapporto tra la produzione della fabbrica in mano alla famiglia Riva e le morti sul lavoro e soprattutto la drammatica gestione che ha portato all’inquinamento dei quartieri proletari contigui alla fabbrica con migliaia di tumori e gli aspetti di disastro ambientale che hanno colpito il territorio.

Infine, la giornata di lotta si è chiusa con un Convegno che ha chiamato a raccolta rappresentanze operaie, ambientalisti disponibili al legame con la classe operaia e alla sua organizzazione di classe, Marescotti/Peace link, e realtà lavorative anche fuori dalla fabbrica.

Il Convegno ha approfondito tutto, il processo “Ambiente svenduto”, la situazione della fabbrica, la dimensione strategica della vicenda Taranto nel quadro della crisi di sovrapproduzione della siderurgia mondiale e nazionale e il rapporto di questa crisi con gli sviluppi della tendenza alla guerra dall’Ucraina, al Medio Oriente/Palestina.

Tutto il Convegno si è schierato saldamente per un nuovo protagonismo della classe operaia. Era lo scopo di fondo da affermare in questo Convegno perché a base della nuova fase della lotta sindacale, sociale e politica in Acciaierie, nella città e su scala nazionale. In questa chiamata a raccolta importante e qualitativa è la presenza di una rappresentanza di lavoratori della Palazzina Laf – oggi parti civili nel processo “Ambiente svenduto” grazie all’azione dello Slai cobas - che hanno riportato in seno al Convegno elementi di chiarezza/verità sulla vicenda che vanno ben oltre il pur utile film che sta girando nelle sale italiane.

Su tutta la giornata esiste ampio materiale, documenti, audio, video, interventi, che escono in questi giorni sul blog tarantocontro. E’ disponibile per tutti i lavoratori, attivisti sindacali, associazioni politiche e sociali.

Al Convegno erano presenti anche operai della Tenaris/Dalmine di Bergamo in rappresentanza della lotta e del lavoro che stiamo facendo rivolto a tutte le fabbriche siderurgiche in Italia e rappresentanti della Rete nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro e territori, pronta ad essere il referente nazionale di questa battaglia da Taranto ai luoghi delle stragi sul lavoro e delle realtà impegnate nella lotta proletaria e popolare contro i disastri ambientali.

Questa giornata di lotta non è che la prima iniziativa di questo nuovo ciclo. Già una nuova giornata sarà il 17 maggio – nuova udienza del processo “Ambiente svenduto” - con nuove iniziative alla fabbrica e in città, e con assemblee a Bergamo/Milano e Palermo.

Manifestazione del 25 aprile a Taranto - partenza da p.le Arsenale ore 10 - corteo via Di Palma/via D'Aquino/c.so 2 Mari/ponte girevole/discesa Vasto fino a piazzetta con lapide sulla Resistenza

La manifestazione è unitaria e sarà aperta da uno striscione unitario e bandiere palestinese - tutti i manifestanti e le organizzazioni presenti sono liberi di portare bandiere, striscioni, volantini autonomi e hanno diritto di parlare e intervenire dall'impianto comune - così come hanno diritto di parlare alla fine del corteo.

Il permesso, condiviso, è stato richiesto dai coordinatori dello Slai cobas taranto, ma è e resta una richiesta collettiva.

Da Gioia del Colle nuovo carico di armi italiane all’Ucraina


Tenerne conto in vista della campagna nazionale e internazionale per il G7 in Puglia di giugno

Da Gioia del Colle nuovo carico di armi italiane all’Ucraina

ItaMilRadar ha monitorato il pomeriggio del 13 aprile scorso (sabato) il volo di un aereo da trasporto Lockheed C-130J in forza all’Aeronautica Militare italiana dallo scalo di Gioa del Colle all’aeroporto militare di Rzeszow (Polonia nord-orientale), utilizzato dalle forze NATO per rifornire di armamenti e munizioni i militari di Kiev in guerra contro la Russia.
Gli analisti di ItaMilRadar ritengono che a bordo dell’aereo cargo siano stati trasportati nuovi aiuti militari italiani all’Ucraina.
E’ la prima volta dal febbraio 2022 che Gioia del Colle viene utilizzata per l’invio di armi per il sanguinoso conflitto russo-ucraino.
In passato erano stati utilizzati gli scali aerei di Pratica del Mare, Pisa e Verona.

(*) Tratto da Osservatorio sulla repressione.

Manifesto affisso a Taranto nei giorni scorsi e riproposto il prossimo 25 aprile - info  anti G7 slaicobasta@gmail.com

 

lunedì 22 aprile 2024

Acciaierie e appalto - Chiusura collettiva confermata: o cassintegrazione o ferie - un brutto segnale ma che conferma ciò che lo Slai cobas aveva detto fin dall'inizio

Eppure noi l'avevamo detto immediatamente: "Noi consideriamo l’amministrazione straordinaria un rimedio peggiore del male",

nonostante che tutti i sindacati, compreso Usb, avevano appoggiato la decisione del governo, soddisfatti perchè era stato mandato via Mittal e la famigerata AD Morselli. Di fatto confermando tra gli operai l’idea, già molto propagandata, che se governance e management cambiavano i problemi di questa fabbrica si risolvono. E’ una illusione profonda. Come se è un manager che decide la politica e non i padroni dell’azienda nel loro insieme, non le leggi del capitale, la crisi economica mondiale, le leggi dei governi, ecc. 

Ora si lamentano...
ma lo Slai cobas avevamo messo in guardia subito:

"L'Amministrazione straordinaria porterà più cassa integrazione permanente; non vi sarà ritorno al lavoro degli operai di tante ditte dell'appalto, e in alcune vi saranno licenziamenti nel prossimo futuro; in Acciaierie sono già annunciati migliaia di esuberi. Al di là delle soluzioni post Amministrazione straordinaria del governo, vi saranno peggioramenti delle condizioni salariali/ lavorative/ contrattuali; e per ambientalizzazione, bonifiche, decarbonizzazione, bene che vada, passeranno anni e anni.
Le casse integrazioni, semipermanenti, unilaterali, dopo essere state accettate le prime, poi sono state contestate. L'amministrazione straordinaria assolve queste casse integrazioni, anzi, ne prevederà molto di più in maniera sistematica. E la cassa integrazione ha distrutto il salario dei lavoratori, ha portato ai lavoratori da 300 a 500 € in meno al mese in generale. Nell'appalto ha prodotto già dei licenziamenti.
Per quanto riguarda la sicurezza, non c’è alcun tipo di garanzia che ci sarà un recupero delle manutenzioni".

Ora i Commissari fanno anche peggio, mettono fuori dalla fabbrica la maggiorparte degli operai e il grosso degli operai dell'appalto non rientra.

Per questo il 19 aprile scorso avevamo indtto una giornata di lotta e chiamato alla necessità di un vero sciopero e lotta prolungata autonoma da padroni, governo.

La giornata di lotta del 19 aprile - Nuovo dossier Acciaierie d'Italia

Il 19 aprile è stata una ricca e articolata giornata. Iniziata al mattino alle 6 alla portineria imprese ex Ilva, proseguita nella mattinata con presidio esterno davanti al Tribunale d'appello Paolo VI e folta presenza di lavoratori/parti civili insieme agli avvocati di Torino e Taranto all'interno del processo.

La parte centrale è stata il Convegno serale con buona partecipazione e soprattutto rappresentativa di operai ex Ilva, lavoratori di altri posti di lavoro, realtà sociali, ambientaliste/democratiche, tanti interventi, a partire dall'informazione e valutazione degli avvocati sul processo del mattino, e prospettive per il prossimo futuro.

Per riconsegnare la ricchezza di questa giornata, pubblicheremo via via interventi, video e altro.

Al Convegno è stato ampiamente diffuso un Dossier - per richiederlo WA 3519575628


venerdì 19 aprile 2024

Oggi all'appalto Ilva

L'appello dello Slai cobas alla giornata di lotta contro padroni, governo, commissari e loro complici tra i lavoratori

Buona accoglienza da parte di 200 lavoratori - diffusa la piattaforma operaia - non è che l'inizio.

giovedì 18 aprile 2024

19 aprile - Giornata di lotta promossa dallo Slai cobas per il sindacato di classe

Ore 6/7 presidio alla portineria delle imprese dove i coordinatori dello Slai cobas per il sindacato di classe illustreranno i contenuti e gli appuntamenti della giornata di lotta e la piattaforma operaia su cui si dovrà scioperare in tutta l'area industriale e nell'appalto/compreso porto nel corso delle prossime settimane e la campagna per la formazione di un comitato di lotta operai acciaieria - appalto - cigs in cassaintegrazione intersindacale  

ore 9.30/12 presidio alla ex Corte di appello - aula bunker - Paolo VI per l'inizio del processo  Ambiente Svenduto, delle parti civili operai/lavoratori ex Ilva/Appalto, lavoratori del Cimitero/ex pasquinelli/abitanti Paolo VI/Tamburi 

ore 16,30 assemblea convegno alla Biblioteca Acclavio Piazzale bestat Taranto