Morto all'Ilva, il ricordo del collega: «Mi lasciò con un sorriso» |
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di FULVIO COLUCCIDamiano non aveva mai calcolato le conseguenze di un sorriso. Ci ripensa adesso, davanti al taccuino del cronista, calibrando le parole: «Così Claudio mi ha salutato prima di morire. Con un sorriso». Damiano Novellino, tarantino 36enne, operaio dell’Ilva, collega di Claudio Marsella, l’operaio morto martedì scorso al Mof, reparto movimentazione ferroviaria, aggancia al vagone del presente quello del passato prossimo, azionando il radiocomando dei pensieri. Il carico è denso di paure, rabbia, coraggio. Lui non si fa schiacciare «Ero iscritto alla Uilm, ma ho cambiato idea. Lo sciopero finiva mercoledì. Ho continuato la protesta. Ero in squadra con Claudio il giorno dell’incidente. E ora mi batto per lui. per quel sorriso che mi ha lasciato». Il Mof sta tutto lì. Un fazzoletto d’uomini, facce di ragazzi alla guerra, raggrumato intorno alla portineria A dello stabilimento siderurgico. Sciopero prolungato fino a martedì prossimo. Da ieri si dorme in tenda. «Vogliamo morire di salute». «Ciao Claudio». «Sosteneteci!». Striscioni al sole, nell’enigmatico cielo di un sabato mattina. Centoventi persone, «tutto il reparto» sostiene il sindacato Usb ma, spiega Franco Rizzo, del coordinamento provinciale: «La città dovrebbe incoraggiarli. Lanciamo l’appello alla solidarietà». Di scioperi per la sicurezza se ne son visti. Mai, prima d’ora, un reparto era rimasto in trincea, solitario, a dispetto delle corazzate sindacali: Fiom, Fim e Uilm. Mai prima d’ora, incrociare le braccia aveva prodotto conseguenze così rilevanti in termini produttivi se rapportate alle dimensioni della protesta: chiusura del treno nastri 1 e del treno nastri 2 (quest’ultimo ripartirà col secondo turno, lunedì pomeriggio), oltre 400 lavoratori in ferie forzate. Striscioni al sole. Sudari di un passato difficile da ereditare: «Gli accordi sono vostri, le vite sono nostre». «La notizia della morte di Claudio - riprende il racconto Damiano - l’abbiamo appresa da un operaio, nessuno ci ha avvisati. E Claudio si poteva salvare se fosse stato soccorso in tempo, ma era solo. Fino a martedì mattina ero iscritto Uilm. Ora? Sciopero con l’Usb. Ho cambiato idea perché questa morte si poteva evitare. L’accordo firmato da azienda e sindacati non ha garantito sicurezza ai lavoratori, l’ha ridotta semmai. L’accordo i sindacati lo hanno discusso in fabbrica, ma noi abbiamo sempre insistito: guardate che la sicurezza è stata ridotta per non dire eliminata; la macchina con una sola unità è un pericolo». «Fim, Fiom e Uilm avrebbero dovuto continuare a sostenere il nostro sciopero. Sarebbe stato un segnale importante. Se sta cambiando qualcosa? Lottiamo per la sicurezza, per i nostri diritti. L’azienda - continua Damiano - dice che non c’è copertura sindacale allo sciopero. Noi pensiamo a coprirci dal freddo, perché qui restiamo anche di notte. L’Ilva deve dare garanzie sulla sicurezza. Mia moglie mi ha chiesto: scioperi per una causa giusta? Le ho risposto lo faccio per Claudio, per il collega morto. Insieme alle mie figlie ha detto: va bene». «Con i compagni di lavoro passiamo più tempo che in famiglia. Qui siamo come fratelli. Erano le 7 del mattino quando si è mossa la nostra squadra, Claudio mi ha sorriso ed è andato a morire. Siamo tutti sulla stessa barca e qui non si produce cioccolato, ma arrivare a produrre morte no. Meglio perdere un mese di lavoro, accontentarsi del pane col pomodoro, arrangiarsi ma pretendere sicurezza. Perché se io muoio - chiude Damiano - chi penserà a mia moglie e alle mie bambine? Non ci sarà né pane né pomodoro. E al mio posto a tavola siederà la fame». |
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