Un nuovo incidente è accaduto al MOF nella notte del 28
dicembre ' turno di
notte,un treno all'interno del siderurgico ha appena
impegnato una discesa,
all'improvviso secondo il racconto dei lavoratori del
mof, il convoglio si è
sganciato dal locomotore, forse per la pendenza ,
l'attivazione automatica
dei sistemi di sicurezza ha bloccato la motrice, i
vagoni si sono continuati
a muovere per inerzia e il lavoratore, ha subito ul
contraccolpo derivante
dall'urto, microfrattura a un braccio con ingessamento
del braccio '
questo permette insieme a i lavoratori di tornare sulla
questione
Dopo la morte di Claudio e la grande e coraggiosa lotta
degli
operai del Mof e degli altri operai che l'hanno sostenuta per
annullare
l'accordo
del 2010 sul mono operatore nel reparto, e nonostante
le promesse
dell'azienda
e di Vendola che di questa lotta si sarebbe
tenuto conto per modificare la
situazione al Mof, non è invece successo
nulla. Si vuole far restare tutto
come prima e i sindacati, Fiom in testa,
insistono che o al Mof si lavora
così o niente, e che l'accordo del 2010 è e
resta valido.
Questa è la sostanza della cosa, tutto il resto sono fronzoli.
Per loro
Claudio è morto invano, gli operai hanno sbagliato a lottare e non
vanno
legittimati né come diritto di sciopero né come organizzazione
sindacale.
Ma così non può e non deve essere! Costi quel che costi,
questa storia non
può finire così!
Lo Slai cobas con precisione e serietà
già nei giorni della lotta ha detto
chiaramente quello che l'azienda deve
fare e gli operai devono fare. Non è
un problema di sigla sindacale o di
semplice solidarietà, ma di serietà e
determinazione. O in questa fabbrica le
cose si cambiano oppure non ci sarà
limite al peggio.
Per questo invitiamo
a riprendere lo stato di agitazione anche e al massimo
subito dopo le feste,
a riprendere seriamente il blocco del reparto, se
l'accordo
è ancora in
piedi e se non viene radicalmente cambiata la situazione.
Non c'è solo il
problema dell'accordo al Mof che deve saltare - la cosa vale
anche per i
gruisti, per gli altri reparti - c'è anche la legge da
rispettare in quelle
rarissime volte che essa tutela le condizioni del
lavoro in sicurezza. La
sentenza del 5 novembre in Cassazione lo ha
ribadito, e questa deve essere
fatta rispettare rigidamente all'Ilva per
mille ragioni che tutti sappiamo, e
proprio in questa situazione in cui
sicurezza e messa a norma sono condizioni
indispensabili non solo per la
tutela degli operai ma anche per la esistenza
stessa della fabbrica.
Slai cobas per il sindacato di classe
ILVA
Taranto via Rintone 22 - slaicobasta@gmail.com - T/F 0994792086 -
3475301704
(attivo anche in questo periodo di feste).
TA. 22.12.12
domenica 30 dicembre 2012
sabato 29 dicembre 2012
cassa integrazione - la regione non paga - paga riva?
FULVIO COLUCCI TARANTO - Il no della Regione Puglia alla cassa integrazione in deroga scuote l’Ilva. Il Gruppo Riva dovrà pagare di tasca propria i lavoratori dichiarati in esubero a fine novembre (1400 unità poi ridottesi a 700, ma il provvedimento ha interessato effettivamente solo duecento dipendenti dell’area a freddo). Il ricorso alla «cassa» fu letto, per la sua «tempestività», come una reazione alla svolta giudiziaria di due mesi fa nell’inchiesta condotta dalla procura di Taranto sull’ipotesi di disastro ambientale: gli arresti eccellenti, ma soprattutto il sequestro dei prodotti e il divieto di commercializzazione mettevano di nuovo in difficoltà - secondo il Gruppo Riva - lo stabilimento siderurgico. In realtà, l’azienda non ha fatto richiesta alla Regione Puglia per l’accesso all’ammortizzatore sociale o, almeno, fonti della stessa Regione confermano l’assenza di un documento che formalizzi la domanda. Ieri, il governo regionale ha reso noto, comunque, il suo parere negativo alla cassa in deroga in una nota informale inviata all’Amministrazione provinciale di Taranto. Proprio nella sede della Provincia si svolgeva una riunione sul tema dell’emergenza occupazionale e del ricorso agli ammortizzatori sociali. L’orientamento della Regione Puglia era quello di respingere eventuali richieste di cui si era appreso solo attraverso notizie diffuse dagli organi d’informazione, rafforzando il rifiuto al via libera per la cassa integrazione in deroga con un ragionamento che la etichettava come inammissibile per una serie di ragioni: la scarsità di risorse, l’imminente conclusione dell’anno, la quasi contestuale attivazione di altre due procedure di cassa integrazione ordinaria: la prima per crisi, datata novembre, coinvolge quasi 2mila lavoratori dell’area a freddo e dura 13 settimane (in cassa attualmente ci sono 650 dipendenti dello stabilimento siderurgico); la seconda cassa integrazione, sempre ordinaria, fu proclamata subito dopo il tornado del 28 novembre, coinvolge circa un migliaio di operai dei reparti che hanno subito i danni del maltempo ed è stata prorogata fino al 30 gennaio (in tutto ora solo 90 lavoratori sono in esubero). A prescindere dall’intervento della Regione Puglia, ieri l’Ilva e i sindacati non hanno trovato un accordo sull’utilizzo dell’ammortizzatore sociale. Fatto rilevante, le segreterie dei metalmeccanici di Fim e Uilm - la Fiom già il 14 dicembre aveva respinto l’ipotesi di cassa in deroga e si era sfilata da una intesa - non hanno voluto rinviare la discussione alla prossima settimana e così l’Ilva sarà costretta, vista la scadenza e l’impossibilità di proroghe a riavviare la procedura. In realtà la vicenda acquista rilevanza politica per il ruolo svolto dalla Regione Puglia. «Non potevamo concedere ulteriori proroghe e quel che sconcerta - ha spiegato il segretario generale della Uilm Antonio Talò - è l’assenza di risposte da parte dell’Ilva alle nostre domande sul futuro. Non v’è certezza e l’azienda appare in balia delle onde». Da domani al 7 gennaio sarà fermo il treno nastri 1 per la ricostituzione del parco bramme. Mancano il materiale grezzo da trasformare in prodotto finito a causa del funzionamento a singhiozzo degli altoforni, generato dalla riduzione delle materie prime stoccate nel parco minerali. |
venerdì 28 dicembre 2012
Finocchiaro .. una buona accoglienza
La Finocchiaro si presenta a Taranto ma viene contestata: "Via dalla nostra
città"
La presenza a Taranto, dove è candidata per le
primarie, del capogruppo Pd al Senato, Anna Finocchiaro, è stata contestata
stasera da una ventina di persone che si sono radunate sotto la sede provinciale
del partito in via Principe Amedeo. I contestatori si definiscono cittadini
"liberi", non appartenenti a nessun movimento e organizzazione. "Via dalla
nostra città" e "Assassini" sono alcuni degli slogan urlati con riferimento
all'approvazione in Parlamento da parte del Pd del decreto legge che permette
all'Ilva di proseguire l'attività produttiva nonostante il sequestro della
Magistratura. Digos e Polizia presidiano la zona. I contestatori sono arrivati
dopo che la Finocchiaro aveva già cominciato la conferenza stampa ma non hanno
raggiunto i locali del partito. Un loro esponente ha dichiarato che "i cittadini
devono decidere della politica e non il contrario" con chiaro riferimento alla
volontà del Pd di far candidare a Taranto la Finocchiaro.
"
un gruppo di manifestanti protesta sotto la sede del partito
"
La procura impugna il decreto Salva Ilva: "Incostituzionale perché ostacola le indagini"
In questo contrasto noi siamo dalla parte della magistratura contro il governo del decreto.
Ma noi non pensiamo che da questo contrasto dipenda la difesa della salute e del lavoro degli operai e delle masse popolari tarantine, come pensa buona parte dell'ambientalismo cittadino.
Per noi è la rivolta operaia e popolare la chiave per portare reali risultati a casa.
tarantocontro
Secondo i magistrati tarantini, riconsegnando gli impianti dell'area a caldo (sotto sigilli dal 26 luglio scorso) all'Ilva e permettendo al colosso industriale di tornare a produrre acciaio, il governo ha di fatto impedito
giovedì 27 dicembre 2012
mercoledì 26 dicembre 2012
SULL'ILVA, "E' COLPA DEL COLTELLO..."
"E' colpa del coltello"! Non dello "scannatore"!
"E' colpa della fabbrica, degli impianti, della produzione siderurgica", o, meglio, della esistenza dell'industria..."! Non del sistema capitalistico basato sul profitto e sulla distruzione di tutto ciò che ostacoli il profitto!
Lo scannatore non convinse la giuria. Ma invece i fautori di Taranto libera dalla fabbrica hanno purtroppo convinto (per ora) buona parte della popolazione di Taranto - benchè non la stragrande maggioranza degli operai e anche settori consistenti delle masse popolari dei quartieri.
"E' colpa della fabbrica, degli impianti, della produzione siderurgica", o, meglio, della esistenza dell'industria..."! Non del sistema capitalistico basato sul profitto e sulla distruzione di tutto ciò che ostacoli il profitto!
Lo scannatore non convinse la giuria. Ma invece i fautori di Taranto libera dalla fabbrica hanno purtroppo convinto (per ora) buona parte della popolazione di Taranto - benchè non la stragrande maggioranza degli operai e anche settori consistenti delle masse popolari dei quartieri.
Calderita
Ilva, Comitato donne per Taranto: "Il regalo è non ammalarci più"
"Vogliamo dire ai nostri amministratori e ai nostri politici - prosegue la nota - che facciamo volentieri a meno di queste modifiche e di questi 'contentini'". "Quest'anno i tarantini - si sottolinea - hanno dovuto scartare il loro regalo di Natale, ben confezionato da chi ha il dovere di difendere la salute dei cittadini, in anticipo nonostante più di 4000 cittadini abbiamo firmato una petizione indirizzata al Presidente Napolitano e ai Ministri Clini e Balduzzi con la quale richiedevano di inserire nell'Autorizzazione Integrata Ambientale i dati aggiornati dello studio Sentieri".
"Nonostante la stessa Aia - si legge ancora - sia stata rilasciata in assenza di un Piano di Emergenza Esterno; nonostante 6000 persone abbiano sfilato in una fiaccolata per sostenere il lavoro della magistratura; nonostante il 15 dicembre 2012 in più di 20mila abbiamo gridato 'No' al decreto Salva Ilva e Ammazza Taranto".
lunedì 24 dicembre 2012
"Tregua natalizia all’Ilva 2013 sarà anno decisivo" scrive la gazzetta.. ma è una tregua che serve a Padron Riva
Ora che una legge ad hoc è stata approvata dal Parlamento, può dirsi scongiurato il rischio che l'Ilva chiuda per l'intervento della Magistratura - che da luglio ha accelerato con l'inchiesta sul reato di disastro ambientale - ma certo non possono dirsi diradate le nubi sulla più grande acciaieria d'Europa. Ci sono ancora tanti problemi da risolvere e tanti interrogativi che attendono risposta. Solo oggi, e con quattro giorni di ritardo sulla scadenza normale, gli oltre 11mila lavoratori del siderurgico potranno materialmente incassare la tredicesima. Per la prima volta in 17 anni da quando l'Ilva è privata, l'azienda paga in ritardo. L'ha dovuto fare per crisi di liquidità, aggravata anche dal sequestro di prodotti finiti (valore un miliardo di euro) effettuato dalla Magistratura lo scorso 26 novembre insieme ad una serie di arresti che hanno coinvolto anche Fabio Riva, uno dei figli del capostipite Emilio (ai domiciliari da luglio). La tredicesima in ritardo ha ovviamente creato preoccupazioni tra gli operai, i quali si chiedono se questo sia stato solo un fenomeno isolato o se bisogna aspettarsi qualcosa di analogo anche il 12 gennaio, quando dovrà essere erogato lo stipendio di dicembre. E queste incertezze si legano all'andamento del mercato dell'acciaio che vive una fase di crisi. Per il calo della domanda, dal 19 novembre l'Ilva ha infatti chiesto la cassa integrazione ordinaria per 1400 lavoratori dell'area a freddo, la parte finale del ciclo da dove escono i semilavorati e i prodotti finiti. Allo stato, quindi, diversi impianti dell'area a freddo sono fermi. In parte per la crisi e in parte per le conseguenze del sequestro di fine novembre che impedisce di muovere le merci destinate ai clienti ma anche ad alimentare gli altri siti dell'Ilva in Italia e all'estero. Questi i numeri forniti dai sindacati: sono fuori dalla fabbrica 1400 unità per crisi, 230 per i danni del tornado del 28 novembre scorso e 700 per il blocco giudiziario. La legge approvata in Parlamento (mercoledì c'è stato il sì della Camera e il giorno dopo quello del Senato) consente ora di vendere i beni ai quali sono stati apposti i sigilli, quindi è presumibile che almeno gli impianti fermati dall'azienda dopo il sequestro, ripartiranno nei prossimi giorni, cioè non appena l'Ilva formalizzerà ai magistrati l'istanza di dissequestro. Ma per gli impianti toccati invece dalla crisi, si chiedono i sindacati, che accadrà? La cassa integrazione durerà per tutte le 13 settimane o sono in arrivo commesse che rimettereranno in moto l'attività e il lavoro? Anche questo è uno degli interrogativi che gli operai di Taranto si pongono in questo Natale. Infine, c'è l'aspetto che riguarda il futuro della fabbrica e la realizzazione degli investimenti di risanamento ambientale ordinati dall'Aia, il cui importo complessivo è stimato in 3 miliardi e mezzo di euro. Venerdì scorso, con una nota, la famiglia Riva ha positivamente commentato la legge: il futuro dell'azienda, hanno scritto i Riva, era in pericolo, adesso la legge ci consente di guardare al futuro con più fiducia. I Riva hanno assicurato che faranno gli investimenti che sono necessari, ma i sindacati attendono di vedere il piano dell'azienda prima di esprimere un giudizio. Piano che l'azienda starebbe approntando e che dovrebbe presentare nei primi giorni del nuovo anno. Per ora l'Autorizzazione integrata ambientale si è avviata solo con i primi lavori: batterie coke 5 e 6 fermate il 6 dicembre e altoforno 1 fermato l'8 dicembre. Tre interventi dal costo di 270 milioni di euro. L'ulteriore avanzamento dei lavori è fissato a gennaio col rifacimento delle batterie coke 3 e 4. Primi segnali, commentano i sindacati, ma il percorso dell'Aia è ancora molto lungo e, soprattutto, richiederà l'esborso di somme ben più rilevanti. L'azienda ce la farà - si chiedono i lavoratori -, riuscirà a trovare i soldi necessari, ha davvero volontà di impegnarsi? Tutto questo, dunque, porta a dire che la partita Ilva, al di là della tregua di Natale, non è conclusa. E agli scenari della crisi e della continuità o meno dei Riva, se ne aggiunge un terzo: quello della Magistratura. La quale, eccezione di incostituzionalità sulla legge a parte, certo non ha concluso le sue indagini sull'Ilva e sui rapporti che quest'azienda ha avuto negli anni passati con i rappresentanti della politica, delle istituzioni e della pubblica amministrazione al fine di avere provvedimenti che non la penalizzassero |
domenica 23 dicembre 2012
ESTENSIONE DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA DEVE VOLER DIRE LAVORO!
Sono fondi regionali ottenuti anche –
e diremmo soprattutto – grazie alla dura lotta di circa 200
Disoccupati Organizzati, partita nell’ottobre 2010. Lotta durissima
fatta di presidi, blocchi, Tenda per il lavoro, occupazioni, in cui i
disoccupati organizzati dallo Slai cobas per il sindacato di classe
ci hanno messo mente, corpi e proposte, ottenendo, in particolare dal
Comune, soprattutto ostracismo, repressione e denunce. Questo è
stato il modo con cui il Comune ha ottenuto i fondi e questo è il
ringraziamento che la Giunta Stefano ha dato ai disoccupati.
Dei 200 disoccupati, oltre 50 hanno
fatto corsi di formazione della Provincia per la raccolta porta a
porta e 14 di essi, dopo vari e duri momenti di lotta, stanno tuttora
lavorando in proroga fino al 5 febbraio alla Pasquinelli per il
servizio di selezione.
La città e i cittadini dei quartieri
interessati aspettano da mesi che questo servizio si faccia
realmente, e là dove si sta facendo i risultati si vedono ma
sicuramente potrebbero essere migliori.
Abbiamo affermato con la lotta che
questo servizio sia porta a porta, fatto bene, e che occupi almeno
200 disoccupati, dimostrando nei fatti che la raccolta differenziata
è una grande risorsa ambientale, economica, occupazionale. Ma come
la Giunta Stefano e l’Amiu lo stanno facendo non è così. L’Amiu
incamera i soldi per ripianare il suo deficit, fa il servizio con il
suo personale tolto dalla pulizia della città, a Lama e San Vito non
viene fatto più come prima il ‘porta a porta’, come vedono e
denunciano gli stessi cittadini, con il risultato che non siamo di
fronte ad un effettiva raccolta differenziata che richiede personale
specifico e formato e che dei soldi stanziati dalla Regione solo una
parte viene utilizzata allo scopo e questo servizio non crea nuovi
posti di lavoro.
Anche l’estensione della raccolta
differenziata negli altri quartieri, prevedendo l’affidamento
sempre all’Amiu, non porterà nuova occupazione!
Il Comune, poi, invece che far lavorare
i corsisti, assumere altri, fare nuovi corsi, continua a piazzare in
maniera clientelare e precaria gruppetti di lavoratori, alimentando
una guerra tra poveri. E’ inutile poi aggiungere che anche per i
fondi per l’acquisto dei mezzi una gestione veramente trasparente
non c’è e noi e tanti altri ne vorremmo sapere di più. Come
pretendiamo di sapere perché 607mila euro ottenuti sempre dalla
lotta dei Disoccupati Organizzati dalla regione e da utilizzare per
il lavoro nella raccolta differenziata, siano in parte, 400 euro,
andati invece a progetti di formazione/orientamento che non daranno
mai lavoro e le restanti 207mila sono spariti…
Alla raccolta differenziata è legato
anche il funzionamento a regime della Pasquinelli, dove serve subito
più personale perché i 14 lavoratori sono costretti spesso a fare
doppi turni, di 12 ore, e dove un ciclo completo di 24 ore che
anch’esso permetta nuove assunzioni; per non dire che anche qui c’è
bisogno di un servizio migliore che eviti possibilmente di trovare
teste di cavallo nei cassonetti.
I Disoccupati Organizzati hanno poi con
forza sostenuto che questo lavoro, nei quartieri Tamburi, Paolo VI in
particolare, fosse svolto, oltre che dai corsisti, dai disoccupati di
questi quartieri così già martoriati sul piano di disoccupazione e
inquinamento. Anche su questo la Giunta comunale non dice e non fa
nulla, nonostante che nel consiglio comunale del 30 ottobre ci sia
stata una mozione di indirizzo in questa direzione.
I Disoccupati Organizzati Slai cobas
denunciano ai cittadini, anche con esposti, questa situazione e fanno
appello ad una mobilitazione dei disoccupati, dei cittadini dei
quartieri Tamburi, Paolo VI, Talsano, Lido Azzurro, per imporre un
servizio porta a porta reale ed efficiente, lavoro ed utilizzo
effettivo e trasparente dei fondi, contro clientelismo e mala
amministrazione.
Dopo le feste sarà ripreso un piano di
iniziative, a partire dai quartieri che unisca questa lotta sulla
raccolta differenziata a quella altrettanto importante della bonifica
e risanamento ambientale che, anch’essa, richiede uso effettivo e
trasparente dei fondi, piani condivisi con i cittadini e nuovi posti
di lavoro.
DISOCCUPATI ORGANIZZATI
SLAI COBAS per il sindacato di classe
Slaicobasta@gmail.com
– 3490668610 – 3492123261
TA 22.12.12
CLAUDIO E FRANCESCO NON POSSONO ESSERE UCCISI UNA SECONDA VOLTA.
La morte di Claudio e Francesco non può
essere archiviata. In questi giorni Claudio e Francesco vengono
uccisi una seconda volta.
Dapprima ci ha pensato Ferrante a
sporcare la loro memoria ricordandoli in comizi e messe da lui tenuti
e presenziati; nelle messa questo squallido maggiordomo del padrone
ha unito il ricordo dei due operai al “pensiero sofferente” per
padron Riva e famiglia “privati della loro libertà”.
E’ inutile dire che in questi giorni
anche istituzioni, stampa, ecc. nessuno escluso, si sono ben guardati
dal ricordarsi dei due operai morti.
Ma quel che è peggio è ciò che sta
avvenendo di fatto in fabbrica.
Dopo la morte di Claudio e Francesco e
la grande e coraggiosa lotta degli operai del Mof e degli altri
operai che l’hanno sostenuta per annullare l’accordo del 2010 sul
mono operatore nel reparto, e nonostante le promesse dell’azienda e
di Vendola che di questa lotta si sarebbe tenuto conto per modificare
la situazione al Mof, non è invece successo nulla. Si vuole far
restare tutto come prima e i sindacati, Fiom in testa, insistono che
o al Mof si lavora così o niente, e che l’accordo del 2010 è e
resta valido.
Questa è la sostanza della cosa, tutto
il resto sono fronzoli. Per loro Claudio è morto invano, gli operai
hanno sbagliato a lottare e non vanno legittimati né come diritto di
sciopero né come organizzazione sindacale.
Ma così non può e non deve essere!
Costi quel che costi, questa storia non può finire così!
Lo Slai cobas con precisione e serietà
già nei giorni della lotta ha detto chiaramente quello che l’azienda
deve fare e gli operai devono fare. Non è un problema di sigla
sindacale o di semplice solidarietà, ma di serietà e
determinazione. O in questa fabbrica le cose si cambiano oppure non
ci sarà limite al peggio.
Per questo invitiamo a riprendere lo
stato di agitazione e al massimo subito dopo le feste, a riprendere
seriamente il blocco del reparto, se l’accordo è ancora in piedi e
se non viene radicalmente cambiata la situazione.
Non c’è solo il problema
dell’accordo al Mof che deve saltare – la cosa vale anche per i
gruisti, per gli altri reparti – c’è anche la legge da
rispettare in quelle rarissime volte che essa tutela le condizioni
del lavoro in sicurezza. La sentenza del 5 novembre in Cassazione lo
ha ribadito, e questa deve essere fatta rispettare rigidamente
all’Ilva per mille ragioni che tutti sappiamo, e proprio in questa
situazione in cui sicurezza e messa a norma sono condizioni
indispensabili non solo per la tutela degli operai ma anche per la
esistenza stessa della fabbrica.
Slai cobas per il sindacato di classe
ILVA
Taranto via Rintone 22 –
slaicobasta@gmail.com
– T/F 0994792086 – 3475301704 (attivo anche in questo periodo di
feste).
TA. 23.12.12
All.1
Spett.le
Direzione ILVA S.p.A
Al
presidente Dr. Ferrante Bruno
Al
Direttore di stabilimento, Dr. Buffo
All’Ing.
Antonio Colucci (C.A.MOF)
Al
Resp. Della Sicurezza aziendale
epc
Al presidente Regione Puglia, Vendola
All'Ass.
Nicola Fratoianni
al
Sig. PREFETTO di Taranto
OGGETTO:
situazioneMOF.
Risulta
alla scrivente Organizzazione Sindacale che nonostante le
assicurazioni del Dr. Ferrante, pubblicate anche dagli organi di
informazione, per cui l’azienda avrebbe disposto la presenza di due
operatori in quasi tutte le attività con mezzi come quello sul quale
lavorava Claudio Marsella, tale indicazione viene disattesa
costringendo come prima i lavoratori ad operare da soli.
Si
chiede, pertanto, ai dirigenti Ilva in indirizzo di intervenire,
fornendo adeguate nuove disposizioni ai responsabili del Mof e
controllando che vengano eseguite.
Nello
stesso tempo si fa presente che:
- ai sensi dell’art. 18 D.Lgs 81/08 e D.Lgs 106/09, codesta Ditta è obbligata a far operare i lavoratori del Mof in condizioni di massima sicurezza;
- sempre ai sensi del TU 81 i lavoratori hanno il diritto dovere di astenersi dal lavoro in situazione di pericolo in attesa che tale situazione venga rimossa;
- ogni pressione da parte di capi costituisce di per sé un elemento di insicurezza psicologica dei lavoratori che costituisce rischio alla salute e alla vita degli stessi;
- i lavoratori del Mof hanno presentato una precisa piattaforma che riguarda l’insieme delle condizioni di lavoro e che su questa si chiede un incontro;
- in attesa di effettivo intervento che rimuova tutte le situazioni di pericolo, lo Slai cobas appoggia ogni iniziativa degli operai
Slai cobas per il
sindacato di classe Taranto
Calderazzi
Margherita
347-5301704
slaicobasta@libero.it
lettera
proposta ai LAVORATORI DEL MOF
Alla
Direzione ILVA S.p.A
Al
presidente Dr. Ferrante Bruno
Al
Direttore di stabilimento, Dr. Buffo
All’Ing.
Antonio Colucci (C.A.MOF)
Al
Resp. Della Sicurezza aziendale
epc
al
Sig. PREFETTO di Taranto
In
riferimento
alle
misure prevenzionistiche nei luoghi di lavoro, di cui al capo III,
art. 15, D.Lgs 81/08 e s.m.i. D. Lgs 106/09;
ai
sensi dell’art. 18 stesso decreto, che indica gli adempimenti gli
obblighi del datore di lavoro;
in
riferimento ai requisiti di sicurezza enucleati nell’allegato V del
decreto sopra indicato – compresi i requisiti tecnici di sicurezza
di cui ai punti 2.6, 2.7, 2.8, 2.9 dello stesso all. V - a cui
devono rispondere i locomotori, tra i quali la dotazione di
dispositivi di comando e di emergenza che consentano di arrestarne il
funzionamento tempestivamente, in presenza di rischi esistenti nonché
in caso di necessità;
ai
sensi dell’art. 63 del decreto, per quanto attiene i luoghi di
lavoro, che dispone l’obbligo di rispetto delle condizioni di
sicurezza indicate nell’allegato IV (illuminazione, camminamenti,
spazi di movimentazione di veicoli in generale e di persone);
COMUNICHIAMO
CHE IN ASSENZA DI MISURE DI SICUREZZA CHE POSSANO COMPORTARE UN
PERICOLO IMMEDIATO,
IN
PARTICOLARE IN MANCANZA DEL SECONDO OPERATORE,
AI
SENSI DI QUANTO STABILITO DAL D.LGS 81/08,
CI
ASTERREMO DA EFFETTUARE OPERAZIONI A RISCHIO IN ATTESA
DELL’ATTUAZIONE DI TALI MISURE.
Importante sentenza della Cassazione che dobbiamo rispettare e imporre di rispettare in tutti i reparti ilva da subito !
"Ci si può rifiutare di lavorare se manca la tutela della salute"
Il
5 novembre è uscita un'importante sentenza della Cassazione, in un
certo senso innovativa, anche perchè non parla solo di "sicurezza"
ma anche di tutela della salute.
E' una sentenza che può essere utilizzata anche in presenza di altre sostanze pericolose per la salute, pensiamo ai lavoratori dell'Ilva.
E' una sentenza che può essere utilizzata anche in presenza di altre sostanze pericolose per la salute, pensiamo ai lavoratori dell'Ilva.
"Il datore che non adotta le misure necessarie di tutela della salute sul lavoro è da considerare inadempiente rispetto al lavoratore. Questa condotta giustifica dunque, in base al l'articolo 1460 del Codice civile, il rifiuto di lavorare in ambienti non sicuri e fa permanere, a carico del primo, l'obbligo di retribuire chi si sia astenuto in ragione di quell'inadempimento. È l'interpretazione che si desume dalla sentenza della Cassazione n. 18921 del 5 novembre 2012 (sezione Lavoro).
Il caso riguarda una parte del personale di una grande officina, nei cui locali erano state svolte lavorazioni che avevano determinato un inquinamento da amianto. Nonostante la bonifica realizzata dal datore, i dipendenti, preoccupati anche dai contenuti di un verbale di sopralluogo svolto da specialisti della società, chiedono la sospensione del lavoro e ulteriori interventi. Il datore li nega e i lavoratori si astengono dal continuare a lavorare, pur rendendosi disponibili a farlo in altri locali aziendali. Intervenuto il giudice penale, il pericolo alla salute è scongiurato e le maestranze decidono di ritornare in azienda. Il datore, a quel punto, rifiuta, però, di pagare la retribuzione per il mese e mezzo di astensione.
Inevitabile
il ricorso da parte dei dipendenti al giudice del lavoro: essi
sostengono che la loro condotta fosse da considerare legittima
reazione all'inadempimento di obblighi di sicurezza gravanti sul
datore e chiedono il pagamento della retribuzione. I due giudizi di
merito si concludono positivamente per i ricorrenti. La decisione di
secondo grado, in particolare, si basa su perizie che evidenziano
difetti nell'organizzazione delle operazioni di bonifica con
conseguente dispersione di residui di amianto nei locali di lavoro.
Proprio
questo aspetto, secondo i giudici, rappresenta il nucleo
dell'inadempimento del datore sugli obblighi previsti dall'articolo
2087 del Codice civile e giustifica, sul piano giuridico, il rifiuto
di lavorare dei prestatori. La società ricorre in Cassazione. La
Corte sottolinea, principalmente, due profili. In primo luogo, i
giudici d'appello hanno bene interpretato l'articolo 2087 del Codice
civile, secondo cui ogni datore deve adottare le misure necessarie a
tutelare l'integrità fisica dei prestatori di lavoro: essi, infatti,
hanno censurato il datore per la violazione delle regole di
comportamento che la stessa società aveva fissato ed emanato per
eliminare/ridurre i rischi. La decisione di merito, inoltre, rivela
una corretta applicazione del l'articolo 1460 del Codice civile, in
base al quale, nei contratti con prestazioni corrispettive come è
quello di lavoro, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di
adempiere la propria obbligazione, se l'altro non adempie.
In
questo senso, i giudici hanno valutato la condotta dei lavoratori
come reazione al l'inadempimento datoriale.
La
Corte dunque ha rigettato il ricorso e condannato la ricorrente".
5.11.2012
IL REGALO DI NATALE ALL’ILVA E IL “REGALO” AGLI OPERAI
Il decreto Ilva è stato il regalo di
natale del governo all’azienda. Ferrante, Buffo e infine la
famiglia Riva lo hanno accolto con entusiasmo e ogni giorno hanno
espresso la loro gratitudine e la loro ripresa piena del potere in
fabbrica, con comizi, messe e dichiarazioni stampa.
Proprio a dimostrazione che padroni e
operai in questa vicenda non sono sulla stessa barca, vediamo invece
il “ringraziamento” che hanno ricevuto gli operai.
La 13° pagata in ritardo come segnale
che anche gli stipendi del prossimo mese possono essere dati in
ritardo, e i numeri della cassintegrazione aumentati, nonostante
l’approvazione del decreto abbia tolto giustificazioni alla stessa
cassa e come minimo i numeri avrebbero dovuto essere ridotti.
Ma lavoro e salario sono armi molto
consistenti di ricatto, per tenere gli operai buoni a lavorare e
allineati e coperti sulla posizione aziendale.
Nessun operaio ha accolto bene queste
decisioni e questa situazione. Ma a mantenere il clima ci hanno
pensato i sindacati confederali. Il segr. Della Fim, Panarelli e
quello della Uilm, Talò - su Stefanelli, Fiom, stendiamo un velo
pietoso – si sono letteralmente sbracciati in questi giorni in
dichiarazioni di sostegno all’azienda che ne hanno dimostrato la
natura di puri e semplici portavoci.
Lo Slai cobas per il sindacato di
classe ribadisce il suo netto NO alla cassintegrazione e ad ogni
attacco ai salari dei lavoratori.
Se entro il 10 di gennaio non
saranno rientrati tutti gli operai dalla cassa e gli stipendi non
saranno regolarmente garantiti, la fabbrica si deve fermare, con le
buone o con le cattive.
A questo chiamiamo fin da ora tutti
i lavoratori e tutti gli organismi sindacali, formali o non formali.
Se col decreto salva-Riva in atto si
lascia mano libera all’azienda, non si avrà alcun risanamento –
ammesso pure che col decreto si possa avere – e gli operai saranno
usati oltre che come burattini, come manodopera flessibile a
disposizione, senza alcuna garanzia.
Lo Slai cobas chiede con forza che si
vada ad una verifica ora dell’effettiva rappresentatività dei
sindacati confederali in fabbrica attraverso il rinnovo subito delle
Rsu.
Lo Slai cobas sostiene la necessità di
una lista unica di tutti coloro che non condividono la linea dei tre
sindacati confederali in fabbrica per vincere le elezioni e ridare in
mano ai lavoratori il sindacato.
Taranto via Rintone 22 –
slaicobasta@gmail.com
– T/F 0994792086 – 3475301704 (attivo anche in questo periodo di
feste).
TA. 22.12.12
l'ilva taranto questione nazionale nel lavoro della rete nazionale per la sicurezza sul lavoro -
comunicato
Saranno pronti a giorni gli atti con gli interventi dell'assemblea nazionale della rete nazionale per la sicurezza sul posto di lavoro tenutasi a Taranto il 7 dicembre 2012.
Ricordiamo che a gennaio in almeno 20 città italiane saranno organizzate assemblee promosse dalla Rete, ma assolutamente aperte a tutti - sulla questione Ilva come su tutte le altre vicende che toccano sicurezza e salute in fabbrica e sul territorio, con la presenza di compagni di Taranto e di tutti coloro anche non aderenti finora alla rete che siano interessati a costruire iniziative di vario genere nella prospettiva di una grossa
manifestazione nazionale a Taranto - periodo previsto seconda metà di aprile.
Il nostro appello è rivolto in particolare a operai,lavoratori,rls,sindacati di base e di classe, organismi tematici e organismi popolari, ispettori del lavoro o dell'asl, avvocati, giuristi, medici, intellettuali, artisti ecc..
ma anche a tutte le forzepolitiche proletarie, comuniste, rivoluzionarie che siano impegnate o vogliano impegnarsi in questa battaglia.
Chiunque voglia organizzare o contribuire a realizzare queste assemblee sul territorio prenda subito contatto con la Rete sia al suo indirizzo nazionale sia a quelli locali dei compagni e forze impegnati nella Rete
bastamortesullavoro@gmail.com
23 dicembre 2012
Saranno pronti a giorni gli atti con gli interventi dell'assemblea nazionale della rete nazionale per la sicurezza sul posto di lavoro tenutasi a Taranto il 7 dicembre 2012.
Ricordiamo che a gennaio in almeno 20 città italiane saranno organizzate assemblee promosse dalla Rete, ma assolutamente aperte a tutti - sulla questione Ilva come su tutte le altre vicende che toccano sicurezza e salute in fabbrica e sul territorio, con la presenza di compagni di Taranto e di tutti coloro anche non aderenti finora alla rete che siano interessati a costruire iniziative di vario genere nella prospettiva di una grossa
manifestazione nazionale a Taranto - periodo previsto seconda metà di aprile.
Il nostro appello è rivolto in particolare a operai,lavoratori,rls,sindacati di base e di classe, organismi tematici e organismi popolari, ispettori del lavoro o dell'asl, avvocati, giuristi, medici, intellettuali, artisti ecc..
ma anche a tutte le forzepolitiche proletarie, comuniste, rivoluzionarie che siano impegnate o vogliano impegnarsi in questa battaglia.
Chiunque voglia organizzare o contribuire a realizzare queste assemblee sul territorio prenda subito contatto con la Rete sia al suo indirizzo nazionale sia a quelli locali dei compagni e forze impegnati nella Rete
bastamortesullavoro@gmail.com
23 dicembre 2012
sabato 22 dicembre 2012
Una poesia di Bertolt Brecht, agli operai, ai giovani, alle donne, alle compagne e compagni, a tutti coloro che vogliono trasformare e trasformarsi
LODE DELL’IMPARARE
Impara quel che è più semplice! Per quelli
il cui tempo è venuto
non è mai troppo tardi!
Impara l’abc; non basta, ma
imparalo! E non ti venga a noia!
Comincia! devi sapere tutto, tu!
Tu devi prendere il potere.
Impara, uomo all’ospizio!
Impara, uomo in prigione!
Impara, donna in cucina!
Impara, sessantenne!
Tu devi prendere il potere.
Frequenta la scuola, senzatetto!
Acquista il sapere, tu che hai freddo!
Affamato, afferra il libro: è un’arma.
Tu devi prendere il potere.
Non avere paura di chiedere, compagno!
Non lasciarti influenzare,
verifica tu stesso!
Quel che non sai tu stesso,
non lo saprai.
Controlla il conto,
sei tu che lo devi pagare.
Punta il dito su ogni voce,
chiedi: e questo, perché?
Tu devi prendere il potere.
Bertolt Brecht
venerdì 21 dicembre 2012
comunicato N°1 prigionieri politici e latitanti famiglia riva.. tragedia o farsa
La famiglia Riva «Ilva sta attuando prescrizioni Aia» |
TARANTO – «Lo Stabilimento di Taranto sta attuando le
prescrizioni della nuova Aia». Lo afferma in una nota la famiglia Riva,
proprietaria dell’Ilva, aggiungendo che «gli investimenti richiesti sono
ingenti». «Stiamo lavorando per assicurare questi investimenti e siamo fiduciosi
di riuscirci». «In questi mesi – sottolinea la famiglia Riva – il futuro dell’Ilva è stato in pericolo. Abbiamo sempre e solo chiesto di poter produrre e vendere i nostri prodotti adeguandoci ai tempi previsti dalle nuove norme. Nessun ricatto occupazionale. Nessuna pressione diretta o indiretta. Solo un fatto molto semplice e logico: senza produzione e vendita una fabbrica non può sopravvivere». I Riva si dichiarano «fiduciosi che ora in Italia vi sia una nuova strada, una scelta politica capace di coniugare i valori fondamentali della nostra società». “La legge che il Parlamento ha ieri approvato ci fa guardare con fiducia al futuro. Non abbiamo mai voluto lasciare Taranto. In 17 anni abbiamo investito 4,5 miliardi di euro solo nel sito pugliese e abbiamo mantenuto la fabbrica competitiva, rispettando sempre la legge”. “Il Governo e il Parlamento - sottolinea la famiglia Riva a proposito della conversione in legge del decreto – hanno riconosciuto il ruolo strategico dell’Ilva e hanno dato fiducia al management e alla Proprietà. Nell’Ilva vediamo il presente e il futuro della siderurgia italiana, una siderurgia che vuole coniugare rispetto dell’ambiente e della salute con il lavoro. In Italia, come in Europa, si deve evitare che l’industria e il lavoro entrino in conflitto con le giuste sensibilità ambientali”. |
un lurido porco come LaRussa e qualche lurido porco di taranto pronti a candidare i due marò assassini in vacanza a natale
in partenza per l'Italia
e già arrivano offerte di candidatura
L'aereo del ministero della Difesa partirà poco dopo la mezzanotte da Kochi in direzione Roma Ciampino. Monti: "Sono un esempio del rispetto e del servizio verso il paese". La Russa: "Cedo i posti migliori in lista così vanno in Parlamento e restano in Italia"
L'ultimo appuntamento della giornata è stato con il commissario Ajith Kumar al quale le autorità italiane dovranno far pervenire tutte le informazioni legate agli spostamenti in Italia dei due marò finiti al centro di una contriiversia diplomatica e giudiziaria dal giorno in cui furono fermati con l'accusa di aver ucciso due pescatori, scambiandoli per pirati somali. Nel saluto agli ambasciatori, oggi alla Farnesina, lo stesso Mario Monti ha annunciato che i due fucilieri arriveranno domani e che "rappresentano l'esempio del rispetto e del servizio più alto verso il paese".
Il premier non è stato l'unico a citare Latorre e Girone, che rientrano dopo mesi e trovano un Paese già precipitato nel clima della campagna elettorale. Il nuovo partito "Fratelli d'Italia - centrodestra nazionale" ha subito offerto loro una candidatura: "Sono pronto a lasciare i migliori posti in lista ai due marò, che devono rientrare e restare in Italia, per svolgere un ruolo in parlamento", ha detto l'ex ministro Ignazio La Russa nel
I due marò torneranno per un permesso sotto cauzione di due settimane, trascorse le quali dovranno ripartire per l'India ed attendere il processo.
(21 dicembre 2012)
A TARANTO VIA L'ILVA PER FAR LARGO ALLA NATO .. solo una favola ?
Di comidad (del 31/07/2012 @ 09:36:26, in Commentario 2012, linkato 4093 volte)
La Psychological War della NATO conosce i suoi polli, quindi era
facilmente prevedibile che il lanciare l'esca di un dibattito infinito
sull'alternativa tra salute e lavoro avrebbe stanato la legione dei
filosofastri sempre in agguato. Nel "dibattito" ovviamente non si è mai
mancato di avallare quell'ipocrisia ufficiale secondo la quale le
industrie esisterebbero per dare posti di lavoro, perciò, in definitiva
la colpa dell'inquinamento è degli operai.
Ciò non vuol dire che l'Ilva di Taranto non sia realmente inquinante; lo è, eccome. Il punto è capire perché la situazione sia stata lasciata incancrenire per anni, come se fossimo ancora nell'800, e non fossero già disponibili da anni le tecnologie non solo per il disinquinamento, ma anche per il ricircolo delle acque impiegate nella produzione siderurgica e per il recupero delle scaglie. A chi fa comodo questa emergenza? Nel febbraio del 2004 Peacelink rendeva noti documenti del Pentagono - peraltro non segretati - da cui risultava che Taranto sarebbe divenuta sede di un'altra base navale della NATO. La notizia era fino ad allora ignota al Parlamento italiano, anche se era stata in qualche modo anticipata da dichiarazioni di Francesco Cossiga. La nuova base navale sarebbe stata collocata nel Porto di Taranto, nella nuova megastruttura del Molo Polisettoriale. La base NATO dovrebbe ospitare un grande centro di comunicazioni e spionaggio e servire da sito per i sommergibili nucleari della USNavy. [1] Dalla mappa del porto di Taranto risulta che il Molo Ovest (o 5° Sporgente), in uso all'Ilva, ed il Molo Polisettoriale, destinato alla NATO, sono a ridosso l'uno dell'altro, ed hanno anche un'insenatura in comune. La stessa insenatura che dovrebbe essere usata dai sommergibili nucleari. [2] Il caso, la coincidenza e le circostanze della vita hanno fatto sì che la NATO avesse l'opportunità di liberarsi dell'ingombrante vicino grazie ad un'iniziativa della Procura di Taranto. Toghe a stelle e strisce? Ma chi oserebbe mai pensarlo. Perché mai tre basi militari nel Porto di Taranto dovrebbero sottrarre lo spazio ad altre attività? Gli esempi di altre città ci confortano in questa fiducia nella NATO. Nonostante la nuova base NATO di Giugliano in Campania, e nonostante il rafforzamento delle basi USA del Porto di Napoli e dell'Aeroporto di Capodichino, nel quartiere napoletano di Bagnoli c'è tuttora una base NATO, di cui da due decenni si annuncia vanamente la prossima chiusura. A Napoli la militarizzazione del territorio non ha mai ceduto terreno, semmai lo ha tolto ad altre attività, tanto che dal 1999 il Porto ha ceduto alla USNavy più del 50% delle banchine. Negli anni '80 anche a Bagnoli c'era ancora uno stabilimento dell'Ilva, che però, quello sì, fu veramente chiuso, anche se con motivazioni ufficiali diverse da quelle oggi adoperate a Taranto. Anche quella di Bagnoli è stata chiaramente una pura coincidenza. Ovviamente il "cui prodest" non è mai un criterio valido per interpretare gli avvenimenti. Bisogna invece convenire onestamente che la NATO è fortunata, o è protetta da Dio. Anzi, diciamo pure che ormai la NATO è Dio, così si fa prima. [1] http://www.peacelink.it/disarmo/a/3030.html http://www.zonanucleare.com/dossier_italia/taranto_nucleare.htm http://www.peacelink.it/editoriale/docs/185.pdf [2] http://www.tarantoporto.com/logistica/polisett.htm |
maro' -cittadini liberi e pensanti -- cittadini.... - un dibattito istruttivo
Cittadini e
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