martedì 30 aprile 2013

1 Maggio che avremmo voluto vedere


Il 1° maggio nasce il 20 luglio 1889, a Parigi. A lanciare l'idea è il congresso della Seconda Internazionale, riunito in quei giorni nella capitale francese :

"Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi".

Poi, quando si passa a decidere sulla data, la scelta cade sul 1 maggio. Una scelta simbolica: tre anni prima infatti, il 1 maggio 1886, una grande manifestazione operaia svoltasi a Chicago, era stata repressa nel sangue. Il 1 Maggio 1886 cadeva di sabato, allora giornata lavorativa, ma in dodicimila fabbriche degli Stati Uniti 400 mila lavoratori incrociarono le braccia. Nella sola Chicago scioperarono e parteciparono al grande corteo in 80 mila. Tutto si svolse pacificamente, ma nei giorni successivi scioperi e manifestazioni proseguirono e nelle principali città industriali americane la tensione si fece sempre più acuta. Il lunedì la polizia fece fuoco contro i dimostranti radunati davanti ad una fabbrica per protestare contro i licenziamenti, provocando quattro morti. Per protesta fu indetta una manifestazione per il giorno dopo, durante la quale, mentre la polizia si avvicinava al palco degli oratori per interrompere il comizio, fu lanciata una bomba. I poliziotti aprirono il fuoco sulla folla. Alla fine si contarono otto morti e numerosi feriti. Il giorno dopo a Milwaukee la polizia sparò contro i manifestanti (operai polacchi) provocando nove vittime. Una feroce ondata repressiva si abbatté contro le organizzazioni sindacali e politiche dei lavoratori, le cui sedi furono devastate e chiuse e i cui dirigenti vennero arrestati. Per i fatti di Chicago furono condannati a morte otto noti esponenti anarchici malgrado non ci fossero prove della loro partecipazione all'attentato. Due di loro ebbero la pena commutata in ergastolo, uno venne trovato morto in cella, gli altri quattro furono impiccati in carcere l'11 novembre 1887. Il ricordo dei "martiri di Chicago" era diventato simbolo di lotta per le otto ore e riviveva nella giornata ad essa dedicata: il 1 Maggio.

Man mano che ci si avvicina al 1 maggio 1890 le organizzazioni dei lavoratori intensificano l'opera di sensibilizzazione sul significato di quell'appuntamento.

"Lavoratori - si legge in un volantino diffuso a Napoli il 20 aprile 1890 - ricordatevi il 1 maggio di far festa. In quel giorno gli operai di tutto il mondo, coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro per provare ai padroni che, malgrado la distanza e la differenza di nazionalità, di razza e di linguaggio, i proletari sono tutti concordi nel voler migliorare la propria sorte e conquistare di fronte agli oziosi il posto che è dovuto a chi lavora. Viva la rivoluzione sociale! Viva l'Internazionale!".

Monta intanto un clima di tensione, alimentato da voci allarmistiche: la stampa conservatrice interpreta le paure della borghesia, consiglia a tutti di starsene tappati in casa, di fare provviste, perchè non si sa quali gravi sconvolgimenti potranno accadere.

Da parte loro i governi, più o meno liberali o autoritari, allertano gli apparati repressivi.

In Italia il governo di Francesco Crispi usa la mano pesante, attuando drastiche misure di prevenzione e vietando qualsiasi manifestazione pubblica sia per la giornata del 1 maggio che per la domenica successiva, 4 maggio.

In diverse località, per incoraggiare la partecipazione del maggior numero di lavoratori, si è infatti deciso di far slittare la manifestazione alla giornata festiva.

Del resto si tratta di una scommessa dall'esito quanto mai incerto: la mancanza di un unico centro coordinatore a livello nazionale - il Partito socialista e la Confederazione generale del lavoro sono di là da venire - rappresenta un grave handicap dal punto di vista organizzativo. Non si sa poi in che misura i lavoratori saranno disposti a scendere in piazza per rivendicare un obiettivo, quello delle otto ore, considerato prematuro da gran parte dei dirigenti del movimento operaio italiano o per testimoniare semplicemente una solidarietà internazionale di classe.

Proprio per questo la riuscita del 1 maggio 1890 costituisce una felice sorpresa, un salto di qualità del movimento dei lavoratori,che per la prima volta dà vita ad una mobilitazione su scala nazionale, per di più collegata ad un'iniziativa di carattere internazionale.

In numerosi centri, grandi e piccoli, si svolgono manifestazioni, che fanno registrare quasi ovunque una vasta partecipazione di lavoratori. Un episodio significativo accade a Voghera, dove gli operai, costretti a recarsi al lavoro, ci vanno vestiti a festa.

"La manifestazione del 1 maggio - commenta a caldo Antonio Labriola - ha in ogni caso superato di molto tutte le speranze riposte in essa da socialisti e da operai progrediti. Ancora pochi giorni innanzi, la opinione di molti socialisti, che operano con la parola e con lo scritto, era alquanto pessimista".

Anche negli altri paesi il 1 maggio ha un'ottima riuscita:

"Il proletariato d'Europa e d'America - afferma compiaciuto Fiedrich Engels - passa in rivista le sue forze mobilitate per la prima volta come un solo esercito. E lo spettacolo di questa giornata aprirà gli occhi ai capitalisti".

Visto il successo di quella che avrebbe dovuto essere una rappresentazione unica, viene deciso di replicarla per l'anno successivo.

Il 1 maggio 1891 conferma la straordinaria presa di quell'appuntamento e induce la Seconda Internazionale a rendere permanente quella che, da lì in avanti, dovrà essere la "festa dei lavoratori di tutti i paesi anti ascista


Nel volgere di due anni però la situazione muta radicalmente: Mussolini arriva al potere e proibisce la celebrazione del 1 maggio.

Durante il fascismo la festa del lavoro viene spostata al 21 aprile, giorno del cosiddetto Natale di Roma; così snaturata, essa non dice più niente ai lavoratori, mentre il 1 maggio assume una connotazione quanto mai "sovversiva", divenendo occasione per esprimere in forme diverse - dal garofano rosso all'occhiello alle scritte sui muri, dalla diffusione di volantini alle bevute in osteria - l'opposizione al regime.


Dal dopoguerra a oggi

All'indomani della Liberazione, il 1 maggio 1945, partigiani e lavoratori, anziani militanti e giovani che non hanno memoria della festa del lavoro, si ritrovano insieme nelle piazze d'Italia in un clima di entusiasmo.

Appena due anni dopo il 1 maggio è segnato dalla strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini del bandito Giuliano fanno fuoco contro i lavoratori che assistono al comizio.

Nel 1948 le piazze diventano lo scenario della profonda spaccatura che, di lì a poco, porterà alla scissione sindacale. Bisognerà attendere il 1970 per vedere di nuovo i lavoratori di ogni tendenza politica celebrare uniti la loro festa.

Archivio Storico Manuela Mezzelani (sito cgil lazio)
www.storiaxxisecolo.it/larepubblica/repubblica11.htm

Il 1 Maggio a Taranto questo anno sarà celebrato con un concerto alternativo a quello di Roma organizzato dal comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti.
Ma il 1 primo Maggio che avremmo volentieri festeggiato sarebbe dovuto essere quello che rispecchia il vero significato di quel giorno di lotta dei lavoratori, dei proletari contro i padroni che ci affamano e ci sfruttano, che ci ricattano e che ci fanno morire di lavoro.
QUESTO E' IL PRIMO MAGGIO CHE VOGLIAMO!

Fiorella

                                                  

1° maggio all'Ilva taranto

Con volantinaggi e due comizi davanti alle portinerie A e D dell'Ilva lo Slai cobas per il sindacato di classe ILVA Taranto ha portato la linea e la pratica del 1° Maggio di lotta nelle giornate del 29 e 30 aprile.
Serviva in questa occasione incontrare ed essere presenti alla fabbrica e tra gli operai, dato che non ci sono le condizioni per una manifestazione operaia e popolare, e certamente non poteva essere considerato un appuntamento operaio il concerto organizzato a Taranto per il 1° Maggio.
Nei comizi si è denunciato il nuovo governo dei padroni che nasce in continuità con quelli di Berlusconi e Monti per proseguire lo scarico della crisi sui lavoratori. Un governo che rigetta il voto di protesta popolare che tra astensione e voto alla lista Grillo ha superato ampiamente il 60%, a dimostrazione che non è con il voto che i lavoratori possono contrastare la volontà dei padroni di avere governi che difendano i propri interessi, né tantomeno che si riescono a mandare a casa politici e partiti legati da vincoli di casta fondati sulla corruzione, il malaffare e l'occupazione del potere.
Serve una lotta e un'opposizione fuori dal parlamento che abbia come obiettivo il rovesciamento del sistema, dello Stato, dei governi dei padroni, per aprire un'alternativa di lotta e di potere operaio e popolare.
Ma nei comizi molto spazio è stato anche dato alla situazione sindacale, denunciando come padroni, governo e sindacati confederali vadano a braccetto in questo 1° Maggio, come vogliano cancellare e impedire la presenza del sindacalismo di base e di classe in seno alle fabbriche e su tutti i posti di lavoro, anche attraverso nuove regole fasciste per le elezioni delle RSU che blindino il monopolio confederale.
Gli operai hanno bisogno di un sindacato di classe nelle loro mani, senza il quale gli interessi dei padroni e il fascismo padronale non può essere fermato.
Infine si è denunciato come all'Ilva quella che si prepara è una ristrutturazione sotto l'egida del nuovo amministratore Bondi, che non ha certo l'intenzione di mettere a norma l'azienda ma di ristrutturarla tagliando l'occupazione e dandola come fonte di profitti o ancora nelle mani di padron Riva o nelle mani di Stato e/o altri padroni che ne perseguano la stessa strada.
I sindacati confederali sostengono questa linea attraverso i con tratti di solidarietà e vogliono conservare a tutti i costi il monopolio della rappresentanza, anche rinviando le nuove elezioni delle Rsu, il cui mandato scade a maggio.
Lo Slai cobas ha ribadito che gli operai Ilva da esso organizzati propongono una lista unitaria e alternativa a tutti gli operai che sono in dissenso con i sindacati confederali, perchè questa è l'unica strada per ricostruire una forte rappresentanza dei lavoratori.
Infine, è stato detto che bisogna organizzare la lotta e che la lotta non è un concerto, nonostante le buone intenzioni di chi lo organizza e ci partecipa; il concerto è una buona cosa perchè numerosi artisti guidati dall'attivissimo Michele Riondino, si schierano contro l'inquinamento e dalla parte dei cittadini di Taranto, mantenendo accesi i riflettori sulla situazione e la battaglia che si sta facendo a Taranto. Ma il problema che abbiamo è quello di ricostruire la forza materiale, di lotta degli operai in fabbrica e in città, il sindacato di classe, i comitati per la salute e il lavoro sul territorio.
Questa strada e questa necessità non si percorre e né si affronta con grandi eventi mediatici e con la spettacolarizzazione della città, ma con l'organizzazione della lotta, dello sciopero generale, del blocco della fabbrica e della città, della rivolta operaia e popolare.

A QUESTO STIAMO LAVORANDO, PRIMA, DURANTE E OLTRE IL 1° MAGGIO.

SLAI COBAS ILVA
SLAI COBAS per il sindacato di classe – coordinamento provinciale

1° Maggio 2013



1° maggio nazionale dello slai cobas per il sindacato di classe

Questo 1° Maggio va oltre la ormai da anni presenza dei sindacati confederali in manifestazioni rituali e in genere partecipate prevalentemente da funzionari sindacali, a cui si univa il concerto di Roma divenuto un appuntamento musicale come tanti altri. Quest'anno i sindacati confederali fanno di più e peggio, organizzano i palchi insieme ai padroni nelle manifestazioni assunte come simbolo: a Bologna, a Treviso e a Perugia.
L'alleanza neocorporativa viene ora sancita anche il 1° Maggio.
Queste manifestazioni vanno denunciate e disertate. I lamenti provenienti da settori della Fiom sono divenuti abbastanza patetici dato che questa del 1° Maggio non è che l'ennesimo passo in avanti di questa alleanza. Padroni e Cgil, Cisl, Uil insieme sono di fatto la base di sostegno al nuovo governo delle “larghe intese”.
Ma naturalmente all'alleanza neocorporativa padroni e sindacati serviva e serve opporre l'unità della classe operaia e dei lavoratori a partire dall'unità del sindacalismo di base.
Senza questa unità manca ai lavoratori un punto di riferimento alternativo sul piano nazionale che non può essere certo riempito solo dalle iniziative di lotta di alcuni settori di operai e lavoratori e meno che mai da una sola sigla sindacale che cerca di fagocitare le altre.
Riproporre, quindi, le parole d'ordini del manifesto nazionale è per noi un impegno e un appello alla classe operaia e ai lavoratori a rendere innanzitutto più forti le componenti classiste e combattive, di cui noi siamo parte e sostanza là dove siamo presenti.

Occorre dire che quest'anno non c'è solo il concerto organizzato dai sindacati confederali, ma a Taranto, per iniziativa di alcuni artisti, cantanti, insieme al Comitato Liberi e pensanti, viene organizzato un concerto alternativo che vuole essere non solo musica, ma anche denuncia, dibattito e lotta in una città e su una vicenda, la questione Ilva e inquinamento, che è divenuta in questi mesi una battaglia importante per tutta la classe operaia e le masse popolari del nostro paese.
Lo Slai cobas per il sindacato di classe è da sempre impegnato all'Ilva come a Taranto per affermare l'unità degli operai e delle masse popolari tarantine nella lotta per difendere lavoro e salute contro padron Riva, i governi e lo Stato dei padroni; e ha sostenuto in seno alla 'Rete nazionale per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro e territori' l'iniziativa nazionale di sfida e di proposta il 22 marzo scorso.
Questo concerto alternativo aiuta a mantenere accesi i riflettori su Taranto e l'Ilva. Questa attenzione deve incoraggiare operai e masse popolari di Taranto a scegliere e a intensificare la linea della lotta di classe e della rivolta popolare per vincere all'Ilva come sul territorio – non è questa la linea del Comitato liberi e pensanti che ultimamente diserta cortei e manifestazioni di lotta, non sostiene gli sforzi per ricostruire il sindacato di classe in fabbrica, si offre da sponda a quell'ambientalismo che mette in contrapposizione la fabbrica e la città, gli operai dell'Ilva con i cittadini.
Nocivo è il capitale non la fabbrica! Senza la classe operaia questa battaglia non si può vincere né a Taranto né a livello nazionale.

SLAI COBAS per il sindacato di classe
Coordinamento nazionale
1° Maggio 2013

lunedì 29 aprile 2013

Riuscita la riunione dello Slai Cobas con i lavoratori della Pasquinelli

Si è tenuta stamattina presso il sito dell'Amiu "Pasquinelli" l'assemblea dello Slai Cobas con i 14 lavoratori (precari) della raccolta differenziata. E' doveroso dire che subito all'apertura tutti e 14 gli operai hanno voluto dedicare un applauso di solidarietà ai lavoratori del Bangladesh coinvolti nel drammatico crollo della palazzina che ormai tutti conosciamo.
Il primo argomento discusso è stato il rapporto del numero dei lavoratori che sono pochi (14 in totale di cui 7 per turno) rispetto alla mole di lavoro che si và a svolgere giornalmente, poi c'è la prossima data di scadenza del contratto di lavoro ossia a luglio, ed è per questo che tutti concordi i lavoratori hanno deciso di richiedere un incontro, intorno al 20/22 del prossimo mese, data che dovrebbe rappresentare ufficialmente l'insediamento del  nuovo presidente dell'Amiu Federico Cangialosi, per affrontare e discutere insieme questi argomenti.
L'altro argomento affrontato è stato quello riguardante salute e sicurezza. Per questo si è evidenziata la necessità di poter essere dotati di DPI più efficaci, in particolare guanti più specifici e sicuri in relazione alla tipologia di lavoro, tenuto conto che quelli in uso si rompono a causa dei materiali, taglienti o pungenti, che dobbiamo trattare; per quanto riguarda le mascherine si è avanzata la proposta di richiedere maschere dotate di filtri laterali in quanto sìa sul nastro che al carico del nastro si respira ogni sorta di polvere, per non parlare dell'intera area circostante che si trova affianco ad un capannone in disuso pieno di amianto quindi si può immaginare quando la giornata è ventosa cosa ci possa essere nell'aria - per altro lo stesso capannone è già posto sotto sequestro dalla Guardia di Finanza ma non si spiega come mai ancora non messo in sicurezza, dato che all'interno ci sono svariati pannelli di amianto a vista e il capannone è sprovvisto sìa di vetri alle finestre sìa di blocchi all'entrata.Infine anche su quest'ultimo argomento gli operai si sono uniti nell'avanzare richiesta di incontro per la prossima settimana col presidente dell'Ancora Franco Alfeo per trovare soluzioni a queste problematiche.
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29/4/2013
 Francesco B.

Il Gruppo F srl/Alenia nega i diritti sindacali ai lavoratori

Dal mese scorso una parte dei lavoratori del Gruppo F srl che ha l'appalto di pulizie all'interno dell'Alenia di Grottaglie, ha deciso di organizzare lo Slai cobas sul proprio posto di lavoro, in forte critica con i sindacati confederali esistenti che invece di difendere i lavoratori, decidere con loro, fanno con l'azienda accordi svendita sulla testa dei lavoratori, ultimo: hanno permesso al Gruppo F di fare assunzioni clientelari invece di aumentare l'orario di lavoro agli operai e operaie che dal 2010 sono a part time e che da tempo richiedono orario e salari più dignitosi.
Lo Slai cobas ha quindi inviato le deleghe dei lavoratori, richiesto un incontro con l'azienda e organizzato, prima, un'assemblea interna dei lavoratori, aperta a tutti.
E' proprio quando è arrivata la comunicazione dell'assemblea che il Gruppo F srl - fino a quel momento in silenzio - per timore e impedire che i lavoratori cominciassero a farsi sentire, ha comunicato la "propria impossibilità ad intavolare relazioni sindacali e a riconoscere ogni riconnesso profilo, posto che trattasi di sindacato non firmatario del CCNL di categoria", aggiungendo poi "Detta oggettiva impossibilità è ancor più rimarcata dallo specifico ruolo rivestito dall'amministratore della scrivente società nell'ambito delle associazioni imprenditoriali di Confindustria, quale Presidente della sezione "Servizi Ambientali".

Questa posizione è inaccettabile, infondata e in violazione dei diritti sindacali, di organizzazione e di esercizio delle libertà sindacali individuali e collettive dei lavoratori, riconosciute dalla Costituzione e dalle leggi esistenti, in primis dallo Statuto dei Lavoratori, nonché da numerose sentenze riguardanti proprio il riconoscimento a tutti gli effetti dello Slai cobas.
Lo Slai cobas è organizzazione nazionale, legalmente costituita, riconosciuta e operante da anni nelle aziende private e pubbliche sia nelle varie città che a livello nazionale. Su questo possiamo produrre chili di documentazione – non ultima la formale convocazione e l'incontro fatto in Prefettura nel 2008 dall'attuale Presidente del Consiglio E. Letta (allora sottosegretario al governo).

Il non rispetto della libertà sindacale dei lavoratori ad organizzarsi nello slai cobas, di fatto intende porre un obbligo verso gli stessi lavoratori ad iscriversi ai sindacati confederali per essere riconosciuti come “titolari di diritto sindacale” - ma questo la Legge 300/70 lo vieta, individuando il configurarsi di “sindacati di comodo”, per cui avrebbero diritto di esistenza e verrebbero riconosciuti solo i sindacati decisi dall'azienda – fatto, ripetiamo, totalmente illegale.

Ma nello specifico, rileviamo un'altra grave illegalità, quando ad ulteriore motivazione del non riconoscimento di normali relazioni sindacali la Ditta indica il “ruolo rivestito dall'amministratore della scrivente società nell'ambito delle associazioni imprenditoriali di Confindustria, quale presidente della sezione “Servizi Ambientali”.
Si dice praticamente che questo ruolo è incompatibile con il riconoscimento dei diritti sindacali dei lavoratori della propria società, si dice nei fatti che l'amministratore del Gruppo F, rivestendo questo ruolo nella confindustria, può rappresentare solo gli interessi delle aziende e non rispettare quelli dei lavoratori.
Ma, se fosse vero, “l'incompatibilità” starebbe nei 2 ruoli!
L'amministratore del Gruppo F nella propria azienda non può avere regole di relazioni sindacali diverse da quelle in atto in altre; altrimenti si afferma esplicitamente una condizione di discriminazione dei propri dipendenti, rispetto ad altri lavoratori.

Impedire ai lavoratori di organizzarsi come vogliono è tagliare le gambe alla difesa reale delle proprie condizioni di lavoro e salariali, dei propri diritti.
Per questo, ora, è fondamentale impedire questo attacco. E lo Slai cobas lo farà in tutti i modi, sia sul piano legale, ma soprattutto nei fatti. Perchè quando vengono schiacciati dei diritti dei lavoratori, i diritti si prendono e si impongono!

SLAI COBAS

Lunedì 29 Aprile assemblea dello Slai Cobas alla Pasquinelli

Domani lunedì 29 Aprile lo Slai Cobas terrà un assemblea con i lavoratori presso il sito dell'Amiu Pasquinelli dalle 11.30 alle 12.30, all'ordine del giorno ci sono questioni urgenti quali:
-Prossima scadenza dell'appalto, nello specifico a Luglio, e tra l'altro in merito al bando europeo tutto tace;
-La situazione dei lavoratori che come detto in svariate occasioni è molto precaria in quanto c'è una forte contraddizione tra il numero molto ridotto dei lavoratori (al momento 14) a fronte della grande quantità di lavoro da effettuare;
-Problemi di salute e sicurezza ancora non risolti (mascherine inadeguate all'ambiente di lavoro, guanti non idonei, forte presenza di amianto).
                                                                           
Francesco B.

ci sono due notav - quelli che lottano sul territorio in maniera intransigente e combattiva, mobilitando la popolazione e quelli che reggono il moccolo a grillo e che incontrano il sindaco di bari che la tav al sud la vuole fare .. preferiamo i primi



TAV E BARI-NAPOLI A CONFRONTO: RIFLESSIONE SUL SISTEMA FERROVIARIO NAZIONALE A PALAZZO DI CITTÀ

foto riunione tav-bari_napoli 1riviamo e pubblichiamo
OGGI L’ INCONTRO TRA SINDACO, AMMINISTRATORI E TECNICI VALLE DI SUSA, ASSESSORI E CONSIGLIERI COMUNALI, POLITECNICO DI BARI.
di seguito il comunicato stampa emesso dai partecipanti 27-04-13 Tav e Bari-Napoli a confronto_oggi incontro a Palazzo di Città
Si è tenuto questa mattina nella sala Giunta di Palazzo di Città, l’incontro tra il sindaco di Bari Michele Emiliano e gli amministratori e i tecnici della Valle di Susa, alla presenza del rettore del Politecnico di Bari, prof. Nicola Costantino, del prof. Pasquale Colonna, ordinario alla facoltà di Ingegneria di Bari, di assessori e consiglieri comunali, dei segretari cittadini dei partiti di maggioranza e del M5S.
Obiettivo della riunione approfondire gli aspetti e le criticità del progetto della nuova linea ferroviaria tra Torino e Lione, opera che riguarda l’intera nazione e non solo il Piemonte, con un impatto economico, sociale ed ambientale che va ben oltre i confini regionali. Si è partiti dalla Tav per aprire una riflessione su tutto il sistema trasportistico-ferroviario italiano, prendendo atto che l’Italia viaggia a due velocità, che ci sono linee ferroviarie in molte zone del Paese – non solo al Centro-Sud, nelle isole e sulla dorsale adriatica – insufficienti a coprire il fabbisogno di persone e merci.
La Tav Torino Lione nasce come un investimento nazionale, ed è per questo che oggi siamo qui a discuterne e a studiare, perché ci interessa in quanto italiani – ha detto Emiliano – La questione richiede spazi di approfondimento indispensabili per comprenderne la complessità. Inoltre oggi abbiamo l’occasione di confrontarci sul tema, più generale, di come giungere ad una infrastrutturazione più equa del Paese. Ho reso partecipi i miei colleghi della Val di Susa delle gravi mancanze che interessano le regioni meridionali, a partire dalla Bari-Napoli, mentre loro hanno allargato il proprio orizzonte portando l’attenzione sull’impatto della Torino-Lione su scala nazionale. In particolare, la linea ferroviaria Bari-Napoli è un progetto che gode del totale consenso da parte delle comunità interessate dall’opera, in quanto risponde ad un bisogno infrastrutturale di un’intera area del Paese che non ha alcuna alternativa (differentemente da quanto accade per la Tav); attualmente, infatti la linea Bari-Napoli di poco più di 200 km si percorre in non meno di 5 ore, fatto questo inconcepibile. Aprire quindi una riflessione su tutta la rete ferroviaria nazionale consentirebbe di impiegare le risorse per rafforzare le debolezze del sistema e rilanciarlo nel suo complesso. Considero questa giornata importante, perché stiamo affrontando la questione sotto il profilo tecnico, attraverso quell’approccio scientifico che dovrebbe essere sempre a supporto delle decisioni politiche. Solo attraverso il ragionamento e la tecnica, infatti, si può maturare un convincimento collettivo che è alla base di ogni scelta democratica”.
Dagli interventi odierni – ha dichiarato il presidente della Comunità Montana, Sandro Plano – è emerso che la grave situazione economica del nostro Paese pone una serie di
perplessità sulla sostenibilità della Tav Torino-Lione, che contribuirebbe ad aumentare il debito pubblico mentre, per contro, sono in atto pesantissimi tagli agli enti locali e ai servizi per i cittadini. È stato evidenziato inoltre che, a fronte di un brusco calo degli scambi commerciali tra Italia e Francia, si propone il raddoppio di una tratta già sottoutilizzata, mentre nel resto d’Italia si parla di una riduzione degli investimenti per i treni dei pendolari e i collegamenti tra Nord e Sud. Per questo auspichiamo un ripensamento generale sulle infrastrutture da parte del nuovo governo”.
Per il sindaco di Villar Focchiardo Emilio Chiaberto: “la riunione è stata positiva, perché ci ha permesso di illustrare dei dati che sono alla base delle nostre ragioni e della nostra contrarietà alla costruzione di questa infrastruttura, in un momento di crisi economica nel quale noi sindaci abbiamo difficoltà persino ad ottenere i finanziamenti ordinari per i nostri Comuni per effettuare interventi necessari ai cittadini. Considero utile anche la proposta di estendere a livello nazionale il dibattito sul modello economico e di sviluppo del Paese, senza confinarlo al “Nord” e al “Sud”, ma allargando la discussione ai territori e agli amministratori di tutta Italia”.
È stato estremamente interessate entrare oggi nel merito delle problematiche tecniche e avviare un confronto con territori che hanno problematiche proprie, ma che vanno lette nel quadro di politiche nazionali comuni – ha spiegato Marina Clerico, assessore alla Pianificazione della Comunità montana e docente del Politecnico di Torino –Particolarmente utile l’incontro con il rettore del Politecnico di Bari e con i docenti presenti, perché ha permesso uno scambio di vedute che ha allargato ulteriormente la possibilità di analisi”.

Oggi giornata mondiale delle vittime dell'Amianto

Taranto è pienamente interna a questa tragedia dei lavoratori esposti e morti per amianto. Ma ricordiamo anche che Taranto anni fa, grazie all'azione dello Slai cobas Ilva, portò avanti una lunga lotta, che riuscì a far venire alla luce questa realtà volutamente nascosta e ad ottenere un parziale risultato con i benefici pensionistici agli operai Ilva e ditte appalto, in particolare Nuova Siet. 
 
Riportiamo un intervento.
 
Casale Monferrato"Dopo tanti anni la lotta è ancora così profonda"

Per la Giornata mondiale delle vittime dell'amianto parla la presidente Afeva, Romana Blasotti Pavesi. Suo marito Mario se n'è andato nel 1983, sua figlia Maria Rosa nel 2004. Entrambi erano persone piene di vita e a stroncarli è stato il mesotelioma pleurico, il "mal d'amianto".

Con il suo passato di dolore, ma anche di lotta senza sosta, e la sua  spontaneità che non l'ha mai portata a compromessi, Romana Blasotti Pavesi, 84 anni, è la persona che ha più diritto di tutti a parlare in occasione della
Giornata mondiale delle vittime dell'amianto che si celebra oggi.
"E' demoralizzante che dopo tanti anni la lotta sia ancora così profonda" esordisce e il pensiero va al processo di secondo grado per i morti dell'Eternit che si sta celebrando davanti alla Corte d'Appello di Torino.
"Dopo la sentenza del Tribunale di Torino ho ripensato a tante cose, agli anni volati via, e sono trent'anni, alla tragedia che si sta ancora oggi e che non è l'unica, anche se  ce ne  sono e ne verranno altre, come l'Ilva di Taranto. Mi ha fatto un certo senso sentire gli avvocati degli imputati, anche in appello dire che la situazione non era così grave, che tutto era legale. Ma intanto si continua a morire e muoiono anche i giovani".

Romana Blasotti Pavesi, però,  è fiduciosa nel futuro, "c'è speranza nei  personaggi che hanno portato avanti il processo con  capacità, intelligenza, 
ricerca.
Abbiamo dei buoni difensori e attenderemo le risposte". Poi una stoccata, sul vivo, ai due imputati: Non ho mai pensato ai soldi dei risarcimenti, ma una cosa l'ho maturata: queste persone devono essere punte sul vivo, nei loro beni, nelle somme che dovranno  pagare con i loro patrimoni".

La signora Romana, infine, non manca di rivolgere il suo pensiero ai giovani: "Tutto questo è stato ed è importante per i giovani che stanno finendo la scuola e si accingono ad entrare nel mondo del lavoro, perché abbiano la possibilità di pretendere il diritto alla vita.
Questa lotta ha creato un bello scompiglio. nella disgrazia siamo stati anche "fortunati" ma l'Italia dovrebbe sapere conoscere ancora di pù la nostra lotta".

Bangladesh è vicino a noi

Dal Bangladesh a Barletta 
i padroni sono assassini!

la nuova ministra della salute è peggio di Balduzzi sull'Ilva


Che c'entra Beatrice Lorenzin con la salute dei cittadini? Niente. La sua esibizione a Ballarò sul caso Ilva è eloquente. E deve aver convinto Enrico Letta che non c'era di meglio per chiarire la linea del nuovo governo.

La tesi della signora inopinatamente ministro è semplice: il governo decide su tutto, sempre, e la magistratura si deve ben guardare dall'interferire anche quando l'azione del governo va contro le leggi esistenti e persino quando è in gioco la vita dei cittadini (non dice "sudditi", ma si capisce che potrebbe scapparle la parola).
Una buona ricostruzione della sua "collocazione" dentro il nuovo governo tratta da Ecoblog viene ripresa qui sotto.

Schermata del 2013-04-28 090932 copy



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Beatrice Lorenzin in forza al PdL è il neo ministro per la Salute. Vi dicevo riguardo il think net VeDrò che si sta rivelando il serbatoio di Enrico Letta per la scelta delle donne e degli uomini nei dicasteri chiave del suo governo come nel caso della scelta di Nunzia Di Girolamo e Andrea Orlando. Ebbene anche Beatrice Lorenzin fa parte di VeDrò e ha preso parte allo scorso incontro che si è tenuto dal 26 al 29 agosto 2012 alla centrale elettrica parzialmente in uso “Fies-Ambienti per la produzione di performing art” di Dro (Trento)

Nel merito della sua nomina alla Sanità c’è da considerare la sua opinione riguardo l’Ilva per cui per il neo ministro diventa importante sostenere la mediazione portata avanti dall’ex ministro per l’Ambiente, Corrado Clini nel sostenere con il decreto salva Ilva l’acciaieria dei Riva a Taranto. Definisce il caso Ilva paradossale per la bocciatura della bonifica da parte della magistratura. Pone la questione sul “chi ci guadagna” con l’Ilva chiusa e addirittura propone che l’AIA sia trasformata in decreto. E tira la stoccata alla magistratura che entra in conflitto con lo Stato.

D’altronde ripercorre con linea di continuità già solcata dall’ex ministro Renato Balduzzi, suo predecessore, che evidenziava come il decreto salva Ilva contenesse prescrizioni molto rigide che rappresentavano il rispetto di quanto prescritto dalla magistratura di Taranto:



nessun conflitto tra Governo e magistrati: siamo stati attenti a non invadere lo spazio dell’autonomia della Magistratura, ma abbiamo voluto trovare il modo per far sì che quanto indicato nell’Autorizzazione integrata ambientale sia rispettato davvero”. Per il Ministro quelle contenute nella nuova Aia “sono prescrizioni più rigide del passato, ed è determinante che per la prima volta siano state inserite esplicite indicazioni di tipo sanitario” alle quali “farà seguito un vero e proprio Piano salute per Taranto e la già annunciata costituzione dell’Osservatorio in raccordo con la Regione Puglia”. Si tratta di “un progetto più mirato proprio perché Taranto ha un bisogno sanitario più forte di altri territori”.


fonte EcoBlog.it

sabato 27 aprile 2013

Partono le bonifiche all'esterno dell'Ilva?

L'articolo su Sole 24 Ore di oggi (pubblicato, in gran parte, sotto) farebbe intendere, dai titoli, che finalmente si avvierebbe il risanamento ambientale dei quartieri più inquinati dall'Ilva e del Mar piccolo. 
In realtà, anche leggendo l'articolo, vengono fuori parecchie cose che mettono invece fortemente in discussione queste bonifiche.
Prima di tutti i soldi. Si tratta di cifre molto al ribasso e totalmente insufficienti ad un reale risanamento - l'esempio più evidente è proprio al quartiere Tamburi dove sono stati stanziati 8 milioni di euro che non bastano neanche per le 5 scuole indicate (per cui la spesa prevista sarebbe di 8,9 milioni di euro); per non parlare di tutto il resto del quartiere.
Nello stesso tempo, invece, vengono stanziati 40 milioni per l'area impresa di Statte - mentre non si dice nulla per tutto il resto del paese area abitativa. 
Secondo, i lavori da fare. Sempre considerando i Tamburi, sembrano dalla prima descrizione lavori di manutenzione e non di risanamento ambientale.
Terzo, i tempi per cui ancora non sembra esserci un preciso cronoprogramma, vedi poi lavori in Mar Piccolo per cui occorrono ancora degli studi che non si concluderanno prima di 6 mesi.

Infine, l'altro grosso problema. Chi li farà questi lavori. Dove sta un grande piano di occupazione che unisca l'emergenza ambientale all'altra emergenza di Taranto, quella del lavoro che manca o si riduce fortemente? Noi da tempo diciamo che nei lavori di bonifica devono lavorare i disoccupati di Taranto, in primis proprio quelli dei quartieri inquinati (perchè, come abbiamo scritto più volte: ai Tamburi si muore per l'inquinamento ma neanche senza lavoro e salario si può vivere), che Regione e Provincia devono fare corsi di formazione finalizzati a questi lavori. Per questo abbiamo posto e poniamo a tutte le Istituzioni che venga posta una clausola sociale negli appalti pubblici alle Ditte che li vincoli ad assumere i disoccupati di Taranto. 
Ma finora a domande precise non hanno corrisposto risposte. 

(da Sole 24 Ore)
"Ora che le priorità sono state individuate e riguardano le scuole del quartiere Tamburi di Taranto, l'area destinata alle imprese del Comune di Statte e il Mar Piccolo di Taranto, si tratta di far partire i primi progetti... si é data tempi serrati: avviare gli interventi prima dell'estate in modo da avere i lavori in corso nella seconda parte dell'anno.
...Al momento, non sono però molti i soldi stanziati per la bonifica. Secondo un quadro fornito a fine gennaio dal ministero dell'Ambiente, il protocollo per il risanamento dell'area di Taranto, cui la legge 171 si rifà, prevede sì uno stanziamento complessivo di 396 milioni di euro, di cui 283 disponibili e 113 da reperire, ma tolti i fondi per l'ammodernamento del porto (187 milioni), per la "Smart Area" (60 milioni) e per la riqualificazione industriale (30 milioni), alla bonifica vera e propria vanno per ora 119 milioni, di cui 66 disponibili e 53 da reperire (!?). Queste risorse sono così ripartite: 21 per la bonifica e messa in sicurezza permanente dei sedimi contaminati da pcb nel Mar Piccolo, 50 per la falda superficiale del sito di interesse nazionale di Taranto, 8 milioni per il rione Tamburi, 40 per l'area imprese di Statte. Ed è agli obiettivi indicati dal protocollo che si è poi rifatta la cabina di regia nel fissare le prioritá. «Ora che il quadro è un poco più chiaro, non dobbiamo perdere tempo» dice il commissario Pini.
Per il rione Tamburi, il più esposto all'inquinamento dell'Ilva data la sua vicinanza agli impianti, l'intervento si concentrerà su cinque scuole (Deledda, De Carolis, Gabelli, Vico e Giusti) con una spesa di 8,9 milioni di euro su progetti predisposti dal Comune di Taranto. I lavori dovrebbero partire a fine anno scolastico in modo da sfruttare il periodo di vacanza degli studentu per riconsegnare poi a settembre gli edifici messi a norma. Fra i lavori previsti, rientrano l'adeguamento impiantistico, il miglioramento dell'efficienza energetica, la sostituzione dei pavimenti e degli infissi. Resta poi da affrontare la bonifica di tutti quei terreni non asfaltati risultati inquinati e dove il Comune, con due ordinanze sindacali, ha bloccato l'accesso. Per l'area di Statte, invece, il ministero dell'Ambiente ha dato il via libera al piano di caratterizzazione della falda utile a capire, sulla base degli inquinanti presenti, che tipo di azione poi effettuare.
Lo studio sarà avviato entro fine maggio per essere completato nell'arco di un mese. I lavori dovrebbero invece partire a fine agosto. Si prevede di spendere 27 milioni. Su Mar Piccolo, invece, che è un mare interno della cittá, l'attivitá di disinquinamento si concentrerà sul primo seno dove la contaminazione di diossina e pcb ha messo ormai da tempo fuori gioco la coltivazione delle cozze...
Su Mar Piccolo, però, l'Arpa Puglia, attraverso uno studio preliminare che valuterá anche l'andamento delle correnti marine, dovrà dire in sei mesi quale metodologia è la più appropriata e quali altre sorgenti inquinanti, dopo la chiusura degli scarichi di fogna, sono ancora attive. Uno dei timori espressi, infatti, è che il dragaggio dei fondali al fine di liberarli dalle sostanze inquinanti, possa poi trasportare queste ultime altrove, magari nel secondo seno di Mar Piccolo, creando così ulteriori danni ambientali. E cosí, oltre al sollevamento dei sedimenti dai fondali, si potrebbe optare per un'altra tecnica, il cosiddetto "capping", che consiste nel coprirli con materiali particolari. «In ogni caso - sottolinea Antonello Antonicelli, dirigente dell'assessorato regionale all'Ambiente - dovremo decidere nei prossimi sei mesi per non perdere i finanziamenti».
Mar Piccolo, proprio perché alla fine non si è deciso quale strategia adottare, nel 2005 ha giá perso 25 milioni di euro che, destinati alla bonifica di 170 ettari, sono poi stati dirottati dalla Regione all'area di mare di Manfredonia per un intervento che si è rivelato risolutivo".

"se indagato, mi dimetto", dichiara Stefano... si accomodi quindi!

Inquinamento Ilva
Indagato anche
il sindaco Stefàno

di MIMMO MAZZATARANTO - Abuso d’ufficio e omissione di atti d’ufficio. Il sindaco di Taranto Ezio Stefàno, rieletto lo scorso anno a capo di una coalizione di centrosinistra, entra a pieno titolo nell’inchiesta denominata «Ambiente svenduto», deflagrata nel novembre scorso con l’arresto dell’assessore provinciale all’ambiente Michele Conserva (scarcerato sabato scorso), dell’ex portavoce dell’Ilva Girolamo Archinà, dell’ex consulente della Procura e preside del Politecnico di Taranto Lorenzo Liberti, una nuova ordinanza nei confronti del patron Emilio Riva e dell’ex direttore dello stabilimento siderurgico Luigi Capogrosso (già finiti ai domiciliari il 26 luglio nell’ambito dell’indagine sull’inquinamento) e l’emissione di una mandato di cattura internazionale nei confronti di Fabio Riva, il vicepresidente di Riva Group trovato a Londra agli inizi di gennaio dagli agenti dell’In - terpol allertati dai militari della Guardia di Finanza, in attesa di estradizione.

Il coinvolgimento del primo cittadino emerge, come la Gazzetta è in grado di rilevare, dalla lettura della proroga delle indagini preliminari disposta dal giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco su richiesta del procuratore capo Franco Sebastio, del procuratore aggiunto Pietro Argentino e dei sostituti Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile e Remo Epifani.

Il gip ha disposto altri sei mesi di indagini per fare piena luce nell’inchiesta «Ambiente svenduto» e far venire a galla le responsabilità di quanti avrebbero consentito all’Ilva di evitare o pilotare i controlli ambientali negli ultimi quattro anni. Nella richiesta di proroga delle indagini preliminari i pubblici ministeri scrivono di fatti già noti, come quelli che hanno portato alla prima ondata di arresti, e di ipotesi di reato finora rimaste coperte da segreto, come quelle che riguardano il sindaco Ippazio Stefàno, iscritto nel registro delle notizie di reato per abuso d’ufficio e omissione di atti d’uf ficio, oppure il coinvolgimento diretto dell’Ilva, quale società, ai sensi della legge 231 del 2001 che prevede la responsabilità giuridica delle imprese per fatti commessi da persone che operano nella società.

Due gli episodi che riguardano l’Ilva. Il primo è quello per per corruzione in atti giudiziari che vede indagati anche Lorenzo Liberti, Girolamo Archinà, Fabio Riva e Luigi Capogrosso; il secondo, invece, riguarda due violazioni al codice dell’ambiente relative alle imponenti emissioni diffuse e fuggitive nocive in atmosfera e allo smaltimento di rifiuti in assenza di autorizzazione. 

alla regione basilicata - centro sinistra tutti ladri e corrotti - tutti a casa ma noi non crediamo alle elezioni - la lotta e non il voto


 
di FABIO AMENDOLARA
Gli iscritti nel registro degli indagati della Procura della Repubblica di Potenza per i rimborsi «a go go» «scroccati» al consiglio regionale della Basilicata sono 40. Il dato è contenuto in un documento della Procura depositato un mese fa.

C’è il presidente della giunta dimissionario Vito De Filippo (Pd) per spese per l’acquisto di francobolli, c’è il presidente del consiglio Vincenzo Santochirico (Pd) per l’acquisto di giornali rimborsati sia dal consiglio sia dal gruppo del Pd.

Ci sono i neoassessori (due riconfermati, altri quattro nuovi) Attilio Martorano, Marcello Pittella, Nicola Benedetto, Luca Braia, Roberto Falotico ed Enrico Mazzeo Cicchetti, tutti di centrosinistra.

Gli altri uomini politici indagati sono consiglieri in carica ed ex consiglieri e assessori, di tutti gli schieramenti: Antonio Autilio, Paolo Castelluccio, Giuseppe D’Alessandro, Prospero De Franchi, Pasquale Di Lorenzo, Antonio Di Sanza, Gaetano Fierro, Antonio Flovilla, Innocenzo Loguercio, Agatino Mancusi, Rosa Mastrosimone, Franco Mattia, Vilma Mazzocco, Franco Mollica, Michele Napoli, Giacomo Nardiello, Nicola Pagliuca, Mariano Pici, Antonio Potenza, Erminio Restaino, Pasquale Robortella, Vincenzo Ruggiero, Donato Salvatore, Luigi Scaglione, Alessandro Singetta, Gennaro Straziuso, Mario Venezia, Rocco Vita, Vincenzo Viti.

Gli altri tre indagati sono un commercialista e due ristoratori. Gli interrogatori dei tre agli arresti domiciliari e degli otto destinatari di divieti di dimora si svolgeranno lunedì prossimo e il 2 maggio e contribuiranno a chiarire qualche posizione. Ma i presidenti della giunta e del consiglio, ad esempio, ripetono che i rimborsi sarebbero il frutto di errori materiali. Niente rispetto ad altri, che hanno prelevato dal «bancomat» delle casse pubbliche decine di migliaia di euro. Ma è una precisazione che rischia di perdersi in un abisso di richieste di rimborsi che lascia senza parole: un ex assessore ha presentato uno scontrino da 16,40 euro. Un acquisto fatto con lo «sconto camionista», in un’area di servizio sull’autostrada. Non basta: ha presentato richieste anche per spese fatte da e per parenti.

Ma c’è stato anche il consigliere che ha pranzato in un ristorante di un albergo quattro stelle «superiore» di Maratea (Potenza) – con vista splendida sul mar Tirreno – il giorno di ferragosto del 2011. Nella ricevuta, poi, il 15 è diventato 16 agosto: peccato però che non abbia fatto alcun viaggio politico nè il 15 nè il 16 agosto. La titolare del ristorante avrebbe cercato di aiutarlo, denunciando lo smarrimento di due blocchetti di ricevute proprio di agosto. È indagata. 

ai compagni interessati - noi non siamo su facebook

non partecipiamo al chiacchiericcio e all'internet cafè
chi vuol parlare con noi ci scriva direttamente e risponderemo

circolo proletari comunisti taranto
pcro.red@gmail.com

venerdì 26 aprile 2013

"""Il sindaco si preoccupa che i bambini dei tamburi non possono giocare""

Ilva, inchiesta sul sindaco di Taranto
per abuso di ufficio e omissione

Per il primo cittadino Ippazio Stefano proroga di sei mesi nell'indagine in cui si ipotizza che abbia favorito l'azienda permettendo di evitare o pilotare i controlli. La replica: "Lo apprendo dalla stampa, non ho ricevuto alcun avviso di faranzia ma sono sereno"

Prosegue l'inchiesta sul sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, nell'ipotesi che abbia favorito l'Ilva permettendo all'azienda di evitare o pilotare i controlli. Il primo cittadino, rieletto nel 2012 a capo di una coalizione di centrosinistra, è indagato per abuso d'ufficio e omissione di atti d'ufficio nell'ambito dell'inchiesta chiamata "Ambiente svenduto".

Per il sindaco Stefano è stata disposta una proroga delle indagini preliminari per altri sei mesi, durante i quali la procura vuole accertare eventuali responsabilità sue e di quanti avrebbero consentito all'Ilva di evitare o pilotare i controlli ambientali negli ultimi quattro anni. Il provvedimento è stato firmato dal gip di Taranto Patrizia Todisco su richiesta del pool di magistrati coordinati dal procuratore capo della Repubblica Franco Sebastio. "Ho appreso solo questa mattina dagli organi di stampa della mia iscrizione al registro degli indagati nell'inchiesta giudiziaria denominata 'Ambiente svenduto'. Preciso che a tutt'oggi non ho ricevuto alcuna comunicazione in tal senso, ed ove ciò dovesse accadere, prontamente lo renderò noto alla città" è stata la replica di Stefano.

"Il mio stato d'animo - ha aggiunto il sindaco - resta assolutamente sereno, convinto come sono di aver assolto ai miei doveri di sindaco nell'esclusivo interesse della città, a difesa della quale ed in tempi non  sospetti presentai un circostanziato esposto all'autorità giudiziaria sui fatti ambientali della grande industria". Stefano si dichiara "pronto ad essere ascoltato dai magistrati per fornire loro tutti i dovuti chiarimenti in ordine ai fatti a me eventualmente contestati". L'inchiesta in cui è indagato il sindaco, nel novembre scorso, portò all'arresto di diverse persone e all'emissione di un provvedimento restrittivo per Fabio Riva, vicepresidente di Riva Group, costituitosi a Londra nel gennaio scorso ed ora in attesa di estradizione.
(26 aprile 2013)

Sui fondi che Riva sta nascondendo, i giudici nulla hanno da dire e fare?

"...Sino a quando la Corte Costituzionale non depositerà le motivazioni della sentenza che il 9 aprile l'ha portata a ritenere "costituzionale" la legge 231 del 2012, le merci dell'Ilva non verranno dissequestrate. L'azienda quindi non potrà venderle, né incassare il relativo controvalore, che oscilla da 800 milioni a un miliardo di euro. Nei giorni scorsi, infatti, anche il gip di Taranto, Patrizia Todisco, ha giudicato inammissibile l'istanza con cui gli avvocati dell'azienda il 10 aprile - poche ore dopo il verdetto della Consulta - hanno chiesto il dissequestro delle merci. Come già i pm, che nei giorni scorsi hanno espresso il loro parere negativo, adesso anche il gip ha ritenuto che, non essendo ancora state state depositate le motivazioni dei giudici costituzionali nel dire "sì" alla legge che autorizza l'Ilva a produrre e a commercializzare quanto realizzato prima della legge stessa, l'istanza dell'azienda non può essere presa in considerazione.
Tutto, quindi, sembrerebbe rinviato di alcuni giorni perché le motivazioni della Consulta dovrebbero uscire a breve...
...Oggi la restituzione delle merci non serve all'Ilva solo per far cassa e finanziare l'Aia ma anche per ridare lavoro all'area a freddo. Lo sblocco di prodotti e semilavorati, infatti, consentirebbe di rimettere in marcia altri impianti a partire dal treno nastri 1 e di riportare in produzione operai che oggi sono sospesi...." (dalla stampa).
Lo Slai cobas Ilva ha detto fin dal primo momento che il decreto "salva-Riva" era illegale, anticostituzionale. 
Ma abbiamo anche detto che gli operai e i cittadini di Taranto devono essere autonomi dalla querelle giudiziarie che di fatto da un certo punto stanno caratterizzando lo scontro Ilva/magistratura.
Infatti, uno scontro di "poteri" che non fa fare alcun passo in avanti rispetto alle effettive bonifiche nei quartieri e messa a norma della fabbrica, e ai fondi necessari che padron Riva e governo devono mettere, non ci interessa! Ed è anche di ostacolo. 
Ed è proprio sui fondi che non si mettono, che invece la magistratura non sta facendo nulla. 
Padron Riva sta portando avanti sotto il naso di tutti, compresi i magistrati, una mega operazione finanziaria sulle sue società a livello internazionale che punta a far trovare le casse dell'Ilva spa a secco e a cautelarsi i suoi lauti profitti; Padron Riva, anche in funzione di questa operazione, ha nominato amministratore delegato Bondi per ristrutturare l'Ilva ma scorporandola dalla "cassaforte" Riva fire...
E LA MAGISTRATURA NON DICE E NON FA NIENTE SU QUESTA OPERAZIONE-TRUFFA?! che, essa sì, vuol far diventare impossibili le reali messe a norma e bonifiche da fare?
I GIUDICI FANNO LE PULCI SU QUESTIONI DI PROCEDURA - ora dicono che non dissequestrano la merce perchè aspettano le motivazioni della sentenza della Consulta, quando per la loro stessa "giustizia", le sentenze sono immediatamente esecutive una volta notificate - I GIUDICI SI ARRAMPICANO SUGLI SPECCHI UNICAMENTE PER RITARDARE UN PROVVEDIMENTO PURTROPPO INEVITABILE, E POI CHIUDONO GLI OCCHI DI FRONTE AI REATI CHE RIVA STA COMPIENDO SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI?!

Non si fanno giochi di potere sulla pelle degli operai e dei cittadini!





Le nuove regole fasciste per l'elezioni delle RSU

Andando avanti nella scellerata strada di unità sindacati confederali/industriali per salvare la competitività - uguale profitti - delle imprese, che ha visto nelle scorse settimane la firma di un "protocollo", ora la Cgil (tutta, ad esclusione della Rete 28 Aprile) insieme a Cisl e Uil, lancia una proposta sulla rappresentanza sindacale per un nuovo patto con la Confindustria.
Si tratta di una proposta che vuole nettamente peggiorare le regole delle Rsu che già hanno pochissima funzione e potere e già sono blindate dalle segreterie sindacali - in questo, la situazione presente all'Ilva è esemplare!
"Il centro di questa proposta è che i sindacati che concorreranno alle elezioni per le Rappresentanze sindacali unitarie aziendali (RSU) dovranno accettare preventivamente di non poter dichiarare sciopero su accordi
firmati da almeno il 51% dei rappresentanti aziendali, siano essi RSU o RSA; inoltre si dice che la consultazione dei lavoratori non è obbligatoria!".

Come avevamo già denunciato per il protocollo sulla competitività, tutta la linea e l'azione dei sindacati confederali ha un unico scopo, in una situazione di gravissimo peggioramento della condizione dei lavoratori sul fronte della difesa del posto di lavoro, del salario e dei diritti, non di difendere i lavoratori ma quello di difendere i padroni, e ora con questa proposta, impedire che la salvaguardia dei loro profitti venga messa in discussione dagli scioperi dei lavoratori. Squinzi, presidente degli industriali, l'ha detto: "a noi interessa una sola cosa: la certezza che gli accordi raggiunti a qualsiasi livello non saranno poi stravolti", e Cgil, Cisl e Uil la stanno attuando.
Si tratta nei fatti di una esplicita azione antisciopero e del tentativo di tappare la bocca agli operai, di impedire che i lavoratori dicano NO ad accordi svendita e possano scendere in lotta - siamo al 25 aprile e la Camusso, insieme a Bonanni e ad Angeletti, fa una proposta che ha un segno esplicitamente fascista! Si tratta di un divieto del diritto di sciopero! Non l'hanno ancora fatto ufficialmente i padroni, non l'hanno ancora fatto i governi, ma ora è la Cgil della Camusso che nei fatti con questa proposta stravolge lo Statuto dei Lavoratori, la Costituzione!

Le Rsu cesserebbero di essere, anche formalmente, rappresentanze sindacali dei lavoratori ma diventerebbero a tutti gli effetti rappresentanze delle segreterie sindacali - che non si accontentano più di avere come accade ora (comunque, anche se non prendono neanche un voto ale elezioni) un terzo dei posti dei delegati, cosa già profondamente antidemocratica, ma vogliono il controllo del 100%, per evitare che non siano tutti saldamente fedeli alle decisioni, agli accordi fatti dalle segreterie dei sindacati confederali.

Ma soprattutto con questa proposta, si vuole impedire che alle elezioni delle Rsu - nei prossimi mesi si dovranno fare in grandi realtà industriali, come l'Ilva - si presentino liste alternative, dei sindacati di base, slai cobas, decise liberamente dai lavoratori, e chiaramente in opposizione ai sindacati confederali. Si vuole soffocare la volontà degli operai di poter dire anche nelle elezioni delle Rsu: basta con il monopolio dei sindacati filopadronali, basta con delegati che, nella loro maggioranza, non difendono i lavoratori quotidianamente, o non ci sono (come all'Ilva) usando la loro carica per farsi i propri comodi.
Ai sindacati che vogliono presentare liste alle elezioni  le Rsu si chiede una sottomissione, un'abiura preventiva della difesa degli interessi dei lavoratori, un'accettazione a priori e comunque degli accordi svendita.
Si tratta nei fatti di una "dittatura" sindacale a cui neanche i partiti sul fronte delle regole antidemocratiche del parlamento (che è parvenza di democrazia e reale comitato d'affari della borghesia) sono arrivati esplicitamente a tanto.

La Fiom di Maurizio Landini che il 18 maggio si prepara ad una manifestazione nazionale, riempendosi la bocca di denuncia "forte" delle gravi condizioni degli operai, da un lato dice una cosa, buona per giornali e tv, dall'altra opera anch'essa per mettere le catene agli scioperi e alla protesta degli operai, se non quella incanalata in inutili manifestazioni-passeggiate di sabato per non disturbare i manovratori (aziende e Istituzioni).
 A fronte di questa linea sarà la stessa Fiom a rimandare ora le elezioni delle Rsu dove sono già da tempo scadute - come all'Ilva di Taranto - finchè non faranno le nuove regole.

Ma, vediamo anche un altro aspetto. Questa proposta  della Cgil, è anche frutto della paura che hanno, sia sindacati che padroni.
E' un'azione, questa sì "preventiva", di cautelarsi di fronte all'inevitabile esplosione di rabbia, scioperi, lotte che l'attacco sempre più pesante alle condizioni di lavoro e di vita sta portando e porterà sempre più nelle fabbriche e su tutti i posti di lavoro.
Sanno bene i sindacati confederali, in primis la Cgil (gli altri non se ne importano molto di avere consenso tra i lavoratori), che i lavoratori che in tante realtà rompono con i sindacati confederali, e con la stessa fiom, ma che hanno bisogno dell'organizzazione sindacale di classe, si autorganizzano e possono autorganizzarsi sempre più; per questo li vogliono "blindare".
Nello stesso tempo, la Cgil di Camusso e la Fiom di Landini con questo vogliono rientrare in pieno nella grazie del padronato, da cui hanno rischiato di essere emarginati.

A questa azione fascista gli operai e i lavoratori devono rispondere. Per questo si fa anche sciopero! 
Per la difesa e lo sviluppo di una vera democrazia sindacale di classe in mano ai lavoratori si deve unire un vasto fronte, di tutte le forze, le realtà di base e di classe, di tutti i delegati e lavoratori anche iscritti ai sindacati confederali che non ci stanno a questo moderno fascismo sindacale. 
Ogni critica, ogni lamentela che continui a restare all'interno della Fiom, Cgil, a dire No ma a crogiolarsi nel suo caldo posticino - come la Rete 28 Aprile - ha seccato! Oggi è tempo di scelte radicali!  
Così come, nelle elezioni delle Rsu non serve puntare alla presenza della propria lista alternativa per avere al massimo qualche delegato (come l'Usb all'Ilva), ma serve una grande azione unitaria e trasversale che riesca effettivamente a raccogliere tutta l'opposizione di classe sui posti di lavoro e a far fallire questa manovra antidemocratica e a rendere visibile il fatto che ci sono solo due realtà sindacali: da una parte i sindacati confederali, tutti insieme, dall'altra il sindacato di classe!

Riportiamo sulle elezioni delle RSU quello che abbiamo detto sull'Ilva nella riunione degli operai Slai cobas Ilva di sabato 20 aprile.

"...L'obiettivo dello Slai cobas è togliere il monopolio sindacale ai sindacati confederali corresponsabili dell'attuale grave situazione che mette a rischio lavoro, sicurezza e salute per tutti.

Per togliere questo monopolio è necessario che tutti gli operai che dissentono dai sindacati confederali si uniscano per ottenere una nuova rappresentanza alternativa.

Lo Slai cobas è per una lista alternativa unitaria in fabbrica che possa far pesare anche nelle elezioni le proteste e le lotte che vi sono state in questi mesi ed ottenere un numero importante di delegati in grado di pesare e cambiare le cose, e non semplicemente la presenza di un'altra sigla sindacale...".

video sulla manifestazione del 25 aprile

TARANTO:ORA E SEMPRE RESISTENZA....RISPETTO PER CHI VIVE IN Città VECCHIA I COMPAGNI E LE COMPAGNE NON DIMENTICANO IL QUARTIERE POPOLARE ANTIFASCISTA "TORRIPENNA" SGOMBERATO E DEMOLITO DURANTE LA DITTATURA....
http://www.youtube.com/watch?v=NHikPzDdLPY&feature=youtu.be
dditolavoro

SI ad un ospedale gestito da Emergency a Taranto

Gino Strada: Sì all'ospedale di Taranto

"...Gino Strada si dice pronto a calare nella capitale dell'emergenza ambientale e sanitaria italiana per varare la nuova era della sanità in riva allo Ionio. Nasce da uno scambio di lettere la possibilità che il fondatore di Emergency, si trasformi anche nell'uomo della svolta nella gestione della sanità pubblica nella disastrata Taranto.
Gino Strada, infatti, ha risposto con entusiasmo alla proposta lanciata dal comitato "Taranto Futura", lo stesso che ha promosso i referendum sulla chiusura totale o parziale dell'Ilva...
Nei giorni scorsi l'avvocato Nicola Russo, leader di Taranto Futura, aveva preso carta e penna per chiedere la disponibilità di Gino Strada a diventare il timoniere del "San Cataldo"...
"Ci piacerebbe molto gestire anche in Italia un ospedale di Emergency" - scrive Gino Strada. "Sarebbe innanzi tutto un ospedale dei cittadini, dei pazienti, di chiunque abbia bisogno di cure, dove potremmo dimostrare di saper curare anche la malattia che ha colpito la nostra sanità: il profitto. E' una possibilità - continua - nella quale crediamo e che potrebbe divenire realtà in un prossimo futuro. Perché questo avvenga - conclude Strada - è indispensabile poter contare in primo luogo sulla piena collaborazione delle autorità sanitarie regionali, senza il cui contributo sarebbe attualmente impossibile per Emergency farsi carico dei costi di gestione di una simile struttura". Parole che hanno rilanciato l'impegno dell'intraprendente comitato tarantino. "Gino Strada - dice l'avvocato Nicola Russo - è l'uomo indispensabile al posto necessario. Abbiamo già avviato contatti con il presidente Nichi Vendola per fare in modo che quello che ora è un sogno possa trasformarsi in realtà...".
...In riva allo Ionio dovrebbe sorgere una mega struttura da 715 posti letto, che nelle intenzioni dovrebbe far dimenticare il fallimento dell'iniziale progetto nato e colato a picco nel segno del "San Raffaele". Sul tavolo ci sono 150 milioni di euro di fondi varati dal Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica, e i 57 milioni e mezzo di euro stanziati dalla Regione..." (da La Repubblica 25 aprile '13).
A proposito del post  di mercoledi 24 aprile 
"dal circolo di proletari comunisti"

Nel circolo di proletari comunisti il mio impegno è sempre stato serio e determinato, convinto del lavoro politico e soddisfatto dei risultati concreti,anche se piccoli e parziali.Senza mai un passo indietro ,anche quando la lotta diventava   difficile e pericolosa. Lotte dure e reali ,veri assaggi di lotta di classe che danno continua forza a chi cose come  il comunismo,l'appartenenza con dignità al proletariato,la necessità di un conflitto di classe,l'esigenza della rivoluzione,l'irrinunciabilità alla violenza di classe, le ha imparate prima tra le masse,nella vita di tutti i giorni e solo successivamente studiate su ahimè troppo pochi  libri.
La mia formazione " in stretto legame con le masse " è proletaria per  appartenenza e comunista per scelta,nonostante il nome che mi  porto addosso,le mie solide basi comuniste e di classe le ho costruite con fatica ,dissentire  dalla linea di proletari comunisti mi ha allontanato dal circolo...non dal comunismo.
Fermo restando il rispetto e la stima per il direttivo e le lotte che nel tempo ha portato avanti, non posso fare a meno di evidenziare alcune cose .Mi si rimprovera di non aver addotto motivazioni politiche di dissenso di linea,ma questo non è vero perchè i contrasti, le discussioni agguerrite e le critiche accese   non sono mai mancati nelle assemblee,a partire da quel 2 agosto,quando il comitato ancora non si era costituito.Quando ho dissentito dalla linea di proletari comunisti che agiva con pregiudizio rispetto alla invasione di migliaia di cittadini e lavoratori che interrompevano giustamente il teatrino indegno dei sindacati confederali .Perchè da comunista invece sentivo l'esigenza di appoggiare e condividere attivamente quel momento di insurrezione di massa contro i sindacati asserviti.  L'aver fatto autocritica dopo, oltre a constatare una opportunità mancata, serve a noi ma non alla costruzione tattica di una lotta lunga e dura che necessariamente deve comprendere  l'unità di tutte le avanguardie e le realtà in lotta.Ogni avvenimento va considerato per ciò che è,non per chi lo propone.Ogni divisione,ogni settarismo lavora contro  la costruzione di un fronte proletario d'avanguardia capace realmente di cambiare  i rapporti di forza tra padroni e lavoratori, oppressori e oppressi, avvelenatori e avvelenati.A Taranto questo serve,non si può rimanere  immobilizzati dal settarismo,dalla competizione,dal pregiudizio.

benni scripilliti