La condanna all'ergastolo di Sabrina e
della madre Cosima per l'uccisione di Sarah è la conclusione, per il
momento, brutta e che non chiarisce ancora granchè, di
un'altrettanta vicenda bruttissima che non si è voluta capire e si è
continuata ad avvolgere in un alone di “oscuro”. Questa sentenza
è, comunque, emblematica di come la magistratura e tutto il
sottosistema di avvocati e avvocaticchi, tutto il sistema sociale che
ha ruotato attorno, il sistema da sciacallaggio mass mediatico,
abbiano, dopo troppi anni, condotto ad una conclusione processuale
che non rende ancora verità e giustizia né a Sarah ne alle ragazze.
Noi avevamo detto che “qualunque sia
la natura e l'esito della vicenda, essa affonda nella condizione di
vita e di relazione delle ragazze di questo paese, Avetrana, come di
tante realtà del sud, ed essa si muove nel contesto generale dell'oppressione che si vive e del bi/sogno di ribellarsi e
fuoriuscirne. Invece di spezzettare la vita di Sarah, bisognerebbe
guardarsi attorno, forse si potrebbe capire perchè e cosa è
accaduto”.
La
condanna di Sabrina - che comunque si basa soprattutto, al di là
delle deboli prove e della non solida motivazione, sulla denuncia del
padre – non
cambia questo discorso di fondo e in un certo senso rafforza la
nostra denuncia sulla condizione delle ragazze fatta già all'inizio
della vicenda. Essa mostra la realtà che dietro ogni uccisione delle
donne vi è l'intera condizione delle donne fatta comunque di
oppressione sia di vita, ma anche ideologica, perfino quando si
tratta di una donna che uccide un'altra donna; che dietro ogni
violenza e uccisione vi sono cause sociali e vi è un sistema
capitalista, di cui il patriarcalismo/maschilismo (nelle sue varie
forme), con i suoi falsi valori e sentimenti individualistici, è
un'ideologia fondamentale e costitutiva e per questo anche dominante
e deviante a volte della coscienza delle stesse ragazze.
La
morte di Sarah, la vicenda di Sabrina non sono, quindi, una brutta
vicenda privata, ma trovano le loro vere ragioni nella condizione di
centinaia, migliaia di ragazze a volte fatta di vuoto ma anche di deviazione dei desideri delle ragazze di un
mondo diverso, per imporre falsi, deviati bisogni individuali che
puntano a dividere, a contrapporre in una competizione, le ragazze
invece che a trovare le ragioni comuni di ribellione e di lotta.
Tutta
la vicenda è stata anche uno smascheramento della “famiglia”,
chiusa,
oppressiva, ora da difendere anche quando è barbarie e morte, ora
terreno di “lotta intestina”; mostrando
a chi vuole vedere e capire come essa, più viene esaltata da questo
sistema sociale come “sacra famiglia”, luogo di solidarietà,
sostegno, più nella realtà di abbrutimento e crisi del sistema
capitalista, della sua marcia ideologia, è luogo di “guerra”, in
cui, comunque, a farne le spese sono soprattutto le donne, anche
quando partecipano a questa "guerra". Nella vicenda processuale, prima
c'è stata la difesa omertosa della famiglia, da difendere nella sua
“onorabilità” verso l’esterno, poi la lotta di tutti contro
tutti (a cui grande mano hanno dato i mass media: prima “Michele”
era il “mostro” poi il povero zio “schiavizzato” dalle
“perfide” donne di casa, ecc.). Una
famiglia che è una catena, in cui se cade uno cadono tutti.
Ma
la durissima sentenza di ieri, l'ergastolo, è anche la “logica”
conclusione, quasi una risposta scontata al clima parossistico che
c'è stato sulla vicenda dopo l'uccisione di Sarah. Al fango, allo
sciacallaggio, all'impazzimento dei Talk Show, alla morbosa curiosità
che si era volutamente mantenuta per mesi e mesi sulla vicenda,
doveva evidentemente corrispondere una sentenza “esemplare” (che
– tra parentesi – pare non convincere lo stesso Procuratore della
Repubblica che, in una sorta di messa di mani avanti, ha dichiarato:
“”pare” che i giudici abbiano lavorato bene... sembrerebbe che
errori grossolani non ne siano stati commessi... le sentenze in ogni
caso si rispettano... ora si vedrà negli altri gradi di
giudizio...”).
Ricordiamo brevemente alcuni fatti.
Subito dopo l'uccisione di Sarah, calano in massa nel piccolo paese
di Avetrana, le forze dell'ordine: polizia, carabinieri, i Ros, che
stazionano per mesi. Mentre comincia in maniera assurda la presenza e
pressione mediatica.
Il paese, la casa di Sabrina, diventano
un luogo di macabro turismo della domenica.
La maggior parte della stampa e delle Tv cerca di sguazzare nelle sofferenze, di trovare la notizia piccante sulla vita amorosa delle ragazze di Avetrana... Vi sono per mesi e mesi Tv nazionali e locali che fanno trasmissioni non stop (arrivando a trasmissioni di 24 ore!); che quando inizia il processo si piazzano al Tribunale e ad Avetrana e arrivano a pagare i “cittadini” da intervistare, suggerendo loro anche cosa dire perchè si faccia notizia.
La maggior parte della stampa e delle Tv cerca di sguazzare nelle sofferenze, di trovare la notizia piccante sulla vita amorosa delle ragazze di Avetrana... Vi sono per mesi e mesi Tv nazionali e locali che fanno trasmissioni non stop (arrivando a trasmissioni di 24 ore!); che quando inizia il processo si piazzano al Tribunale e ad Avetrana e arrivano a pagare i “cittadini” da intervistare, suggerendo loro anche cosa dire perchè si faccia notizia.
La
morte di Sarah, la questione di Misseri prima e di Sabrina e Cosima
dopo, diventano uno spettacolo da “grande fratello”, non è più
reale, non deve più provocare emozioni, rabbia, ribellione, ma
morbosa curiosità, facendo volutamente un’operazione di
capovolgimento: non si parte dalla vicenda personale per comprenderne
le ragioni sociali, ma si cancellano di fatto le ragioni sociali e
tutto si riduce a scandagliare i particolari. Come una dittatura
viene imposto a migliaia di persone di parlare solo di questo, di
pensare solo a questo, di concentrare l’attenzione della gente sul
particolare, per non interessarsi al generale della loro condizione e
della stessa condizione delle donne.
Poi
c'è lo sporco ruolo degli avvocati, tutti, e degli “esperti”,
che si vendono a fior di soldi le loro dichiarazioni e indiscrezioni
sugli atti processuali; gli avvocati parlano più in televisione e
sui giornali che nell'aula giudiziaria; mentre indirizzano le bugie,
mezze verità dei loro assistiti.
E
poi c'è il sindaco di Avetrana che cerca di sfruttare l'attenzione
per rendere più interessante il suo paese a fini turistici (pensa
anche di far costruire nella piazza una statua di Sarah). Poi lo
stupido fratello di Sarah che cerca di avere da Lele Mora anche
una sua piccola e squallida pubblicità, ecc., ecc.
Infine,
non possiamo non rilevare un altro fatto.
Sabrina
e Cosima sono state condannate al massimo della pena: l'ergastolo.
Questo avviene in una situazione, anche recente, in cui altre
sentenze, che hanno riguardato terribili violenze e perfino uccisioni
di donne da parte di uomini, non hanno visto affatto dure condanne,
anzi sono state spesso sentenze scandalose per la loro leggerezza. Della
serie che se è l'uomo ad uccidere ha sbagliato e addirittura va
perdonato, se è una donna, è un 'mostro'!
Anche
questo c'è in questa brutta vicenda e pensiamo che anche questo
abbia pesato.
Margherita Calderazzi del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario
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