Ilva, Letta rinvia soluzione: ipotesi Bondi commissario |
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di ALESSANDRA FLAVETTAROMA - Cogestione, commissariamento, nazionalizzazione, vendita a terzi, liquidazione o un compromesso ponte per salvare l’Ilva di Taranto. È un ragionamento a tutto campo quello che si è aperto ieri, a Palazzo Chigi, nell’incontro tra governo, azienda siderurgica e Regione Puglia, proseguito nel pomeriggio a livello tecnico e ripreso, in serata, a livello politico. Un ragionamento che proseguirà anche oggi. Obiettivo: mantenere la produzione di acciaio e i posti di lavoro, trovando soluzione ad una vicenda che si è nuovamente ingarbugliata con il maxisequestro per beni pari a 8,1 miliardi della controllante dell’Ilva, la Riva Fire, disposto venerdì scorso dal Gip di Taranto Patrizia Todisco.
Davanti al premier Enrico Letta, al vice Angelino
Alfano, al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Filippo Patroni
Griffi, ai ministri di Sviluppo Economico e Ambiente, Flavio Zanonato e
Andrea Orlando, e al governatore della Puglia Nichi Vendola, l’ad e il
presidente dimissionari dell’Ilva, Enrico Bondi e Bruno Ferrante, hanno
ripetuto quanto il cda della Riva Fire ha sostenuto ieri impugnando il
provvedimento del giudice, e cioè che il nuovo intervento della
magistratura rischia di compromettere l'approvazione del piano
industriale 2013-2018 che avrebbe permesso il rispetto di tutti gli
obblighi dell’Aia. Un piano industriale che si attende da mesi.
Il credito del gruppo, però, è decisamente in ribasso
dopo le varie inchieste della magistratura, ultima quella di Milano sul
miliardo che i Riva avrebbero sottratto alle casse aziendali, fatto
passare per paradisi fiscali prima del rientro in Italia attraverso lo
scudo fiscale. E sembra che non sia favorevole alla società anche la
relazione trimestrale dell’Istituto superiore per la ricerca ambientale
(Ispra) sullo stato di attuazione delle prescrizioni dell’Aia, che
doveva essere resa pubblica il 7 giugno e che il ministro Orlando,
sull’onda dell’emergenza, ha chiesto di anticipare alla fine della
settimana. Come sostengono i sindacati dei metallurgici (Fiom, Fim e
Uilm) e come anticipato dal garante dell’Aia, Vitaliano Esposito, sono
numerose e sostanziali le inadempienze dell’azienda, che la legge
permette di sanzionare con penali fino al 10% del bilancio, in sostanza
un precommissariamento di cui è competente il prefetto. Il
commissariamento vero e proprio potrebbe arrivare una volta superati gli
ostacoli di natura tecnico-giuridica ed essere gestito dallo stesso
Bondi. Intanto, un comunicato del ministero dell’Ambiente esclude che
l’Ilva abbia goduto di una proroga nel cronoprogramma degli impegni
previsti dall’Aia attraverso la procedura del silenzio-assenso, come
alcuni organi di stampa hanno scritto.
Vendola, proprio perché non considera più i Riva «un
interlocutore credibile», propende per l’intervento dello Stato nella
gestione dell’azienda e per la convocazione di un tavolo permanente di
crisi su Taranto a palazzo Chigi. Una richiesta, quest’ultima, che verrà
probabilmente accolta. «Credo che l’amministrazione straordinaria -
spiega - sia la formula che consente un vero e proprio commissariamento:
per salvare l’azienda, far partire le bonifiche e i processi di
ambientalizzazione occorre affidarli a un organo dello Stato».
Il sottosegretario allo Sviluppo Claudio De Vincenti
ritiene che fin da subito si possa evitare la chiusura dell’impianto,
garantirne la continuità produttiva, e fare in modo che l’impresa faccia
gli investimenti previsti dall’Aia. Il tutto senza attendere l’11
giugno e l’approvazione del piano europeo (e di alcuni miliardi) per la
siderurgia, come suggerito dal vicepresidente della Commissione Ue,
Antonio Tajani.
Il governo sta vagliando anche la praticabilità di
un’altra ipotesi, proposta tempo fa dal lettiano Francesco Boccia, oggi
presidente della commissione Bilancio della Camera e già liquidatore del
Comune di Taranto: un comitato di cogestione con azienda,
rappresentanti dei lavoratori, ministero dell’Ambiente e tribunale, fino
al completamento delle bonifiche. Un modo, quest’ultimo, per uscire
dall’impasse che le iniziative giudiziarie provocano nella stessa
applicazione della legge, nata proprio per coniugare salute, ambiente e
lavoro nello stabilimento pugliese, dopo l’inchiesta sul disastro
ambientale e un altro sequestro della magistratura di Taranto: quello
dell’area a caldo dello stabilimento, che avrebbe impedito l’operatività
della fabbrica mentre si realizzava il risanamento ambientale. La
storia si ripete.
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