Finisce sotto sequestro anche il Centro studi |
TARANTO
- Se è vero che tutte le storie finiscono in gloria, il sequestro
dell’immobile di via Duomo a Taranto, uno dei palazzi più belli della
città vecchia, sede dal 2010 del Centro Studi Ilva, costituisce
l’emblema della fine di u n’epoca. I finanzieri del Gruppo di Taranto,
dopo aver rastrellato il rastrellabile in Riva Fire, hanno dovuto
rivolgersi anche al patrimonio dell’Ilva non strettamente necessario
alla produzione di acciaio per cercare di raggiungere la soglia di 8,1
miliardi fissata dal gip Patrizia Todisco nel suo decreto di sequestro
preventivo. Così ieri mattina il sequestro ha toccato tre proprietà tarantine dell’Ilva: la sede del centro studi, che ha ospitato le prime, difficili, conferenze stampa dell’era Ferrante ma che è stata per tre anni anche il luogo dove il sistema Ilva, fatto di relazioni, viaggi, convegni, buffet, sponsorizzazioni e incarichi, veniva messo a punto; al centro sportivo di Statte, utilizzato da numerosi campioni di tiro a volo; e ad un alloggio composto da ben 11 vani, utilizzato come foresteria. Il Centro Studi Ilva nasce nel 2010 per andare oltre il sistema Archinà, ovvero la fitta rete di relazioni personali che l’allora potente responsabile delle relazioni esterne dell’Ilva aveva intessuto con politici, sindacalisti, giornalisti e persino il clero, per creare consenso verso il gruppo Riva. L’obiettivo dichiarato del Centro Studi Ilva, si legge sul sito, «era quello di offrire una molteplicità di contributi multidisciplinari ad alto contenuto scientifico, in un formato divulgabile ai più, e di diventare un autorevole punto di riferimento per le istituzioni, la comunità scientifica, i media e i cittadini sui temi dello sviluppo ecocompatibile dell'industria». Per tagliare l’ambizioso traguardo, era stato formato un comitato scientifico (composto da Ivo Allegrini, l’ex consulente del Cnr che al telefono con Archinà discuteva di appoggi romani e sostegni ai giornalisti, il prof. Pietro Alberto Bertazzi, il prof. Carlo La Vecchia, il prof. Patrick Maisonneuve, il docente ed editorialista Federico Pirro) e non aveva problemi di budget, come si evince dalle numerose iniziative organizzate, spesso in un albergo a 5 stelle sul Mar Piccolo perché non c’è convegno senza lauto pranzo ma anche con giornalisti ospitati a Roma e a Bruxelles, per cambiare l’imma gine dell’Ilva, per favorire «un reciproco processo di conoscenza e consapevolezza del rapporto virtuoso che può essere creato tra grande industria e la comunità che l'accoglie» |
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