giovedì 31 luglio 2014

Dal presidio al carcere un messaggio solidale per il coordinatore provinciale slai cobas Palermo Rosario Sciortino - più volte a Taranto - colpito da foglio di via per la lotta NO MUOS

A Rosario

il presidio Slai cobas Taranto, dal carcere ti manda un saluto solidale contro l'ignobile foglio di via

la repressione non ci fa paura ma ci unisce nella lotta !

FOGLIO DI VIA AL MUOS!

I compagni del presidio slai cobas 31-7-2014

La vicenda nel testo dei compagni di Palermo

No Muos ancora repressione! Provvedimento di divieto di dimora nel comune di Niscemi anche per il Coordinatore Prov.le dello Slai Cobas s.c. di Palermo

No Muos: dopo numerose denunce, perquisizioni, fogli di via... ancora repressione!
Denunciamo con forza la nuova tornata repressiva di questo Stato, che diventa sempre più Stato di polizia, che ancora una volta si abbatte contro la lotta del movimento No Muos: 29 provvedimenti di divieto di dimora a Niscemi sono stati emessi dal Tribunale di Gela contro militanti e attivisti di varie parti della Sicilia ma non solo, tra cui quello notificato dalla questura di Palermo al Coordinatore Provinciale dello Slai Cobas per il s.c. di Palermo nonché militante politico del Circolo di Proletari Comunisti.
Il giudice per le indagini preliminari di Gela, Fabrizio Molinari, ha infatti emesso una “Ordinanza di applicazione di misura cautelare personale” che “prescrive ai suddetti indagati di non dimorare nel Comune di Niscemi e di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede”.
Lo Stato borghese, che usa la repressione in molteplici forme per salvaguardare i propri interessi di potere, soprattutto in fasi specifiche, è tempestivo nello scagliarla contro chi lotta avendo il chiarissimo obiettivo - all'interno del moderno fascismo che avanza - di attaccare preventivamente i movimenti di lotta come il No Muos in questo caso: ci si avvia infatti vero la nuova manifestazione a Niscemi del 9 agosto, ad un anno dalla grande manifestazione del 9 agosto 2013, in cui migliaia di manifestanti, giovani, lavoratrici e lavoratori, anziani, famiglie con bambini... marciarono fino alla base americana, invadendola per protestare contro l’installazione di questa antenna di morte, per lo smantellamento delle antenne presenti da anni nel terrritorio niscemese, per rivendicare non solo il diritto alla salute di chiunque abiti in Sicilia contro l'inquinamento ambientale e le correlate malattie che questi MUOStri causano alla popolazione, ma per ribadire anche a gran voce che i popoli non vogliono essere complici degli strumenti che governi come quello degli Usa, con il sostegno aperto del governo italiano, dai vertici più alti fino ai responsabili della Regione, come Crocetta, il presidente voltagabbana, utilizzano per le loro guerre imperialiste di rapina e distruzione mirate solo ed esclusivamente a mantenere il controllo di diverse parti del mondo per aumentare il profitto del Capitale.
E ancor di più lo gridiamo in questi giorni, tragicamente segnati dal sangue innocente che il popolo palestinese sta versando a causa dell'azione di vero e proprio sterminio messo in atto dallo Stato nazista di Israele fornito continuamente di strumenti di guerra proprio dagli Usa, ma anche da altri governi come quello italiano.
La reale illegittimità e il “grave ed allarmante pericolo per la sicurezza e l'ordine pubblico”, come recita l'ordinanza, non sono quelli delle masse popolari che lottano contro gli strumenti di morte della guerra imperialista e in difesa delle condizioni generali di vita, ma quelli di questo Stato borghese con i suoi governi di turno in complicità con altri paesi imperialisti come gli USA, che spadroneggiano sulla nostra terra, compreso con l'installazione del Muos!
Governi, sempre più delegittimati perchè sempre più facenti parte di una vera e propria casta criminale con una arroganza senza fine, sono loro il vero pericolo per la convivenza sociale, non chi lotta contro il Muos più che giustamente; così come gli altri movimenti elencati nell'ordinanza: “No-Tav, NO-DAL MOLIN, NO-RADAR Sardegna, NO-DISCARICHE, NO-PONTE, NO-TRIV, Associazione Rita Atria”. La magistratura strumentalmente, anche in questo caso, prova a dividere i manifestanti in cattivi da isolare e buoni da non “sobillare... nella perniciosa direzione di forme di proteste estreme...”.
Chi incarna il vero e allarmante pericolo per la convivenza sociale sono i responsabili della crescente disoccupazione, precarietà, povertà, dei morti sul lavoro, dell'invivibilità generale, sono gli stessi che quando incappano nella "giustizia" vengono trattati invece in guanti gialli, sono questi governi e istituzioni borghesi per i quali la vita delle masse popolari non conta proprio nulla e che per questo devono avere LORO il “divieto di dimora nella società” e non chi lotta per difendere diritti basilari come quelli che permettono condizioni di vita degni di questo nome.

Si illudono se pensano che provvedimenti repressivi come questi possono fermare la lotta, perché ora come sempre la repressione non ferma ma alimenta la giusta e necessaria ribellione!

Questa mattina davanti al carcere, slai cobas e familiari in lotta incontrano la stampa - inviato un messaggio ai detenuti

AI DETENUTI DEL CARCERE DI TARANTO

Siamo solidali con la vostra protesta perchè giusta, perche in queste condizioni non si può stare!
Nelle nostre file vi sono numerosi lavoratori, precari, disoccupati che hanno o hanno avuto problemi di carcere o hanno parenti in carcere, che vogliono con voi che si dica basta a queste condizioni e noi ci impegneremo su questo.
Svuotare il carcere!
Difendere le condizioni, dignità e diritti!

I compagni del presidio slai cobas per il sindacato di classe

31-7-2014


FORMAZIONE OPERAIA ON LINE

AGLI OPERAI, A TUTTI I LAVORATORI, LAVORATRICI

Su questo blog in autunno inizierà per la prima volta un sistema di formazione politica nuovo.
Un corso periodico di formazione operaia. 
Inizieremo con le basi marxiste su lavoro salariato, capitale, crisi, ecc.

I lavoratori potranno intervenire postando note nei "commenti" o domande, richieste di chiarimento, o suggerimenti. 

"... presuppongo lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, e perciò anche pensare con la propria testa...". 
(dalla prefazione alla prima edizione de 'Il capitale'  di Karl  Mrx - Londra, 25 luglio 1867)

Circolo Proletari comunisti - Taranto

Muore il figlio di 5 anni, il padre lo annuncia su Fb «Un'altra vittima dell'Ilva» - La solidarietà dello Slai cobas per il sindacato di classe Taranto

  1. Ieri sera, su Facebook, Mauro Zaratta ha annunciato la morte del figlio con queste parole:
  2. "Cari amici volevo avvisarvi che Lorenzino ci ha fatto uno scherzetto... ha voluto diventare 
  3. un angioletto...».
  4. Il popolo della Rete ha manifestato vicinanza e solidarietà alla famiglia Zaratta schierandosi anche 
  5. contro il Siderurgico e la grande industria ritenuta responsabile dell’emergenza sanitaria e ambientale a Taranto.

Lorenzo, di cinque anni, è il bimbo di Taranto a cui fu diagnosticato a soli tre mesi dalla nascita un tumore al cervello. Suo padre, Mauro, il 17 agosto del 2012 partecipò a una manifestazione contro l'inquinamento nel capoluogo ionico mostrando la foto del figlio intubato. L’uomo salì sul palco e raccontò il dramma che stava vivendo. Disse: «Certo, nessuno è in grado di dimostrare il nesso di causalità tra il tumore di Lorenzo e i fumi dell’Ilva, ma la mia famiglia lavorava lì e i miei nonni, mia mamma sono morti di tumore. Mio suocero anche
 era all’Ilva e mia moglie, durante la gravidanza, lavorava nel quartiere Tamburi. E tutti sappiamo che da quei camini non esce acqua di colonia, ma gas in grado di modificare il dna e provocare errori genetici come
quello di mio figlio".

I funerali di Lorenzo si svolgeranno questo pomeriggio, alle 16.30, nella chiesa Regina Pacis,
a Lama di Taranto.

Lo Slai cobas per il sindacato di classe esprime al papà e alla mamma di Lorenzo il proprio dolore,
la solidarietà, ma soprattutto l'impegno, anche a nome di Lorenzo e di tanti bambini morti e ammalati, a
fare più forte la sua battaglia perchè NON SI DEVE MORIRE PER IL PROFITTO DEI PADRONI!


Appello di medici, scienziati, ricercato: Salviamo il popolo di Gaza. Facciamo appello ai medici, scienziati, personale sanitario di Taranto a sottoscriverlo e a diffonderlo

Salviamo il popolo di Gaza

luglio 30, 2014
L'appello di scienziati 
ricercatori e 
medici
sottoscrivere e diffondere 



Salviamo il popolo di Gaza
Siamo medici e scienziati che spendono la loro vita nella cura e nella tutela della salute e della vita umana. Siamo inoltre persone informate; insegniamo l’etica delle nostre professioni, insieme alla sua conoscenza e pratica. Tutti noi abbiamo lavorato a Gaza e da anni conosciamo la sua situazione.
Sulla base della nostra etica e della nostra pratica, denunciamo ciò a cui stiamo assistendo nell’aggressione di Gaza da parte di Israele. Chiediamo ai nostri colleghi, professionisti giovani e anziani, di denunciare l’aggressione israeliana. Sfidiamo la perversità di una propaganda che giustifica la creazione di una situazione di emergenza per mascherare un massacro, una cosiddetta «aggressione difensiva». In realtà è uno spietato assalto di durata, portata e intensità illimitate.
Desideriamo riferire i fatti così come li vediamo e le loro implicazioni sulla vita di un popolo.
Siamo sconvolti per l’assalto militare su semplici civili a Gaza con il pretesto di punire i terroristi. Questo è la terza aggressione militare su vasta scala a Gaza dal 2008. Ogni volta il bilancio delle vittime è costituito principalmente da persone innocenti a Gaza, in particolare donne e bambini, sotto il pretesto inaccettabile di Israele di sradicare i partiti politici e la resistenza all’occupazione illegale e all’assedio imposto da Israele.
Questa azione terrorizza anche coloro che non sono direttamente colpiti, e ferisce l’anima, la mente e la resilienza delle giovani generazioni. La nostra condanna e il disgusto sono ulteriormente aggravati dal rifiuto e dal divieto a Gaza di ricevere aiuti e rifornimenti esterni per alleviare questa terribile situazione.
Il blocco su Gaza è stato ulteriormente inasprito rispetto all’anno scorso e questo ha peggiorato il prezzo pagato dalla popolazione. A Gaza, la gente soffre a causa della fame, della sete, della mancanza di farmaci, dell’inquinamento, della mancanza di energia elettrica, dall’assenza di qualsiasi mezzo per ottenere un reddito, non solo per le bombe e le granate. Mancanza di elettricità, carenza di benzina, scarsità di cibo e acqua, straripamento di fogne, risorse e posti di lavoro sempre più scarsi, sono tutti disastri causati direttamente e indirettamente dall’assedio.

Lottare o morire, nessun’altra scelta
La gente di Gaza sta resistendo a questa aggressione perché vuole una vita migliore e normale e, pur piangendo nel dolore, sofferenza e terrore, rifiuta una tregua temporanea che non prevede una possibilità reale per un futuro migliore. Una voce sotto gli attacchi a Gaza è quella di Um Al Ramlawi che parla per tutti quelli di Gaza «Ci stanno ammazzando tutti comunque – che sia una morte lenta per l’assedio, o una rapida da attacchi militari. Non abbiamo nulla da perdere — dobbiamo lottare per i nostri diritti, o morire».
Gaza è bloccata per mare e terra dal 2006. Qualsiasi persona di Gaza, compresi i pescatori, che si avventuri al di là di 3 miglia nautiche dalla costa di Gaza rischia di essere colpita dalla marina israeliana. Nessuno può uscire da Gaza attraverso gli unici due posti di blocco, Erez o Rafah, senza autorizzazione speciale degli israeliani e degli egiziani, difficile se non impossibile per molti da ottenere.
La gente di Gaza non è in grado di andare a studiare all’estero, di lavorare all’estero, di visitare le proprie famiglie all’estero, o svolgere attività all’estero, per non parlare di andare in vacanza. Persone ferite e malate, inoltre, non possono con facilità uscire per ottenere cure specialistiche al di fuori di Gaza e molti sono morti per questo. L’entrata di cibo e medicine a Gaza è limitata e molti beni essenziali per la sopravvivenza sono vietati. Prima dell’attacco attuale, i materiali nei magazzini medici a Gaza erano già a un minimo storico a causa del blocco. Ora sono ormai tutti esauriti. Allo stesso modo Gaza non è in grado di esportare i suoi prodotti. Poco prima dell’attacco, Israele ha anche ulteriormente ridotto il tenue flusso di merci consentite verso Gaza. L’agricoltura è stata gravemente compromessa dall’imposizione di una zona cuscinetto ed è ormai quasi completamente ferma. Olivi e alberi da frutto sono sradicati dai militari. I prodotti agricoli non possono essere esportati a causa del blocco. L’ottanta per cento della popolazione di Gaza dipende dalle razioni di cibo delle Nazioni unite.
Gran parte degli edifici e delle infrastrutture di Gaza erano state distrutte durante l’Operazione Piombo Fuso del 2008–9, ma i materiali da costruzione sono stati bloccati in modo che le scuole, le case e le istituzioni non possono essere adeguatamente ricostruite. Le fabbriche distrutte dai bombardamenti sono state raramente ricostruite aggiungendo disoccupazione alla miseria.

La riconciliazione respinta da Israele
Nonostante le difficili condizioni, la popolazione di Gaza e i loro leader politici hanno recentemente cercato di risolvere i loro conflitti «senza armi e senza danno» attraverso un processo di riconciliazione tra le fazioni, in cui la loro leadership ha rinunciato a titoli e posizioni, in modo da formare un governo di unità nazionale abolendo la politica di divisione tra fazioni che opera dal 2007. Questa riconciliazione, se pur accettata da molti nella comunità internazionale, è stata immediatamente respinta da Israele. Gli attacchi israeliani bloccano questa opportunità di unità politica tra Gaza e la Cisgiordania e colpiscono una parte della società palestinese distruggendo le vite della gente di Gaza. Sotto il falso pretesto di eliminare il terrorismo, Israele sta cercando di distruggere la crescente unità palestinese. Tra le altre menzogne, si afferma che i civili di Gaza sono ostaggio di Hamas, quando la verità è che la Striscia di Gaza è ermeticamente chiusa dagli israeliani e dagli egiziani.

Nessun rifugio sicuro per gli sfollati
Gaza è stata bombardata ininterrottamente negli ultimi 14 giorni, seguiti ora dall’invasione su terra di carri armati e migliaia di soldati israeliani. A più di sessantamila civili provenienti dal nord di Gaza è stato ordinato di lasciare le loro case in modo da poterle distruggere. Questi sfollati non hanno un posto dove andare, perché la parte centrale e meridionale di Gaza sono sottoposte a pesanti bombardamenti di artiglieria. L’intera Gaza è sotto attacco. L’unico rifugio a Gaza sono le scuole dell’Unrwa, un rifugio incerto già preso di mira durante Piombo Fuso, quando sono state uccise molte persone.
Secondo il Ministero della Salute di Gaza e Ufficio delle Nazioni unite per il Coordinamento degli affari umanitari (Ocha), al 21 luglio, 149 dei 558 uccisi a Gaza e 1.100 dei 3.504 feriti sono bambini.
Quelli sepolti sotto le macerie non sono ancora conteggiati. Mentre scriviamo la Bbc riferisce del bombardamento di un altro ospedale, colpite l’unità di terapia intensiva e le sale operatorie, con la morte di pazienti e personale. Ora si teme per il principale ospedale di Al Shifa. Oltre a tutto ciò, non c’è nessuno a Gaza che non sia psicologicamente traumatizzato. Chiunque abbia più di 6 anni di età ha già vissuto il suo terzo attacco militare da parte di Israele.

Distruggere, ferire l’anima e il corpo
Il massacro a Gaza non risparmia nessuno, e comprende i disabili e i malati negli ospedali, bambini che giocano sulla spiaggia o sul tetto, con una larga maggioranza di non combattenti. Ospedali, cliniche, ambulanze, moschee, scuole e l’edificio della stampa sono stati tutti attaccati, con migliaia di case private bombardate, indirizzando chiaramente il fuoco per colpire intere famiglie uccidendole all’interno delle loro case, e/o privare famiglie delle loro case cacciandole fuori pochi minuti prima di distruggerle. Un’intera area è stata distrutta il 20 luglio, lasciando migliaia di sfollati senzatetto, accanto a centinaia di feriti e uccidendo almeno 70 persone. Questo va ben oltre lo scopo di trovare gallerie. Nessuno di questi è un obiettivo militare. Questi attacchi mirano a terrorizzare, ferire l’anima e il corpo delle persone e rendere perversamente impossibile la loro vita nel futuro, demolendo anche le loro case e impedendo di ricostruirle.

Israele insulta la nostra umanità
Vengono utilizzate armi che, è risaputo, causano danni a lungo termine alla salute di tutta la popolazione; in particolare armi a non frammentazione e bombe a testata pesante. Siamo testimoni del fatto che armi di precisione sono usate indiscriminatamente e sui bambini, e vediamo costantemente armi “intelligenti” sbagliare mira, a meno che non siano volutamente usate per distruggere vite innocenti.
Denunciamo il mito propagato da Israele che l’aggressione avviene «preoccupandosi di salvare le vite dei civili e il benessere dei bambini».
Il comportamento di Israele ha insultato la nostra umanità, intelligenza e dignità, così come la nostra etica e sforzi professionali. Anche quelli di noi che vogliono andare e portare aiuto non sono in grado di raggiungere Gaza a causa del blocco.
Questa «aggressione difensiva» di durata, portata e intensità illimitata deve essere fermata.
Inoltre, qualora l’utilizzo di gas fosse confermato, questo costituirebbe inequivocabilmente un crimine di guerra per il quale, prima di ogni altra cosa, dovranno immediatamente essere decretate severe sanzioni contro Israele con la totale cessazione di qualsiasi accordo commerciale e di collaborazione con l’Europa.
Mentre scriviamo, vengono riferiti altri massacri e minacce al personale medico dei servizi di emergenza e il rifiuto di ingresso per convogli umanitari internazionali. Noi, come scienziati e medici non possiamo tacere mentre questo crimine contro l’umanità continua. Invitiamo anche i lettori a non rimanere in silenzio. Gaza intrappolata sotto assedio viene uccisa da uno delle più grandi e più sofisticate moderne macchine militari del mondo. La terra è avvelenata da detriti di armi con conseguenze per le generazioni future. Se quelli di noi in grado di farsi sentire non lo fanno e non prendono posizione contro questo crimine di guerra, sono anch’essi complici della distruzione delle vite e delle case di 1,8 milioni di persone a Gaza.
Prendiamo inoltre atto con disappunto che solo il 5% dei nostri colleghi accademici israeliani hanno firmato un appello al loro governo per fermare l’operazione militare contro Gaza. Siamo tentati di concludere che, con l’eccezione di questo 5%, il resto degli accademici israeliani sono complici nel massacro e la distruzione di Gaza. Ravvisiamo anche la complicità dei nostri paesi in Europa e in Nord America in questo massacro e ancora una volta l’impotenza delle istituzioni e delle organizzazioni internazionali nel fermarlo.

Paola Manduca, Professor of Genetics, University of Genoa, Italy; Sir Iain Chalmers, James Lind Library, Oxford; Mads Gilbert, Professor and Clinical Head, Clinic of Emergency Medicine, University Hospital of North Norway; Derek Summerfield, Institute of Psychiatry, King’s College,London; Ang Swee Chai, Consultant Orthopaedic Surgeon, London; Alastair Hay, Dept of Environmental Toxicology, University of Leeds; Steven Rose, Emeritus Professor of Life Sciences, Open University; Hilary Rose, Professor Emerita, University of Bradford. Angelo Stefanini, MD, Public Health, Bologna, Italy; Andrea Balduzzi, Zoologist, University of Genoa, Italy; Bruno Cigliano, MD, Paediatric Surgeon, University of Naples “Federico II”, Italy; Carmine Pecoraro, MD, Nephrologist, Santobono Children Hospital, Naples, Italy; Emilio Di Maria, MD PhD, Medical Genetics,University of Genoa, Italy; Franco Camandona, MD, Gynaecologist, ASL3, Liguria, Italy; Guido Veronese, MD, Clinical Psychologist, University of Milan-Bicocca, Italy; Luca Ramenghi. MD, Neonatology, Gaslini Childrens’ Hospital, Genoa, Italy; Marina Rui, Chemist, University of Genoa, Italy; Pierina DelCarlo, MD, Paediatrician, Massa, Italy; Sergio D’agostino, MD, Paediatric Surgeon, Hospital Vicenza, Italy; Silvana Russo, MD, Pediatric Surgeon, Santobono Children Hospital, Naples, Italy; Vincenzo Luisi, MD, Paediatric Cardiac surgeon, Massa Hospital, Italy; Stefania Papa, Environmentalist, University of Naples, Italy; Vittorio Agnoletto, MD, University Statale, Milan, Italy; Mariagiulia Agnoletto, Psychiatrist, Milan, Italy.

Riesce il presidio dello slai cobas in solidarietà dei detenuti al carcere questa mattina - intervengono i familiari

Il testo distribuito

Carcere di Taranto - solidarietà ai detenuti - non si può andare avanti così.

Domenica scorsa il carcere di Taranto ha vissuto ore di grande tensione, alcuni detenuti si sono ribellati si sono dotati di strumenti di difesa, hanno affrontato gli agenti della polizia penitenziaria e hanno fatto appello alla ribellione degli altri detenuti. Solo dopo ore è tornata la calma.
Le ragioni dei detenuti sono il sovraffollamento - sono 600 dove ce ne devono stare 300 - e il trattamento che rende per i detenuti, e in particolare quelli con problemi, la vita quotidiana insostenibile.
La situazione con il caldo e le lunghe detenzioni preventive spesso ingiustificate giustifica pienamente la ribellione dei detenuti.
Il problema principale non è quindi degli agenti di custodia, che certamente sono pochi e vogliono più sicurezza per loro.
Il problema è di svuotare il carcere non a norma e di tutelare condizioni e dignità dei detenuti!

Lo Slai cobas pretende che ci siano misure urgenti !

Da un rapporto della associazione ANTIGONE

La struttura sconta un elevato livello di sovraffollamento che, oltre a rendere più difficili le condizioni di vita all’interno del carcere, accelera il deperimento materiale dei fabbricati. Particolarmente difficile la situazione nelle sezioni del “circondariale”, in cui 4 detenuti si affollano in 9 Mq, con la torre del letto a castello che arriva a lambire il soffitto. A causa dei continui trasferimenti da altre strutture, la situazione di sovraffollamento persiste nonostante il buon livello di collaborazione esistente tra lo staff dell’area trattamentale e il tribunale di sorveglianza consenta un maggiore accesso alle misure alternative e ai benefici previsti dalla legge n. 199/2010.
L’elevata incidenza di detenuti con problemi psichiatrici e di tossicodipendenza, che nella sezione femminile raggiunge il 40%, rende particolarmente problematica la gestione della sicurezza e la garanzia di una tranquilla convivenza all’interno della struttura. 

 
Nei mesi estivi particolarmente grave è la situazione dell’approvvigionamento idrico, al punto che nel luglio 2012 una prolungata carenza di acqua ha scatenato la violenta protesta dei detenuti. A tutt’oggi, nonostante i lavori per la creazione di un’ulteriore cisterna siano stati completati d’urgenza, i detenuti sono costretti a fare le docce ad intervalli di 48 ore per la necessità di razionare i consumi. 
Estremamente limitate le possibilità di lavoro e formazione professionale offerte ai detenuti.
 La media di detenuti presenti negli ultimi due anni è 650, a fronte di una capienza regolamentare di 235.
I ¾ dei detenuti sono tossicodipendenti, di cui 20 in trattamento metadonico.

Verso nuove iniziative alla prefettura e alle istituzioni locali


Slai cobas per il sindacato di classe Taranto
via rintone 22 Taranto - slai cobasta@gmail.com – 3471102638
31-7-2014

Un articolo sull'Ilva che mostra come si stanno muovendo: capitalisti, governo, sindacati e "ambientalisti": degli operai, naturalmente, non si parla direttamente, benchè le vittime comunque dovranno essere loro.

di  - 26 luglio 2014 

"Nella notte di Taranto il gigante dorme" 

Scrive P. Bricco (voce dell'anima, del sentire del padronato del Sole 24 Ore) - "... A due anni esatti dagli arresti e dal sequestro dell'area a caldo, il maggior organismo industriale italiano... ha ridotto le sue funzioni vitali al minimo... Mercoledì 16 luglio l'impianto ha prodotto la quantità di acciaio minore della sua storia: in quella giornata ha realizzato poco più di 10mila tonnellate... L'equilibrio è a quota 22mila tonnellate. A 22mila tonnellate di acciaio medie prodotte al giorno l'Ilva è a break-even: né perde né guadagna soldi. Con l'effetto moltiplicatore delle grandi fabbriche e dei grandi volumi industriali, se riesci a collocarti al di sopra di questa asticella, allora guadagni molto. Per fare un esempio: nel 2007, ultimo anno prima della crisi, il record assoluto di una media quotidiana di 27,3 mila tonnellate consentì all'Ilva di beneficiare di un margine operativo lordo di poco più di un miliardo di euro....
Ogni mille tonnellate in meno fatte al giorno provoca in proiezione una perdita mensile di 17 milioni di euro. Certo, una perdita puramente "manifatturiera" - circoscritta al perimetro prettamente industriale dell'Ilva - che si può limitare e temperare tagliando, tagliando, tagliando...

"Tagliando, tagliando, tagliando" - questa è l'indicazione e il futuro per l'Ilva previsto comunque - al di là delle soluzioni proprietarie. E cosa taglieranno se non prima di ogni cosa gli operai? Il cui costo, in questo anno soprattutto, è il lamento continuo dei commissari?

Scrive P. Bricco - "Il presidente del Consiglio Renzi aveva promesso, sull'Ilva, un cambio di passo. Bisognerà verificare la destinazione finale di questo nuovo stile di camminata. Ma un cambio di passo, senz'altro, c'è stato...
Gnudi è un grande commercialista... È dotato di un pacchetto di relazioni ampio e trasversale... Gnudi è spesso negli uffici dell'Ilva di Milano e di Roma. Parla con le banche. Delega ad altri la quotidianità produttiva..."

L'attuale commissario Gnudi - ma leggi "governo Renzi" - semplicemente si disinteressa della realtà produttiva interna all'Ilva, dove - a detta degli operai - si lavora a "vista", al "giorno per giorno", in cui la precarietà e l'incertezza è la norma (con tutto quello che significa per gli operai fino alla permanente insicurezza di come si lavora). Non parliamo, poi, del disinteresse per il risanamento degli impianti e delle aree...! 
A Gnudi e governo interessa solo che l'Ilva abbia soldi dalle banche per tirare avanti, giusto il tempo per svenderla agli altri padroni. 

E su questo P. Bricco scrive - "...I franco-indiani di Arcelor Mittal, a Taranto, sono già venuti due volte. «Certo - osserva Fausto Durante, responsabile per l'Europa della Cgil - bisognerebbe vedere quale delle due anime che coesistono nel gruppo franco-indiano prevarrebbe. Arcelor aveva una governance concertativa con i sindacati e i lavoratori negli organi di controllo e di indirizzo, molto interessante per un caso come quello di Taranto. Mittal, invece, è durissima con i sindacati e i governi».

I nuovi padroni più accreditati in effetti sono gli indiani della Arcelor Mittal (qui parlare di franco-indiani è falso e fuorviante, dato che la Arcelor è stata comprata dalla Mittal indiana e quindi ora è a tutti gli effetti del padrone Mittal; cosa poi abbia comportato per gli operai Arcelor questo passaggio/svendita forniremo in futuro notizie dirette che è bene che sappiano gli operai italiani). Questi hanno due obiettivi prioritari nel comprare l'Ilva: far fuori altri concorrenti sul mercato mondiale; scalare la sua quotazione in borsa, che già è salita per il fatto stesso che è "uscita" la notizia dell'allargamento in Europa della Arcelor-Mittal: fermo restando questo obiettivi, per cui l'Ilva è soprattutto un'operazione finanziario e di occupazione di aree, un'operazione che gli deve costare poco, per cui assisteremo ad una svendita dello stabilimento di taranto come e peggio dei tempi di Riva, "se" gli indiani penseranno di produrre, si terranno solo la parte che loro considereranno produttiva, tagliando tutto il resto.

In questo quadro è veramente oscena e squalificata la posizione della Cgil, che: primo, si preoccupa solo delle relazioni concertative sindacali; secondo, fa apparire una presenza all'interno dell'Arcelor-Mittal di due "anime" padronali, che semplicemente non può esistere. 

Scrive P. Bricco - «L'auspicio - dice Biagio De Marzo, voce dell'ecologismo non radicale e settario di Taranto e dal 1971 in Italsider - è che, chiunque faccia una offerta nei prossimi mesi, comprenda che questa acciaieria vive soltanto se soddisfa il proprio gigantismo: il ciclo integrale sta in piedi con almeno 8,5 milioni di tonnellate all'anno. Il livello standard minimo raggiunto dai Riva. Una punta che ai tempi delle Partecipazioni Statali fu toccata soltanto per un mese nel 1976. Sappiamo bene che volumi più bassi significherebbe una violenta riduzione del personale»...

Della serie: vatti a fidare degli ambientalisti... Prima l'ambiente era tutto, ora negli auspici di De Marzo, la questione ambientale semplicemente è sparita...


Ma la questione ambientale la risolve la Cisl. Conclude infatti P. Bricco, riprendendo la questione inquinamento Tamburi - "...Nelle sere di Taranto, mentre il gigante dorme, non sono mai tranquilli nei loro letti gli abitanti di Tamburi, il rione che si trova a ridosso dei parchi minerali. «Non mi capacito - dice Bruno Manghi, sociologo che qui a Taranto ha diretto fra il 1981 e il 1983 la Scuola del Sud della Cisl - come negli ultimi vent'anni non vi sia mai stato in alcuna agenda, nazionale e locale, lo spostamento degli abitanti. In tutto il mondo si fa così...». 

COME SI VEDE, SONO GLI OPERAI CHE NON POSSONO "DORMIRE" E CHE SI DEVONO QUANTO PRIMA SVEGLIARE!

ENI aumenta i suoi utili, ma ristruttura per "eccesso di capacità" - Le contraddizioni del capitalismo vengono scaricate sui lavoratori

Eni, utile in crescita. Dividendi in arrivo. Scoperti nuovi giacimenti gas in Gabon

(da Sole 24 Ore) - Utili in crescita per Eni nel primo semestre: l'utile netto è di 0,66 miliardi di euro nel trimestre (+139%) e di 1,96 miliardi nel semestre (+7,9%). Il cash flow operativo del trimestre si attesta a 3,59 miliardi, il migliore dal II trimestre 2012 e a 5,74 miliardi nel semestre. L'utile operativo adjusted é a 2,73 miliardi nel trimestre (+39,3%) e 6,22 miliardi nel semestre (+9%). L'utile netto adjusted: a 0,87 miliardi nel trimestre (+50,7%)e 2,06 miliardi nel semestre (+4,8%). La proposta di acconto del dividendo é di 0,56 per azione.
«Nel 2014 lo scenario di mercato é complessivamente peggiorato rispetto al 2013. In particolare, nel settore della raffinazione abbiamo vissuto a livello europeo un drastico calo dei margini, frutto dell'eccesso di capacità, che ci ha portato ad accelerare il piano di ristrutturazione dei nostri impianti». Così l'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, commenta i conti del semestre.

«Malgrado il contesto negativo - aggiunge Descalzi - Eni ha conseguito un flusso di cassa in netta crescita grazie alle rinegoziazioni dei contratti gas di lungo termine i cui effetti consentono di anticipare il breakeven del settore G&P al 2014. Nell'upstream continuiamo a conseguire successi esplorativi di rilievo e, nonostante la complessità del contesto geopolitico, la nostra produzione di idrocarburi rimane stabile. Abbiamo poi varato una nuova struttura organizzativa compatta che ci consente, tra gli altri benefici, un funzionamento rapido e sinergico. Alla luce delle azioni messe in campo, proporrò al CdA del 17 settembre un acconto dividendo di 0,56 per azione».

L'Eni ha fatto un'importante scoperta di gas e condensati nel prospetto esplorativo Nyonie Deep, situato nell`offshore del Gabon nel blocco esplorativo D4, a circa 13 chilometri dalla costa e 50 chilometri dalla capitale Libreville.
La scoperta, che secondo le stime preliminari risulta significativa, con un potenziale iniziale in posto stimato in circa 500 milioni di barili di olio equivalente, è avvenuta nel pre-sale del Gabon ed è stata effettuata attraverso il pozzo esplorativo Nyonie Deep 1, perforato in 28 metri di profondità d`acqua e fino a una profondità complessiva di 4.314 metri...
La struttura, estesa per più di 40 chilometri quadrati, copre due blocchi esplorativi offshore, entrambi operati da Eni con una partecipazione del 100%.
La scoperta è il risultato della campagna esplorativa che Eni sta conducendo nel promettente bacino del pre-sale dell`Africa Occidentale, dove risulta il terzo campo scoperto recentemente in acque poco profonde, dopo Nene Marine e Litchendjili Marine in Congo. Il potenziale totale di queste scoperte è stimato in circa 3 miliardi di barili di olio equivalente, con potenziali margini di miglioramento."

Questa mattina all'Ilva gli operai con la Palestina!

"Gli operai, come classe, hanno una grande tradizione di giusta solidarietà internazionale e internazionalista. 
Chi difende gli interessi quotidiani dei lavoratori deve essere per sua natura un difensore dei diritti dei popoli oppressi". 

Questa mattina alle due portinerie A e D dell'Ilva striscioni, cartelli informativi del circolo di proletari comunisti e un volantinaggio dello slai cobas per il sindacato di classe , per dare una corretta informazione agli operai, per denunciare il massacro del popolo palestinese che Israele sta portando avanti. 

Tanti operai si sono fermati a leggere i cartelli, e a prendere il volantino con estrema attenzione. 
Una prima iniziativa e prime indicazioni, a cui ne seguiranno altre nei prossimi giorni, perchè si faccia sentire forte anche la voce degli operai, al fianco del popolo palestinese contro Israele e i governi che lo appoggiano, tra cui in prima fila l'Italia.

Alcune foto di questa mattina e il testo del volantino dello Slai cobas distribuito








GLI OPERAI CON LA PALESTINA! Fermare il genocidio del popolo palestinese.

Operai, facciamo sentire la nostra voce e la nostra solidarietà al popolo palestinese che ha visto cadere trucidati mille e forse più dei suoi figli e figlie, con circa la metà di donne e bambini – muore un bambino ogni ora! - per opera della barbara e criminale aggressione dello Stato di Israele.
Uno Stato che in nome dell'ebraismo stermina e uccide come fecero i nazisti con gli ebrei; uno Stato religioso, per cui per essere cittadini bisogna essere ebrei, peggiore dei cosiddetti Stati islamici. Uno Stato di ricchi e di privilegiati che si regge sull'oppressione di un altro popolo, cui ha rubato la terra e ne ha ucciso finora tante vite; uno Stato razzista e segregazionista come e peggio di come era Stato famigerato dell'apartheid del Sud Africa. Uno Stato super armato, militarizzato, con a disposizione armi nucleari, che si fa forte dell'appoggio che gli viene dall'imperialismo guerrafondaio americano, dei governi europei e che è finanziato dalle potenti lobby affaristiche di religione ebraica. Uno Stato che strumentalizza volgarmente il più atroce crimine della storia dell'umanità, l'olocausto nazista, per fare nuovi crimini contro l'umanità.
Uno Stato che ha violato tutte le risoluzioni dell'ONU che lo obbligavano a non procedere come ha proceduto finora, ma non ha ricevuto alcuna sanzione, dimostrando che anche l'Onu non considera i popoli tutti sullo stesso piano. Uno Stato che non ha mai nascosto, nei suoi teorici e nei suoi governanti, l'idea di costruire una 'Grande Israele' e di costruire un impero minore nella zona; uno Stato che strangola da anni la popolazione di Gaza e il popolo palestinese, con un blocco che la affama e che ha prodotto già più morti di quanti ne producono le aggressioni, l'invasione e l'occupazione.

Il popolo palestinese è un popolo che resiste e combatte e non può accettare per sempre una vita sotto occupazione che non è vita.
Quale operaio italiano accetterebbe una situazione del genere senza ribellarsi e reagire?
Il popolo palestinese ha cercato sempre di costruire proprie organizzazioni della resistenza, proprie autorità, sempre non riconosciute, calpestate e combattute dallo Stato di Israele.
Il popolo palestinese, come tutti i popoli, ha diritto di scegliere liberamente le sue rappresentanze e di usare le armi per difendersi. La Resistenza, il ruolo di Hamas sono attualmente una libera scelta del popolo palestinese, e ad esso deve andare il sostegno di tutti.

La stampa dei padroni, la stampa dell'imperialismo, la stampa dei governi come quello di Renzi e di tutti i governi di centrodestra o di centrosinistra in Europa, insieme ad articoli compassionevoli verso il popolo palestinese, ci vorrebbe convincere che lì il problema sarebbero i missili di Hamas che finora hanno fatto solo due vittime e hanno colpito solo militari o le pietre dei ragazzi palestinesi, e non l'esercito di Israele che usa anche nuove armi distruttive contro ospedali, scuole, case, parchi – hanno bombardato la centrale elettrica che fornisce energia per 100mila persone, mettendone a rischio la vita!

Sono gli stessi governi che tutti i giorni vomitano che la crisi va scaricata sui lavoratori, tagliando salari, posti di lavoro, diritti e pensioni; che riducono il nostro paese in una gigantesca terra di disoccupati; che ci tolgono la sanità, la scuola, ci negano le case e una vita e un futuro decente; che usano la polizia contro chi lotta e si ribella; che armano e considerano un buon affare armare Israele per fare profitti. Questi sono dalla parte di Israele, questi spargono infamia sul popolo palestinese.
Gli operai devono essere dalla parte del popolo palestinese, e considerare la loro lotta come la nostra lotta, contro nemici comuni.
Partiti parlamentari, sindacati confederali tacciono. Non dicono ai lavoratori la verità; come sempre sono dalla parte del più forte e non dei poveri, dei diritti, della libertà, della democrazia, della pace vera che non può essere quella ottenuta su un cimitero di morti.
Invitiamo ad inviare messaggi di protesta al governo italiano, al Pres. Napolitano, all'ambasciata israeliana;
a raccogliere fondi e aiuti per il popolo palestinese e la sua Resistenza;
ad informarsi come stanno realmente le cose leggendo i blog: proletari comunisti, tarantocontro;

a partecipare a tutte le manifestazioni che si organizzano a Taranto e in tutt'Italia

SLAI COBAS per il sindacato di classe
slaicobasta@gmail.com – 3475301704 - 30 luglio 2014

Facciamo l'inchiesta operaia nei reparti all'Ilva, per il processo


Dall'impostazione dell'inchiesta da parte del Giud. Todisco, che guarda soprattutto al rapporto Ilva/ambiente esterno, come dai rapporti "Sentieri", dai vari accertamenti dell'Arpa, mentre risulta una buona e dettagliata analisi degli effetti inquinanti esterni dell'Ilva e quindi del rapporto tra morti malattie e attività criminale dell'Ilva; vi è ancora poca documentazione per quanto riguarda gli effetti inquinanti e di attacco alla salute degli operai all'interno della fabbrica, area per area e reparto per reparto, che ha prodotto e continua a produrre tanti morti e malati tra i lavoratori. 
Mentre siamo impegnati a raccogliere documentazione (rapporti, atti accertativi, prescrizioni, ecc.) in tal senso dalla Asl-Spesal e dall'Ispettorato del Lavoro, FACCIAMO NOI UN'INCHIESTA OPERAIA, preparando con l'aiuto indispensabile dei lavoratori, schede reparto per reparto. 
Questa inchiesta sarà presentata al processo che riprenderà a settembre a sostegno della costituzione delle parti civili di operai dell'Ilva e dell'indotto.  

INVITIAMO GLI OPERAI A RISPONDERE ALLE DOMANDE NELLA SCHEDA SOTTO RIPORTATA, AD INTEGRARLE EVENTUALMENTE, E AD INVIARLE via e mail a: slaicobasta@gmail.com



INCHIESTA REPARTI ILVA

In quale reparto/i lavori o hai lavorato?
Il reparto si trova nell'area a caldo o area a freddo?
Quanti operai vi lavorano per turno? 

In cosa consiste il tuo lavoro?
Quali sono le condizioni del reparto e del tuo lavoro dal punto di vista dei problemi della salute e della sicurezza?
Vi è presenza di fumi, vi sono emissioni nocive, presenza di polveri di minerali, utilizzo di materiale pericoloso, ecc.? 
Vi è presenza di amianto? Se sì, dove? 
Vi sono fonti radioattive? 

Vi sono effetti fisici a causa dell'attività lavorativa svolta e quali? 
Nel tuo reparto vi sono operai che si sono ammalati per il lavoro che fanno, o che sono morti per tumore? 
Quali patologie colpiscono di più i lavoratori nel tuo reparto e per la lavorazione che svolgono? 
Vi sono stati casi di malore durante il lavoro?
Quali sono i rischi maggiori per la sicurezza? 
Vi sono stati nel tuo reparto infortuni gravi o mortali, e quali sono state le cause?

Vi sono state ispezioni della ASL o Ispettorato nel tuo reparto e perchè? Cosa hanno accertato?
Vi sono state denunce per problemi di salute o sicurezza da parte degli operai, verso capi, sindacati o verso gli Enti preposti? 
Che esito hanno avuto queste denunce o segnalazioni? 

Nel tuo reparto gli Rls sono intervenuti per problemi di salute o di sicurezza? 
Quando è accaduto, cosa hanno fatto? 
Vi sono stati dei risultati?

Vi sono stati negli ultimi 5 anni interventi dell'azienda per migliorare l'ambiente di lavoro? Se sì, quali? 

Alla Pasquinelli/Amiu ancora una volta la lotta dei lavoratori Slai cobas paga.

Ancora conquistate nuove assunzioni, 3, aumentando l'occupazione di quei disoccupati organizzati che hanno lottato nella fase precedente della lotta per il lavoro.
Questo nuovo risultato è frutto solo della lotta dei lavoratori Slai cobas della Pasquinelli che con fermate, incontri anche duri con l'Amiu hanno posto con decisione e fermezza la denuncia delle condizioni di lavoro e la necessità di aumento degli organici, insieme al miglioramento delle condizioni di lavoro.
Non dimentichiamo che anche sul fronte delle condizioni di lavoro, in particolare della sicurezza, abbiamo ottenuto che i lavoratori alla Pasquinelli non trattassero più la indifferenziata, dove si trovava di tutto, carcasse di animali, vermi, rifiuti pericolosi, ecc.

E' un messaggio di incitamento e fiducia nella lotta e nell'organizzazione verso i lavoratori e verso gli altri disoccupati che attualmente lottano per il lavoro.

A settembre apriremo la questione del riconoscimento delle mansioni e del passaggio di livello dei lavoratori; insieme sempre ad un'estrema attenzione a migliorare le condizioni di sicurezza e tutela della salute.

Questa vittoria è doppiamente importante anche perchè i lavoratori hanno come controparte non solo l'Amiu, ma anche i sindacati confederali dell'Amiu, di cui uno, la Cisl, si è infiltrata nella Pasquinelli, tesserando con l'inganno una parte dei lavoratori.
Ma i fatti valgono più delle parole.
Mentre lo Slai cobas, con la sua battaglia coerente a difesa dei lavoratori, ottiene risultati sul fronte dei posti di lavoro, e delle condizioni di lavoro, Cisl e gli altri sindacati confederali nei loro comunicati, nelle loro richieste sono contro le assunzioni dei disoccupati alla Pasquinelli, fanno una difesa corporativa dei lavoratori Amiu, e, come l'Amiu, vogliono che raccolta differenziata e attività nel ciclo rifiuti vengano fatte non con nuovi lavoratori ma con lo stesso personale Amiu; sulla sicurezza, poi, semplicemente se ne disinteressano, facendo negli incontri una "difesa d'ufficio" dell'azienda.

Ora più che mai occorre compattezza dei lavoratori della Pasquinelli. Perchè si deve e si può ancora conquistare altre assunzioni e altri miglioramenti.

martedì 29 luglio 2014

LA REPRESSIONE DELLA LIBERA INFORMAZIONE
sit in contro il licenziamento del giornalista Abbate di Blustar

Ore 19,00 via Di Palma Taranto la nostra delegazione Slai Cobas giunge sul luogo del sit in dove era già montato un gazebo, dove si raccoglievano le firme a favore di Luigi Abbate, giornalista di Blustar tv, licenziato senza preavviso per aver dato ai cittadini Tarantini le giuste informazioni sugli accadimenti dell’ultimo periodo sul fronte ambientale e in special modo sulla vicenda ILVA. Ci siamo avvicinati anche noi al giornalista ed abbiamo espresso la solidarietà degli Slai Cobas, evidenziandolo anche con un manifesto che abbiamo affisso nelle vicinanze del sit in, a cui hanno partecipato circa un centinaio di persone facenti parte soprattutto di associazioni ambientaliste, comitati, sindacati di base e qualche esponente politico venuto a fare passerella.
Abbate alla fine ha voluto fare un intervento ed, evidentemente commosso ha ringraziando tutte e tutti della solidarietà dimostrata promettendo battaglia e annunciando prossime grandi novità e scoop giornalistici, a riprova del lavoro svolto che intende ovviamente continuare per i cittadini e per la città intera. A seguire l’intervento della Orlando organizzatrice esponente di Taranto respira, che ha messo l’accento sulle parole di Abbate, confermando l’appoggio di tutti i partecipanti .                 

Slai cobas per il sindacato di classe

Rivolta al carcere di Taranto - solidarietà ai detenuti - non si può andare avanti così - giovedi ore 11 presidio dello Slai cobas Taranto al carcere

Domenica scorsa il carcere di Taranto ha vissuto ore di grande tensione, alcuni detenuti si sono ribellati si sono dotati  di strumenti di difesa, hanno affrontato gli agenti della polizia penitenziaria e hanno fatto appello alla ribellione degli altri detenuti. Solo dopo ore è tornata la calma.
Le ragioni dei detenuti sono il sovraffollamento - sono 600 dove ce ne devono stare 300 - e il trattamento che rende per i detenuti e in particolare quelli con problemi la vita quotidiana insostenibile.
La situazione con il caldo e le lunghe detenzioni preventive spesso ingiustificate giustifica pienamente la ribellione dei detenuti.
Il problema principale non è quindi degli agenti di custodia, che sono pochi e vogliono più sicurezza per loro.
Il problema è di svuotare il carcere non a norma e di tutelare condizioni e dignità dei detenuti!

Lo Slai cobas pretende che ci siano misure urgenti a loro tutela e indice un sit in con conferenza stampa alle 11 per giovedì 31 luglio al carcere

Invitiamo a partecipare tutte le forze  e i cittadini che hanno interesse perchè questa situazione abbia termine

Slai cobas per il sindacato di classe Taranto
via rintone 22 Taranto - slai cobasta@gmail.com - 3471102638

Solidali con il giornalista Abbate licenziato

Oggi sit in sotto la sede dell'emittente Blustar alle 17
Un licenziamento politico-economico contro la libertà di informazione.
100mila euro da Riva a Blustar per il tramite di Archinà...
E Vendola non ha nulla da dire?
Basta con i diktat e i soldi dell'Ilva per oliare l'informazione!

Oggi lo slai cobas per il sindacato di classe con la sua rappresentante, Concetta Musio partecipa al sit in indetto da Taranto respira

Slai cobas taranto
via rintone 22 - 3471102638
29-7-2014

Il circolo proletari comunisti oggi ha approfondito la questione palestinese

Parte di una lunga riunione del Circolo proletari comunisti di Taranto oggi è stata dedicata alla situazione in Palestina. Si è fatto un bilancio delle iniziative in corso a Taranto e in Puglia.
A Bari, dopo una forte manifestazione con oltre 1000 persone il 16 luglio, si è aperto uno scontro con la Regione Puglia, che prima - martedi 22 luglio - si era impegnata per un comunicato del consiglio regionale in solidarietà con il popolo palestinese, poi ha approvato - venerdi 25 luglio - un testo povero e inaccettabile di fronte ai massacri e distruzioni in corso in Palestina.
Il circolo proletari comunisti di Taranto denuncia la Regione Puglia e il suo presidente Vendola che non esce dal seminato del governo Renzi neanche su questo. Non ci stiamo e continueremo la denuncia e la mobilitazione con tutti gli altri e con la comunità palestinese di Bari.
A Taranto, vi è stata una iniziativa di Biblioteca Popolare Città Vecchia  - presidio in piazza - e quella di proletari comunisti di sabato 26 - volantinaggio e cartelli itineranti fino al centro.

E' poco, ma sin da domani ci sarà un importante volantinaggio all'Ilva di Taranto port. A e D dello Slai cobas cui diamo tutto il nostro appoggio.
Domenica 3 agosto saremo alla 'Festa dei briganti' di Grottaglie, per portare ai partecipanti, informazione, controinformazione e invito alla mobilitazione solidale con il popolo palestinese.

Circolo proletari comunisti Taranto
pcro.red@gmail.com - 3471102638

Sindacato Di Base Pavia - Solidarietà da Pavia per Margherita e Massimo

Taranto: Ancora repressione per chi lotta in questa città

Una nuova denuncia è arrivata in questi giorni a Taranto alla coordinatrice dello Slai cobas, Margherita Calderazzi, e a uno dei rappresentanti dei Disoccupati Organizzati, Massimo già arrestato per la protesta del 22 maggio.
Ancora, mentre nessuno risposta viene data dal Comune e dalle Istituzioni sull'emergenza lavoro, si cerca di attaccare pesantemente coloro che organizzano e lottano per il diritto al lavoro, al salario, alla dignità.
In questo sistema sociale al servizio dei padroni, fatto di partiti borghesi e politicanti, rappresentanti istituzionali che pensano solo ai loro interessi e al loro squallido potere, lottare per il diritto al lavoro è un reato!
Di quali "grandi crimini" sono accusati?
Di aver manifestato sul ponte girevole, dopo l'ennesimo silenzio del sindaco e degli assessori e la venuta meno dei loro stessi impegni; di aver provocato un danno alla città - un'accusa che sembra della serie: "fare dello spirito ad un funerale", visto che i danni, questi sì gravissimi, alla città li provocano ogni giorno chi governa Taranto; di aver fatto appello agli altri disoccupati, lavoratori, a lottare, a ribellarsi.

A questa nuova denuncia e nuovo processo, che si aggiunge a tante altre denunce che stanno colpendo lo Slai cobas e i Disoccupati Organizzati, e che si aggiunge al processo per i 2 disoccupati arrestati, dobbiamo rispondere non solo non fermando alcuna lotta per il lavoro - le cui forme a volte dure sono assolutamente necessarie - ma sviluppando da settembre una vasta campagna contro la repressione, contro le denunce, i processi, gli arresti per chi lotta per il lavoro, che vogliono colpire e fermare i Disoccupati Organizzati, ma vogliono soprattutto bloccare, riempendo di denunce la sua coordinatrice, l'azione dello Slai cobas per il sindacato di classe, unica realtà in questa città che lotta coerentemente.
GIU' LE MANI DAI DISOCCUPATI ORGANIZZATI!
GIU' LE MANI DALLO SLAI COBAS!

Chi denuncia l'emergenza lavoro, come l'emergenza salute in questa città,stia concretamente al fianco di chi lotta, contro la repressione!

Slai cobas per il sindacato di classe - Taranto

“Cementir non rispetta gli accordi”

“Cementir non rispetta gli accordi”

Preoccupazione dei sindacati di categoria per il “silenzio” della direzione Cementir: “ad un anno dall'accordo siglato a Roma temiamo che non sia stato fatto nulla. Gli ammortizzatori sociali non sono eterni”. Si chiedono risposte per i 25 lavoratori in cassa integrazione.

ARQUATA SCRIVIA – Ad un anno di distanza del complesso accordo siglato a Roma tra sindacati e i vertici di Cementir “non è stato fatto nulla”. A dirlo sono i segretari provinciali di categoria di Cgil, Cisl e Uil.
“C'è in ballo il futuro di oltre una ventina di lavoratori ai quali tra un anno scadrà la cassa integrazione di cui, attualmente, stanno usufruendo”.
Lo scorso anno il cementificio aveva annunciato la chiusura dello stabilimento di Arquata Scrivia. Immediata la mobilitazione dei sindacati e degli enti, Comune, Provincia e Regione che nel corso di una serie di tavoli di confronto stabilito un percorso condiviso. (nella foto d'archivio un momento della protesta). In particolare la Regione si impegnava ad inserire Cementir nella Legge 4, relativa al finanziamento di opere compensative legata alla realizzazione del terzo valico dei Giovi. Nella sede di Confindustria, a Roma, dove Cementir ha la sede centrale, si era poi giunti ad un accordo composito che prevedeva l'applicazione per due anni della cassa integrazione (un anno è nel frattempo trascorso), l'impegno dell'azienda a ricollocare personale presso altre realtà produttive, dopo averlo avviato a percorsi formativi, ed incentivando le aziende pronte a farsi carico dell'assunzione, la disponibilità ad incontri periodici con i sindacati.
“Non ci risulta che sia stato fatto nulla di tutto ciò. L'unico punto rispettato è stata la verifica di mobilità volontaria tra i dipendenti. Attualmente sono una ventina quelli in cassa integrazione. Ma l'ammortizzatore sociale non è per sempre”, dicono Cogliandro, Lupo e Del Bello rispettivamente di Cgil,Cisl e Uil. Il nodo sembra essere il cambio di direzione al vertice dell'azienda. “Abbiamo chiesto più volte un incontro con il nuovo direttore che però non ci è mai stato concesso”, sottolineano i sindacati.
17/07/2014

lunedì 28 luglio 2014

L’ENI, la chimica, la raffinazione, l’estrazione e l’Italia.

Oggi, in occasione dello sciopero nazionale e

della manifestazione a Roma organizzata dai 

sindacati confederali, pubblichiamo questo 

contributo dei lavoratori dello Slai cobas del 

Petrolchimico di Marghera.

Mentre la rivolta è partita a Gela, a Marghera il regime mostra la sua faccia di dissoluzione del patrimonio produttivo nazionale, del resto è un regime impegnato nelle strade e rotonde, grandi opere speculazioni immondizia e ovviamente mazzette.


La parte produttiva del colosso italiano è definita in perdita da parecchio tempo, lo diceva con forza una decina di anni fa il rag. Mincato all’epoca AD di e.n.i. che assestò un bel fendente al Petrolchimico di Porto Marghera, la chiusura del ciclo caprolattame avviando l’effetto domino. Ritornando all’attualità c’è da rimanere allibiti di fronte a dichiarazioni tipo :” e.n.i shock si chiudono due petrolchimici e 4 raffinerie su 5 “ ma dove avete vissuto mentre la raffineria di Livorno scampava al suo destino e poco dopo quella di Venezia veniva chiusa perdendo all’ incirca 1/3 dei posti di lavoro e riconvertita a deposito con produzione di 40-60 T/h di biodiesel da olio di palma attraverso un pericoloso ( economicamente, sia chiaro ) passaggio in due step attualmente fermo allo step 1, la raffineria di Gela veniva fermata, ad Assemini il clima era assai pesante, mentre fuori dal gruppo chiudevano Mantova, Roma, altri siti e tornando a Marghera in via della (ex) chimica le celle a membrana non sono mai arrivate?

Si tratta da parte di e.n.i. della continuazione, di un piano già ben delineato che non ha mai subito battute d’arresto se non per cause esterne dovute al disastro della Deepwater Horizon nell’Aprile 2010.


Cosa c’entra?

Il piano è quello di estrarre in Italia usando il ricatto della dismissione della parte industriale e produttiva del gruppo ormai fuori dal raggio di azione delineato dagli azionisti che vedono come fonte sicura di dividendo l’estrazione e la vendita e non più la lavorazione accusando i paesi emergenti di produrre, dopo che e.n.i. stessa ha venduto loro la tecnologia, a prezzi che rendono il sistema raffinazione e chimico italiano fuori dai giochi.

Ormai il disastro delle coste americane è stato dimenticato e le regole fissate sulle miglia marine di distanza dalla costa sono rientrate a valori pre Deepwather Horion e le concessioni di perlustrazione fioccano su tutto il territorio e le coste nazionali, mentre dove già si estrae la popolazione non se la passa bene, un esempio su tutti e la Val D’Agri in Basilicata.


S.L.A.I. CoBas per il sindacato di classe appoggia tutti quei comitati popolari che si schierano contro le nuove trivellazioni su territorio nazionale, questo non per logica anti industriale ma per la salvaguardia della vita e della salute dei cittadini e dei lavoratori.

Tutto ciò fino a quando non ci saranno regole e controllori che garantiranno l’azione estrattiva nel rispetto della salute della popolazione e della salvaguardia del territorio, non vogliamo diventare il nuovo delta del Niger!

Il nuovo a.d. era capo del settore estrattivo e non è un caso, il più redditizio, appena arrivato ha semplificato la struttura organizzativa: up, mid, down.

Down, di cui fanno parte raffinazione e chimica, è a tutti gli effetti la parte indebitata che manda in rovina il gruppo: come si può ipotizzare il rilancio se si mettono insieme tutte le procacciatrici di disavanzo?

Unica soluzione è la totale dismissione, niente di nuovo solo che questa volta è alla luce del sole, chiara, limpida.

Sfruttare i giacimenti italiani come si sta facendo attualmente, contando su una tassazione tra le più basse a livello mondiale, non è creare un futuro al paese ma affossarlo facendo guadagnare i soliti noti.

Pensare poi al reimpiego dei lavoratori nel settore estrazione ci fa venire alla mente l’ esperienza che stanno “maturando” alcuni colleghi di in comando alla vecchia E&P ora UP che certo non fa dormire a nessuno sonni tranquilli anzi siamo alle soglie dell’incubo più che della prospettiva occupazionale.


Richiamare la “funzione sociale di e.n.i.” in quanto azienda di Stato è mentire sapendo di farlo.

Va precisato che lo Stato è l’azionista di maggioranza e in quanto azionista è interessato esclusivamente al dividendo.

Negli ultimi giorni, infatti, attraverso il presidente del consiglio, accompagnato dall’amministratore delegato di e.n.i., si è garantita la stipula di investimenti miliardari con paesi centroafricani, certo non noti per il loro rigoroso rispetto dei diritti umani.

Lo Stato è al servizio di e.n.i. e non il contrario.


Agli annunci della continuazione della dismissione la reazione dei concertativi è stata quella sì “sorprendente”.

Comunicati duri, un coordinamento di tutti i delegati area e.n.i a Roma e i tre segretari, dopo aver firmato la ricalibrazioni delle percentuali indennità turno senza chiedere nulla ai lavoratori ma concedendo loro un passaggio assembleare dove le r.s.u. dovranno far digerire quanto firmato, sul piede di guerra nei confronti dell’azienda “di stato”.

I risultati sono una giornata di sciopero il 29 Luglio con manifestazione a Roma, il 28 Luglio una manifestazione territoriale a Venezia ed il 24 Luglio mattina a Marghera una assemblea generale per dire ai lavoratori quando e dove devono scioperare.

Ma i lavoratori tutti cosa hanno deciso, in che maniera sono stati coinvolti nella strategia da intraprendere, ci si è confrontati con loro esclusivamente nei “circoli” di appartenenza sindacale, è democratico tutto ciò o siamo alla dittatura delle maggioranze?

Il metodo intrapreso per decidere le tappe della mobilitazione non lo condividiamo, le assemblee generali andavano fatte prima delle decisioni non dopo altrimenti servono a dare ordini e basta.

Noi siamo per far decidere ai lavoratori tutti, dopo un confronto, le strategie di mobilitazione che se calate dall’alto corrono il rischio di generare “buchi partecipativi” che nonostante tutto auspichiamo non avvengano.


Ribadiamo ciò che con forza scrivevamo sui volantini nel periodo assai vicino della crisi della raffineria di Marghera, il problema della dismissione del tessuto industriale di e.n.i. è di tutti i lavoratori dei siti indipendentemente dalla sigla che portino stampata sulla tuta.

La vertenza è trasversale e solo uniti possiamo far valere le nostre ragioni, e.n.i. deve ripensarci in toto non può affossare un paese e non può fare quel che le pare con accordi di investimento che ha firmato e che i lavoratori e il tessuto sociale hanno pagato caro, il dividendo c’è.

Una volta per tutte, e.n.i. non è una azienda in crisi e riteniamo il suo ricorso alla C.I.G. in vari momenti ed anche attualmente un furto alla collettività.

e.n.i. deve inoltre bonificare a sue spese tutti i siti che ha inquinato e consegnarli veramente a nuovi investitori, alle autorità locali l’onere di vigilare ed evitare ogni speculazione.


Dobbiamo prestare molta attenzione alle sirene sindacali e aziendali che ci invitano alla calma sostenendo che il nostro sito non corre alcun rischio.

Dirigenti e sindacati concertativi in maniera ufficiosa dico le stesse cose e il tutto è molto preoccupante.

Chi sa interpretare come vanno le cose siamo noi lavoratori che la fabbrica la viviamo e ne vediamo il destino.

Ci aspettiamo dall’azienda interventi mirati a spaccare il già esile fronte unitario dei lavoratori, o si affrontano tutte le questioni insieme altrimenti avremo perso tutti, il futuro c’è per tutti, se c’è solo per una parte è una sconfitta di tutti.



SLAI Cobas per il Sindacato di Classe
Marghera