domenica 31 gennaio 2016

No hotspot a Taranto - comunicato della Campagna Welcome Taranto - Da Slai cobas: organizziamo a febbraio una mobilitazione

Né qui né altrove: no all’hotspot di Taranto
Taranto è uno dei nodi centrali nei progetti di gestione dei flussi migratori elaborati dal Governo italiano in accordo con la Commissione europea. A Taranto, infatti, è prevista la realizzazione di uno degli hotspot italiani, insieme a Lampedusa, Pozzallo, Trapani, Porto Empedocle e Augusta.
La previsione è inquietante, a più livelli. Le testimonianze di migranti, attivisti ed associazioni che operano nei centri hotspot già attivi (Lampedusa, Pozzallo e Trapani) descrivono una generale e indiscriminata contrazione del diritto d’asilo, di notevoli rischi personali e collettivi per una vastissima percentuale di potenziali richiedenti asilo, spesso minori e in condizione di vulnerabilità.
Questa generalizzata contrazione del diritto d’asilo è legata a doppio filo alla natura stessa degli hotspot, che nascono come centri chiusi (per ammissione dello stesso Governo all’interno del documento Road Map Italiana) finalizzati alla differenziazione (ingiusta e illegale) tra cosiddetti migranti economici e potenziali rifugiati. Questa selezione, che non tiene conto della realtà ed è assolutamente arbitraria, viene effettuata tramite la somministrazione di un cosiddetto foglio notizie (un questionario fuorviante, che sembra elaborato dal Ministero proprio per trarre in inganno i migranti), già nei momenti immediatamente successivi allo sbarco (in una condizione di disagio, vulnerabilità e difficoltà psicofisica), senza un’adeguata informazione legale. In aggiunta, negli hotspot già attivi si segnalano privazione della libertà personale in assenza di qualsiasi riferimento normativo.

Qual è il prodotto di questi hotspot?
I centri sopra descritti, compreso l’hotspot di Taranto di prossima apertura, possono essere descritti come una vera fabbrica della differenza che, a seguito dell’obbligatorietà dell’identificazione imposta dalla Commissione Europea, e al rifiuto di accoglienza, ha l’effetto di ridurre in condizione di permanenza illegittima (clandestinità) sul territorio un numero elevato di potenziali richiedenti asilo, e a rimpatriare i cittadini provenienti da paesi con i quali l’Italia ha stabilito accordi di riammissione (spesso con governi non democratici), a fronte di un numero esiguo di profughi che dovrebbero (teoricamente) essere oggetto di ricollocamento in altri territori dell’UE. Questa differenziazione avviene principalmente in base alla nazionalità di provenienza: si tratta di una vera e propria discriminazione, oltre che di una prassi illegale. Occorre ricordare che la facoltà di presentare domanda di protezione internazionale è un diritto soggettivo, previsto dalla legge italiana e dalle normative europee per tutti coloro che scelgono di avvalersi di tale diritto, e che l’attuale impedimento all’esercizio di questo diritto rappresenta una violazione delle normative, ad ogni livello, che espone i migranti a varie e inquietanti forme di sfruttamento, proprio in virtù della costruzione di questa condizione di assoluta ricattabilità.

Dalle numerose testimonianze provenienti dai luoghi nei quali già sono attivi i primi hotspot si apprende che è già stato emesso un numero elevatissimo di provvedimenti di respingimento differito, tramite i quali i potenziali richiedenti asilo vengono clandestinizzati e lasciati nei vari territori senza accoglienza, orientamento, informazioni. Si segnala, inoltre, che la scelta di sottoporre obbligatoriamente al fotosegnalamento tutti coloro che transitano dagli hotspot sta generando forme di rifiuto e di resistenza da parte di tutti coloro che vorrebbero transitare dall’Italia verso i paesi del nord Europa. Proprio in questi giorni si pone anche il tema dell’utilizzo della forza, da parte dei funzionari di Polizia, per obbligare tutti i migranti al rilascio delle impronte.
Quest’ennesima violazione dei diritti fondamentali potrebbe essere presto prevista anche nel nostro ordinamento, secondo le indicazioni della Commissione europea, e verosimilmente anche il nascente hotspot di Taranto potrebbe essere oggetto di questa e delle altre violazioni già attuate sugli altri territori.

Abbiamo la percezione che il progetto in fase di attuazione, che riguarda anche la nostra città, interessi una tematica così importante, che ha direttamente a che fare con la qualità della nostra democrazia, da richiedere con urgenza una netta presa di posizione di tutti i soggetti politici, sindacali e associativi che operano sul territorio. È necessario fare in modo che il dibattito intorno al metodo hotspot non resti confinato negli ambienti di coloro che si occupano di accoglienza, solidarietà e migrazioni, ma che, al contrario, coinvolga tutta la comunità tarantina.
Pensiamo che gli effetti dell’attuazione di questo sistema saranno evidenti: è facile immaginare che le forme di drammatico sfruttamento, presenti nelle nostre campagne come in altri territori, saranno alimentate dalla presenza di forza lavoro migrante, clandestinizzata dalle procedure hotspot, ricattabile e vulnerabile. È in corso una lesione dei diritti fondamentali, che avrà conseguenze materiali, concretissime, sulla qualità della vita delle migranti e dei migranti.

Il sistema hotspot segna uno spartiacque: vengono formalizzate e istituzionalizzate prassi illegittime, con un’evidente contrazione della possibilità di accesso ad un diritto fondamentale, quello di richiedere protezione internazionale. È necessario che tutti prendano parola, alimentando un dibattito ampio e diffuso, finalizzato all’organizzazione di mobilitazioni e attivismo all’altezza della sfida.
Dalle attività di sbarco al respingimento/rimpatrio c’è una sostanziale condizione di invisibilità, che rende difficile il monitoraggio delle procedure e delle prassi. Anche alla luce di ciò, è necessario che gli attivisti, i movimenti e le associazioni che operano sui territori interessati dai centri hotspot cooperino e si scambino informazioni per monitorare ciò che succede all’interno dei centri.

È opportuno che le prese di posizione e le mobilitazioni contro il metodo hotspot non restino confinate nei singoli territori nei quali operano i centri ma che, al contrario, vengano realizzate forme di connessione, discussione collettiva, coordinamento tra i vari territori, al fine di produrre pratiche di movimento aperte, inclusive, partecipate ed efficaci.
Il sistema hotspot è, in definitiva, uno strumento attivo di illegalizzazione, di detenzione, di rimpatrio. Un nodo fondamentale dell’articolazione di questo strumento sarà realizzato, in tempi brevi, nella nostra città. Come già avviene in altri territori, anche a Taranto andranno in scena forme di rifiuto, disobbedienza e resistenza, da parte dei migranti letteralmente ingabbiati in questo meccanismo. Non si può restare nel limbo: bisogna scegliere se stare dalla parte di chi migra, o dalla parte di chi esercita potere, arbitrario e illegittimo, detenendo e producendo marginalità.

È tempo di prendere parola, indignarsi e mobilitarsi, in tante e tanti, per fare in modo che ciò non avvenga e che, al contrario, qui e ovunque, sia garantito il libero esercizio del diritto di fuga per tutte e tutti coloro che, di qualsiasi origine e migrando per qualsiasi motivo, attraversano i nostri territori e le nostre vite.

Campagna welcome Taranto

sabato 30 gennaio 2016

Alla Paquinelli grave attacco alla dignità dei lavoratori, si sta tentando di calpestare l'art.4 dello Statuto dei lavoratori, naturalmente gli operai Slai Cobas non ci stanno e subito si mobilitano!

E' con grande sconcerto è rabbia che i lavoratori Slai Cobas, addetti alla raccolta differenziata presso lo stabilimento Amiu sulla strada per Statte in contrada Pasquinelli, apprendono che in questi giorni l'azienda Amiu sta predisponendo impianti audio/visivi all'interno di tutto lo stabilimento fino ad arrivare a installarle nel locale adibito alla raccolta dove gli operai effettuano la selezione manuale dei materiali. Decisione che è stata fatta passare sotto forma di controllo contro i furti e danneggiamenti di mezzi che, a detta dell' Amiu, ultimamente sono molto frequenti nello stabilimento in contrada Pasquinelli. Decisione che tra l'altro l'azienda (amiu) ha preso arbitrariamente senza informare tutte le sigle sindacali presenti tra i lavoratori come appunto lo Slai Cobas, o meglio solo quelle con meno interesse verso la sicurezza la salute e in questo caso la privacy e dignità dei lavoratori.
A questo punto però è obbligatorio chiedersi cosa c'entrano le 2 telecamere installate nel locale di selezione con i furti e i danneggiamenti?
A cosa servono se non per controllare gli operai? Che furti o danneggiamenti potrebbero perpetrare i lavoratori? L'immondizia? Le siringhe piene di sangue? I cateteri? Oppure l'amianto?
O visti i continui rinvenimenti di amianto l'amiu crede che sìano gli operai stessi a metterlo e quindi installa ben 2 telecamere per tenere sotto controllo i lavoratori?
Ebbene a proposito di quest'ultima variante mi sento di dire che solo una mente malata potrebbe pensare una cosa del genere, ovvero che gli operai stessi starebbero sabotando il lavoro per cui ogni giorno lottano e rischiano la salute per avere continuità e sicurezza lavorativa.
Naturalmente lo Slai Cobas a tutela dei lavoratori ha chiesto un incontro urgente per giorno 5 Febbraio con le parti interessate Amiu, Comune e Coop. Ancora, diffidando l'azienda (Amiu) dal proseguire con l'installazione e la messa in uso di tali impianti prima del suddetto incontro, e che in mancanza di un tavolo di confronto con le parti i lavoratori attueranno tutte le forme possibili di protesta e lotta pur di far valere i loro diritti e le loro ragioni.
Infine è bene ricordare a chi di dovere che l'art.4 dello statuto dei lavoratori recita che:

"È vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.
Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti.
Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondano alle caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo, in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione interna, l'Ispettorato del lavoro provvede entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, dettando all'occorrenza le prescrizioni per l'adeguamento e le modalità di uso degli impianti suddetti.
Contro i provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro, di cui ai precedenti secondo e terzo comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al successivo art. 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale".

F.B

Formazione rivoluzionaria delle donne

FORMAZIONE RIVOLUZIONARIA DELLE DONNE


ENGELS: "L'origine della famiglia, della proprieta' privata e dello stato

http://femminismorivoluzionario.blogspot.it/?m=1

Il governo Renzi in meno di 24 ore cambia il sottosegretario per l'incontro con gli operai Ilva di Genova


"Il Governo Renzi prima promette la presenza del suo viceministro allo Sviluppo Economico al tavolo di confronto con i lavoratori Ilva e, in meno di 24 ore, lo trasferisce alle Infrastrutture, in nome di un non meglio precisato rimpasto di governo. E, al suo posto, piazza Teresa Bellanova, già sottosegretario al Lavoro ed ex sindacalista che nel 2014 aveva avuto posizioni abbastanza controverse sull’accordo di programma" (dalla stampa di Genova - M5S). Accordo di programma che è l'obiettivo delle mobilitazioni dei giorni scorsi della Fiom.
La Bellanova è una "scartina in carriera", ex-sindacalista, una di quelle che ha fatto il salto della quaglia nella Cgil, al carro di Renzi.
I sindacalisti fiom-lotta comunista, grandi venditori di fumo, abituati a chiamare vittorie per acclamazione, piccoli passi delle vertenze, prima hanno fatto le barricate per avere al tavolo ‘un ministro politico’(?), poi hanno avuto un sottosegretario. E ora si dovranno accontentare dell’ultima ‘imbucata alla poltrona’ da Renzi, che a quanto pare non era neanche d'accordo con l’accordo di programma’.
 
lo Slai cobas per il sindacato di classe  Coordinamento Nazionale ribadisce:
non è che le forme di lotta, fanno una lotta di per sè di classe – ma  servono  obbiettivi e direzione sindacale di classe
E qui, nonostante la tradizionale combattività degli operai Ilva Genova, mancano sia l’una che l’altra
3471102638
30.1.2016

venerdì 29 gennaio 2016

Richiesto incontro urgente al Comune dai lavoratori del cimitero Coop. Kratos ex L'Ancora

Al sindaco e All'assessore Cosa,
inoltriamo richiesta ufficiale di incontro come rappresentanti dei lavoratori cimiteriali
della Coop Kratos – ex L'Ancora per tornare sui tre punti discussi l’altra volta in Comune:
- bonifica
- lavori usuranti
- pianificazione della nuova gara d’appalto a tutela lavoro, salari contrattuali    cimiteriali, diritti, sicurezza

Fate la convocazione altrimenti i lavoratori il 10 febbriaio verranno in massa al Comune

I lavoratori cimiteriali Coop Kratos
Slai cobas sc Taranto

29-1-2016
slaicobasta@gmail.com - 347-1102638

I lavoratori delle pulizie Amat presidiano la sede amat - solidarietà dello Slai cobas - appello alla lotta comune

Il rappresentante dei lavoratori cimiteriali Coop Kratos – ex L'Ancora – ha portato questa mattina la solidarietà di tutti i lavoratori dello Slai cobas degli appalti comunali ai lavoratori addetti alla pulizia Amat.
Noi siamo contro gli appalti al massimo ribasso;
siamo contro i tagli al lavoro e alle ore di lavoro volute da Comune-Amat, ai danni dei lavoratori;
i servizi essenziali che i lavoratori degli appalti comunali svolgono per Comune e partecipate non possono essere trattati con un regime di appalti che produce attacchi al servizio stesso;
non si possono consegnare i lavoratori a ditte che prevedono appunto di farlo al massimo ribasso proprio tagliando il costo di lavoro, le condizioni di lavoro, i diritti.
Gli appalti si assegnano a partire da:
- rispetto dei contratti aggiornati del settore di lavoro con salari decenti;
- rispetto degli organici che già fanno questi lavori;
- rispetto delle norme di sicurezza;
- rispetto e tutela delle categorie più povere e svantaggiate che quasi sempre sono impegnati in servizi come quelli dell’Amat.
Su questo ora però dobbiamo dire basta e seriamente!
Lo Slai cobas propone la lotta comune di tutti i lavoratori impegnati in appalti comunali, appalti locali, appalti delle partecipate amiu/amat per ottenere tutti insieme migliori condizioni, tutela del lavoro, salari e diritti.
Dobbiamo imporre un regolamento agli enti locali, dobbiamo imporre condizioni degli appalti almeno simili a quello attualmente in corso
al cimitero, 5 anni, salari contrattuali, organici fissi
per fare questo però bisogna decisamente superare un regime di clientele, di divisioni sindacali dovuti ad atteggiamenti individualisti e a sindacalisti che fanno il loro gioco sulla pelle dei lavoratori, ruffianesimo e opportunismo
lo slai cobas propone da subito
- solidarietà con i lavoratori amat
- riunioni generali per la prossima settimana e per  martedi 9 febbraio ore 18 presso sede slai cobas via rintone 22 tel. 3475301704
- sciopero e convegno cittadino di tutti i lavoratori e società impegnate nell’appalto entro febbraio

slai cobas per il sindacato di classe appalti comunali, cimitero, pasquinelli, asili e scuole
tel 3475301704 - slaicobasta@gmail.com
29 gennaio 2016
segui le lotte sul blog tarantocontro.blogspot.it

IL 9° DECRETO ILVA DIVENTA LEGGE - PER GLI OPERAI E PER IL POPOLO INQUINATO UN ULTERIORE ATTACCO - SI CONFERMA IL NOSTRO GIUDIZIO SUL DECRETO

  (da Sole 24 Ore)
Il Senato ha approvato in via definitiva il 9° decreto sull’Ilva con 157 i voti favorevoli, 95 contrari, e 3 astenuti.
"Il decreto Ilva, che il Governo aveva varato il 4 dicembre, così diventa legge e fissa alcuni punti fermi. Anzitutto la cessione delle aziende. Sono otto, Ilva compresa, quelle messe sul mercato, per le quali sino al 10 febbraio prossimo si possono presentare le manifestazioni di interesse. Dopo il 10 febbraio, via all'approfondimento specifico. Il timing della cessione prevede che le procedure siano effettuate entro fine giugno e i trasferimenti completati entro quattro anni. La legge inoltre offre all'Ilva una dote di 1,1 miliardi così divisa: 300 milioni sotto forma di prestito affinchè l'azienda governi la fase di transizione e provveda alla gestione corrente, stipendi compresi, e 800 milioni per la bonifica ambientale: i 300 milioni dovranno essere ridati i con gli interessi da chi acquisirà l'azienda e gli 800 restituiti da chi, al termine del processo penale in corso a Taranto, verrà riconosciuto responsabile del reato di disastro ambientale contestato dalla Procura.
Altro punto della legge è che rispetto al piano ambientale in vigore, il completamento delle prescrizioni di risanamento slitta di dieci mesi: da agosto 2016 a giugno 2017. Questo perchè si ritiene che chi, dopo giugno, gestirà l'Ilva presenterà un nuovo piano industriale ma anche ambientale (è in ballo la parziale riconversione del ciclo di produzione dal carbon coke al gas per tagliare ulteriormente le emissioni) e quindi gli si è dato più tempo. Soprattutto se ci saranno innovazioni di processo... l'indotto Ilva, stressato dalla crisi, per accedere al Fondo di garanzia e quindi avere nuovo credito, le imprese dovranno solo dimostrare che per due anni, anche non consecutivi, dopo il 2010, l'Ilva ha costituito almeno il 50 per cento del loro fatturato"

L'Ilva viene spezzettata e svenduta al "miglior offerente" - che nel caso concreto vuol dire a chi pagherà meno e subito - quindi viene spezzettata la forza contrattuale degli operai; le cessioni sono fatte anche per dare ai nuovi padroni solo ciò che fa profitto, scaricando ciò che è un costo, in primis una buona parte degli stessi operai e i loro diritti contrattuali e normativi, la sicurezza e la salute;
i lavori di risanamento - compreso soprattutto quelli più importanti per la salute (copertura parchi minerali, ecc.) - vengono rinviati a giugno 2017; ma soprattutto si lascia ai nuovi padroni la facoltà di derogare alla stessa Aia, presentando un loro piano di risanamento, compatibile con il loro piano industriale (cioè compatibile con la produzione per il profitto);
si stanziano pochissimi fondi - il grosso dei quali servirà solo per la gestione ordinaria fino alla svendita; con buona pace dei sempre più frequenti e gravi incidenti all'Ilva di Taranto che "cade a pezzi", in cui ogni giorno andare a lavorare è un "terno a lotto".

TUTTO IL DECRETO NON DICE UNA PAROLA SULLA SALVAGUARDIA POSTI DI LAVORO, SALARI, SICUREZZA.

Circa gli emendamenti passati alla Camera, SI CONFERMA IL NOSTRO COMMENTO DEL 16 GENNAIO 2015

"...Già dire nono decreto unisce farsa a tragedia. Ogni "soluzione" fatta dai decreti, ultimo questo, imbriglia sempre più la matassa, si fonda su 'sabbie mobili', vischiose e porta solo rinvii e nere illusioni sui problemi reali, mentre la situazione peggiora sempre più per operai e popolazione, sia sul fronte del lavoro che della salute, della sicurezza. MA PER OPERAI E POPOLAZIONE NON CI SONO DECRETI!

Gli emendamenti passati alla Camera non hanno cambiato la sostanza del decreto. 
In realtà, si tratta in generale di punti che il governo Renzi già aveva deciso, come lo stanziamento di 800 milioni per il risanamento ambientale e le bonifiche; 300 milioni per gli stipendi e i fornitori.
Ma questi soldi andranno tutti per la gestione ordinaria in attesa della svendita dell'Ilva, sia perchè gli 800 milioni sono una miseria rispetto ai fondi necessari per risanamento e bonifiche (non dimentichiamo che la Todisco aveva quantificato in 8 miliardi il costo degli interventi - non fatti); sia perchè il governo stesso ha messo di fatto uno stop agli interventi più importanti (tipo copertura parchi minerali) dato che i nuovi padroni potranno cambiare l'Aia secondo il loro piano industriale.

Uno degli emendamenti riguarda le ditte dell'indotto, per cui è stato deciso, che per accedere alle garanzie del Fondo Pmi sarà sufficiente aver realizzato la metà del fatturato (e non più il 75%) grazie a commesse del gruppo siderurgico, in due anni anche non consecutivi successivi al 2010. Garanzie che potranno coprire fino all'80% dell'operazione finanziaria per un importo massimo di 2,5 milioni.
Ma non è chiaro - e non lo dicono nè il governo, nè le associazioni padronali - se verranno pagati tutti gli stipendi arretrati degli operai.

Durante l'esame a Montecitorio è stato approvato all'unanimità un emendamento del Movimento cinque stelle che prevede che le risorse sequestrate al gruppo Riva - il famoso 1,2 miliardi di euro - saranno destinate ad un apposito fondo del ministero dell'Ambiente per le bonifiche, a parziale copertura delle anticipazioni pubbliche e a ulteriori operazioni di bonifica.
Su questo emendamento il M5S plaude. Ma di cosa può essere soddisfatto? Si tratta sempre del famoso 1,2 miliardi che come un araba fenice ogni tanto compare (ma solo nelle parole) e poi scompare, e che ognuno tira per proprio conto, dai sindacati, ai partiti e ora anche il M5S. Ma qualcuno ha quantomeno il senso del ridicolo?! 

Infine un altra modifica è stata di riportata dal 60 al 70% l'integrazione salariale per la solidarietà dei lavoratori di Genova Cornigliano.
Ma, appunto, solo per i lavoratori di Cornigliano. Per quelli di Taranto, la cui copertura al 70% scade a marzo, ancora non si dice niente, in compenso però si aumentano i Contratti di solidarietà a più di 3500, chiamandoli ora "esuberi temporanei" - brutta parola che anticipa gli esuberi "definitivi"...

Anche Ballarò RAI 3 chiede il libro "Ilva,la tempesta perfetta" - A TARANTO NUOVA PRESENTAZIONE IL 4 FEBBRAIO ORE 19 PRESSO LA LIBRERIA DICKENS via Medaglie D'Oro 129

Buongiorno,
cosa bisogna fare per ricevere una copia del libro “Ilva, la tempesta perfetta”?
Grazie molte,


Daria Barbara Angeletti
Ballarò
RAI 3
Piazzale Clodio, 56 - 00195 Roma (RM)

La "lotta comunista" degli operai Ilva di Genova, grazie a Grondona, diventa: sottosegretari, nostalgia di Burlando, applausi alla Camusso... Tanto rumor per nulla! A TARANTO LOTTA COMUNISTA FA ANCHE MENO: a parte avvisi di conferenze non dice nulla all'Ilva...

«Noi vogliamo una convocazione, un incontro a cui partecipi un esponente politico del governo, non un tecnico. .

 ....manca la classe politica locale».

Il sindaco Marco Doria è venuto.
«Sì, persona corretta, ma troppo formalista, Marta Vincenzi con tutti i suoi difetti li avrebbe minacciati con la fascia da sindaco. E poi, diciamolo, quando c'era Burlando, alzava il telefono e sapeva con chi parlare, si dà del tu con Napolitano, conosce la fabbriche. Ora chi glielo dice a Roma come stiamo noi? Meno male che è venuta Susanna Camusso, l'abbiamo applaudita».

La Lotta è Comunista:

Il leader Franco Grondona alla vigilia del Congresso: "Il partito non esiste in più, qui tutti votano 5 Stelle"Franco Grondona segretario Fiom e leader di Lotta Comunista, non vuole ripetere quello che tra loro chiamano "l'accordo di Voghera". Un piccolo esempio di come la sinistra si ostini a trasformare le sconfitte in vittorie. L'accordo di Voghera racconta di due che vogliono andare a Milano, chiedono quanto costa il biglietto, si sentono rispondere una cifra alta e, per protesta, se ne vanno via. Raggiungono Voghera e chiedono "adesso il biglietto quanto costa?" Gli rispondono la metà esatta della cifra iniziale. E loro esultano: «Abbiamo vinto, compagni». Ecco lui, Franco Grondona, segretario generale della Fiom genovese, leader di Lotta Comunista, gli accordi di Voghera non li firma. Piuttosto, con dispiacere ma inesorabile determinazione, blocca mezza città. Come sta accadendo con l'Ilva. E non pensa all'appuntamento di domenica, all'assemblea nazionale di Lotta Comunista alla Sala Chiamata alle 15,30.

Segretario Franco Grondona, e adesso che succede?

«La fabbrica è sempre occupata, è dichiarato lo sciopero generale dei metalmeccanici di Genova e andremo in centro».

Altre strategie?
«Noi vogliamo una convocazione, un incontro a cui partecipi un esponente politico del governo, non un tecnico. Non abbiamo nessuna intenzione di accettare la riedizione romana dell'incontro "finto" che abbiamo avuto a Genova».

Vi "accontentate " di un sottosegretario, sicuri di sapere che il futuro dell'Ilva a Genova è cupo?
«Stiamo ai fatti. È chiaro che vogliono vendere l'Ilva, che fine farà il polo di Genova? non si sa, dunque c'è qualcosa che non quadra. I ministri? Non si vedono, il governo è dell'idea che l'accordo di programma su Cornigliano scada a giugno, guarda caso quando si vende. E allora bisogna stare attenti».

Invece l'accordo di programma è sempre valido?
«E certo, non c'è scritto da nessuna parte che ha una scadenza».

Non sarà che lei, leader e ex segretario di Lotta Comunista fa proseliti o influenza molto le loro scelte?
«Io sono un militante anziano di Lotta Comunista, il più antico partito in Italia, è nato a Genova nel 1965, da allora ci siamo sempre stati»

E Genova, con la vostra sede di Cornigliano, in via De Cavero, è sede nazionale.
«Il partito con i suoi 50 anni, ha una storia ben radicata nel tessuto genovese, grazie a compagni , non come me o come il console della Culmv Benvenuti, che un po' sanno chi siamo, ma grazie gente che lavoro sodo e in silenzio».

Che senso ha schierarsi oggi con Lotta Comunista?
«Lotta Comunista non pensa di risolvere i problemi del capitalismo, ma crede si possa essere sempre a fianco dei lavoratori che in questa società contano sempre di meno».

Intanto nelle fabbriche vi contendete il terreno con M5S?
«Noi non ci mescoliamo con loro. Siamo marxisti, loro non si capisce, l'unico punto in comune è che siamo contro il governo, ma lo erano anche il Pci e il Msi eppure avevano distanze immense».

Come si vota ora in fabbrica?
«Faccio prima un esempio: alla sezione Cabral del Pci gli iscritti erano intorno ai 1100 oggi al circolo  Pd sono iscritti in due. Il Pd non c'è, la gente o non vota o vota Cinque Stelle e altri sparsi. E manca la classe politica locale».

Il sindaco Marco Doria è venuto.
«Sì, persona corretta, ma troppo formalista, Marta Vincenzi con tutti i suoi difetti li avrebbe minacciati con la fascia da sindaco. E poi, diciamolo, quando c'era Burlando, alzava il telefono e sapeva con chi parlare, si dà del tu con Napolitano, conosce la fabbriche. Ora chi glielo dice a Roma come stiamo noi? Meno male che è venuta Susanna Camusso, l'abbiamo applaudita».

giovedì 28 gennaio 2016

Lavoratori appalti comunali - sempre più a rischio, sempre più condizioni di lavoro indegne - BASTA CON APPALTI AL MASSIMO RIBASSO!

Basta fare un breve quadro della situazione dei lavoratori degli appalti comunali per capire che, a fronte di una situazione che va sempre peggio, non basta solo la difesa dello status quo esistente e di ogni singola realtà lavorativa, ma occorre una vertenza generale a Taranto sul lavoro e i diritti, che unisca tutti i lavoratori, che lotti realmente contro Comune, regione, Governo e i padroni e padroncini.

All'Amat nelle pulizie, con 30 lavoratori. La ditta vincitrice dell'appalto o vuole assumere solo il 50% dei lavoratori o tagliare le ore già basse (attualmente fanno 5 ore al giorno).
Qui, nonostante siano passati anni e naturalmente i costi sono lievitati, invece di aumentare l'importo dell'appalto il Comune lo ha abbassato: dalle 355mila di prima alle 247mila di adesso.

Ai mercati nei lavori di guardiania e manutenzione verde, in cui lavorano 25 lavoratori, l'appalto scade a fine febbraio 2016 e non si sa cosa succederà dopo

Nel Verde vi sono 76 lavoratori. Qui il Comune ha fatto una gara solo per 1 anno. ma dato l'importo anche qui basso dell'appalto le ditte in generale vogliono prendersi solo 50 lavoratori. Gli altri 26 dovrebbero essere "spalmati" (bruttissimo termine) sulle pulizie delle spiagge che dovrebbero essere fatte durante tutto l'anno. Ma ancora il Comune deve valutare le offerte delle  ditte.

Nelle pulizie delle scuole ai Tamburi, 15 lavoratori non vengono pagati da settembre, perchè...la determina fatta dal Comune era sbagliata...

Alle pulizie degli uffici e strutture comunali, dove lavorano 54 lavoratori, in prevalenza donne, c'è una proroga che si trascina, ora fino a marzo. Ma l'appalto preparato è al ribasso anche sui metri quadri e il rischio è che la nuova ditta voglia tagliare persone o ore (qui ne fanno 4 al giorno).

Alle guardianie, pulizie di piazze, Parco del Mirto, ecc. dove lavorano 88 lavoratori, ancora non è certo che la ditta vincitrice, la Servizi Integrati, che dovrebbe prendere l'appalto da marzo, manterrà tutti i lavoratori e le ore attuali (sempre 4 al giorno).

Nell'appalto di pulizie e ausiliariato degli asili, dove lavorano 94 persone, la stragrande maggioranza donne, siamo ancora alla vergogna assoluta: 1 ora e 50 minuti al giorno, sottolivello, ecc.

Lasciamo per il momento fuori altri appalti: Pasquinelli, Cimitero, ecc.

SI PUO' FARE QUESTA VITA!?

Lo Slai cobas per il sindacato di classe sta preparando varie  iniziative a febbraio su una precisa piattaforma e fa appello a tutti i lavoratori, le loro rappresentanze sindacali ad unirsi:
 
- riunificazione di tutti i servizi in un'unica Multiservizi. Noi siamo per una società mista (Comune/privati);
- Negli appalti, comunque, inserire la clausola sociale di garanzia per il passaggio automatico di tutti lavoratori nei cambi di ditte, a condizioni di lavoro e contrattuali non inferiori;
- contro gli appalti al massimo ribasso (vietati anche dalla UE), separare il costo della manodopera - che deve rispettare i CCNL - e della sicurezza, dal costo del servizio per la Ditta;
- orari e salari mai al di sotto dei limiti contrattuali.

Il rappresentante dell'Associazione 'Babele' sfata alcuni luoghi comuni, creati ad arte, sui migranti a Taranto

(da Tarantosera)

"Da marzo 2014, periodo in cui Taranto è stata investita dall'emergenza migranti, fino ad oggi non si registrano reati commessi dalle persone in accoglienza...

Qual è la funzione delle associazioni che si occupano di accogliere i migranti?
Chiariamo innanzitutto che l’accoglienza non è un’opera di bene, ma un preciso dovere dettato dalle leggi nazionali e internazionali. Non dare accoglienza è erodere un diritto e i diritti devono essere garantiti per tutti. La funzione delle associazioni è proprio quella di garantire i diritti degli ultimi.

Altra convinzione diffusa è quella che i migranti godano di maggiori diritti rispetto agli italiani svantaggiati. È vero?
I servizi sociali erogati per i richiedenti protezione internazionale sono come quelli erogati per tutte le categorie svantaggiate. Per i migranti economici, invece, non è previsto alcun tipo di beneficio.

Veniamo alle cifre destinate ai migranti, altra questione oggetto di polemiche e pregiudizi.
Dei 35 euro (la cifra però può essere inferiore perché le gare sono al ribasso) che lo Stato spende giornalmente per ciascun migrante, al migrante restano 2,5 euro. Gli altri 32,5 euro servono per pagare il personale delle associazioni, le spese delle strutture di accoglienza, mensa, utenze, pulizia. Parliamo quindi di soldi che vengono spesi sul territorio e che hanno creato un notevole indotto.

A Taranto quante persone lavorano nell’accoglienza?
Circa 400-500 persone. Queste attività offrono possibilità occupazionali per tanti giovani che hanno acquisito professionalità e titoli di studio specifici.

Esiste il rischio che queste nuove forme di imprenditorialità finiscano per scatenare la corsa al profitto, in modo anche illecito?
Certo. Mafia Capitale ne è la dimostrazione. Il problema è attivare meccanismi di controlli serrati. Lo Sprar, cioè il sistema di accoglienza ordinario, ha maglie molto strette. È nell’emergenza invece che le maglie si allargano e i soldi prendono altre direzioni. Nell’ordinario, infatti, le risorse vengono destinate all’inserimento sociale dei migranti, nell’emergenza invece le risorse vengono assorbite dal costo in sé dell’accoglienza...

A Taranto quanti sono i migranti presenti nelle strutture di accoglienza?

Vi sono circa 850 richiedenti protezione internazionale e protezione umanitaria.

Il clima di tensione internazionale impone maggiori meccanismi di sicurezza. È sui controlli alle frontiere che bisogna agire?
Viviamo certamente in una condizione di paura, tuttavia non credo che alle frontiere si possa fare qualcosa di concreto. Ritengo invece che proprio assicurare condizioni di accoglienza efficaci sia di per sé un meccanismo di controllo perché così si riesce a monitorare il flusso dei migranti.

L’ hotspot: è un sistema efficace?
Gli hotspot sono una fabbrica di clandestinità: chi ha il foglio di via resta a vagare sulla strada.

NO al hotspot a Taranto e dovunque! Prepariamo la mobilitazione

A Taranto vogliono fare una struttura chiusa e dovrebbe sorgere nel porto con una capienza massima di 300 posti.
Di fatto l'hotspot avrà la stessa funzione dei CIE, più simili a campi di concentramento, rispetto a cui vi sono centinaia e centinaia di denunce delle condizioni di vita (detenzione), della repressione, delle violenze anche sessuali fatte dai militari.

Il fatto che sorga nel porto, quindi nel luogo di sbarco dei migranti ha lo scopo evidente di respingere subito buona parte dei migranti nei loro paesi d'origine. Qui si svolgeranno le prime operazioni d'identificazione, registrazione e rilevamento delle impronte digitali dei migranti sbarcati - operazioni fatte, come già è accaduto anche a Taranto (vedi la nostra denuncia al Questore di Taranto), senza alcun rispetto dei diritti dei migranti, senza permettere loro di avere traduttori della loro lingua, di comprendere ciò che sta loro accadendo, senza verificare la loro situazione, senza assistenza legale, ecc.

"Chi avrà i requisiti per ottenere lo status di rifugiato sarà smistato nei sei hub nazionali (tra questi c'è anche Bari) oppure fuori dai confini italiani; gli altri saranno mandati negli hub chiusi in attesa di essere rimpatriati...
A Bari invece entrerà in funzione l'hub, una struttura paragonabile all'attuale Cara, ovvero dei centri - alcuni saranno aperti, altri chiusi - dove verranno trasferiti gli immigrati richiedenti asilo politico. A differenza del Cara, però, l'hub avrà una funzione di prima accoglienza, la capienza massima sarà di 100 posti (oggi nel Cara di Bari vivono quasi mille persone), i migranti saranno trasferiti entro 48 ore dallo sbarco e l'ospitalità sarà limitata al periodo necessario alla formalizzazione della domanda di asilo e conclusione della procedura di esame della domanda da parte delle Commissioni territoriali...".
(dal "Quotidiano - V.Dam).

Occorre impedire che questo avvenga, a Taranto come ovunque.
Organizziamo nella nostra città la mobilitazione, in primis degli stessi migranti, a cui chiamiamo ad unirsi tutti gli antirazzisti, gli antimperialisti, le associazioni.
ORGANIZZIAMO A FEBBRAIO UNA PRIMA INIZIATIVA.

Il parroco Larizza razzista

"Il sacerdote contesta al primo cittadino di essersi adoperato per l’accoglienza ai migranti, portando loro anche cornetti caldi, e di non aver riservato la stessa attenzione agli sfollati del palazzo di via Giovan Giovine costretti da oltre due settimane a dormire nell’androne dopo il crollo di un solaio. Don Luigi parla di ‘discriminazione razziale a danno di cittadini italiani”.

PERCHE' NE PARLIAMO?

Perchè questo signor parroco non deve strumentalizzare le sofferenze degli sfollati per vomitare il suo razzismo, per contrapporre sofferenze a sofferenze.
E perchè gli abitanti di via G. Giovine non devono accettare la pelosa carità di un parroco, in vena di protagonismo.

Il fascista marò Latorre ha una contraddizione in casa...

(dal Corriere del Mezzogiorno)
Oltre alle divisioni tra militaristi e antimilitaristi, tra innocentisti e colpevolisti, tra complottisti e vetero-nazionalisti, il doloroso caso dei marò non aveva certo bisogno di essere declinato anche secondo l’ultima contesa, quella tra militanti del Family Day e sostenitori del ddl Cirinnà. L’adesione al fronte Lgbt di Giulia Latorre, figlia di Massimiliano, ha però acceso gli animi sul web tra le varie fazioni. 
L’adesione di Giulia alle battaglie per i diritti civili non è in discussione, ma la delicatezza della contesa con l’India forse meriterebbe ben altra prudenza.

Noi invece diciamo: bene! Quando uno è fascista lo è su tutti i terreni
Ora che farà il Latorre "sparerà" alla figlia...?

GIOVEDI' ROSSI - APRIAMO IL NUOVO CICLO SU L'IMPERIALISMO DI LENIN

Come abbiamo già scritto, la ragione di questo nuovo ciclo della FO sta negli avvenimenti che stiamo vivendo a livello internazionale e nazionale: i passi di guerra sempre più gravi e ravvicinati da parte dei paesi imperialisti, la contesa interimperialista nelle aree strategiche del mondo, ed in particolare in Medio Oriente, l'uso della questione migranti per rafforzare le politiche reazionarie, razziste e repressive contro i popoli e i proletari, ecc.
Gli operai, in primis, hanno necessità di "armarsi" della teoria rivoluzionaria marxista leninista maoista, per una analisi di classe/di parte, per avere autonomia di pensiero, per comprendere e agire.

Dati i contenuti di questa FO, essa viene rivolta anche ai proletari immigrati, oggi avanguardia importante della lotta contro lo sfruttamento capitalista e le politiche imperialiste. 
Per questo, facciamo un forte appello agli stessi immigrati, come ai compagni, studenti, intellettuali italiani, a tradurre, soprattutto in inglese, i nostri testi della FO. Contattateci scrivendo a: pcro.red@gmail.com.

La gestione di questo corso sarà un pò diversa da quello del Il Capitale.
Non ci limiteremo a fare il corso sul libro, ma lo combineremo con la dimostrazione della sua attualità e necessità rispetto agli avvenimenti di oggi, ma anche con la polemica verso le altre posizioni, per combattere tutte le analisi, posizioni che oggi negano l’analisi dell’imperialismo.
Ci avvarremo del testo di Lenin ma anche di altri testi. Con alcune incursioni e utilizzo ancora su parti de "Il Capitale" che è chiaramente a base dell'analisi dell'imperialismo.


L'IMPERIALISMO fase suprema del capitalismo - LENIN

Premessa allo studio de “L'Imperialismo”.

Nelle Prefazioni, scritte da Lenin il 26 aprile 1917 e il 6 luglio 1920, vengono indicate le ragioni e le circostanze del testo. Esse, possiamo dire, sono altrettanto attuali, sia perchè siamo ancora nell'epoca dell'imperialismo e della rivoluzione proletaria; sia perchè le caratteristiche dell'imperialismo sono vigenti e applicabili alla fase attuale, benchè con tutti gli aggiornamenti e le interpretazioni necessarie; sia perchè siamo di fronte al cammino, ora lento ora accelerato, di una guerra mondiale di spartizione.
Ma la questione più importante di questo libro è il nesso che pone tra imperialismo e opportunismo.
E questa è l'essenza del nostro lavoro attuale su L'imperialismo.

Gli opportunisti sono di vario tipo – e non parliamo dei socialdemocratici che già da tempo sono sostenitori dell'imperialismo e delle guerre imperialiste (Syriza va considerata in questo quadro); la politica di questi è fondata anche nelle sue aree estreme sulla conciliazione con gli imperialisti.
Odierni opportunisti sono coloro che sostengono l'imperialismo russo e cinese, l'imperialismo europeo, l'imperialismo italiano nella forma di individuazione del nemico solo nell'imperialismo Usa, nella Nato, ecc.
L'altra corrente opportunista è quella del movimento autonomo che, pur lottando contro gli effetti della politica imperialista, non comprende “la questione della sostanza economica dell'imperialismo”; e quindi il carattere sistemico, “inevitabile” delle sue guerre, dei suoi armamenti e postazioni militari, del suo legame organico con le politiche statali e industriali, ecc.
Così questa corrente, pur sostenendo le lotte di liberazione nazionale, vedi Kurdistan, Palestina, ecc., non combatte l'imperialismo.
Lenin scrive: “Voglio sperare che il mio lavoro contribuirà a chiarire la questione economica fondamentale, la questione cioè della sostanza economica dell'imperialismo, perchè senza l'analisi di essa non è possibile comprendere né la guerra odierna né la situazione politica odierna”.
Nel nostro campo, infine, occorre vedere in maniera più sofisticata le posizioni presenti che finiscono per negare l'analisi dell'imperialismo (vedi 'antimperialismo come un tutto', vedi insufficiente comprensione della caratteristiche dell'imperialismo).
Occorre spiegare tutta la falsità delle ideologie socialpacifiste e delle speranze nella democrazia mondiale, corrispondenti alle posizioni degli opportunisti e dei movimentisti di oggi.

Seguendo l'indicazione di Lenin, quello che ci serve oggi è “il quadro complessivo dell'economia capitalistica mondiale nelle sue relazioni internazionali anche per verificare se siamo alla vigilia della guerra imperialista mondiale”. Questo, dice Lenin, è ottenibile “sulla scorta di inoppugnabili dati statistici borghesi e delle ammissioni degli scienziati borghesi di tutte le nazionalità”.
Lenin affronta, in fase successiva alla conclusione della guerra, la natura di essa. Per noi il problema è affermarla in fase preventiva. Mettere in luce che la guerra che si prepara, o, come dice anche papa Francesco, che è già in corso, è una guerra di spartizione del mondo per una suddivisione e nuova ripartizione delle “colonie” (allora “colonie”, oggi parliamo di aree strategiche per le materie prime, petrolio, energia), delle sfere di influenza del capitale.
L'altro elemento da denunciare e spiegare in via preventiva è il “carattere sociale, o più esattamente classista della guerra”. Questo dice Lenin è contenuto - e quindi serve, diciamo noi – nell'analisi della situazione obiettiva delle classi dominanti di tutti i paesi belligeranti. E per fare questo, sostiene Lenin “è necessario prendere il contesto dei dati relativi alle basi della vita economica di tutti gli Stati belligeranti e di tutto il mondo”.

Lenin indica che per esaminare correttamente la spartizione del mondo bisogna far riferimento all'anello economico produttivo più importante e influente nell'industria capitalistica nello sviluppo del commercio mondiale, nello stesso tempo connesso alle grandi industrie, ai monopoli, i cartelli, i trust, le banche, l'oligarchia finanziaria.
Questo nesso è ritrovabile oggi nell'importanza del petrolio, delle fonti di energie, delle materie prime che servono l'industria capitalista più avanzata. Quindi occorre relazionare a questa lotta l'impossibilità di evitare le guerre imperialiste su tale base economica finchè esiste la proprietà privata.

Lenin riferendosi alle ferrovie segnalava come la costruzione di esse fosse divenuta uno strumento di oppressione di un miliardo di uomini nei paesi asserviti e degli “schiavi del capitale” nei paesi civili. Pensiamo oggi al petrolio, che da essere fattore di sviluppo dei paesi produttori diviene invece lo strumento del dominio e dell'oppressione ad opera sia dei paesi imperialisti che delle classi dominanti dei paesi produttori su tutte le popolazioni di questi paesi.

La descrizione che fa Lenin, infine, della situazione determinatasi con l'ascesa dell'imperialismo corrisponde alla situazione mondiale odierna e mette in luce che la continua trasformazione in seno ad esso non cambia la sostanza del sistema descritto come “sistema mondiale di oppressione e di strangolamento finanziario della maggioranza delle popolazioni del mondo, da parte di un pugno di paesi “progrediti” e la spartizione del bottino ha luogo tra un certo numero di predoni di potenze mondiali armate da capo a piedi che coinvolgono nella loro guerra per la spartizione del loro bottino il mondo intero”.
(CONTINUA)

mercoledì 27 gennaio 2016

Domani assemblea delle lavoratrici di pulizia-ausiliariato degli asili comunali - verso una nuova mobilitazione

Basta con questo ping pong tra Ditta Thesis e Comune. Fuori i soldi delle operaie! 
Dopo 7 mesi ancora le lavoratrici degli asili comunali devono avere i loro soldi dalla precedente Ditta Thesis. E il Comune, che ha trattenuto i soldi, cosa fa? Invece di darli alle lavoratrici scambia letterine con la ditta.

Basta con il mancato riconoscimento retributivo del lavoro di ausiliariato fatto dalle lavoratrici. 
In questo nuovo appalto, il Comune finalmente aveva messo nero su bianco nel capitolato d'appalto le mansioni di ausiliariato che da anni le lavoratrici svolgono insieme a quelle di pulizia. Ma nonostante questo, anche la nuova ditta Servizi Integrati, non vuole riconoscere la retribuzione adeguata.
A seguito delle nostre denunce, si è mosso l'Ispettorato del Lavoro, ma le lavoratrici non possono aspettare i suoi tempi biblici.

Basta col pretendere carico di mansioni e lasciare sempre la vergogna da parte del Comune di un lavoro di sole 11 ore alla settimana, in violazione anche di norme contrattuali.
Le lavoratrici pretendono dignità!
Basta con gli appalti al massimo ribasso, poi scaricati con un peggioramento delle condizioni di lavoro!

SU TUTTO QUESTO OCCORRE RIPRENDERE LA MOBILITAZIONE!

L'associazione Salam "No buona" - continua a non garantire le condizioni di vita dei migranti del Bel Sit

C'è voluta una denuncia affinchè a dicembre l'associazione Salam desse ben 5 mesi di arretrati del pocket money. Ma ora riprende l'andazzo di prima:
Siamo a fine gennaio e ancora non viene dato ai migranti del Bel sit il pocket money di dicembre, che serve ai migranti per il minimo vitale di spese.
Ma anche sul fronte salute la situazione non va affatto bene:
scarseggiano le medicine; se un migrante sta male non va nella struttura un dottore, o ai migranti non vengono date precise indicazioni a quale dottore rivolgersi all'esterno.
Ma soprattutto, in questo periodo invernale, mancano i riscaldamenti. Questo ha pesato particolarmente nei scorse giornate molto fredde.

Ancora una volta, la domanda è d'obbligo: in quali tasche finiscono i soldi destinate alle associazioni per l'assistenza ai migranti?

SU QUESTO DOMANI ASSEMBLEA CON I MIGRANTI, PER DECIDERE INSIEME UNA NUOVA MOBILITAZIONE
PER QUESTI DIRITTI VITALI E PER IL PERMESSO DI ASILO

ILVA GENOVA - OGGI SCIOPERO GENERALE DEI METALMECCANICI - CIO' CHE SOSTENIAMO E CIO' CHE NON VA AFFATTO BENE

- Sosteniamo la lotta degli operai Ilva di Genova.
- Riteniamo che le forme di lotta, cortei, occupazione dello stabilimento, blocchi stradali siano giusti e legittimi - e che a Taranto è grave che nessuna minima mobilitazione venga fatta, neanche dalla stessa Fiom che a Genova lotta e a Taranto dorme...
- Riteniamo che l'unità e il sostegno da parte degli altri operai metalmeccanici, dei lavoratori portuali, come degli studenti sia molto importante per l'unità dei lavoratori, unità operai/studenti, popolazione e per vincere. - Essa dimostra che una lotta dura ottiene il sostegno della parte proletaria della città, e nello stesso tempo smentisce le chiacchiere che si fanno a Taranto (da parte di Liberi e pensanti, Usb, ecc), sul "non disturbare la città" che ha portato solo a far spegnere la rivolta a Taranto degli anni 2012 e 2013 (raccontata giorno per giorno nel libro: "Ilva la tempesta perfetta") e la sua possibile continuazione.
- Riteniamo veri e propri atti di crimiraggio il NO agli scioperi e alle lotte di Cisl e Uil (sempre e solo a fianco dei padroni e del governo), come le dichiarzioni del Pd di Genova.
- Riteniamo che le dichiarazioni della Camusso su Taranto "A Taranto la situazione è più delicata, è avvenuta una spaccatura che a Genova non c'è perché la città è solidale sulle tematiche del lavoro", sono false e gravi - Se a Taranto la situazione non è buona, dillo ai tuoi della Fiom, che hanno e stanno ampiamente contribuendo, qui strettamente uniti a Cisl e Uil, al disastro sul fronte salvaguardia lavoro, salari e salute, ambiente a Taranto
 - Riteniamo che il M5S a Genova (come a Taranto) faccia "grandi grida" per poi accontentarsi e spacciare come vittoria miserrimi risultati, come l'integrazione ai contratti di solidarietà fino a settembre 2017. Esso continua nella sua linea demagogico populista, a solo scopo elettorale, che non può nè deve ingannare gli operai.
- Riteniamo ridicole e false le dichiarazioni del Senatore Rossi, secondo cui Renzi a Taranto "ci ha messo la faccia" e quindi avrebbe "dato", creando lui una artificiosa contrapposizione tra gli operai dell'Ilva di Taranto e gli operai di Genova.
 
Detto questo, RIPETIAMO CHE TUTTA QUESTA GROSSA LOTTA DEGLI OPERAI ILVA DI GENOVA HA PERO' UN OBIETTIVO AMBUGUO E SBAGLIATO E RISCHIA DI FARE DA BORDONE ad un ennesimo accordo inutile e che non può contrastare i piani del governo e del padronato di difesa dei loro interessi con la subordinazione ad essi della difesa del lavoro, salario, salute, sicurezza degli operai.

Riteniamo sbagliato fare della rivendicazione dell'Accordo di programma lo scopo di questa lotta. Questo Accordo di programma (DI CUI SOTTO RIPORTIAMO UN SINTETICO STRALCIO) si è dimostrato già perdente: non ha salvaguardato lavoro, non ha salvaguardato salario, non ha creato altri sicuri e stabili sbocchi lavorativi, non ha fatto i risanamenti nè ha messo i fondi annunciati.
Quindi come si fa a rivendicarlo? E' logico per la Fiom. Ma gli operai di Genova hanno bisogno di essere indipendenti, altrimenti faranno una grande lotta al servizio di interessi altrui. 
E' l'indipendenza di classe delle posizioni degli operai che rendono di classe le forme di lotta che gli operai usano.

GLI OPERAI A GENOVA COME A TARANTO DEVONO LOTTARE PER SE',  -PER UN DECRETO OPERAIO che stabilisca che

nessun operaio deve andare a casa 
gli operai devono essere impiegati durante la messa a norma degli impianti,  
fine dei Contratti di solidarietà anticamera di esuberi e taglio dei salari,
salari e diritti non si toccano
la prima messa a norma è garantire la sicurezza degli operai, postazione ispettiva fissa in Ilva
in una fabbrica insalubre e nociva come l'Ilva 25 anni bastano, con estensione a tutti dei benefici pensionistici,
la salute è un diritto intoccabile per operai e cittadini, nessun rinvio di risanamento in fabbrica e bonifiche nei quartieri; servono visite mediche mirate, cure sanitarie gratuite, ospedale e strutture d'emergenza affidate ad Emergency, per fronteggiare la situazione.

-PER DIRE CHIARO NO ALLA NEWCO
che vuol dire almeno 4000 esuberi, taglio ai salari e contratti peggiorativi, libertà ai padroni di continuare più di ora nell'attacco a sicurezza e salute
*****

GLi obiettivi generale dell'Accordo di Programma dal: ATTO MODIFICATIVO ALL'ACCORDO DI PROGRAMMA 29.11.1999:
"...la definitiva chiusura delle lavorazioni siderurgiche fusorie dell’acciaio con conseguente rilascio da parte della società ILVA s.p.a. di una porzione delle aree occupate a titolo di concessione dal proprio stabilimento siderurgico (circa 300.000 mq); b) la permanenza, il riassetto, il consolidamento e lo sviluppo, nelle aree residue, delle lavorazioni siderurgiche non fusorie in attuazione del piano industriale previsto dall'Accordo di Programma medesimo; c) le tutele occupazionali e reddituali; d) l'attuazione del piano pubblico di bonifica e risanamento ambientale delle aree del polo siderurgico, già pubblico, rilasciate dalla società ILVA s.p.a., sulla base del globale assetto di interessi sotteso alle previsioni dell'art. 4 legge n. 426/98 in considerazione dei complessivi oneri a carico delle parti pubbliche e della parte privata. 3. Per il perseguimento di detti obbiettivi tale Accordo contiene la previsione di un intervento pubblico di bonifica e risanamento ambientale delle aree dismesse a seguito della chiusura delle lavorazioni siderurgiche a caldo, una serie di misure di pianificazione territoriale, urbanistica ed ambientale, misure di tutela occupazionale, intese per il consolidamento di attività siderurgiche non fusorie e misure relative agli assetti concessori ed alla utilizzazione delle aree..."

 *****
(DALLA STAMPA)

Si surriscalda il clima all'Ilva di Genova: Renzi schiera la polizia in tenuta antisommossa, ma gli operai non ci stanno, supportati dagli studenti e altre delegazioni di operai, e vogliono arrivare in centro

Genova, Fiom alza il tiro: 'Sciopero generale'. Corteo verso la Prefettura



La polizia blocca Lungomare Canepa. In piazza delegazioni delle fabbriche e del porto,  Cisl e Uil si dissociano. L'apertura della ministra Guidi, Manganaro: "Non basta".
Momenti di tensione al corteo dei lavoratori Fiom - Ilva e non solo - verso la Prefettura nel terzo giorno di manifestazione. Alla fine di Lungomare Canepa i manifestanti hanno trovato un blocco della polizia: il problema è quello dei mezzi pesanti, che non si vogliono far arrivare in centro. Adesso è in corso una trattativa con il Prefetto Fiamma Spena per valutare se sia possibile far continuare il corteo senza i mezzi.
L'appuntamento era alle 8.30 in piazza Massena a Cornigliano, dove i lavoratori Ilva usciti dallo stabilimento in cui  alcuni decine di loro hanno trascorso la notte, si incontrano con quelli delle altre fabbriche per procedere poi verso il centro insieme ai mezzi pesanti. "Pacta servanda sunt' recita lo striscione che apre il corteo, tra slogan ed elmetti gialli.
All'entrata in piazza Massena applausi tra i gruppi diversi di operai per salutare l'incontro. Presente anche una delegazione dei camalli della Compagnia Unica Culmv con il console Antonio Benvenuti . Aderiscono anche gruppi di studenti... 

Già dalle prime ore del mattino la Prefettura e la stazione ferroviaria di Principe sono presidiate da polizia e carabinieri. Un cordone di agenti impedisce l'accesso alla Sopraelevata, ma il corteo , adesso aperto dal "Dito", la grande ruspa, dopo aver attraversato Lungomare Canepa si trova davanti al blocco della polizia, che ha anche posto transenne per bloccare il transito. La tensione tra i manifestanti sale, si ascoltano grida contro la polizia.
Intanto, sono usciti gruppi di operai anche dalle Riparazioni Navali, che si uniranno agli altri manifestanti in centro.



LE REAZIONI A PRIMOCANALE
Bruno Manganaro, segretario Fiom-Cgil Liguria – "C'è un silenzio totale da parte di istituzioni, governo e politica. Sembra che ciò che sta succedendo non provochi nessun interesse. Il rischio è che si aumenti il conflitto, ognuno si assumerà le sue responsabilità. Abbiamo semplicemente chiesto di discutere con qualcuno che il Governo lo rappresenti sul serio. Se questo è impossibile, ne trarremo le conseguenze. Se entro stasera nessuno è disponibile a rispondere alle richieste di un'intera città, andremo anche in centro cittadino"
Susanna Camusso, segretario nazionale Cgil:  "Con il presidio di oggi ci stiamo muovendo perché ci siano le risposte. Il nostro obiettivo non è moltiplicare la mobilitazione, ma far sì che il Governo si assuma l'onere di dare risposte che nel bando non ci sono. A Taranto la situazione è più delicata, è avvenuta una spaccatura che a Genova non c'è perché la città è solidale sulle tematiche del lavoro".
Maurizio Rossi, senatore Gruppo Misto-Liguria Civica, intervenuto in aula - “Renzi ha messo la faccia su Taranto, non dev'esserci una battaglia tra le due città, ma la presenza del Governo è fondamentale. Il ddl è un gran pasticcio: non è chiaro il progetto né a chi è rivolto il bando per la privatizzazione, che scade il 10 febbraio. Non sono chiare quali garanzie sociali dovranno essere rispettato e soprattutto non è chiaro che fine farà l'Accordo di Programma e se l'eventuale acquirente sarà tenuto a rispettarlo. Non è chiaro se esistono i soldi per il piano ambientale e se i soldi bloccati dai magistrati svizzeri inficiano l'investimento”
Antonio Apa, segretario generale Uilm Genova – "L'atto ufficiale da parte del Governo c'è stato ieri, quindi noi ci riteniamo soddisfatti. Se difendiamo gli interessi di Taranto più di quelli di Genova? Una grande s*****ata. "
Armando Palombo, coordinatore Rsu Ilva per Fiom, durante l'assemblea con la segretaria nazionale Cgil Camusso – "Noi stiamo combattendo contro la vendita al buio del Governo. Partiamo da Genova. Dopo nove, dieci decreti la situazione è più ingarbugliata di prima. Nel bando di vendita si parla, per chi comprerà, di “adeguate garanzie occupazionali”. Tutti sanno che non significa avere garanzie. Migliaia di lavoratori rischiano il posto del lavoro in una situazione internazionale molto delicata.
Sindaco Doria: "Non servono le divisioni". «Per il futuro dell’Ilva la città di Genova ha bisogno di una grande coesione, non di lacerazioni. Il fatto che una sola sigla sindacale anticipi il risultato di un tavolo con il governo convocato il 4 febbraio, non favorisce l’avvicinarsi alla soluzione dei problemi». Il sindaco Marco Doria a Palazzo Tursi a margine dei lavori del consiglio comunale critica la nuova giornata di sciopero all’Ilva di Cornigliano indetta dalla Fiom. «Invito tutti a un grande senso di responsabilità – ha detto Doria – andrò il 4 febbraio a Roma determinato a difendere gli interessi della città, dei lavoratori dell’Ilva, delle prospettive industriali e occupazionali di Genova nel migliore dei modi». Invita ad abbassare i toni invece il presidente della Regione Giovanni Toti...
Il Pd genovese - E lo stesso invito arriva dal Pd che riconquista l’unità, con una nota che chiede di «lavorare tutti per abbassare la tensione, che sta superando il livello di guardia.. Arriviamo all’appuntamento del 4 febbraio con alcuni punti fermi: gli investimenti del Governo decisi nel Salva Italia; l’integrazione al reddito dei lavoratori garantita fino al mese di settembre e gli impegni dei Consigli regionale e comunale per garantire un futuro produttivo a Taranto e Genova.  
Alice Salvatore e Marco De Ferrari (Movimento Cinque Stelle) -  "Sostegno ai lavoratori Ilva Genova che in queste ore manifestano la propria rabbia a Genova. L'accordo di programma va rispettato senza sé e senza ma. In collaborazione con i portavoce nazionali M5S, abbiamo lavorato a un emendamento al Milleproroghe sul decreto Salva Ilva che porterà la solidarietà del 70% avanti di un anno ulteriore, da settembre 2016 a settembre 2017. Con coperture assolutamente garantite.