Inchiesta ‘Araba Fenice’: grande preoccupazione per i dipendenti della Cementir
La CGIL e la FILLEA: “Si garantiscano i lavoratori”
«A seguito di quanto emerso dalla conclusione delle indagini “Araba Fenice” in merito al processo produttivo realizzato in collaborazione tra ILVA, Cementir e ENEL, dove emergono dettagli in merito ad un potenziale profitto illecito ricavato sulla loppa, richiamiamo ancora una volta l’attenzione su chi rischia sempre di pagare il prezzo più alto, sui lavoratori, anello debole che come è già accaduto in altre circostanze (ILVA e appalto), rischia di scomparire agli occhi dell’opinione pubblica». Il riferimento di Giovanni D’Arcangelo, segretario confederale della CGIL di Taranto, è ai lavoratori dellaCementir, 72 in tutto, che dopo il rischio di licenziamento un anno fa, tra tre mesi vedranno scadere la loro cassa integrazione andando incontro ad un periodo nebuloso, anche in virtù dell’ultima tegola giudiziaria abbattutasi sui vertici del cementificio tarantino: «Vogliamo che la Magistratura vada a fondo e accerti la verità sulle modalità in cui si è fatto profitto, ma allo stesso tempo chiediamo alle istituzioni nazionali e locali di adoperarsi anche per la tutela del lavoro di chi ha di fronte un futuro nebuloso».
«In questi anni quei lavoratori hanno consentito che si ridiscutesse dell’AIA Cementir, della gestione delle cave all’interno di quell’area industriale e dei silos ora finiti sotto la lente di ingrandimento della Magistratura – spiega Francesco Bardinella, segretario generale della FILLEA CGIL di Taranto – e sono loro quelli a cui per primi dobbiamo pensare quando si sta per ridiscutere del futuro di quell’impianto che ora si appresta a passare nelle mani di Italcementi».
Un appello che CGIL e FILLEA rilanciano, dopo i dettagli diffusi dalla stampa relativi all’inchiesta della Direzione Investigativa Antimafia di Lecce e condotta dalla Guardia di Finanza di Taranto.
«In ENEL e ILVA, secondo i rilievi della magistratura, si sarebbero ottenuti illeciti profitti e di contro la Cementir avrebbe acquistato a prezzi irrisori materiale di loppa e polveri producendo probabilmente a prezzi competitivi – sottolinea D’Arcangelo – tutto questo mentre meditava la “fuga” da Taranto e la chiusura dello stabilimento. Tutto ciò è immorale due volte e per questa ragione ai 72 lavoratori Cementir va riconosciuta l’attenzione di chi è doppiamente vittima: come lavoratore e cittadino».
«La facoltà d’uso degli impianti sequestrati – dice ancora Bardinella – va resa una occasione per garantire ulteriormente questi lavoratori che da sempre rappresentano una vertenza simbolo per il territorio. E non esiste bonifica vera senza il ripristino di garanzie anche per chi in questi anni è stato strumento di profitto nelle mani di queste aziende. Oggi quei lavoratori vanno risarciti con attenzioni adeguate e strumenti reali. Non ci accontenteremo di qualche pannicello caldo che prolunghi l’agonia».
Per questa ragione la CGIL e la FILLEA, che hanno già svolto numerosi incontri di fabbrica con i lavoratori coinvolti, esorteranno nei prossimi giorni nuovamente la Regione Puglia e il Governo.
«Si tratta di protrarre la cassa integrazione per altri dodici mesi, cosa peraltro prevista dalle normative del Decreto per il Mezzogiorno – specifica Bardinella – ma si tratta anche di individuare una risoluzione più a lungo termine che tenga conto di un futuro possibile che guardi proprio alla sicurezza di quella fabbrica e dei suoi lavoratori».
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