Ilva, ‘Ambiente Svenduto’: ancora protagonisti i periti epidemiologi. Scintille tra accusa e difesa
In merito alla posizione del dott. Forastiere, nell’udienza di ieri, la difesa ha ribadito le sue posizioni, sostenendo come sia “un fatto gravissimo che il dottor Forastiere, perito nominato dal giudice, quando ancora doveva terminare l’incarico peritale, rendendo il suo parere ai giudici della Corte di Assise, e quando ancora la prova doveva formarsi nel dibattimento, abbia accettato un incarico da una parte processuale, la Regione Puglia, che aveva un interesse anche economico alla condanna degli imputati“.
(leggi l’articolo http://www.corriereditaranto.it/2018/02/20/ilva-ambiente-svenduto-la-difesa-ricusa-dott-forastiere-marzo-sciopero-degli-avvocati/)
La tesi è sostenuta dagli avvocati che difendono Nicola Riva (ex presidente dell’Ilva) e di Luigi Capogrosso (ex direttore dello stabilimento di Taranto), e spiega le ragioni per le quali hanno avanzato la richiesta di ricusazione di uno dei tre periti nominati dal gip Patrizia Todisco. Come già avvenuto nell’udienza dello scorso 20 febbraio scorso, i legali hanno sostenuto che la Regione Puglia, costituitasi parte civile nel processo, ha commissionato al consulente un aggiornamento al 2014 della perizia epidemiologica (ferma al 2010): “fatto però – hanno evidenziato gli avvocati Pasquale Annicchiarico e Vincenzo Vozza – senza la partecipazione degli imputati e dei loro difensori. Erano stati stanziati dalla Regione Puglia svariate centinaia di migliaia di euro per lo studio affidato al dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio, diretto proprio dal perito Francesco Forastiere, il quale aveva anche accettato di fare parte del Comitato scientifico del progetto commissionato dalla Regione Puglia“. Situazione “ancora più grave – hanno sostenuto ancora i due legali – perché la Regione Puglia si era già costituita parte civile contro gli imputati Riva e Capogrosso, chiedendo agli stessi milioni di euro di risarcimento. Invece di rimanere e di apparire terzo e neutrale, il perito si è schierato al servizio di una parte del processo, quando ancora doveva essere controesaminato, davanti alla Corte di Assise, da tutti i difensori degli imputati, anche da quelli che non erano stati invitati a partecipare all’incidente probatorio svolto nelle indagini“.
La Corte di Assise, dopo aver ascoltato le discussioni dei difensori degli imputati, del pubblico
ministero e del difensore della parte civile Regione Puglia, si è quindi riservata di decidere sull’istanza di ricusazione e depositerà la sua ordinanza nei prossimi giorni.
(leggi l’articolo http://www.corriereditaranto.it/2018/02/21/ilva-ambiente-svenduto-bagarre-aula-sul-ruolo-del-dott-forastiere-tutta-colpa-della-regione/)
L’audizione del dott. Annibale Biggeri
Nell”udienza dello scorso 5 marzo è stato invece il turno del dott. Annibale Biggeri, direttore UO Biostatistica, Centro per lo studio e la prevenzione oncologica, CSPO, Istituto Scientifico della Regione Toscana, Firenze, dal 30 marzo 2005, nonché Professore ordinario di Statistica per la ricerca sperimentale presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Firenze, dal 23 dicembre 2004 e Membro del Dipartimento di Statistica “G. Parenti” , Università di Firenze, dal novembre 1992 e precedentemente come ‘afferente’ dal 1988.
All’inizio dell’udienza vi è stata un po’ di polemica, da parte del collegio difensivo, per via della presenza in aula del dott. Forastiere: secondo i legali della difesa, in particolare dell’avv. Annicchiarico, essendoci la possibilità di essere richiamato in udienza, non è stato espresso il consenso a che il perito restasse in aula, con la Corte d’Assise che ha chiesto allo stesso di appartarsi all’esterno dell’aula perchè presente nella lista dei teste dei lagali della difesa. Inolte, prima dell’udienza del prof. Biggeri, il pm Buccoliero ha chiesto che i dati su cui aveva relazionato il dott. Forastiere fossero acquisiti in copia originale solo dalla Corte, e che alle difese fossero consegnare soltanto delle copie, in modo tale da far restare i dati originali della perizia solo all’interno del fascicolo del dibattimento.
Dopo le solite schermaglie tra accusa e difesa e le lungaggini dovute alle difficoltà nel proiettare il materiale della perizia, il prof. Biggeri ha relazionato per oltre tre ore in merito alla parte della perizia da lui realizzata, sugli effetti a breve termine dell’esposizione agli inquinanti della popolazione di Taranto e quali i decessi per tali patologie per anno attribuili alle emissioni in oggetto. Biggeri ha quindi confermato i risultati della perizia epidemiologica, che avevano evidenziato come “l’analisi sulla città di Taranto nel suo complesso ha mostrato un’associazione con la mortalità per cause naturali coerente con quanto registrato in letteratura, cioe’ una variazione percentuale (vp) di 0,8% per incrementi di 10 µg/m3 diPM10 . Sui ricoveri si osserva un’associazione con le malattie respiratorie con una vp di 5,8%. L’analisi sui residenti nei quartieri Tamburi e Borgo mostra un’associazione con la mortalità per tutte le cause (vp 3,3%), le cause cardiovascolari (vp 2,6%) e respiratorie (vp 8,3%) e nei ricoveri con quelli per malattie cardiache (vp 5,0%; p=0,051) e respiratorie (vp 9,3%; p=0,002). Ovviamente i risultati su tutta Taranto mostrano stime di associazione attenuate in quanto’ vengono considerati insieme esposti e non esposti“.
(leggi anche http://www.corriereditaranto.it/2018/02/26/2ilva-ambiente-svenduto-domani-si-torna-in-aula-ancora-protagonista-la-perizia-epidemiologica/)
Inoltre, il prof. Biggeri ha evidenziato come la perizia epidemiologica abbia accertato che “usando le rispettive stime di effetto per la città e i due quartieri, è stato calcolato il numero di decessi e ricoveri attribuibili ai superamenti del limite OMS di 20 µg/m3 per la concentrazione annuale media di PM10 derivanti dagli impianti industriali ed anche l’Attributable Community Rate (ACR) per 100.000, ossia il rapporto tra gli eventi attribuibili e le persone a rischio di tali eventi, cioe’ i residenti. Le stime di impatto sono coerenti con la maggiore concentrazione degli inquinanti nei quartieri di Tamburi e Borgo dove i decessi attribuibili nel breve termine sono 91 (IC80% 55; 127), che rappresentano il 2,8% delle morti naturali. L’ACR risulta di 20,46 per 100.000 per anno contro 5,87 di Taranto nel suo complesso (per la citta’ di Milano il numero di decessi attribuibili e’ pari al 2,03%)“.
Infine, Biggeri ha anche confermato i dati sui ricoveri attribuibili tra i residenti a Tamburi e Borgo per malattie cardiache: “sono 160 (IC80% 106-214) corrispondenti al 4,3% dei ricoveri non programmati per malattie cardiache con un ACR di 35,98, e per malattie respiratorie sono 219 (IC80% 173; 264) corrispondenti al 7,8% con un ACR di 49,24 mentre per Taranto nel suo complesso l’ACR è rispettivamente 13,65 e 32,18“. Per mantenere un’ottica ancor più conservativa, il perito ha spiegato che è stato fatto un calcolo che tenesse conto della maggiore fragilità della popolazione dei due quartieri per le condizioni socio-economiche e lavorative e del contributo di inquinanti da altre sorgenti estranee all’area industriale: “i decessi attribuibili diventano circa 40 (1,2% dei decessi totali, 9 decessi per 100.000 persone per anno), i ricoveri attribuibili per malattie cardiache 70 (16 ricoveri per 100.000 persone per anno) e per malattie respiratorie 50 (11 ricoveri per 100.000 persone per anno)“.
Ricordiamo che questi dati sono stati formulati per rispondere al secondo quesito posto dalla Procura ai periti epidemiologi, ovvero “Quanti sono i decessi e i ricoveri per tali patologie per anno, per quanto riguarda il fenomeno acuto, attribuibili alle emissioni in oggetto”?
I periti condussero quindi uno studio di serie temporali con approccio case-crossover sia per la popolazione residente presente per tutto il Comune di Taranto sia per i due quartieri di Tamburi e Borgo, considerando per la mortalità le concentrazioni degli inquinanti nel giorno del decesso e nel giorno immediatamente precedente (lag01) e per i ricoveri ospedalieri le concentrazione nel giorno del ricovero e nei tre giorni precedenti (lag03), come spiegò brillantemente anche la dott.ssa Vigotti nella sua sinteri per il sito ufficiale dell’Epidemiologia italiana. Gli effetti degli inquinanti sono considerati lineari, senza soglia in base alle conoscenze attuali e per confrontabilità con la letteratura. Per entrambe le analisi considerarono un’unica serie temporale giornaliera delle concentrazioni degli inquinanti elaborata dai dati di sette centraline della rete di monitoraggio della qualità dell’aria per la città di Taranto, forniti da ARPA Puglia e validate secondo il protocollo MISA e EpiAir. Un punto importante da ricordare è che, mentre di solito in questi studi si usa la media giornaliera delle centraline disponibili in questo caso, seguendo un’impostazione conservativa, hanno scelto di usare la mediana dei dati giornalieri validi che non risente dei valori estremi, motivo per cui le serie di inquinamento non risentono di picchi locali di concentrazione.
Infine, durante la sua udienza, il prof. Biggeri ha dichiarato che dopo il 2001 il monitoraggio dell’aria dell’intera area della città di Taranto è cambiato e migliorato notevolmente rispetto agli anni precedenti.
Nel corso dell’udienza di oggi è stata ascoltata invece la dott.ssa Maria Trassi, direttrice di struttura complessa dell’area funzionale di igiene e sicurezza degli ambienti di lavoro ed epidemiologia dell’azienda ospedaliera universitaria ‘Federico II’ di Napoli, uno dei tre periti nominati dal gip Patrizia Todisco, che firmò le ordinanze di arresto e di sequestro degli impianti dell’area a caldo, sulla cui udienza scriveremo nei prossimi giorni. Prossima udienza il 28 marzo
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