Di Giamnmario Leone - Corriere di Taranto
“L’ordinanza impugnata, pur viziata da errori di interpretazione dei
presupposti per accedere alla applicazione della sanzione su richiesta
per l’ente, si iscrive tuttavia nel perimetro del modello legale e non
può ritenersi abnorme né in senso strutturale, giacché è espressamente
prevista dall’ordinamento come esercizio di un potere specifico
conferito dall’art. 63 decreto legislativo n. 231 del 2001 al giudice,
né in senso funzionale, giacché essa non determina alcuna stasi
processuale“. È quanto si legge nelle motivazioni della VI Sezione
Penale della Corte di Cassazione (presidente Vincenzo Rotundo, relatore
Frabrizio D’Arcangelo), depositate nei giorni scorsi, della sentenza con
cui il 20 dicembre scorso ha dichiarato inammissibili i ricorsi di Ilva
Spa e Riva Forni Elettrici (a giudizio, con la società Partecipazioni
industriali e 44 persone fisiche, nel processo per il presunto disastro
ambientale causato dal Siderurgico) contro l’ordinanza della Corte
d’Assise di Taranto che respingeva le richieste di patteggiamento, come
riporta l’ANSA. La proposta di patteggiamento per Ilva, lo ricordiamo,
prevedeva otto mesi di commissariamento giudiziale, 241 milioni di euro a
titolo di confisca (quale profitto del reato commesso fra il 2009 ed il
2013) e altri 2 milioni come sanzione; per Riva Forni Elettrici il
pagamento di 2 milioni di euro.
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