Le condizioni alla base della trattativa sui livelli occupazionali nell’Ilva targata ArcelorMittal vanno cambiante. O il sindacato dovrà rompere il negoziato e abbandonare il tavolo. Questa la linea dell’Usb in vista del nuovo summit in programma mercoledì al Mise. Il punto critico resta quello dei lavoratori destinati ad entrare nei piani dei nuovi proprietari del colosso dell’acciaio
«La gara, secondo noi - spiega il coordinatore provinciale dell’Usb Francesco Rizzo - è stata costruita senza vincolo alcuno al mantenimento della piena occupazione del gruppo siderurgico. ArcelorMittal si sarebbe aggiudicata Ilva con l’impegno all’assunzione di 8500 lavoratori su un totale di 14200, pari ad un 40% di esuberi, sino al termine del piano industriale nel 2023. Gli 8500 lavoratori passerebbero alle dirette dipendenze di AM Investco, mentre i restanti 5700 resterebbero in carico all’Ilva in amministrazione straordinaria».
Il successivo intervento del ministro Calenda avrebbe convinto ArcelorMittal ad accettare 10.000 assunzioni anzichè le 8500 pattuite» - puntualizza Sergio Bellavita, dell’Usb nazionale. «Tuttavia - insiste Bella vita - questo nuovo impegno, pare essere solo verbale e solo sino al 2023. In altri termini nel 2023 si paventano nuovi 1500 esuberi».
Uno scenario complesso nel quale Usb vede scelte quasi inevitabili per lo schieramento sindacale.
«Qualora il quadro fosse immutato - aggiounge Francesco Rizzo - proporremo a tutta la delegazione sindacale di prendere atto che non ci sono le condizioni per proseguire oltre. Come Usb nella riunione con governo e management abbiamo dichiarato l’indisponibilità a soggiacere al ricatto che si preannuncia: accettare queste condizioni o Ilva chiude. Siamo certi che esistono altre soluzioni per un rilancio produttivo del gruppo e per le indispensabili opere di ambientalizzazione».
La lunga vicenda della cessione del gruppo Ilva ad ArcelorMittal, infatti, sta per entrare in una fase cruciale. «Sin dal primo giorno, come Usb - dice Rizzo - in sostanziale sintonia con la quasi totalità della delegazione sindacale, abbiamo giudicato il piano industriale 2019-2023 incoerente con gli obbiettivi ambiziosi di produzione. In particolare ci riferiamo agli scarsi investimenti previsti sulle linee di asservimento alla produzione di acciaio e soprattutto colpisce l’assenza di un rapporto diretto tra livelli occupazionali e livelli produttivi».
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