In questa FO affrontiamo, con Engels, una delle questioni centrali del programma dei comunisti: "l'abolizione della proprietà privata", che da parte dei padroni, della loro corte di borghesi viene indicata/denunciata come "orrore" a dimostrazione che i comunisti vogliono "eliminare le libertà personali"; ma che fa sorgere anche qualche perplessità tra i proletari che pensano che "abolire la proprietà privata" significherà vedersi togliere la casa, la macchina, ecc.
MA COME STANNO REALMENTE LE COSE? DI QUALE "PROPRIETA' PRIVATA" PARLIAMO? E QUALI SARANNO LE CONSEGUENZE DELL'ABOLIZIONE DELLA PROPRIETA PRIVATA.
Leggiamo con attenzione i passi sotto riportati, presi da "Il Manifesto del Partito comunista" scritto insieme da Marx e da Engels e da "Principi del comunismo" di Engels.
Annunciamo che il 28 novembre, in occasione del bicentenario della nascita di Engels (28/11/1820) vi sarà una "giornata Engels" che comprenderà varie iniziative, con alcune sorprese.
DA IL MANIFESTO - Ci si è rinfacciato, a noi comunisti che vogliamo abolire la proprietà acquistata personalmente, frutto del lavoro diretto e personale; la proprietà che costituirebbe ilfondamento di ogni libertà, attività e autonomia personale.
Proprietà frutto del proprio lavoro, acquistata, guadagnata con le proprie forze! Parlate della proprietà del minuto cittadino, del piccolo contadino che ha preceduto la proprietà borghese? Non c'è bisogno che l'aboliamo noi, l'ha abolita e la va abolendo di giorno in giorno lo sviluppo dell'industria.
O parlate della moderna proprietà privata borghese?
Ma il lavoro salariato, il lavoro del proletario, crea proprietà a questo proletario? Affatto. Il lavoro del proletario crea il capitale, cioè quella proprietà che sfrutta il lavoro salariato, che può moltiplicarsi solo a condizione di generare nuovo lavoro salariato, per sfruttarlo di nuovo. La proprietà nella sua forma attuale si muove entro l'antagonismo fra capitale e lavoro salariato.
Proprietà frutto del proprio lavoro, acquistata, guadagnata con le proprie forze! Parlate della proprietà del minuto cittadino, del piccolo contadino che ha preceduto la proprietà borghese? Non c'è bisogno che l'aboliamo noi, l'ha abolita e la va abolendo di giorno in giorno lo sviluppo dell'industria.
O parlate della moderna proprietà privata borghese?
Ma il lavoro salariato, il lavoro del proletario, crea proprietà a questo proletario? Affatto. Il lavoro del proletario crea il capitale, cioè quella proprietà che sfrutta il lavoro salariato, che può moltiplicarsi solo a condizione di generare nuovo lavoro salariato, per sfruttarlo di nuovo. La proprietà nella sua forma attuale si muove entro l'antagonismo fra capitale e lavoro salariato.
Esaminiamo i due termini di questo antagonismo. Essere capitalista significa occupare nella produzione non soltanto una pura posizione personale, ma una posizione sociale.
Il capitale è un prodotto collettivo e può essere messo in moto solo mediante una attività comune di molti membri, anzi in ultima istanza solo mediante l'attività comune di tutti i membri della società.
Dunque, il capitale non è una potenza personale; è una potenza sociale.
Dunque, se il capitale viene trasformato in proprietà collettiva, appartenente a tutti i membri della società, non c'è trasformazione di proprietà personale in proprietà sociale. Si trasforma soltanto il carattere sociale della proprietà. La proprietà perde il suo carattere di classe.
Veniamo al lavoro salariato.
Il prezzo medio del lavoro salariato è il minimo del salario del lavoro, cioè è la somma dei mezzi di sussistenza che sono necessari per mantenere in vita l'operaio in quanto operaio. Dunque, quello che l'operaio salariato s'appropria mediante la sua attività è sufficiente soltanto per riprodurre la sua nuda esistenza. Noi non vogliamo affatto abolire questa appropriazione personale dei prodotti del lavoro per la riproduzione della esistenza immediata, appropriazione che non lascia alcun residuo di profitto netto tale da poter conferire potere sul lavoro altrui. Vogliamo eliminare soltanto il carattere miserabile di questa appropriazione, nella quale l'operaio vive solo allo scopo di accrescere il capitale, e vive solo quel tanto che esige l'interesse della classe dominante...
Il capitale è un prodotto collettivo e può essere messo in moto solo mediante una attività comune di molti membri, anzi in ultima istanza solo mediante l'attività comune di tutti i membri della società.
Dunque, il capitale non è una potenza personale; è una potenza sociale.
Dunque, se il capitale viene trasformato in proprietà collettiva, appartenente a tutti i membri della società, non c'è trasformazione di proprietà personale in proprietà sociale. Si trasforma soltanto il carattere sociale della proprietà. La proprietà perde il suo carattere di classe.
Veniamo al lavoro salariato.
Il prezzo medio del lavoro salariato è il minimo del salario del lavoro, cioè è la somma dei mezzi di sussistenza che sono necessari per mantenere in vita l'operaio in quanto operaio. Dunque, quello che l'operaio salariato s'appropria mediante la sua attività è sufficiente soltanto per riprodurre la sua nuda esistenza. Noi non vogliamo affatto abolire questa appropriazione personale dei prodotti del lavoro per la riproduzione della esistenza immediata, appropriazione che non lascia alcun residuo di profitto netto tale da poter conferire potere sul lavoro altrui. Vogliamo eliminare soltanto il carattere miserabile di questa appropriazione, nella quale l'operaio vive solo allo scopo di accrescere il capitale, e vive solo quel tanto che esige l'interesse della classe dominante...
Nella società borghese il capitale è indipendente e personale, mentre l'individuo operante è dipendente e impersonale.
E la borghesia chiama abolizione della personalità e della libertà l'abolizione di questo rapporto! E a ragione: infatti, si tratta dell'abolizione della personalità, della indipendenza e della libertà del borghese...
Voi inorridite perché vogliamo abolire la proprietà privata. Ma nella vostra società attuale la proprietà privata è abolita per i nove decimi dei suoi membri; la proprietà privata esiste proprio per il fatto che per nove decimi non esiste. Dunque voi ci rimproverate di voler abolire una proprietà che presuppone come condizione necessaria la privazione della proprietà dell'enorme maggioranza della società.
E la borghesia chiama abolizione della personalità e della libertà l'abolizione di questo rapporto! E a ragione: infatti, si tratta dell'abolizione della personalità, della indipendenza e della libertà del borghese...
Voi inorridite perché vogliamo abolire la proprietà privata. Ma nella vostra società attuale la proprietà privata è abolita per i nove decimi dei suoi membri; la proprietà privata esiste proprio per il fatto che per nove decimi non esiste. Dunque voi ci rimproverate di voler abolire una proprietà che presuppone come condizione necessaria la privazione della proprietà dell'enorme maggioranza della società.
In una parola, voi ci rimproverate di volere abolire la vostra proprietà. Certo, questo vogliamo.
DA PRINCIPI DEL COMUNISMO - Quali saranno le conseguenze della eliminazione finale della proprietà privata?
Anzitutto, per il fatto che la società sottrae alle mani dei capitalisti privati l'uso di tutte le forze produttive e di tutti i mezzi di scambio come pure lo scambio e la distribuzione dei prodotti, e li amministra secondo un piano risultante dai mezzi che si hanno a disposizione e dai bisogni della società intera, - vengono eliminate le cattive conseguenze che oggi sono ancora connesse all'esercizio della grande industria. Le crisi scompaiono; la produzione estesa che per l'ordinamento attuale della società è sovrapproduzione e causa tanto potente di miseria, non potrà dopo la rivoluzione raggiungere neppure la sufficienza, e dovrà essere ancora molto più estesa. Invece di essere apportatrice di miseria, la sovrapproduzione garantirà, ben più che il fabbisogno immediato della società, la soddisfazione dei bisogni di tutti, e genererà nuovi bisogni e insieme i mezzi per soddisfarli...
Anzitutto, per il fatto che la società sottrae alle mani dei capitalisti privati l'uso di tutte le forze produttive e di tutti i mezzi di scambio come pure lo scambio e la distribuzione dei prodotti, e li amministra secondo un piano risultante dai mezzi che si hanno a disposizione e dai bisogni della società intera, - vengono eliminate le cattive conseguenze che oggi sono ancora connesse all'esercizio della grande industria. Le crisi scompaiono; la produzione estesa che per l'ordinamento attuale della società è sovrapproduzione e causa tanto potente di miseria, non potrà dopo la rivoluzione raggiungere neppure la sufficienza, e dovrà essere ancora molto più estesa. Invece di essere apportatrice di miseria, la sovrapproduzione garantirà, ben più che il fabbisogno immediato della società, la soddisfazione dei bisogni di tutti, e genererà nuovi bisogni e insieme i mezzi per soddisfarli...
La grande industria, liberata dalla pressione della proprietà privata, si svilupperà in dimensioni di fronte alle quali il suo perfezionamento attuale apparirà meschino... Questo sviluppo dell'industria metterà a disposizione della società una massa di prodotti sufficiente a soddisfare i bisogni di tutti. Così anche l'agricoltura alla quale pure la pressione della proprietà privata e del parcellamento impedisce di appropriarsi i miglioramenti già compiuti e gli sviluppi scientifici, prenderà uno slancio assolutamente nuovo, e metterà a disposizione della società una quantità di prodotti del tutto sufficiente. A questo modo la società darà prodotti sufficienti perchè si possa organizzare la distribuzione in modo che siano soddisfatti i bisogni di tutti i suoi membri.
Così diventa superflua la divisione della società in differenti classi contrapposte le une alle altre. E non solo superflua, ma addirittura incompatibile con il nuovo ordinamento sociale. L'esistenza delle classi ha origine nella divisione del lavoro, e nella nuova società la divisione del lavoro del tipo che s'è avuto finora, scomparirà totalmente. Poichè per portare la produzione industriale ed agricola all'altezza suesposta, non bastano da soli gli ausili meccanici e chimici; debbono essere sviluppate in misura corrispondente anche le capacità degli uomini che fanno funzionare quegli ausili. Come i contadini e gli operai manifatturieri del secolo passato hanno mutato tutto il loro tipo di vita e sono diventati essi stessi uomini del tutto nuovi quando furono trascinati nella grande industria, così l'esercizio comune della produzione da parte dell'intera società e il conseguente sviluppo nuovo della produzione abbisognerà di uomini del tutto nuovi e li genererà anche. L'esercizio comune della produzione non può essere attuato da uomini come quelli di oggi, ognuno dei quali è subordinato a un unico ramo della produzione, incatenato ad esso, da esso sfruttato, ognuno dei quali ha sviluppato una sola delle sue attitudini a spese di tutte le altre, e conosce soltanto un ramo, o soltanto un ramo di un ramo della produzione complessiva... L'educazione potrà far seguire ai giovani rapidamente l'intero sistema della produzione, li metterà in grado di passare a turno da uno all'altro ramo della produzione, a seconda dei motivi offerti dai bisogni della società o dalle loro proprie inclinazioni. Toglierà ai giovani il carattere unilaterale impresso ad ogni individuo dall'attuale divisione del lavoro. A questo modo la società organizzata comunisticamente offrirà ai suoi membri l'occasione di applicare in tutti i sensi le loro attitudini sviluppate in tutti i sensi. Ma con ciò scompaiono necessariamente anche le differenti classi. Cosicchè da una parte la società organizzata comunisticamente è incompatibile coll'esistenza delle classi, e dall'altra parte l'instaurazione di questa società offre essa stessa i mezzi per abolire queste differenze tra le classi...
L'associazione generale dei membri della società per lo sfruttamento comune e pianificato delle forze produttive, l'estensione della produzione a un grado tale che essa soddisferà i bisogni di tutti, la cessazione di una situazione nella quale i bisogni dell'uno vengono soddisfatti a spese dell'altro, la distruzione completa delle classi e dei loro antagonismi, lo sviluppo universale delle capacità di tutti i membri della società mediante l'eliminazione della divisione del lavoro esistente finora, mediante l'educazione industriale, mediante l'alternarsi delle attività, mediante la partecipazione di tutti ai godimenti prodotti da tutti, mediante la fusione di città e campagna - ecco i risultati principali dell'abolizione della proprietà privata...
L'associazione generale dei membri della società per lo sfruttamento comune e pianificato delle forze produttive, l'estensione della produzione a un grado tale che essa soddisferà i bisogni di tutti, la cessazione di una situazione nella quale i bisogni dell'uno vengono soddisfatti a spese dell'altro, la distruzione completa delle classi e dei loro antagonismi, lo sviluppo universale delle capacità di tutti i membri della società mediante l'eliminazione della divisione del lavoro esistente finora, mediante l'educazione industriale, mediante l'alternarsi delle attività, mediante la partecipazione di tutti ai godimenti prodotti da tutti, mediante la fusione di città e campagna - ecco i risultati principali dell'abolizione della proprietà privata...
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