Si sono svolte oggi le audizioni della Commissione Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare del Senato, sul decreto ‘Impianti di interesse strategico nazionale’, che riguarda anche e soprattutto l’ex Ilva approvato dal governo lo scorso 28 dicembre.
Ad intervenire, per conto di Acciaierie d’Italia, l’amministratore delegato Lucia Morselli. Che ha inizialmente ricordato come l’ex Ilva “consumi il 2% del fabbisogno energetico dell’Italia, stiamo parlando di miliardi e miliardi di costi energetici, e quindi il costo dell’energia è stato “esorbitante” per l’impresa. E’ evidente che l’utilizzo dei fondi, quando arriveranno perchè noi non abbiamo visto un euro, ci sarà una parziale destinazione ai costi dell’energia ma questo è normale perchè il costo dell’energia è stato il problema numero uno dell’anno in corso” ha dichiarato la Morselli rispondendo alle domande dei senatori nel corso della audizione in commissione Industria del Senato sul Dl Ilva. Del resto era pressoché scontato che parte dei 680 milioni di euro che arriveranno, serviranno ad iniziare a ripianare il debito che l’azienda vanta con l’Eni (di svariate centinaia di milioni di euro) e con la Snam, l’attuale fornitore con cui al 31 dicembre scorso era stato contratto un debito pari a 280 milioni di euro.
In merito alla struttura del decreto stesso, l’ad ha poi dichiarato che “le conclusioni del professor Cassese da noi consultato per un parere, sono che l’articolo 2 del dl sulla amministrazione straordinaria delle società partecipate infrange qualche articolo della Costituzione“. Il riferimento, ha detto nel corso dell’audizione è agli articoli 3 e 41 della Costituzione nonché all’articolo 49 del Trattato Ue. “Quindi – ha concluso Morselli – ci sembrava particolarmente complessa la formulazione di questo articolo e soprattutto per l’opinione che ci ha dato il professor Cassese di seria incostituzionalità. Si tratta del principio di uguaglianza, perché chiaramente introduce una norma che si applica solo alle società che hanno una partecipazione pubblica e non a tutte le società; il principio di libertà dell’iniziativa economica privata, addirittura con un esproprio privo di indennizzo rispetto ad un’eventuale socio privato; poi infrange anche una norma del diritto europeo: l’articolo 49 del trattato di funzionamento dell’Unione europea, l’articolo di protezione degli investimenti che vengono fatti da operatori europei in Europa. Quindi – dice l’a.d. di Acciaierie d’Italia ai senatori – ci sembra particolarmente complessa la formulazione di questo articolo: è, soprattutto per l’opinione che ci ha dato il professor Cassese, di seria incostituzionalità“.
(leggi l’articolo https://www.corriereditaranto.it/2023/01/18/sullex-ilva-una-pantomima-indecente/)
La Morselli ha poi proposto di reintrodurre il testo del decreto legge del 2019 relativamente alla voce ‘finanziamenti soci‘ dell’articolo 1 perchè, ha spiegato, “la dizione ‘finanziamenti soci in conto aumenti di capitale’ chiarisce l’intervento di rafforzamento patrimoniale che è la ratio di questo finanziamento, altrimenti un finanziamento soci potrebbe anche significare una semplice sostituzione al sistema finanziario bancario che crediamo non sia la ratio che sottende questa norma”. Sempre sull’articolo 1, in risposta alle domande dei senatori, Morselli ha sottolineato che “rispetta i principi dell’accordo siglato nel 2020 ed è una sua esecuzione. Quindi è assolutamente in linea con gli accordi che i due investitori hanno fatto”. “L’accordo tra l’investitore internazionale e l’investitore italiano è stato firmato non adesso, nel 2020, e quello che è il contenuto dell’articolo 1 decreto che la Commissione sta esaminando, semplicemente rispetta i principi di quell’accordo”. “Il socio internazionale ha anticipato nel tempo più di due miliardi di euro e adesso tocca al socio italiano“, ha ricordato ancora una volta la Morselli. “È un accordo del 2020. Questa – evidenzia ancora Morselli – è una esecuzione di quell’accordo, arrivata non subito, con ritardi per il Covid, forse anche per altre questioni che possiamo comprendere, come un nuovo Parlamento, e altre cose di cui siamo rispettosamente testimoni. Però, ripeto, è assolutamente in linea con gli accordi che i due investitori hanno fatto”.
Sull’articolo 6 del decreto legge in materia di sequestro, la Morselli ha proposto che possa essere applicato anche per i siti per i quali sia stata richiesta la revoca del sequestro e questa sia stata negata, altrimenti “potrebbe non essere applicabile alla nostra azienda”.
Proposti poi tre articoli aggiuntivi: prevedere che la confisca facoltativa non sia applicata sui siti di rilevanza strategica nazionale (“Abbiamo avuto l’ardire di proporre un articolo nuovo: riguarda la confisca facoltativa che è stata accese sui nostri impianti. Vorremmo introdurre un articolo che prevede che le confische facoltative non possano essere applicate su siti strategici di rilevanza nazionale” ha spiegato); centralizzare la giustizia amministrativa presso il Tar di Roma; prevedere il concerto del ministero dell’Ambiente per le ordinanze contingibili e urgenti che possono essere emesse dalle Autorità locali (chiaro riferimento all’ordinanza del sindaco Melucci che finì dinnanzi al Consiglio di Stato). “Il dl del governo sui siti di interesse strategico nazionali dovrebbe accentrare anche la giustizia amministrativa, sulla falsariga di quanto già avvenuto per quel che riguarda il penale, accentrata al Tribunale di Roma, al Tar di Roma – ha chiesto Lucia Morselli -. Ci sono moltissime problematiche che riguardano le questioni amministrative, se pensate a tutte le questioni ambientali: vorremmo, in questo caso, che per i siti strategici la competenza fosse centralizzata a Roma come vorremmo che le ordinanze contingenti e urgenti di competenza delle autorità locali siano emesse di concerto con quelle centrali. Questo – conclude- nell’ottica di centralizzazione di questioni che riguardano impianti di interesse nazionale coerentemente con l’idea che non sono siti locali ma appunto nazionali”.
Infine, un chiarimento a quei senatori che chiedevano la presenza in Commissione del presidente di AdI Franco Bernabè. “Io non accetto di essere considerata un rappresentante di un socio straniero, io sono il capo dell’azienda Acciaierie d’Italia tutta. Esattamente come il presidente Bernabè io lo vivo come presidente di tutta Acciaierie d’Italia”, aggiungendo e concludendo che “vi posso garantire che tutto il consiglio di amministrazione lavora insieme per il successo della società a prescindere dalla nomina”.
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