Indotto Stellantis, Fdm: “Noi, licenziati senza pietà nel silenzio generale”
Tra poco più di due mesi tutti a casa i 53 lavoratori dell’area industriale di Melfi. Lettere di licenziamento recapitate le scorse settimane. Istituzioni non pervenute. E infine ieri il titolare ha anche disertato l’incontro in fabbrica. Al suo posto l’amministratore delegato. “E’ finita”
NON VOGLIONO FARE LA SOLITA FINE
Operai della PMC di Melfi cercano nuove strade per opporsi ai licenziamenti, non sono andati a casa, sono in presidio permanente davanti alla fabbrica e sono decisi a continuare: “il problema lo ha creato Stellantis e Stellantis lo deve risolvere”.
La crisi dell’auto coinvolge gli
stabilimenti centrali e l’indotto e, primi a saltare sono proprio gli
stabilimenti dell’indotto. A Melfi, gli operai con le solite perdite di
tempo dietro ai sindacalisti, tra “tavoli di lavoro” e incontri con “le
controparti e istituzioni”, come risultato hanno avuto solo il
licenziamento degli operai interinali, le dimissioni incentivate di
molti altri e, come contentino, la cassa integrazione per il tempo
massimo di un anno.
Finalmente, partendo dalla Pmc, gli operai
rimasti hanno capito che solo prendendo in mano direttamente la gestione
delle iniziative potevano aprire la possibilità di conservare lavoro e
salario.
Superando le divisioni interne, create ad arte dal sistema
di fabbrica, tra iscritti a sindacati diversi, quelli che non hanno
l’età per il pensionamento ravvicinato e quindi sono fuori dal discorso
delle dimissioni incentivate, hanno capito che tra Naspi e incentivi
miserabili, presto sarebbero diventati disoccupati senza reddito.
È su questi presupposti che è nata l’esigenza di reagire.
Con
la parola d’ordine “noi non ci faremo liquidare in silenzio”, gli
operai Pmc hanno organizzato un presidio permanente fuori allo
stabilimento e hanno cominciato a organizzare iniziative per non perdere
lavoro e salario.
Hanno individuato subito Stellantis come controparte e hanno cominciato a fare pressione.
“Il
problema lo ha creato Stallantis e Stellantis lo deve risolvere”.
D’altra parte le poche lavorazioni rimaste nell’indotto sono state
trasferite nello stabilimento centrale, ma non gli operai che le
facevano.
Gli operai Pmc, per primi, hanno allora richiesto che gli
operai Pmc rimasti devono essere assorbiti dallo stabilimento centrale. E
per diversi di loro rappresenterebbe un ritorno alle origini, visto che
erano precedentemente operai Fiat che sono stati esternalizzati in
passato per esigenze “tecnico produttive” ufficialmente.
Sull’esempio
degli operai Pmc, sono partiti con il presidio dello stabilimento anche
gli operai della Tiberina che hanno intravisto nelle manovre aziendali
la stessa pratica e conseguentemente gli stessi esiti negativi che si
sono avuti alla Pmc, e, prima della chiusura dello stabilimento, hanno
agito d’anticipo.
Le iniziative operaie hanno smosso le acque. I
giornalisti hanno cominciato a interessarsi maggiormente della crisi
dell’indotto di Melfi. I politici hanno cominciato a muoversi
organizzando incontri, andando dagli operai ai presidi e affermando che
le Istituzioni devono avere un ruolo centrale per risolvere il problema.
Tutte cose già viste in decine di occasioni di crisi aziendali. Per ora
gli operai seguono la loro strada. Hanno cominciato a superare le
divisioni tra loro e cominciano a muoversi come una collettività.
Reputano che l’attenzione che si è creata intorno a loro può essere
utile, ma sono consapevoli che non basta. Nei presidi si discute per
trovare il modo di fare sempre più pressione su Stellantis, consapevoli
che la loro vera “controparte” è lei.
Dopo aver fatto guadagnare miliardi al padrone non vogliono andarsene con “una mano davanti è una di dietro”.
F. R.

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