domenica 13 agosto 2023

Su salario minimo e lotta per aumenti salariali - dal blog proletari comunisti


Il grande bluff del governo Meloni
Era scontato come sarebbe andato a finire l'incontro convocato dalla Meloni con le forze dell'opposizione sulla loro proposta di "salario minimo": conferma, con peggioramento. Il tutto è rinviato, ma non più a settembre ma a 60 giorni, quindi come minimo a fine ottobre; proposta di dare al Cnel la regia di un lavoro approfondito per arrivare a una proposta di legge "che affronti una materia così ampia nelle sue complessità", una formula generica che non parla affatto di salario minimo ma di "lavoro povero" - Cnel presieduto da Renato Brunetta... Della serie: se non credete a me credete a mia moglie... Se la regia è questa, scordatevi il salario minimo...

Per Elly Schlein, per Conte "il governo non ha le idee chiare", quando in realtà sembra che invece le ha chiarissime: tattica del rinvio, del buttarla sul generale, del prendere tempo, per negare.

La Meloni fa anche altro: utilizza motivazioni apparentemente di sinistra per riaffermare la politica di destra. "Il salario minimo sarebbe “controproducente” - dichiara la Meloni - perché un tetto minimo potrebbe produrre l'effetto opposto a quello sperato, schiacciando i salari oggi più alti verso la soglia base". Chiaramente questo lo dice non certo per intervenire verso le aziende per reali aumenti salariali in tutti i settori e a tutti i lavoratori, o per ripristinare la scala mobile, o per una legge che riduca l'orario di lavoro a parità salariale, ma per far passare il NO al salario minimo e cercare di portare dalla sua parti del sindacato confederale. E lo dice quando gli unici interventi del governo fatti o programmati sono solo al servizio dei profitti dei padroni.

Ripubblichiamo un testo di qualche giorno fa, per chiarezza 

Salario minimo e lotta per aumenti salariali

 1) Chiaramente il governo Meloni, come sta facendo la lotta ai poveri, ai senza reddito, disoccupati, a tante donne e famiglie che non possono neanche mangiare, togliendo a 169 mila da domani il reddito di cittadinanza (comunque una miseria, "spiccioli" in confronti alle spese di Ministri, sottosegretari, parlamentari, e ancora più spiccioli in confronto ai finanziamenti ai padroni e ai miliardi di spese militari per la guerra), accompagnando questa mannaia da un campagna mediatica nei giornali governativi oscena, della serie: la colpa di non avere lavoro è di chi non lo vuole trovare, ed è quindi lui colpevole della sua povertà... e vuole pure un reddito...; e tutto questo mentre in questi stessi giorni aumentano i prezzi dei generi alimentari, della spesa minima quotidiana, aumenta la benzina;

il governo sul salario minimo ha deciso di rinviare il tutto in autunno - un rinvio (mossa della Meloni per cercare di attutire lo scontro parlamentare) che di fatto sarà un nuovo NO! 

E' un'altra mano ai padroni, che sfruttano lavoratori e soprattutto lavoratrici con contratti poveri e poverissimi, nel sud un lavoratore su 2,7, pari al 37 per cento, ha una paga oraria inferiore ai 9 euro.

Quindi, la rivendicazione di una legge sul "salario minimo" che riguarderebbe migliaia di lavoratori delle pulizie, servizi, turismo, cooperative sociali, ecc., va oggi sostenuta perchè è parte della lotta contro il governo dei padroni che, come per i poveri, considera i lavoratori e le lavoratrici precarie, a sottosalario un fastidioso peso.

2) Per la Confindustria di Bonomi il salario minimo, rinvio o non rinvio, non gli tocca - "non è un tema che riguarda Confindustria". I nostri contratti sono sopra quella cifra di 9 euro... Si dice che si pagano poco i lavoratori ma non è l'industria italiana".

Quest'ultima affermazione è un falso. I salari, come dicono le stesse statistiche, nel Mezzogiorno in generale hanno perso il 12% di potere reale, e nel Centro-Nord il 3%. Quindi, sono anche questi "salari minimi"! E gli operai anche di questi settori, di medie e grandi aziende non ce la fanno più a vivere con quel poco salario, e vengono ridotti anch'essi a lavoratori poveri. 

D'altra parte i capitalisti hanno trovato da tempo il modo di abbassare il salario medio dei loro lavoratori. Attraverso l'appalto, grazie al quale in una stessa azienda, pur in barba a leggi tuttora esistenti e alla realtà, i salari dei lavoratori sono differenti, tra quelli percepiti dai lavoratori diretti e quelli, più bassi, dei lavoratori degli appalti, pur facendo gli stessi lavori; così attraverso l'occupazione di lavoratori somministrati, apprendisti, precari con contratto a termine, o part time, di lavoratori immigrati, di donne, ecc. il salario medio di quella azienda, che ufficialmente applica contratti con salari superiori ai 10 euro, si abbassa rapidamente. 

Questa discussione sul salario minimo che viene utilizzata per affermare che i padroni della Confindustria, le grandi aziende sono corrette, brave: 'altro che i 9 euro che stanno chiedendo le opposizioni parlamentari... noi diamo già nei nostri contratti più di 10 euro anche 11 ai metalmeccanici', poi questi padroni useranno la questione del "salario minimo" per non aumentare neanche di un centesimo il salario degli operai dei settori metalmeccanici, chimici, elettrici, ecc, ecc, E quindi per abbassare di fatto il salario medio, sempre più ridotto a fronte dell'aumento della produttività/sfruttamento e del costo della vita.

Pertanto, la battaglia per il "salario minimo", fatta anche dai sindacati di base, non deve oscurare, mettere in secondo piano la battaglia centrale nelle fabbriche in primis per forti aumenti salariali.

Le aziende vogliono al massimo legare miseri aumenti all'andamento aziendale - quindi non aumenti salariali stabili per tutti ma al massimo contrattazione di un "premio di risultato". Ma siccome i padroni, quando devono dare, dichiarano che i loro "risultati" sono sempre negativi (mentre nei loro consessi dichiarano orgogliosi aumenti dei profitti) anche da questo lato nessun incremento concreto viene.  

Senza una seria, determinata battaglia sui salari, i padroni tenderanno ad unificare tutti i salari al livello minimo. 

Il capitale punta a trovare sul mercato la forza lavoro alle condizioni salariali e normative a lui più favorevoli.  Ma per gli operai non c'è "libero mercato" ma solo la legge dello sfruttamento. In generale solo la lotta degli operai in varie fasi ha messo un argine alla ricerca del "massimo ribasso"

3) I sindacati confederali sono in generale restii al salario minimo. Cgil e Uil via via hanno un pò modificato la loro posizione, dicendo "Sì, però centrale è la legge sulla rappresentanza"; la Cisl invece dice chiaramente No. 

I sindacati confederali dicono, che il salario minimo schiaccerebbe la contrattazione sindacale. Ma pur senza il salario minimo in tutti questi anni, e anche decenni per alcuni contratti, quindi con la sola contrattazione sindacale il salario si è abbassato e non è stato affatto difeso dai CCNL. 

"La colpa è dei contratti privati, fatti da sindacati non rappresentativi", gridano i sindacati "rappresentativi" che, quindi, chiedono per loro un marchio Doc. Ma questo anche il lavoratore più sprovveduto sa che è una "coperta" con cui nascondere la semplice verità. Cgil, Cisl e Uil hanno permesso che i contratti anche più importanti venissero rinnovati dopo anni e anni dalla loro scadenza; hanno accettato elemosine di aumento, in nome di avere poi potere nella contrattazione di secondo livello che ha trasformato il salario in "buoni welfare" (una sorta di "pane con la tessera"); contrattazione aziendale in cui c'è da parte di questi sindacati la massima comprensione delle "difficoltà dei padroni".

Inoltre tanti degli stessi contratti nazionali firmati non da sindacati pirata ma da Cgil, Cisl e Uil e dalle principali associazioni delle imprese, da Confindustria a Confcommercio, oltre un terzo, danno una retribuzione oraria sotto i 9 euro lordi: 7 euro l’ora gli operai agricoli e i florovivaisti, gli addetti delle imprese artigiane di pulizia 8,1 euro l’ora, gli addetti delle cooperative del settore socio sanitario hanno 8,8 euro, come i lavoratori con il contratto multiservizi. I dipendenti del tessile abbigliamento si fermano a 8,7 euro l’ora. Tenendo conto che la maggioranza in questi settori sono donne, quindi a un attacco salariale si accompagna una aperta discriminazione. 

Chi impedirebbe ai sindacati confederali di lottare e strappare seri aumenti salariali, pur in presenza del "salario minimo", ma non lo fanno! Per la loro stessa logica e pratica di aperta collaborazione, asservimento alle leggi del profitto del capitale, da cui loro traggono le briciole, grandi o piccole.

Quindi, i sindacati confederali sono un ostacolo alla legge sul salario minimo; ma sono soprattutto un grande ostacolo per la lotta per il salario. Questo pone per tutti i lavoratori la necessità di riprendere nelle proprie mani la lotta per il salario, ricostruendo il sindacato di classe.

4) Tornando al salario minimo. La proposta delle opposizioni parlamentari non va bene. I 9 euro richiesti sono lordi, alla fine, tra detrarre il contributo a carico del lavoratore da versare all’Inps, generalmente fissato nel 9,19% e la tassazione Irpef pari mediamente al 23%, il netto che percepirebbe il lavoratore sarebbe intorno ai 7 euro. "Tanto rumor per poco...!".

Il salario minimo deve essere almeno di 10 euro netti, così come rivendicato dai sindacati di base e di classe.

5) L'importanza degli scioperi - Da un commento di un operaio dell'ex Ilva Taranto - E' chiaro come il sole che questo governo con tutta l'orgia nera di parlamentari che si porta appresso non andrà via tanto facilmente, che delle semplici elezioni non riusciranno a spodestarli dai posti di comando che stanno violentemente occupando, dunque toccherà intensificare scioperi, manifestazioni a breve termine".

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