sabato 22 agosto 2015

L'IPOCRISIA DELLA LOTTA AL CAPORALATO PER SALVARE LE GRANDI AZIENDE - E ANCHE SAVIANO SALE SULLO STESSO CARRO

In questa strage di braccianti immigrati e italiani, questi soprattutto donne, si sta parlando e puntando il dito sul caporalato, quasi separandolo dalle aziende, fino a – come è successo per l'inchiesta giudiziaria ultratardiva della Procura sulla morte di Paola Clemente di S. Giorgio J. - indagare all'inizio solo l'autista-caporale e solo giorni dopo l'azienda; così nei pochissimi interventi di ministri, Istituzioni locali si parla essenzialmente di adottare provvedimenti contro il caporalato, mentre verso le associazioni delle aziende al massimo la Regione Puglia di Emiliano fa incontri di “collaborazione per debellare insieme il fenomeno”.

E il governo verso le aziende fa anche di più. Invece di porre leggi che impongano il rispetto dei contratti, dei diritti dei lavoratori, i controlli, che perseguano le aziende che traggono grandi profitti dalle condizioni di lavoro schiaviste dei braccianti, il Ministro Martina, come in una commedia delle beffe, sta pensando ad un aiuto alle imprese agricole, anticipando di un anno l'eliminazione totale dell'imposta regionale (Irap).  

Si tratta di una spudorata politica per salvaguardare gli interessi economici delle aziende agricole, ortofrutticole, che sono generalmente grandi società capitaliste.
Ma il caporalato nelle campagne è legato a filo stretto con le aziende, non potrebbe vivere senza le aziende e le aziende non possono e soprattutto non vogliono lavorare senza di loro.
I caporali gli fanno il lavoro “sporco”: di scegliere i braccianti, decidendo chi va a lavorare e chi viene lasciato a casa, di prenderli e portarli nei campi riempendo fino al massimo i bus, di fare da intermediari nei pagamenti ai braccianti detraendo dalla loro paga, non contrattuale, il loro costo di caporali, il costo del viaggio, spesso il costo acqua, ecc., garantisce alle aziende di tenere i braccianti sotto controllo durante il lavoro.

Quindi parlare di leggi contro il caporalato senza leggi contro le aziende è una oscena, ipocrita presa in giro fatta sulle morti dei braccianti, e, bene che vada, un'azione impotente.
La grande lotta degli immigrati di Nardò che portò all'introduzione nel 2011 del reato di caporalato, non è servita a debellare, né a ridurre il caporalato; condizioni di schiavitù, morti sul lavoro avvengono ora come e a volte più di prima; al massimo il primo anello dell'azione del caporale: l'assunzione, viene in alcuni casi fatta dalle agenzie interinali, che agiscono però come una sorta di caporalato ufficiale.

Le Agenzie interinali sono spesso uffici locali di grandi agenzie del nord. Spesso con le agenzie vi è solo un “passaggio” in più della catena, per poi tornare sempre all'anello principale del caporale. (da Repubblica) - “Funziona così: c'è il proprietario terriero che si rivolge a un'agenzia interinale. Per reclutare lavoratori, queste maxi agenzie interinali si appoggiano ad alcuni personaggi locali: lo fanno nel Tarantino, nel Barese, ma anche in Calabria, in Campania, in alcune zone dell'Emilia-Romagna... "In sostanza se vogliamo lavorare, dobbiamo andare da loro ". E cosa chiedono in cambio "loro"? La signora con le dita fa il segno del denaro. Soldi. Percentuali. Non è cambiato niente dunque. Poi questi caporali “...alla minima lamentela o insubordinazione hanno il potere di lasciarli il giorno dopo a casa... 
...In Italia il nuovo caporalato - nove miliardi di euro di fatturato, tre che vengono solo dal pomodoro, seicento milioni di contributi evasi secondo la Cgil, in sostanza il narcotraffico dell'agroalimentare - funziona proprio così: i braccianti muoiono di fatica. Con tutte le carte a posto”.

Anche le “belle” voci non si discostano da questo andazzo.
Saviano in una sua intervista su Repubblica invece di attaccare le aziende dice che per debellare il caporalato e il suo legame con la mafia, bisogna dare la “possibilità alle aziende di trarre vantaggio dalle assunzioni e non spingerle ad essere oneste per un comportamento morale... Quindi è necessario assicurare flessibilità nelle assunzioni...”; invece di snmascherare il caporalato legale delle agenzie interinali dice: “costruire dei controlli capillari attraverso agenzie sul territorio in grado di chiamare manodopera ma anche di controllarla sul posto di lavoro … Garantire acqua, un minimo di assistenza e la possibilità di un lavoro in condizioni dignitose: questo è il punto”.
NO, NON E' PROPRIO QUESTO IL PUNTO!

In questi anni, per rispondere alla crisi, sempre più le grandi aziende puntano ad alzare la produttività, che vuol dire alzare i livelli di intensificazione del lavoro e quindi della fatica, ma vuol dire anche un uso più intensivo di fitofarmaci, antiparassitari (spesso concausa delle morti dei braccianti) per avere produzioni più resistenti, prodotti più ricercati sui mercati (ma della serie: belli da fuori e meno gustosi da dentro); puntano a ridurre i costi di lavoro – quindi l'impiego delle donne (buone anche perchè in alcuni lavori, per esempio acinellatura, servono mani più piccole e più accurate) e un sempre più grosso impiego di braccianti immigrati, spesso a nero, che costano poco e sono più ricattabili, e a volte, se vivono (in condizioni bestiali) nelle campagne possono essere sempre a disposizione. Puntano ad elevare i loro guadagni, maledetti e subito.
In questo le morti sono degli “accidenti” da tenere nascosti o al massimo da relativizzare/normalizzare – come ha dichiarato il Sindaco di S. Giorgio Jonico: “Sicuramente con il caldo che ha fatto qualcuno è venuto meno. Quello che mi sento di dire e che c'è una grande difficoltà quest'anno legata al caldo e magari qualche ragazzo si è sentito pure male...".

Ancora una volta, quindi, le Istituzioni, il governo alle morti, alle condizioni di lavoro supersfruttato, vogliono rispondere con qualche parola ipocrita, provvedimenti impotenti e lasciando in pace le aziende (gli stessi ispettorati del lavoro sono stati già negli anni riformati e ora di fatto cancellati all'interno della politica di non disturbare i padroni).

E' bene che il silenzio intorno alla strage nelle campagne si stia rompendo. Ma occorre altro.
Nè bastano le denunce che ora la Cgil sta facendo.

Occorre l'organizzazione e la lotta diretta delle braccianti e dei braccianti, dei migranti. Riprendendo la via delle rivolte dei braccianti immigrati ma non fermandosi.

venerdì 21 agosto 2015

Morti e condizioni disumane dei braccianti. Come mai gli organi di controllo, i Comuni non si accorgono di niente?

Ai primi di agosto sono venute alla luce le condizioni di lavoro e di vita in un'azienda agricola a Massafra di lavoratori immigrati che vivevano nella stessa azienda in condizioni disumane, con una parte alloggiata in un vecchio rudere in disuso, privo di bagni, acqua e corrente elettrica, altri accampati all’esterno su materassi sudici o sotto rudimentali coperture sintetiche, in condizioni igieniche vergognose.


Oggi viene fuori, la morte sempre nelle campagne di Ginosa di una bracciante italiana. 

E I SINDACI E GLI ORGANI DI CONTROLLO CONTINUANO A FARE COME LE "TRE SCIMMIETTE". 

QUESTO DEVE FINIRE!!

IL SILENZIO SI ROMPE E ALTRE MORTI DI FATICA/SFRUTTAMENTO DI BRACCIANTI VENGONO ALLA LUCE - MA OCCORRE ORA UNA RISPOSTA DI LOTTA!


Un altro caso nel Tarantino
«Mia moglie, stroncata
da un malore nei campi



di ANTONELLO PICCOLO 

MASSAFRA. Si è spenta nel silenzio, Maria Lemma, 39 anni, bracciante agricola di Massafra regolarmente assunta dal suo datore di lavoro, anche lei - come l’altra collega pugliese deceduta - l’ultimo abbraccio ai suoi cari l’ha dato prima che il sole sorgesse, in un venerdì di luglio. Maria non avrebbe mai immaginato che quella tra i vigneti di Ginosa sarebbe stata l’ultima partenza verso la campagna, verso il lavoro nei campi. Un improvviso malore, sotto la calura estiva, implacabile in un luglio da decenni mai così rovente, mentre tagliava l’uva da tavola, destinata ad essere venduta nei mercati del Nord Italia. Poi la corsa disperata in ospedale, al «Giuseppe Moscati» di Taranto dove ogni tentativo dei sanitari di salvarle la vita si è rivelato vano perché, a distanza di dieci giorni (poco prima di ferragosto), il suo cuore si è fermato.

Il marito Nicola Maggio - invalido civile con una piccola pensione - e i cinque figli, adesso, sono rimasti privi dell’unica fonte di reddito certa. I 40 euro che Maria guadagnava giornalmente sui campi della provincia di Taranto servivano per soddisfare l’esigenze domestiche, contribuendo perfino al pagamento delle rate di un mutuo contratto per l’acquisto della casa. Una vita dedicata alla campagna, tra le difficoltà di una quotidianità sempre più dura e le preoccupazioni di assicurare tranquillità ai figli. A volte anche sottacendo qualche patologia, perché lo stato di malattia può ostacolare il rapporto di lavoro, fino a renderlo impossibile.
Nicola Maggio ha deciso di raccontare il suo dramma, a distanza di giorni e a mente più serena, perché attraverso il dolore della sua famiglia si possa pensare a nuove e idonee misure di legge, tali da tutelare in maniera più adeguata quanti prestano la propria mano d’opera in ag ricoltura. Molto spesso i nostri braccianti sono costretti ad accettare condizioni di lavoro massacranti altrimenti non lavorano, e, purtroppo, per la fame di lavoro si rendono spesso «invisibili».
Tanti i quesiti che accompagnano la vita lavorativa nei campi: la durata di un turno di lavoro nei campi, d’estate, quando finisce di essere regolare e diventa, invece, un rischio? In merito alle patologie professionali che possono colpire il lavoratore agricolo, esiste una classificazione che prevede malattie legate all’ambiente di lavoro, nonché a materiali e a strumenti di lavoro.
I malori avvertiti durante l’estate da braccianti impegnati nelle lavorazioni nei campi hanno d’altronde fatto sorgere il sospetto che possano essere stati causati dall’uso massiccio e incontrollato da fitofarmaci e antiparassitari. 

giovedì 20 agosto 2015

Riapriamo il blog perchè purtroppo è avvenuto un avvenimento grave e importante che richiede denuncia e mobilitazione

CADONO GIU' COME LE ACINELLE
E' IL 4° BRACCIANTE IN PUGLIA
CRIMINALI PADRONI, I LORO CAPORALI, ISTITUZIONI E ORGANI DEL NON CONTROLLO
LE SQUALLIDE DICHIARAZIONI DEL SINDACO DI S. GIORGIO J.


E' tuttora ricoverato in coma nel reparto di rianimazione dell’ospedale "San Carlo" di Potenza il bracciante di 42 anni, Arcangelo De Marco, di San Giorgio Jonico (Taranto), colpito da un malore nelle campagne di Andria, il 5 agosto scorso, mentre lavorava all’acinellatura dell’uva.
Il bracciante stava lavorando nella stessa zona di campagna, fra Andria e Canosa di Puglia, nel nord-barese, in cui lo scorso mese è morta per un malore un'altra bracciante di San Giorgio Jonico, Paola Clemente, di 49 anni. Arcangelo lavorava per la stessa agenzia interinale per cui lavorava Paola.
La Cgil teme che «in quelle campagne si usino fitofarmaci pericolosi che fanno sentire male gli operai».
Nell'arco dell'ultimo mese altri braccianti sono morti: due extracomunitari e Paola, morti letteralmente di fatica, con orari di lavoro spesso estenuanti, anche 12-13 ore al giorno (più quelle di viaggio), con una paga che superava di poco i due euro l'ora per le donne e immigrati. dei soldi che prendono una parte devono darla al caporale.
Lavoravano, come tanti braccianti, o curvi a raccogliere pomodori o con le braccia e la testa sempre alzate, sotto tendoni spesso coperti di spessi teli di palstica che portano le temperatura di questa estate afosa anche a 50 gradi e che racchiudono le esalazioni dei fitofarmaci che vengono normalmente utilizzati nelle campagne.


Ancora una volta dobbiamo parlare di morti annunciate, in cui gli assassini e i corresponsabili hanno nomi e cognomi, ma ancora nessuno è stato arrestato.

- I padroni agricoltori o grandi commercianti che impongono condizioni di lavoro sempre più da schiavismo;
- i caporalati veri "kapò/dittatori" che decidono chi deve o non deve andare a lavorare, che si fanno pagare dai braccianti, e che dalle donne a volte pretendono insieme al denaro anche prestazioni sessuali;
- gli organi di controllo che non fanno affatto i controlli dovuti, e che quando li fanno sono di una schifosa superficialità (limitandosi a quello che possono dichiarare sotto ricatto lavorativo, i braccianti durante le ispezioni);
- le Istituzioni: la Regione Puglia che in questo periodo si limita a fare incontri con le associazioni datoriali, ecc; e che agisce sempre post;
- la stessa Magistratura che solo su denuncia dopo settimane, dopo che i braccianti morti sono già stati sepolti in fretta e furia, dispone l'autopsia (come per Paola).

SU QUESTA OMERTA' DELLE ISTITUZIONI, ESEMPLARI SONO LE SQUALLIDE E CRIMINALI DICHIARAZIONI RILASCIATE DAL SINDACO DEL COMUNE DI S. GIORGIO J. (TA) IN CUI VIVEVANO GLI ULTIMI 2 BRACCIANTI, PAOLA E ARCANGELO.

Questo sindaco, Giorgio Grimaldi, dopo aver transitato per vari partiti:  Italia dei Valori, Unione di Centro, Partito Democratico, è approdato a 'Sinistra Ecologia Liberta'.

Riportiamo in larga parte le sue dichiarazioni perchè ogni parola rivela la complicità di questo schifoso personaggio:
 "Conosco Arcangelo, gli ho fatto gli auguri di pronta guarigione su facebook. Ma qui non si parla di caporalato. Da quello che mi risulta ci sono centinaia di persone che vanno a lavorare e viaggiano con i pullman, sono tutti attrezzati, tutti ingaggiati, non c'è lavoro nero. Le aziende sono serie e lavorano da anni. Le condizioni in campagna si sa queli sono, se poi è lontano dal paese ci vogliono due ore ad andare e due ore a tornare; quest'anno c'è stata anche un'estate caldissima per cui lavorare in campagna è pesante. Però la Puglia è piena di tendoni non è che li stiamo inventando adesso. Sicuramente con il caldo che ha fatto qualcuno è venuto meno. Quello che mi sento di dire e che c'è una grande difficoltà quest'anno legata al caldo e magari qualche ragazzo si è sentito pure male...". 

Quindi per questo bastardo:
con il caldo, è normale che le morti vadano messe in conto...
il resto va tutto bene e tranquillo...

MA QUANTO RICEVE O QUALI LEGAMI INTERESSATI HA QUESTO SINDACO CON AGRICOLTORI, AGENZIE INTERINALI, CAPORALI...?

martedì 11 agosto 2015

Il razzismo di Grillo e M5S - E che dicono ora Michele Riondino e Ranieri dei Liberi e Pensanti del loro occhiolino verso i grillini per una futura lista elettorale?

Le proposte apertamente razziste contro i migranti uscite sul blog di Beppe Grillo mostrano ancora una volta che dietro il populismo c'è sempre la reazione e il fascismo; che dietro gli abiti e le urla da "pseudo movimento" ci sono sempre i lugubri vestiti con giacca e cravatta; che dietro le chiacchiere sulla "democrazia", c'è la libertà per loro e la loro misera classe di piccoli e medio borghesi, e lo Stato di polizia, la repressione violenta verso chi disturba la loro "tranquillità di morte", in primis i migranti.

Queste proposte si basano poi anche su aperte menzogne su una presunta politica di larga accoglienza dell'Italia, che non c'è. 

Queste proposte non sono evidentemente di qualcuno, ma espressione della "anima nera", del vero sentire non solo di grillini Istituzionali, ma anche di buona parte del ceto attivista del M5S. 
Per questo nessun distinguo si può e si deve fare. Come vanno attaccati senza sconti, atteggiamenti equivoci presenti anche tra settori delle masse di sostegno, condivisione dell'"opposizione" dei grillini in parlamento. 

LE PROPOSTE:

1. Giro di vite sui permessi di soggiorno per protezione umanitaria, che solo l'Italia concede in massa. Da noi quasi un asilo politico su due viene dato a persone che non ne avrebbero diritto...
2. Istituzione di sistemi efficienti per il rimpatrio forzato delle persone a cui viene respinta la domanda di asilo. Non è ammissibile che anche a quel 40-50% di domande che viene respinto corrisponda di fatto una ammissione in Italia, come clandestini... se uno deve essere espulso deve essere accompagnato alla frontiera e/o caricato su un aereo per il suo Paese di origine, a forza se necessario.
3. Istituzione di una procedura specifica per la trattazione dei ricorsi contro il diniego dell'asilo... (circa la) possibilità di ricorso per evitare abusi, ma essa segua un suo percorso d'urgenza in modo da venire evasa nel giro di un mese o due e da non dare scuse a chi non ha diritto di stare in Italia.
4. Sorveglianza più stretta dei profughi nel sistema di accoglienza... Persino nello S.P.R.A.R. la percentuale di "uscita per integrazione" è meno di un terzo, almeno due terzi escono senza avere la minima speranza di mantenersi e di fatto vanno a vivere in ghetti nelle fabbriche abbandonate e/o diventano manovalanza per la criminalità organizzata.

L'altra faccia dell'"accoglienza": sfruttamento e condizioni disumane dei migranti nelle campagne di Massafra - E IL SINDACO TAMBURRANO faceva come le "Tre scimmiette", non vedo, non sento, non parlo?

(Da Il Quotidiano) - Un tuffo nella terra degli schiavi. Dove gli uomini sono costretti a spezzarsi la schiena in campagna per pochi euro ad ora. Per poi dormire di notte all’aperto o in un rudere, dove la terra è la cosa più pulita. Eccola qui l’altra faccia dell’accoglienza degli extracomunitari giunti a migliaia nel nostro paese. L’hanno illuminata i carabinieri di Massafra che l’altro giorno hanno ispezionato un’azienda agricola jonica insieme ai colleghi del Nucleo ispettorato del Lavoro. Militari e funzionari della direzione provinciale del lavoro sono andati a caccia dei “caporali” che si aggirano nelle nostre campagne.

Il blitz era finalizzato a colpire il fenomeno dello sfruttamento di manodopera tra i campi. Hanno inquadrato queste irregolarità, e per il responsabile dell’azienda sono scattate denuncia e multe per 52.000 euro. Ed uno straniero che fungeva da caporale è stato denunciato a piede libero. Ma i carabinieri hanno trovato soprattutto altro. Perchè hanno acceso i riflettori su una situazione squallida. In un’impresa agricola di Massafra sono stati trovati al lavoro 35 africani. Erano impiegati come braccianti agricoli. In tasca tutti avevano documenti che ne autorizzano il soggiorno in Italia per motivi umanitari. Disumana, invece, era la condizione in cui vivevano. Una parte era alloggiata in un vecchio rudere in disuso, privo di bagni, acqua e corrente elettrica. Altri erano accampati all’esterno di quel caseggiato, su materassi sudici o sotto rudimentali coperture sintetiche, in condizioni igieniche vergognose... alcuni braccianti occupavano quel sudicio rudere da oltre 20 giorni, su espresso consenso del proprietario del terreno, che provvedeva ai rifornimenti di acqua per le esigenze primarie. Acqua che spesso veniva tirata su da un pozzo artesiano.
Gli stessi malcapitati hanno anche incastrato un connazionale. Sono stati loro a raccontare che quel compagno svolgeva il ruolo di “caporale”....

Lo squallido sindaco di Gallipoli si è dimesso - Bene! Ma non può sfuggire alle sue responsabilità sulla discoteca dello spaccio e della morte

Francesco Errico non è più il sindaco di Gallipoli: ha rassegnato le dimissioni nel primo pomeriggio di oggi (10 agosto).





molti osservatori non escludono che la decisione possa essere messa in relazione con quanto ieri aveva affermato su Twitter, circa la responsabilità delle famiglie dei giovani che muoiono in discoteca. Alla guida dal 2012 di un'amministrazione di centrosinistra, è la quarta volta che Errico presenta le dimissioni (nelle tre precedenti le ha ritirate).

L'esercito delle nuove schiave

La testimonianza delle braccianti, sfruttamento e condizioni disumane.

E' necessario ribellarsi, organizzarsi! MFPR
Due braccianti pugliesi raccontano la loro vita, tra campi e magazzini.
di Francesca Buonfiglioli


In Puglia almeno 40 mila donne lavorano nell'ortofrutticolo.
Anna (il nome è di fantasia) ha 36 anni e due figlie. Lavora nei campi pugliesi da quando ne aveva 14. E ha un solo desiderio: non fare vedere mai alle sue bambine la campagna. Perché la campagna «è bruttissima».

«LE MIE FIGLIE SI MERITANO UNA VITA DIVERSA».
 Anna sa che il suo lavoro è la bracciante: dalle fragole di primavera all'uva di ottobre, passa la sua vita nei campi e nei magazzini, dove i prodotti sono stoccati.
«Ho sempre fatto questo, e questa resterà la mia vita», racconta a Lettera43.it. «Ma voglio un futuro diverso per le mie piccole perché non vivano quello che ho vissuto io, e non debbano seguirmi sui campi come mi ha costretto a fare mia madre».
E dire che lei si ritiene fortunata. «Molte mie colleghe sono sfruttate e si lamentano per i caporali», dice convinta.
Anna invece è dipendente di un'azienda, ha un contratto e guadagna 28 euro al giorno. Vero, la sua busta paga è più leggera di quella di un uomo, ma non si lamenta. Se non per il fatto che i suoi datori di lavoro, come spesso accade, dichiarano salari giornalieri più alti - 40, 41 euro - e meno giorni lavorati in modo da non incappare in qualche ispezione
.
ISPEZIONATE SOLO IL 4,5% DELLE AZIENDE. Rischio che, in Puglia, è basso. Nel 2014 i controlli sono stati 1.818 su 40 mila imprese. Nel 55% dei casi è stata denunciata una qualche inadempienza. E di questi l'80% era per lavoro nero.
«Ci svegliamo alle 2 di notte. La caporale passa con il bus alle 3»

Donne al lavoro nei campi.

Maria (altro nome di fantasia), invece, è meno «fortunata». Ha 44 anni, di cui più di 30 passati nei campi.
Le ore di lavoro «dipendono dalla giornata», spiega. Così come il luogo di lavoro che spesso viene comunicato la sera prima.
Si sveglia alle 2, 2 e mezza ogni mattina. Deve essere alla fermata del paese alle 3, quando la caporale la passa a prendere col bus. Vicino a lei siedono molte donne, soprattutto rumene. E qualche uomo.
«La scorsa settimana però», aggiunge, «siamo partite un'ora prima, alle 2 perché dovevamo andare a tagliare l'uva alle porte di Foggia».

IL TRASPORTO A CARICO DELLA LAVORATRICE.
 E con i chilometri, aumenta anche il prezzo del passaggio. Dai 5, 10 euro arrivano fino a 10, 15, detratti naturalmente dalla paga giornaliera di 36 euro circa.
Si lavora sodo, fino a 10 ore al giorno, contro le 6 e mezzo contrattuali. Di straordinari nemmeno l'ombra.
L'azienda per la quale lavora Maria non possiede terre, ma compra e raccoglie i prodotti. «Non sappiamo nemmeno chi ha il terreno», sorride amara.

IL RICATTO QUOTIDIANO.
 Lamentarsi, o solo chiedere chiarimenti su orari, contratti e buste paga non conviene: «La caporale trova il modo di punirti. Per esempio non ti fa lavorare per due, tre giorni di fila».
La regola in altre parole è non rompere le scatole e cercare di stare simpatica a chi comanda. Solo così, anche quando il lavoro diminuisce, hai garantito il turno. Altrimenti stai a casa. E addio paga.
Si vive quotidianamente sotto ricatto. Per questo «è quasi impossibile che una bracciante italiana denunci una caporale», precisa Maria, «la voce si spargerebbe in giro, e per lei non ci sarebbe più lavoro».
«Sotto i tendoni a 50 gradi senza acqua»
Molte delle donne sfruttate in Puglia sono rumene.
Chinate a raccogliere fragole o ad acinellare l'uva, le donne lavorano dalle 8 alle 10 ore. Perché dopo il campo, o sotto i tendoni dove la temperatura raggiunge facilmente i 50 gradi, ci si sposta nei magazzini dove si imballano i prodotti.

STRONCATE DALLA FATICA.
 «Se finisce l'acqua», spiega Maria, «nessuno te la dà. Non si beve e basta». In queste condizioni non stupisce che si muoia. Come è accaduto alla bracciante di San Giorgio Ionico, morta a Andria il 13 luglio scorso, forse stroncata dalla fatica. Anche se le vere cause del decesso non si conosceranno mai, visto che non è stata chiesta l'autopsia (intanto salgono a tre i braccianti morti nel giro di pochi giorni in Puglia: oltre alla 49enne di Andria e Mohammed, sudanese, un 52enne tunisino è deceduto martedì in un’azienda agricola di Polignano a Mare).
Finite le ore, si riprende il pullman: un'ora e mezzo, due di strada e si torna a casa. «Dove cerco di sbrigare le faccende domestiche, solo l'essenziale», dice ancora Maria, quasi giustificandosi.

LE MORTI DEGLI ANNI 80.
 Una vita dura, durissima. Che lei ha cominciato a fare a 11 anni. «Allora le condizioni erano anche peggiori, soprattutto per il trasporto. Negli Anni 80 molti braccianti sono morti in incidenti per arrivare sul posto di lavoro». Le cose sono poi migliorate, ma per poco.
«Adesso siamo tornati indietro. Nonostante le donne non siano più ignoranti come un tempo», aggiunge. «Le nostre mamme avevano una cultura limitata. Ora siamo istruite, molte di noi sonoi diplomate».

«ORA TRA NOI MANCA LA SOLIDARIETÀ»
. Eppure, paradossalmente, in passato si lottava di più. «C'era un maggiore senso del gruppo, più solidarietà. Adesso ognuna pensa a se stessa, a portare a casa la pagnotta. Se puniscono una di noi lasciandola a casa per due o tre giorni, le altre si voltano dall'altra parte».
La crisi, soprattutto al Sud, ha giocato un ruolo importante. Gli impietosi dati diffusi da Svimez parlano chiaro.

OCCUPAZIONE FEMMINILE AI MINIMI
. A fronte di un tasso di occupazione femminile medio del 64% nell’Europa a 28 in età 35-64 anni, il Mezzogiorno si ferma al 35,6%. Le percentuali sono più preoccupanti se si considerano le under 34: l'occupazione al Sud si ferma al 20,8% contro una media nazionale del 34% (il Settentrione segna un 42,3%) ed europea del 51%.  Per le donne del Sud non ci sono molte alternative. «Siamo costrette ad accettare quello che troviamo, anche a condizioni disumane».

«LO STATO SI È DIMENTICATO DI NOI».
 «Ci sentiamo abbandonate dallo Stato», mette in chiaro Maria con la voce ferma. «Ogni notte partono centinaia di bus dai paesi della Puglia, e ogni pomeriggio fanno rientro, proprio nell'ora della pennichella, quando tutti - carabinieri e polizia compresi - possono vederci. Ma nessuno alza un dito, nessuno fa qualcosa per fermare questa piaga. Siamo come dei fantasmi».
E si arrabbia anche quando sente il presidente del Consiglio Matteo Renzi accusare i meridionali di piangersi addosso.
«Che venisse a fare il mio lavoro», lo invita, «ma alle stesse condizioni. E anche solo per una settimana».

lunedì 10 agosto 2015

La carovana della sicurezza sul lavoro il 30 agosto a Taranto. Ma sono gli operai che devono prendere coscienza che la lotta per il lavoro è lottare all'interno dell'Ilva per non morire.

Sicurezza sul lavoro: carovana da Roma a Taranto e concerto della Banda Bassotti

  •  Redazione Contropiano
Sicurezza sul lavoro: carovana da Roma a Taranto e concerto della Banda Bassotti
L’USB, in collaborazione con Rete Iside, onlus impegnata sui temi della sicurezza sul lavoro,  ed insieme ai familiari delle vittime dell’Ilva, lancia la “Carovana della sicurezza sul lavoro” che domenica 30 agosto partirà alle 9.30 da Roma per raggiungere Taranto.
 In pochi giorni sono avvenuti tre infortuni con esito mortale nelle campagne pugliesi, che si aggiungono ai 5 morti al mese della regione e alle centinaia di vittime che dall’inizio dell’anno hanno colpito il mondo del lavoro in Italia. Dal 1 gennaio al 30 giugno sono state infatti registrate 490 denunce di infortunio mortale nei luoghi di lavoro, un dato in aumento rispetto ai primi 6 mesi del 2014. Le riforme del mercato del lavoro prodotte dagli ultimi governi hanno inoltre diminuito i sistemi di tutela dei lavoratori, esponendoli a ricatti e condizioni sempre più a rischio
La “Carovana della sicurezza sul lavoro”, a cui ha aderito il gruppo musicale Banda Bassotti, chiederà di ispezionare il sito industriale dell’Ilva ed incontrerà i lavoratori.  La sera appuntamento in piazza Lojucco a Taranto-Talsano, per ribadire il no alle morti sul lavoro e il sostegno ai loro familiari. Dalle ore 21.00 in piazza si esibirà la Banda Bassotti.

Sul tema della sicurezza sul lavoro Rete Iside ha dedicato uno specifico progetto, totalmente autofinanziato e indipendente,dedicato a lavoratori e lavoratrici, delegati sindacali e cittadini, per promuovere una nuova cultura della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro:lavoroinsicurezza.org
Per chi volesse unirsi alla Carovana via pullman: info@lavoroinsicurezza.org

domenica 9 agosto 2015

Tantissimi operai della Cementir e altri lavoratori salutano Renato Presicci

Vi era una grande folla stamattina ai funerali di Renato, perchè tanti operai della Cementir, lavoratori anche dell'appalto Cementir, come dell'Ilva, di altri posti di lavoro, disoccupati, l'hanno conosciuto e gli hanno voluto bene per il suo spirito generoso e combattivo.
Questo spirito aveva portato Renato a costruire nella Cementir lo Slai cobas.
I coordinatori dello Slai cobas sono andati a portare l'ultimo saluto e la solidarietà alla moglie e al figlio, ma soprattutto un impegno a continuare la lotta che lui aveva iniziato, a non far passare nel silenzio la sua morte frutto sicuramente anche delle condizioni di lavoro in fabbrica.

L'11 SETTEMBRE, A UN MESE DALLA MORTE DI RENATO, LO RICORDEREMO IN UN'ASSEMBLEA PUBBLICA, A CUI INVITIAMO FIN DA ORA TUTTI. 
UN PRESIDIO DAVANTI ALLA CEMENTIR DELLO SLAI COBAS

Parla un amica di Paola di 49 anni, la bracciante di San Giorgio Jonico (TA) morta il 13 luglio nelle campagne di Andria (FG).

(Dalla GdM) - "Soprattutto in campagna le donne sono sfruttate. Paola è morta per sfamare la famiglia e crescere bene i figli. Anche io sono stata sfruttata. In campagna tagliavo e imballavo, facevo il lavoro per due. Mi sono sentita discriminata: 25 euro al giorno, metà di quanto spetta per legge. Caricati sugli autobus dai caporali, fino a Metaponto in Basilicata. Ho lavorato ai pomodori, alle verdure, arance mandarini, uva. Ho fatto l'acinino. Come Paola, che sotto quel tendono ha lasciato la vita.
Raccogliere pomodori, per esempio, è faticoso; piegarsi sotto il sole, strapparli con forza alla terra.
A Paola perchè non è stata fatta l'autopsia? Sapevo che Paola stava facendo delle punture perchè aveva dolore al collo e si sentiva meglio. In realtà lei non riposava mai. Per sfamare la famiglia, i figli, lavorava anche il pomeriggio al ritorno da Andria, qui nelle campagne di San Giorgio.
La mattina in cui è morta mi hanno raccontato che aveva ildolore al collo e qualcuno che andava con lei  in campagna le avrebbe detto: oggi non lavorare. paola avrebbe risposto: "Cosa faccio, perdo la giornata?".
Quelli che lavorano come lavorava Paola dovrebbero prendere 52 euro al giorno; mi disse che ne prendeva poco più della metà e arrotondava il pomeriggio per altri 15 euro.... E' vero, non c'è lavoro. Qui, per sfamarci, è rimasta solo la terra".

Dall'opuscolo del Mfpr sulla "condizione di (in)sicurezza delle lavoratrici: una realtà delle donne di cui si parla poco":

"...Provate a chiedere l’età alle braccianti e l’80% delle volte, soprattutto tra le donne non giovanissime,
diranno un’età che è inferiore a quella che sembra guardandole in faccia.
Alla fatica si aggiunge il sole o il freddo che rovina la pelle. Ma non basta, le lavoratrici rischiano altre malattie, anche respiratorie, anche
dell’apparato riproduttivo per le sostanze chimiche tossiche usate in agricoltura.
Quando troveremo questo attacco alla salute delle donne, continuo, lento, ma gravissimo, nelle tabelle ufficiali?".

A SETTEMBRE L'MFPR FARA' UN INCONTRO A FOGGIA CON BRACCIANTI, ITALIANE E IMMIGRATE, VERSO IL NUOVO SCIOPERO DELLE DONNE.

sabato 8 agosto 2015

Video della manifestazione a Taranto di giovedì 6/8/2015 dei migranti, sostenuta dai precari e disoccupati organizzati dello Slai cobas

Le immagini del corteo che partito dal piazzale del Comune arriva sotto la Prefettura dove vi sono stati due incontri in cui ha partecipato una delegazione di migranti sostenuti dai rappresentanti dello Slai Cobas, mentre in piazza ci sono stati alcuni interventi che denunciano chiaramente la condizione di forte disagio vissuta da questi giovani immigrati.




I funerali di Renato della Cementir si terranno DOMENICA ORE 11:00 chiesa DON BOSCO

venerdì 7 agosto 2015

Con grande tristezza ci ha lasciato Renato Presicci fondatore del Cobas alla Cementir - condoglianze alla famiglia e un saluto commosso ai compagni dei cobas Cementir e ai suoi colleghi di lavoro

Renato lo abbiamo conosciuto come una forza della natura - lucido, combattivo, che non si fermava davanti a niente, nessuno lo poteva intimidire e una volta deciso a lottare lo ha fatto fino in fondo.
Per mesi ha fondato e insieme a Giuseppe Farina ha condotto una lotta intransigente contro la direzione aziendale e i sindacalisti confederali.
Ammalatosi, non si è fermato e, pur curandosi, non ha smesso un solo momento di dare una mano, fino alle elezioni RSU del settembre 2014, dove si è candidato, pur sapendo tutti noi che avrebbe avuto difficoltà a rispettare il mandato.
Ma Renato era generoso e fiducioso a vivere fino in fondo e non ha mai fatto pesare la sua difficile situazione.
Ha percorso il calvario della malattia e dei tentativi di cura fino in fondo
Noi vogliamo sapere ora se e come la fabbrica Cementir abbia avuto una responsabilità in quello che è avvenuto.
Saremo al suo funerale vicini alla famiglia e ai compagni di lavoro.
Non intendiamo dimenticarlo, lo ricorderemo nella sede Slai cobas a un mese dalla sua morte e in suo nome riapriremo la lotta alla Cementir.
Perchè glielo dobbiamo e non è giusto quello che succede ed è successo

Slai cobas per il sindacato di classe Taranto
Margherita Calderazzi
Palatrasio Ernesto
e tutti i lavoratori, lavoratrici, precari e disoccupati che lo hanno conosciuto e apprezzato.

7 agosto 2015

Migranti sul ponte in corteo a Taranto

Riuscita e partecipata manifestazione giovedì mattina dei migranti, appoggiati dallo Slai Cobas, che chiedono i loro diritti negati finora come la carta d'identità, la tessera sanitaria e addirittura il poket money di euro 2,50
Sono di questa mattina le immagini, immagini che colgono tutta l'esasperazione la rabbia e perchè no anche la delusione di questi ragazzi che, vedendosi scampare la morte in mare per via della lunga traversata che hanno affrontato per arrivare fin qui, vedono calpestati i loro elementari diritti in quanto esseri umani.
Tutti questi ragazzi, la maggior parte poco più che ventenne, vengono ospitati in strutture situate sulla litoranea e più precisamente presso l'hotel Bel Sit e l'hotel Roxana e seguiti dall'Associazione Salam con alcuni ormai ospitati da piùdi un anno; e fin qui ci sarebbe da dire "tutto bene". Ma non è proprio così, perchè a questi migranti vengono negati diritti fondamentali come la carta d'identità, la tessera sanitaria e addirittura non percepiscono da mesi nemmeno il poket money, che per i più disinformati significa euro 2.50 cifra rimanente dei famosi 40 euro al giorno dati ai migranti e che invece si "pappano" chi li gestisce.
Tutto questo nella normalità dovrebbe essere svolto dall'associazione "Salam" che gestisce i migranti ospitati nelle strutture ma nella realtà le cose sono diverse, ovvero l'associazione si rifiuta di attivarsi per fornire i documenti indispensabili a questi migranti e non eroga da mesi nemmeno il misero contributo che rimane di euro 2.50. Siamo di fronte al metodo Mafia Capitale? Sarebbe da domandarsi.
Lo Slai Cobas coglie e appoggia la denuncia pubblica fatta da questi ragazzi, un sopruso, una discriminazione, un calpestare e negare i loro diritti messa in atto da questa associazione.
Questa mattina c'è stato un primo incontro al comune dove ha partecipato una delegazione di migranti insieme ai rappresentanti dello Slai Cobas, seguito poi da un folto corteo vivace e allo stesso tempo rabbioso terminato sotto la Prefettura dove c'è stato un altro incontro che non ha risolto del tutto i problemi ma rappresenta un altro piccolo passo avanti. Ora bisogna che le parole si traducano in fatti.

pc 7 agosto - I migranti in lotta e in corteo a Taranto accanto ai loro fratelli morti in mare nella ennesima strage imperialista


Disoccupati e lavoratori pasquinelli a fianco dei migranti in lotta

Oggi grande corteo prima al Comune e poi in Prefettura per i diritti negati agli immigrati "ospiti" al Bel Sit  e Hotel Roxana, niente poket money, niente tessera sanitaria, niente carta di identita'.
Non solo gli Stati imperialisti, tra cui l'Italia, dichiarano guerra nei loro paesi, si mangiano le loro risorse, li rendono poveri e mettono in serio pericolo le loro vite perche' costretti a scappare - morire per morire scappano - poi in Italia quando arrivano accade questo!!!
ll Comune oggi si è reso disponibile, ma risposte molto vaghe dalla Prefettura.
Noi lavoratori della Pasquinelli e i Disoccupati Organizzati c'eravamo a solidarizzare con i migranti  perche' era giusto esserci visto che per false dicerie si dice che gli immigrati vengono quà a prendere soldi e a rubarci il lavoro!!! Noi non ci stiamo a queste false dicerie! I migranti hanno bisogno di diritti, quei diritti che per qualche assurdo motivo vengono negati e noi ci uniamo alla loro lotta perchè avere un identità, assistenza sanitaria, il poket money e il diritto al lavoro sono principi umani e costituzionali e noi ci saremo fino alla fine!!!
Forza fratelli noi ci siamo e non faremo la guerra tra poveri come vogliono padroni e Istituzioni, ma lotteremo al vostro fianco perche' chi nega un diritto lo nega a tutti!!!
La vostra lotta è anche la nostra lotta!!!

Raffaella Loperfido
(precaria della raccolta differenziata alla Pasquinelli)

giovedì 6 agosto 2015

Manifestazione dei migranti a Taranto: presidio al Comune, corteo sul ponte girevole, nuovo presidio alla Prefettura


 Circa 100 migranti del Bel Sit e Hotel Roxana di Taranto questa mattina hanno manifestato per ottenere la carta di identità, ma anche per chiedere risposte dalle Istituzioni su altri aspetti a cui l’Associazione Salam che gestisce i due centri viene meno: dall’assistenza sanitaria effettiva all’assistenza legale per le richieste di asilo,al poket money, ecc.
 
Prima vi è stato un presidio sotto Palazzo di città, in cui si sono succeduti vari interventi sia degli stessi migranti che hanno anche denunciato le condizioni di assistenza della Salam (un esempio riguarda i prodotti per l’igiene: solo un detergente doccia per 7 persone per un mese, ecc.), come l’atteggiamento ritorsivo della Salam dopo la prima manifestazione e i precedenti incontri in prefettura, ora l’Associazione a chi chiede assistenza medica o medicine risponde “rivolgetevi alla prefettura...”; sia interventi di disoccupati e lavoratori dello Slai cobas che hanno portato il loro sostegno alla lotta dei migranti.
 
Durante questo primo presidio vi è stato un minuto di silenzio e un saluto in memoria dei fratelli e sorelle migranti morti nella traversata verso l’Italia, in particolare le centinaia di migranti affogati ieri.
 
I consiglieri Capriulo, Venere, a nome anche del neo assessore regionale Liviano, hanno portato il loro appoggio alla mobilitazione dei migranti, impegnandosi a fare una loro richiesta ufficiale a Sindaco, Prefettura, Associazione affinchè si sblocchi positivamente la questione dell’ottenimento della carta di identità.
 
Quindi vi è stato un corteo molto vivace fino alla prefettura, fatto anche per comunicare alla popolazione la legittimità delle richieste dei migranti e che questa lotta non è altra cosa dalle lotte dei lavoratori, disoccupati di questo periodo a Taranto, perchè entrambe si battono per diritti umani e spesso hanno le stesse controparti.
 
Alla Prefettura vi è stato un altro lungo presidio, a cui è seguita un’assemblea.
 
Sia al Comune che alla Prefettura vi sono stati incontri da parte dello Slai cobas e di una delegazione di migranti del Bel Sit e Hotel Roxana.
 
Al Comune, con il vicesindaco Lonoce, il quale ha espresso il suo accordo sulla richiesta di documenti dei migranti e si è impegnato a scrivere oggi stesso una lettera alla prefettura perchè convochi un incontro anche con l’Ass. Salam nei prossimi giorni.
 
In Prefettura invece abbiamo dovuto nuovamente registrare un atteggiamento incredibile, che lascia all’Associazione Salam l’interpretazione di una legge dello Stato, lascia alla Salam di poter essa decidere se procedere o meno per garantire questo diritto ai migranti, permette alla stessa Associazione di comportarsi differentemente da altre associazioni su Taranto e provincia che già hanno permesso ai migranti di avere i documenti.
L’unico impegno assunto dalla viceprefetto Trematerra è stato di quello di fare un nuovo passo verso la Salam perchè avvii la procedura per i documenti, ma senza obbligare l’associazione ad ottemperare a questo diritto/dovere di iscrizione anagrafica previsto dall'art. 6 co 7 del D.Lgs n. 286/98.
Lo Slai cobas in entrambi gli incontri ha posto con forza che in ogni caso la soluzione occorre che ci sia, non lasciando spazio all’arbitrio e all’atteggiamento ostativo dell’Associazione; per questo, è stato detto, che Comune e Prefettura devono e possono agire di concerto sulla base degli elenchi che sono in possesso della Prefettura, se l’Associazione Salam insiste nel rifiuto.
Su questo vi è stata da parte di entrambe le Istituzioni un’apertura di massima.
 
Nell’assemblea finale lo Slai cobas e i migranti hanno detto che aspetteranno una settimana, dopo di che passeranno a forme di lotta anche più incisive.
 
Intanto stiamo raccogliendo tutte le notizie necessarie per un esposto sulla situazione generale presente ai Centri gestiti dalla Associazione Salam.
 
SLAI COBAS per il sindacato di classe
3475301704